Il Carciofo della famiglia dei cardoni è un caule di 5 o 6 piedi indigeno. Vuole esposizione meridionale, essere difeso dai freddi, terreno lavorato, asciutto, ricco. Ama molt' acqua, il gelo l'uccide. Si propaga per semi, getti, o meglio per polloni dei vecchi carciofi, in Marzo ed Aprile ed anche in Maggio, in luna vecchia. È una verdura delle più delicate, sana, saporita e ghiotta. Quello che si mangia è il fiore immaturo, che è fatto a scaglie ed à la figura d'una pigna. Sono rinomati quelli di Genova e come migliori quelli di Sardegna. Si mangiano tenerelli crudi coll'olio d'olivo sale e pepe - e cotti all'olio ed al burro. Si digeriscono meglio cotti che crudi, sono più saporiti al burro che all'olio. Dai ricettacoli del carciofo cavasi amido. Dumas nel suo Dizionario di Cucina insegna sedici maniere di cucinare i carciofi. Galeno li calunniava come cibo bilioso: pravi succi est edulium, e Brillant-Savarin, come afrodisiaco. Il sugo del carciofo, fù tenuto da Guitteau e Copermann come succedaneo all'aloe e drastico ad alta dose. Fu usato contro i reumatismi, le sciatiche, l'itterizia e come diuretico nelle idropi. Charrier, Otterbourg, Homolle ed altri lo consigliano nella cura della diarea cronica, e suggeriscono di mangiarne crudi con olio, sale e pepe quattro o sei al giorno. Giova la decozione del carciofo a coloro che patiscono fetore sotto le ascelle, lavandosi con esso. Le foglie del carciofo fresco allontanano le cimici. Varrone insegna che a macerare la semente in sugo di rose, gigli, alloro si à carciofi del sapore di questi. Un cronista napoletano ci tramanda che celebre per cucinare i carciofi fu Cleope da Varafro. Vogliono che il nome di CINARA fosse quello di una bellissima ragazza che Giove quand'era lui al potere mutò in articiocco e cardone, nome che ancor rimase a questi.
cavasi amido. Dumas nel suo Dizionario di Cucina insegna sedici maniere di cucinare i carciofi. Galeno li calunniava come cibo bilioso: pravi succi est
La Pastinacca, dal latino pastus, nutrimento, per le sue qualità alimentari è una radice che somiglia la carota, carnosa, bianchiccia, aromatica, biennale. Si semina in Marzo, Aprile, Maggio, in terreno sostanzioso e lavorato profondamente. Ama essere inaffiata d'estate. Si conserva benissimo anche in terra, non teme il gelo. Fiorisce nel Luglio ed Agosto del secondo anno che è stata seminata. Cresce naturalmente nei prati, nei pascoli e tappeti erbosi. Si coltiva negli orti ad alimento. In Italia è poco coltivata. La radice grossa della pastinacca coltivata è saporitissima, si usa cotta in minestra, accomodata col burro ed in insalata. Oltre le radici che sono molto nutritive si mangiano pure le foglie che sono assai buone ed aromatiche. Mérat dice: C' est a notre avis la racine la plus nourissante, celle qui approche le plus de la substance animale sous ce rapport. - Gli Inglesi vogliono che le pastinacche troppo vecchie cagionino il delirio e la follia, onde le chiamano allora Pastinacche matte. Questa gustosissima radice è appunto quella che tagliata a piccoli pezzetti, comunica quel gusto così particolare ed aggradevole che à la Julienne, miscela di vari legumi e verdure disseccate per uso di zuppa che proviene dalla Francia. Se ne fà in Francia una marmellata, che inzuccherata eccita l'appetito, ed è assai propria per i convalescenti. L'imperatore Tiberio amava la pastinacca ed ogni anno ne faceva venire dalla Germania, precisamente da Gelder località renana ove era prelibata, e dove la si pagava come tributo ed imposta. Dioscoride la dichiarò delicata - origratam, ed eccitante l'appetito. Così Plinio ed altri eruditi, la dichiararono utile ai convalescenti e agli ubbriachi - ad vinum transeuntibus. È buon foraggio per le mucche ed il bestiame, ma indebolisce i cavalli e gli asini e fà perdere la vista ai muli.
. Mérat dice: C' est a notre avis la racine la plus nourissante, celle qui approche le plus de la substance animale sous ce rapport. - Gli Inglesi
Noto legume annuale. Quello detto campestre nasce spontaneamente in alcune parti d'Italia e di Germania. Ma il sativum è quello coltivato negli orti. Avvene molte varietà. Il nano (P. humile) primaticcio olandese da noi detto anche quarantin. Il quadrato (P. quadratum) o reale bianco e verde. L'umbrellatum, che è piuttosto d'ornamento nei giardini. L'excorticatum, pisello dolce zuccherino che si mangia unitamente al guscio detto in francese Pois goulus e da noi Taccole, ed altre. Nel linguaggio dei fiori: confidenza. Si può seminarli in varie epoche e averli tutti i mesi. Il pisello ama terreno leggero, sostanzioso, lavorato e soleggiato; non vuol essere riseminato nel medesimo luogo. Si fa seccare e si conserva per l'inverno. La varietà verde, in Francia è coltivata su larga scala. In Inghilterra si coltiva il pisello per alimentare le pecore nell'inverno. Vuolsi che il nome di pisello l'abbia da Pisa, antichissima città del Peloponneso, da dove sembra venuto in Italia, come vennero alcuni abitanti di quella Pisa a fabbricare la nostra sull'Arno, che pure battezzarono Pisa, teste Strabone. Altri lo vuole dal nome originario del legume in lingua celtica, o dal vocabolo greco, che significa cadere. Il nostro nome di erbion pare sia un corrotto dell'Arneja spagnuolo o un prolungamento dell'erbse tedesco. Il pisello fu sempre ritenuto uno dei più graziosi legumi. La storia ci tramanda che aveva l'onore delle tavole reali. Gli autori greci e latini ne parlarono tutti con vera benevolenza, i più maldicenti lo accusano di flattulenze. Perfino l'austerissimo Eupolim, forse il più antico commediografo greco, ne fa menzione onorata. L'imperatore Tito ne andava matto. I medici non potendone dir male, come al loro solito, lasciano però scappare qualche bieca osservazione. Baldassare Pisanelli, medico bolognese, nel suo Trattato dei cibi et del bere, dice: « I piselli non sono molto differenti dalle fave, ma fanno venire sospiri et inducono strane meditationi. » Con sua bona pace, il pisello è l'ottimo fra i legumi, digeribile, saporito, nutriente. I freschi e teneri sono più digeribili che i secchi, questi alquanto flattulenti, bisogna lasciarli macerare nell'aqua. Si mangiano anche crudi lorchè sono freschi e tenerelli. Si cucinano in diversi modi : colle minestre, colle carni, nei manicaretti. I piselli si fanno seccare col medesimo metodo dei fagioli e degli altri legumi. Si conservano verdi nell'aqua e aceto e prima di mangiarli si lavano in aqua fresca. Devonsi però raccogliere perfettamente maturi, e si leva ai grani stessi la prima scorza. In Francia, colla buccia mista ad altre erbe aromatiche ed amare, si faceva una specie di birra usata principalmente dai contadini. Nel Chili è molto popolare la chicha de oloja, bevanda fermentata che si fabbrica coi piselli e col maiz. Nell'anno 1536 il cardinale Lorenzo Campeggio à dato un pranzo in Transtevere alla Maestà Cesarea di Carlo V, Imperatore. Era giorno quadragesimale « et prima fu posta la tavola con quattro tovaglie profumate.... et dopo vari servi i ; » furono portati « piselli alessati con la scorza et serviti con aceto et pepe sopra, libre 8 in 4 piatti. » Poi dopo molti altri servizii « levata la tovaglia et data l'aqua alle mani si mutò salviete con forcine d'oro et d'argento con stecchi profumati in 12 tazze d'oro et mazzetti di fiori con garofoli profumati » e tra le altre cose furono ancora serviti « piselletti teneri con la scorda conditi libre 6 in 3 piatti. » Tanto ci tramanda Bartolomeo Scappi, maestro nell'arte del cucinare, del quale Papa Pio V dice: « Peritissimi magistri Bartolomei Scappij qui nunc prefectus est ex nostris intimis coquis. (Dal Breve: Datum Romæ apud Petrum. Tertio Kalendis Aprilis, anno quinto).
magistri Bartolomei Scappij qui nunc prefectus est ex nostris intimis coquis. (Dal Breve: Datum Romæ apud Petrum. Tertio Kalendis Aprilis, anno quinto).
Pianticella annuale gramignacea, acquatica, originaria della China e delle Indie Orientali, che dà il grano da tutti conosciuto. Il suo nome, riso dal greco Oryza, derivato anch'esso dall'arabo Eruz. Dopo il frumento è l'alimento più sano e nutritivo. Il riso nasce, vegeta e matura nell'acqua, ed ama tutta la pompa del sole: non può vivere senz'acqua e senza sole. Nel linguaggio dei fiori: Ricchezza. Si coltiva dappertutto. Il riso per esser buono, dev' essere novo, ben mondato, ben netto, grosso, bianco, che non sappia di polvere nè d'altri odori. Il riso di più difficile cottura è il più saporito. Col riso si fà pane, il quale è assai bianco e di bon gusto, ma non s'inzuppa bagnandolo. Ma l'uso principale del riso è nella cucina. Nazioni intere se ne fanno il loro pascolo quotidiano. Il Pilao dei Cinesi non è che il riso. Si cuoce da noi ogni giorno in minestra, al grasso, al magro, col burro, col latte, coll'olio. Si mescola con ogni sorta di legumi, erbaggi e carnami se ne fanno torte, pasticci, frittelli, tortelli. Universalmente lo si fà cuocere sino all'intero disfacimento, solo dai noi si mangia, come si dice al dente. Sarà forse per effetto di assuefazione, ma da noi lo si trova più saporito così. La cucina Milanese à dato al mondo col riso quel capolavoro, che si chiama Risotto, il vero monopolio del quale, per quanto si sia fatto, non si è ancor tolto dalle mani dei veri Milanesi. Alcuni asseriscono che da noi il riso venne introdotto nel secolo XVI, ma è certo che in Italia, invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia, «maxima est copia, (oryza) ubi ex ea phtisana fiebat,quam reliqui mortales ex hordeo conficiebant». Teofrasto, che lo chiama pure oryzon, attesta che ai suoi tempi era seme peregrino. Il Bolognese Crescenzio nel 1301 parlando del riso lo chiama tesoro delle paludi. Nel IX secolo era già coltivato in Sicilia. Nel 1481 il riso è annoverato fra i prodotti del Mantovano. Nel 1521 fra quelli di Novara e Vercelli. Da noi il migliore è il Milanese, il Novarese e quello delle Puglie. I medici gli danno virtù calmanti, astringenti, anti etiche. Gli Indiani ne cavano un liquore spiritoso che chiamano Arak, liquore che si fa anche in America sotto il medesimo nome. La paglia del riso serve a molte ingegnose manifatture. Se ne fa carta leggerissima e finissima anche per sigarette. L'acqua di riso fa diventar bianca e morbida la pelle. I Milanesi dicono che il riso nasce nell'acqua e deve morire nel vino. Il riso è la ricchezza dei nostri fittajoli: Fittavol de ris, fittavol de paradis, dice un proverbio.
che in Italia, invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia, «maxima est copia, (oryza) ubi ex ea phtisana fiebat, quam reliqui