Le discussioni sulla cucina futurista non dovevano naturalmente limitarsi ad solo campo alimentare, perchè la nostra volontà di rinnovamento si è sempre espressa chiaramente a favore di tutti i rami e di tutte le attività dell'arte e della vita. Sono perciò da sottolineare le adesioni dei diversi giornalisti, costruttori, architetti, ecc. che, in seguito alla nostra battaglia parlano della necessità di modificare anche gl'interni dei locali, di dare un respiro di modernità alle Fiere dei prodotti agricoli e industriali, di presentare cioè gli alimenti ed i prodotti della città e della campagna secondo uno spirito dei nostri tempi.
La cucina futurista
Le discussioni sulla cucina futurista non dovevano naturalmente limitarsi ad solo campo alimentare, perchè la nostra volontà di rinnovamento si è
Ai due lati del piatto crema di spinaci, in cima e in fondo salsa Cirio. L'aspetto di un grottesco transatlantico, il gusto della nostra cucina migliore.
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Ai due lati del piatto crema di spinaci, in cima e in fondo salsa Cirio. L'aspetto di un grottesco transatlantico, il gusto della nostra cucina
L'Aerobanchetto ha giustificato il proprio nome attraverso la messinscena allestita dagli organizzatori. Le tavole erano state disposte con inclinazioni ed angoli, dando l'impressione di un velivolo. Qua le ali - ma smilze e anguste come in un idro dell'alta velocità - qua la fusoliera, là in fondo la coda. (Disabitata, come suole accadere anche nei velivoli autentici). Fra le ali una grande elica - ferma, per nostra fortuna! -, più indietro due cilindri da motocicletta, promossi per l'occasione al rango di motore aviatorio.
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la coda. (Disabitata, come suole accadere anche nei velivoli autentici). Fra le ali una grande elica - ferma, per nostra fortuna! -, più indietro due
Le tagliatelle - dice - sono ormai l'ultima trincea dei passatisti; la trincea della pasta all'ovo. La cucina futurista è la realizzazione del generale desiderio di rinnovare la nostra alimentazione, è la lotta contro il peso, il pancismo, la obesità. Noi vogliamo mantenere la nostra antica vitalità goliardica, anche se gli anni ci segnino con le loro piogge e le loro nebbie. Il nostro sforzo tende a militarizzare tutte le nostre giovani forze. Vogliamo pertanto che la cucina italiana non resti un museo. Affermiamo che la genialità italiana è capace di inventare altri tremila piatti, altrettanto buoni, ma più aderenti alla mutata sensibilità e ai mutati bisogni della generazione contemporanea.
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generale desiderio di rinnovare la nostra alimentazione, è la lotta contro il peso, il pancismo, la obesità. Noi vogliamo mantenere la nostra antica
La cucina futurista si propone non soltanto una rivoluzione completa nell'alimentazione della nostra razza, allo scopo di alleggerirla, spiritualizzarla e dinamizzarla.
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La cucina futurista si propone non soltanto una rivoluzione completa nell'alimentazione della nostra razza, allo scopo di alleggerirla
L'italiano della nostra epoca veloce non può che essere sensibile a tale argomento. Il cameriere gli servirà allora questa «Vivanda Svecchiatrice»: riso bollito, poi fritto nel burro, compresso in piccole sfere crude di lattuga spruzzata di grappa e servito sopra una poltiglia di pomodori freschi e patate lesse. Formula dell'aeropittore futurista FILLÌA
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L'italiano della nostra epoca veloce non può che essere sensibile a tale argomento. Il cameriere gli servirà allora questa «Vivanda Svecchiatrice
- «da oggi la nostra cucina elimina la pastasciutta. Siamo venuti a questa decisione perchè la pastasciutta è fatta di silenziosi lunghi vermi archeologici che, come i loro fratelli viventi nei sotterranei della storia, appesantiscono ammalano inutilizzano lo stomaco. Vermi bianchi che Lei non deve introdurre nel corpo se non vuole renderlo chiuso buio e immobile come un Museo.» -
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- «da oggi la nostra cucina elimina la pastasciutta. Siamo venuti a questa decisione perchè la pastasciutta è fatta di silenziosi lunghi vermi
«Beviamo alla salute del più grande realizzatore e poeta delle inquietudini della nostra epoca». COSTIN. (Il poeta futurista romeno Costin al Banchetto di Bucarest).
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«Beviamo alla salute del più grande realizzatore e poeta delle inquietudini della nostra epoca». COSTIN. (Il poeta futurista romeno Costin al
«Saluto Marinetti, l'artista il cui dinamismo vulcanico scosse le anime sonnolente, venti anni fa, trascinandole nel ritmo di una nuova respirazione estetica e generò non soltanto le nuove formule d'arte trionfanti oggi sopra tutta la terra, ma anche un nuovo aspetto della nostra vecchia civiltà latina sempre proteiforme e sempre armoniosa.
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estetica e generò non soltanto le nuove formule d'arte trionfanti oggi sopra tutta la terra, ma anche un nuovo aspetto della nostra vecchia civiltà
Consultiamo in proposito le nostre labbra, la nostra lingua, il nostro palato, le nostre papille gustative, le nostre secrezioni glandolari ed entriamo genialmente nella chimica gastrica.
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Consultiamo in proposito le nostre labbra, la nostra lingua, il nostro palato, le nostre papille gustative, le nostre secrezioni glandolari ed
Benché io non sia, ohimè, il più giovine del tuo reggimento, ora ti domando, o Marinetti, di portar io la bandiera di quest'ultima tua offensiva. Pare a me che la rivoluzione alimentare sia la più provvida fra quante mai tu abbia suscitate. E infatti appare la più difficile. Tu vedi come gli Italiani, toccati nell'epigastrio, già ti si ribellino. Accettano il tattilismo, le parole in libertà, l'intonarumori. Ma alla pasta asciutta non rinunciano. Accettano il pugno, il salto, il passo di corsa: però con la sua porzione di spaghetti. Accettano, e intendono, di riavere il primato nel mondo: disposti, tuttavia, questa priorità a cederla per un piatto di maccheroni, come già Esaù per uno di lenticchie. Tu vedi com'è fatta, purtroppo, questa gente nostra. Capace di rinunziare a tutti i comodi, a tutti i vantaggi, e non a un appetito. Ah, non credere, Marinetti, che stavolta la battaglia sia facile! Per ciò domando, appunto, l'onore di servirti. Ma credi a me: bisognerà avere coraggio. I fischi saranno molti; la pasta asciutta tornerà in tavola; e noi dovremo, chissà ancora per quanto tempo, predicare a pancie piene e a cuori deserti.
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gente nostra. Capace di rinunziare a tutti i comodi, a tutti i vantaggi, e non a un appetito. Ah, non credere, Marinetti, che stavolta la battaglia sia
Non importa. Vinceremo meglio, vincendo tardi, come in tutte le buone rivoluzioni. La nostra, intanto, esprime il suo verbo, stabilisce la sua legge. Poiché gli Italiani hanno consentito al principio futurista di farsi quanto più possibile agili, desti, veloci, elettrici, furibondi, verrà bene il giorno in cui si persuaderanno che, a raggiungere un tale stato di grazia, nulla può meglio giovare del mangiar poco e scelto, del limitare i propri pasti alla stilla essenziale e alla briciola leonina. In verità quest'ultima propaganda tua, o Marinetti, è la più conseguente e logica fra tutte quelle derivate dal tuo manifesto cardinale di vent'anni fa: e non si capirebbero tante resistenze, se non ripensando, appunto, alla tenacia e caparbietà di certe abitudini dello stomaco. Non è la prima volta che un popolo c'insegna di saper rinunziare a tutto, fuorché a una ghiottoneria. Un francese che stimava i Tedeschi, il conte di Gobineau, soleva dire che di là dal Reno nessuno saprebbe commettere una viltà, fuorché per una salsiccia con crauti. È un giudizio che mi torna a mente, ripensando a quel Pulcinella che resisteva a tutto, fuorché a una manciata di vermicelli. Questo grande amore della pasta asciutta è una debolezza degli Italiani, e tu hai cento ragioni di batterla in breccia. C'è il tallone d'Achille, e c'è il palato del futurista. Ora, fra tutti i cibi ingozzanti e paralizzanti che contraddicono al tuo programma di rapidità, elasticità ed energia, la pasta asciutta è precisamente il più diffuso e calamitoso. Ma essendo il più nefasto, é anche il meno maledetto. Ed ecco la molla della tua rivolta riparatrice. Che vuol dire, quest'altra abitudine, quest'altro vizio, quest'altra abbiezione? Liberiamoci anche dalla pasta asciutta, ch'è anch'essa una schiavitù. Che ci gonfia le ganasce, come a mascherotti da fontana; che ci intoppa l'esofago, come a tacchini natalizi; che ci lega le interiora con le sue funi mollose; e ci inchioda alla scranna, repleti e istupiditi, apoplettici e sospiranti, con quella sensazione dell'inutilità che, a seconda degli individui, può dar piacere o vergogna, ma in ogni caso deve essere aborrita da chi vanti un'anima futurista, o soltanto giovine e sveglia.
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Non importa. Vinceremo meglio, vincendo tardi, come in tutte le buone rivoluzioni. La nostra, intanto, esprime il suo verbo, stabilisce la sua legge
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di là dell'Alpi, qualche metafora indecorosa. Si diceva, un tempo, che gli spaghetti noi li mangiassimo con le mani: e forse il senso della maldicenza era che non potessero, da una siffatta golosità, andare disgiunte sciatteria e sudiciume. Poi ci concessero le forchette, forse per avere il diritto di dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in tutta Europa quante porzioni ne mangi Primo Carnera, come nel 1894 si sapeva quante ne divorasse Francesco Crispi. L'italiano delle allegorie ha pur sempre l'avida bocca spalancata su un piatto di tagliatelle, quando non sia di vermicelli colanti sugo lungo le bramose canne. Ed è un'immagine offensiva: buffa, deforme, brutta. Vorrebbe insegnare la vanità di quel nostro appetito, insieme alla sua irruenza bestiale. In fondo, la pasta asciutta non nutre. Riempie: non risangua. La sua sostanza è minima in confronto al suo volume. Ma è appunto, vorrebbero dire le allegorie maligne, un vero cibo italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle protese, in quel voluttuoso impippiarsene, in quell'aderenza totale della pasta al palato e alle viscere, in quel sentirsi tutt'uno con lei, appallottolati e rifusi. Ma è un gusto porcino. Ma è un gaudio da poco. Inghiottiti che siano, gli spaghetti infestano e pesano. E ci sentiamo, subito, impiombati come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno dentro l'altro, si confondono, s'imbrogliano come i vermicelli assorbiti. Le parole s'appallottolano allo stesso modo. Il poco sugo che portano alle labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l'argomentazione è impossibile, interrotta com'è dai sussulti delle budella. Si sa che i peccati di gola sono i più rapidamente puniti dal Signore Iddio. Quello della pasta asciutta viene espiato all'istante. È la pancia che si gonfia a spese se del cervello. È l'incatenamento, o l'esilio, di tutti gli spiriti, concettosi od amorosi. Provatevi dunque, dopo una strippata di tagliatelle, a partire per una polemica. Oppure per Citera. Vi giuro che resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
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italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle
In un articolo sul «Secolo XIX» di Genova, Amedeo Pescio insorge contro quelli che chiamano gloria e vanto dei genovesi i ravioli, le lasagne, i taglierini, ecc. E scrive: «Giovanni da Vigo iniziò la campagna contro la pasta asciutta nel '500, quando il buon rapallino dottissimo, curava papi e principi, prelati e ministri, gente dinamica, sì, ma che non andavano in giù a digerire corbe di trenette e di litantrace. Orbene il grandissimo chirurgo della nostra città (come
Questa nostra cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità, sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa: essa invece vuole finalmente creare un'armonia tra il palato degli uomini e la loro vita di oggi e di domani.
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Questa nostra cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità, sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e
Contrariamente alle critiche lanciate e a quelle prevedibili, la rivoluzione cucinaria futurista, illustrata in questo volume, si propone lo scopo alto, nobile ed utile a tutti di modificare radicalmente l'alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l'esperienza, l'intelligenza e la fantasia sostituiscano economicamente la quantità, la banalità, la ripetizione e il costo.
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alto, nobile ed utile a tutti di modificare radicalmente l'alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con
Era tempo di finirla, perdio, con una pietanza barbara che viveva a scrocco nella nostra civiltà ultramoderna: parlo dei maccheroni al sugo, al pomodoro o come meglio v'aggrada. Questo piatto, pur tra gli altri bestiali, ci faceva la figura di uno scimpanzè femmina in un salotto di dame sentimentali: e solo per un errato rispetto della tradizione si continuava a sopportare il suo lezzo plebeo. Il nome stesso ricordava il popolo, rozzo e oleoso di lordume, in mezzo al quale era nato: maccheroni. Qualche buona pasta di cuoco, discepolo ed emulo di Brillat-Savarin, s'era ultimamente indaffarato a ingentilirlo, a togliergli di dosso quel tango di canagliume: l'aveva piegato a non accompagnarsi a certe tronfie e sguaiate cipolle, adipose come belle da marinaio, a certi agli sbiancati e consunti da morbi nascosti, all'olio rancido e caprigno. Ma sotto le nuove spoglie aveva i modi e le volgarità del villan rifatto e a nulla gli valeva la continua frequenza con quell'aggraziato ed epicureo messere che si chiama burro. Ebbe sempre la medesima pancia, tumultuosa e invadente: e dovunque entrasse, nella casa del povero e del ricco, volgeva gli occhi intorno come per imporre rispetto e reverenza, quasi discendesse da troppo magnanimi lombi per non dover stimare men che nulla le restanti creature gastronomiche.
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Era tempo di finirla, perdio, con una pietanza barbara che viveva a scrocco nella nostra civiltà ultramoderna: parlo dei maccheroni al sugo, al
Doveva toccare alla nostra epoca la ventura di ripudiare definitivamente quest'usanza barbara. Siamo, noi figli del secolo, troppo spregiudicati per non mandare a quel paese maccheroni e accessori senza neanche il benservito: e nessuno avrà rimpianti o spargerà tenere lacrimucce, anche se quasi all'insaputa ha ingozzato maccheroni tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno, sera. Puah. Che porcheria, i maccheroni: per dirla, sono scomparsi dalle case i dipinti, le oleografìe, le foto e ogni accidente che li raffigurava: e le case editrici hanno ritirato dal mercato librario tutte le loro edizioni per sottoporle a una rigorosa censura, cancellando senza pietà, ristampando addirittura quando è stato necessario. Tra qualche mese a sentirli solo nominare - i maccheroni, puah - la gente butterà fuori anche le budella.
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Doveva toccare alla nostra epoca la ventura di ripudiare definitivamente quest'usanza barbara. Siamo, noi figli del secolo, troppo spregiudicati per
6) Sono esterofili e quindi colpevoli di antitalianità gli storici e i critici militari che della nostra grande guerra vittoriosa prediligono gli episodi trascurabili come Caporetto.
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6) Sono esterofili e quindi colpevoli di antitalianità gli storici e i critici militari che della nostra grande guerra vittoriosa prediligono gli
9) Sono esterofile e quindi antitaliane le assemblee che invece di bollare d'infamia definiscono «leciti peccatucci» le offese scritte e stampate da letterati italiani contro l'Italia, contro il nostro esercito e contro la nostra grande guerra vittoriosa.
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letterati italiani contro l'Italia, contro il nostro esercito e contro la nostra grande guerra vittoriosa.
11) Sono esterofile e quindi colpevoli di antitalianità le signore italiane dell'aristocrazia e dell'alta borghesia che si infatuano degli usi e degli snobismi stranieri. Esempio: lo snobismo americano dell'alcool e la moda del cocktail-party, forse adatti alla razza nord-americana, ma certamente nocivi alla nostra razza. Consideriamo quindi cafona e cretina la signora italiana che partecipa orgogliosamente a un cocktails-party e relativa gara alcoolica. Cretina e cafona la signora italiana che crede più elegante dire: «ho preso quattro cocktails»; che dire: «ho mangiato un minestrone». A meno che essa subisca ora la invidiata superiorità finanziaria dello straniero, superiorità ormai distrutta dalla crisi mondiale.
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nocivi alla nostra razza. Consideriamo quindi cafona e cretina la signora italiana che partecipa orgogliosamente a un cocktails-party e relativa gara
La nostra virile fiera dinamica e drammatica penisola, invidiata e minacciata da tutti, pronta a scattare per realizzare il suo immenso destino, deve considerare l'orgoglio nazionale come la sua prima legge di vita.
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La nostra virile fiera dinamica e drammatica penisola, invidiata e minacciata da tutti, pronta a scattare per realizzare il suo immenso destino, deve
- La prego di far rilevare anzitutto che la nostra iniziativa e la nostra attività per l'apertura del «Santopalato» ha puramente scopi artistici, ideatori e propulsori di una nostra teoria cucinaria. Non si tratta perciò di una speculazione mia o di Diulgheroff. Noi daremo semplicemente alla Taverna una impronta futurista. Ma non avremo, ripeto, nessun interessamento sul successo più o meno grande (noi speriamo grandissimo) dell'iniziativa. La Taverna sorgerà prossimamente a Torino. Verrà decorata dall'architetto Diulgheroff e da me collo scopo preciso di passare dalla teoria alla pratica nella polemica futurista.
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- La prego di far rilevare anzitutto che la nostra iniziativa e la nostra attività per l'apertura del «Santopalato» ha puramente scopi artistici
«non si tratta, criticando le vivande contenute nel manifesto della cucina futurista, di parlare di «tecnica»: quelle vivande come il mio carneplastico che fu erroneamente creduto in opposizione alla pastasciutta, sono i primi esempî di tutta una serie che creeremo. Avremo perciò le vivande economiche e le vivande di lusso - le vivande da paragonare in meglio alla pastasciutta e le vivande da vincere in concorrenza le vecchie ghiottonerie. E, come tecnica, il ristorante futurista di Torino, batterà senza dubbio la scienza dei cuochi accademici. Ma, in ogni modo, è lo spirito rivoluzionario del manifesto che deve importare: la necessità cioè di modificare la cucina perchè modificato è il nostro generale sistema di vita, perchè, rompendo le abitudini, bisogna preparare il palato alle future alimentazioni. Se i cuochi accademici ci combattono per pura ragione di tecnica sono vinti: la loro opposizione di artigiani non può vincere la nostra forza di artisti. E le creazioni futuriste raggiungeranno perfezioni tecniche, mentre le vivande antiche, tecnicamente perfette, non si potranno rinnovare».
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opposizione di artigiani non può vincere la nostra forza di artisti. E le creazioni futuriste raggiungeranno perfezioni tecniche, mentre le vivande
«secondo la comoda teoria pacifista dei cuochi accademici neppure la pastasciutta sarebbe stata inventata: e si continuerebbe a mangiare come i romani antichi. Siamo invece giunti ad un momento in cui tutto deve rinnovarsi. Come si sono rinnovati i costumi, i trasporti, le arti, ecc., ecc. si arriverà anche al trionfo della cucina futurista. E d'altronde medici illustri e cuochi sapienti ci dànno ragione ed aderiscono alla nostra lotta».
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arriverà anche al trionfo della cucina futurista. E d'altronde medici illustri e cuochi sapienti ci dànno ragione ed aderiscono alla nostra lotta».