Sulla soglia, allo sportello dell'automobile, il viso emaciato e la troppo bianca mano tesa di Giulio Onesti. Questo pseudonimo, che mascherava il suo vero nome, il suo intervento battagliero e creativo nelle serate futuriste di venti anni prima, la sua vita di scienza e di ricchezze accumulate al Capo di Buona Speranza, la sua subitanea fuga dai centri abitati, riempirono la conversazione parolibera che precedette il pranzo nel policromo Quisibeve della villa.
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suo vero nome, il suo intervento battagliero e creativo nelle serate futuriste di venti anni prima, la sua vita di scienza e di ricchezze accumulate al
Il Mare d'Italia, l'Insalata mediterranea ed il Pollofiat, l'ottava, la nona e la decima vivanda, si servono insieme. Particolarmente notevole quest'ultimo piatto, ideato dal Diulgheroff. Si prende un rispettabile pollo e lo si cuocia in due tempi: lessato prima, arrostito in seguito. Si scavi nella schiena del volatile una capace cavità, dentro la quale si posi un pugno di pallini, per cuscinetti a sfere, di acciaio dolce. Sulla parte posteriore del volatile si cucia, poi, in tre fette, una cresta di gallo cruda. Si cacci in forno il plastico così preparato e lo si lasci per circa dieci minuti. Quando la carne ha bene assorbito il sapore dei pallini di acciaio dolce, allora il pollo viene servito in tavola, con contorno di panna montata.
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'ultimo piatto, ideato dal Diulgheroff. Si prende un rispettabile pollo e lo si cuocia in due tempi: lessato prima, arrostito in seguito. Si scavi
Nei regolari concorsi pei padiglioni che riguardano il vino, prima di costruire stands, di organizzare pubblicità, i vinicoli dovrebbero prendere in seria considerazione le concezioni artistiche novatrici.
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Nei regolari concorsi pei padiglioni che riguardano il vino, prima di costruire stands, di organizzare pubblicità, i vinicoli dovrebbero prendere in
In questo adattissimo ristorante, le «Edizioni Franco-Latine» rappresentate dalle signore Belloni e Farina e dal signor Pequillo, vollero realizzare per la prima volta a Parigi la cucina futurista e si accordarono con i pittori Prampolini e Fillìa per la preparazione del pranzo.
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per la prima volta a Parigi la cucina futurista e si accordarono con i pittori Prampolini e Fillìa per la preparazione del pranzo.
Enrico Prampolini che aveva gelosamente circondato di paraventi il suo lavoro creativo, alla prima alba filtrante all'orizzonte lucente dalla finestra aperta, gridò:
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Enrico Prampolini che aveva gelosamente circondato di paraventi il suo lavoro creativo, alla prima alba filtrante all'orizzonte lucente dalla
S. E. Marinetti, che aveva partecipato al banchetto non soltanto presiedendolo ma intervenendo ad ogni momento nelle discussioni e nella esaltazione delle vivande, elogiò il pranzo futurista come prima realizzazione a Parigi del celebre manifesto della cucina futurista, manifesto che ha sollevato una polemica mondiale, con oltre 2000 articoli ed ha dimostrato il senso d'artevita sempre animante le attività futuriste.
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delle vivande, elogiò il pranzo futurista come prima realizzazione a Parigi del celebre manifesto della cucina futurista, manifesto che ha sollevato
Poco dopo il capo del futurismo rivolge la propria offensiva contro il pacifico dottor Magli, rappresentante degli Achei, apostrofandolo perchè ha osato fiutare la carne prima di assaggiarla.
Al Peralzarsi il Direttore del pranzo ufficiale entrerà e con molte scuse cerimoniose pregherà di aspettare l'arrivo da tempo annunciato, ma sempre ritardato da ingombri e disastri automobilistici e da deragliamenti ferroviari, di una frutta paradisiaca scelta sull'Equatore, e del gelato disgraziatamente tanto architettato che crollò poco prima in cucina.
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disgraziatamente tanto architettato che crollò poco prima in cucina.
Gli undici convitati (5 donne, 5 uomini e un neutro) hanno ciascuno un piccolo ventilatore a mano con cui ricacciare a volontà l'odore goduto nell'angolo munito di un potente aspiratore. Prima dell'inizio del pranzo i convitati declamano «L'elogio dell'autunno» del poeta futurista Settimelli e «Intervista con un Caproni» del poeta futurista Mario Carli.
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'angolo munito di un potente aspiratore. Prima dell'inizio del pranzo i convitati declamano «L'elogio dell'autunno» del poeta futurista Settimelli e
Le porte-finestre, apribili elettricamente mediante tastiera sottoposta alle dita dei convitati, dànno: la prima sulla massa degli odori del lago, la seconda sulla massa degli odori di un granaio e relativo serbatoio di frutta, la terza sulla massa degli odori del mare e relativa pescheria, la quarta sulla serra calda e relativo girotondo di piante odorifere rare scorrenti su binari.
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Le porte-finestre, apribili elettricamente mediante tastiera sottoposta alle dita dei convitati, dànno: la prima sulla massa degli odori del lago, la
Ogni convitato, qualche minuto prima del pranzo, dovrà separatamente indossare uno dei pigiama. Poi, tutti saranno introdotti in una vasta sala buia, priva di mobili: senza vedere, rapidamente, ogni convitato dovrà scegliersi il proprio compagno di tavola secondo una sua inspirazione tattile.
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Ogni convitato, qualche minuto prima del pranzo, dovrà separatamente indossare uno dei pigiama. Poi, tutti saranno introdotti in una vasta sala buia
Si serve la prima vivanda «Sogno alpestre»: piccole forme ovoidali di ghiaccio avvolte in pasta di castagne e presentate su grossi dischi di mela punteggiati di noce e bagnati nel vino Freisa.
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Si serve la prima vivanda «Sogno alpestre»: piccole forme ovoidali di ghiaccio avvolte in pasta di castagne e presentate su grossi dischi di mela
All'inizio del pranzo la prima parete è illuminata di dietro e risaltano così i profili geometrici delle montagne bianche e brune e dei pini verdi. Nella sala viene regolata una temperatura di freschezza primaverile.
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All'inizio del pranzo la prima parete è illuminata di dietro e risaltano così i profili geometrici delle montagne bianche e brune e dei pini verdi
Una quadrata camera dal soffitto azzurro, le cui quattro pareti sono formate da enormi pitture futuriste su vetro rappresentanti: un paesaggio alpino Depero - un paesaggio di pianura con laghi e sfondo di colline Dottori - un paesaggio vulcanico Balla - un paesaggio di mare meridionale animato d'isolotti Prampolini. I convitati, prima di mangiare, si tingono le mani con blu di Mitilene.
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'isolotti Prampolini. I convitati, prima di mangiare, si tingono le mani con blu di Mitilene.
Si spegne la prima parete e si accende la seconda: brillano gli smeraldi dei prati e i rossi delle fattorie che si perdono tra le terre tonde delle colline e gli azzurri metallici dei laghi. Aumenta la temperatura nella sala.
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Si spegne la prima parete e si accende la seconda: brillano gli smeraldi dei prati e i rossi delle fattorie che si perdono tra le terre tonde delle
deve, prima di preparare il pranzo, studiare il carattere e la sensibilità di ognuno, tenendo poi conto, nella distribuzione dei cibi, dell'età, del sesso, della conformazione fisica e dei fattori psicologici.
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deve, prima di preparare il pranzo, studiare il carattere e la sensibilità di ognuno, tenendo poi conto, nella distribuzione dei cibi, dell'età, del
«Verso uno stile, i migliori s'avviano in due modi: taluni con la semplicità della grandezza, che è il modo con cui anche le Piramidi egiziane diventano monumento; e in questo nudo sforzo verso l'eroico s'ha da ricordare in prima linea un nostro morto, e morto sul Carso, Antonio Sant'Elia, il quale sedici anni fa proclamava la necessità d'abolire ogni decorazione e la precarietà degli edifici («Le case dureranno meno di noi, ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città») e dei cui progetti alcuni sono, a rivederli oggi, profetici; altri architetti, cautamente appoggiandosi alla tradizione». UGO OJETTI. («Corriere della Sera»).
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diventano monumento; e in questo nudo sforzo verso l'eroico s'ha da ricordare in prima linea un nostro morto, e morto sul Carso, Antonio Sant'Elia, il quale
3. L'invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra.
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3. L'invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le
Non importa. Vinceremo meglio, vincendo tardi, come in tutte le buone rivoluzioni. La nostra, intanto, esprime il suo verbo, stabilisce la sua legge. Poiché gli Italiani hanno consentito al principio futurista di farsi quanto più possibile agili, desti, veloci, elettrici, furibondi, verrà bene il giorno in cui si persuaderanno che, a raggiungere un tale stato di grazia, nulla può meglio giovare del mangiar poco e scelto, del limitare i propri pasti alla stilla essenziale e alla briciola leonina. In verità quest'ultima propaganda tua, o Marinetti, è la più conseguente e logica fra tutte quelle derivate dal tuo manifesto cardinale di vent'anni fa: e non si capirebbero tante resistenze, se non ripensando, appunto, alla tenacia e caparbietà di certe abitudini dello stomaco. Non è la prima volta che un popolo c'insegna di saper rinunziare a tutto, fuorché a una ghiottoneria. Un francese che stimava i Tedeschi, il conte di Gobineau, soleva dire che di là dal Reno nessuno saprebbe commettere una viltà, fuorché per una salsiccia con crauti. È un giudizio che mi torna a mente, ripensando a quel Pulcinella che resisteva a tutto, fuorché a una manciata di vermicelli. Questo grande amore della pasta asciutta è una debolezza degli Italiani, e tu hai cento ragioni di batterla in breccia. C'è il tallone d'Achille, e c'è il palato del futurista. Ora, fra tutti i cibi ingozzanti e paralizzanti che contraddicono al tuo programma di rapidità, elasticità ed energia, la pasta asciutta è precisamente il più diffuso e calamitoso. Ma essendo il più nefasto, é anche il meno maledetto. Ed ecco la molla della tua rivolta riparatrice. Che vuol dire, quest'altra abitudine, quest'altro vizio, quest'altra abbiezione? Liberiamoci anche dalla pasta asciutta, ch'è anch'essa una schiavitù. Che ci gonfia le ganasce, come a mascherotti da fontana; che ci intoppa l'esofago, come a tacchini natalizi; che ci lega le interiora con le sue funi mollose; e ci inchioda alla scranna, repleti e istupiditi, apoplettici e sospiranti, con quella sensazione dell'inutilità che, a seconda degli individui, può dar piacere o vergogna, ma in ogni caso deve essere aborrita da chi vanti un'anima futurista, o soltanto giovine e sveglia.
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certe abitudini dello stomaco. Non è la prima volta che un popolo c'insegna di saper rinunziare a tutto, fuorché a una ghiottoneria. Un francese che
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di là dell'Alpi, qualche metafora indecorosa. Si diceva, un tempo, che gli spaghetti noi li mangiassimo con le mani: e forse il senso della maldicenza era che non potessero, da una siffatta golosità, andare disgiunte sciatteria e sudiciume. Poi ci concessero le forchette, forse per avere il diritto di dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in tutta Europa quante porzioni ne mangi Primo Carnera, come nel 1894 si sapeva quante ne divorasse Francesco Crispi. L'italiano delle allegorie ha pur sempre l'avida bocca spalancata su un piatto di tagliatelle, quando non sia di vermicelli colanti sugo lungo le bramose canne. Ed è un'immagine offensiva: buffa, deforme, brutta. Vorrebbe insegnare la vanità di quel nostro appetito, insieme alla sua irruenza bestiale. In fondo, la pasta asciutta non nutre. Riempie: non risangua. La sua sostanza è minima in confronto al suo volume. Ma è appunto, vorrebbero dire le allegorie maligne, un vero cibo italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle protese, in quel voluttuoso impippiarsene, in quell'aderenza totale della pasta al palato e alle viscere, in quel sentirsi tutt'uno con lei, appallottolati e rifusi. Ma è un gusto porcino. Ma è un gaudio da poco. Inghiottiti che siano, gli spaghetti infestano e pesano. E ci sentiamo, subito, impiombati come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno dentro l'altro, si confondono, s'imbrogliano come i vermicelli assorbiti. Le parole s'appallottolano allo stesso modo. Il poco sugo che portano alle labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l'argomentazione è impossibile, interrotta com'è dai sussulti delle budella. Si sa che i peccati di gola sono i più rapidamente puniti dal Signore Iddio. Quello della pasta asciutta viene espiato all'istante. È la pancia che si gonfia a spese se del cervello. È l'incatenamento, o l'esilio, di tutti gli spiriti, concettosi od amorosi. Provatevi dunque, dopo una strippata di tagliatelle, a partire per una polemica. Oppure per Citera. Vi giuro che resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
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resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
Ma quali erano, di grazia, i suoi titoli nobiliari? La «Cronaca degli memorabilia» di Dacovio Saraceno, per fortuna, sta lì a cantarcene vita e miracoli: «lo macarono nato fue et notricato appo gli Ostragoti, gli quai molto et volantieri con essolui si solaciavano. Dieto macarono erat di spulcia (leggi spelta) et hebbe sua prima dimora in la regia del magno prence Teodarico, idest in Ravenia, lo quà prence affidato avealo a Rotufo, coco suo genialissimo. Il conobbero gli sudditi dello rege, per virtude della femina del coco, che avevasi invaghito dello ofiziale di guardia al palacio et al quale, tra un baciuzzo et uno baciozzo, confidogli la esistenzia dello nominato macarono. Ergo, lo amore per essolui macarono s'espanse per lo populo omne; et il bollivano cum cipoglia et alio et pastonacca; et il condivano cum suggo (sic) di cedriollo; et leccavansi digita et grugno ».
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(leggi spelta) et hebbe sua prima dimora in la regia del magno prence Teodarico, idest in Ravenia, lo quà prence affidato avealo a Rotufo, coco suo
Verso la fine del secolo decimottavo molti nobili ingegni, sicuri che la ragione di molti mali si dovesse cercare in quella pietanza, iniziarono una vivace campagna perchè l'umanità scrollasse dalla groppa il basto di schiavitù. Furono scritti innumerevoli opuscoli e tomi di varia mole: le gazzette, diffusissime, recavano articoli di gente che aveva acquistato grande autorità nel campo delle scienze e delle lettere: ma tutto fu inutile contro l'assenteismo delle plebi anche perchè era, in quel tempo, diffusa la superstizione che i maccheroni fossero il controveleno di ogni morbo, la panacea universale. Un ultimo tentativo lo fece nella prima metà dell'ottocento, il grande Michele Scrofetta delle cui benemerenze è superfluo parlare, essendo note ai più: e tuttavia l'eminente scienziato non approdò a nulla di concreto.
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universale. Un ultimo tentativo lo fece nella prima metà dell'ottocento, il grande Michele Scrofetta delle cui benemerenze è superfluo parlare, essendo
Paolo Monelli, nella difesa della pastasciutta la dichiara l'ideale vivanda dei combattenti. Ciò era forse vero per gli alpini che, fra tutti i combattenti, sono i più pronti, dopo battaglie, scalate e valanghe, ad improvvisare perfetti equipaggiamenti, comodi rifugi, forniti e ben arredati baraccamenti e cucine sapienti. Ciò non è vero per le truppe che combattono in pianura. I futuristi che combattevano a Doberdò, a Selo, sulla Vertoibizza, a Plava e alle case di Zagora e dopo a Casa Dus, a Nervesa e a Capo Sile sono pronti a testimoniare che mangiarono sempre delle pessime pastasciutte, ritardate, congelate e trasformate dai tiri di sbarramento nemici che separavano gli attendenti e i cuochi dai combattenti. Chi poteva sperare in una pastasciutta calda e al dente? Marinetti ferito alle Case di Zagora nell'offensiva del Maggio 1917, trasportato giù a Plava in barella, ricevette da un soldato ex-cuoco del Savini un miracoloso brodo di pollo: quel sagace opportuno cuoco, per quanto zelante e devoto al simpatico cliente di una volta, non avrebbe potuto con la maggior buona volontà offrirgli una pastasciutta mangiabile, poiché sulla sua cucina di battaglione crollavano di quando in quando tremendi barilotti austriaci a sconquassargli i fornelli: Marinetti dubitò allora per la prima volta della pastasciutta come vivanda di guerra. Per i bombardieri della Vertoibizza, come Marinetti, la vivanda comune era del cioccolato sporco di fango e talvolta una bistecca di cavallo cotta in un pentolino lavato con l'acqua di Colonia.
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quando tremendi barilotti austriaci a sconquassargli i fornelli: Marinetti dubitò allora per la prima volta della pastasciutta come vivanda di guerra
Significativa l'intervista del giornale Je suis partout con Marinetti e l'articolo di fondo, in prima pagina, del quotidiano Le Petit Marseillais, sulla cucina futurista. Il Times di Londra, ritornò ripetutamente sull'argomento con scritti diversi, pubblicando anche poesie polemiche. Lungo articolo «ITALY MAY DOWN SPAGHETTI» sulla Chicago Tribune. Altri articoli sulla Reinisch-Westfalische Zeitung di Essen e sul Nieuwe Rotterdamsche Courant. Giornali da Budapest a Tunisi, da Tokio a Sidney, che rilevano l'importanza della battaglia futurista «contro le vivande tristemente miserabili».
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Significativa l'intervista del giornale Je suis partout con Marinetti e l'articolo di fondo, in prima pagina, del quotidiano Le Petit Marseillais
La nostra virile fiera dinamica e drammatica penisola, invidiata e minacciata da tutti, pronta a scattare per realizzare il suo immenso destino, deve considerare l'orgoglio nazionale come la sua prima legge di vita.
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considerare l'orgoglio nazionale come la sua prima legge di vita.
«Carissimo poiché Essa partì definitivamente sono preso da angoscia torturante Stop tristezza immensa vietami sopravivere Stop supplicoti venire subito prima che arrivi quella che le rassomiglia troppo ma non abbastanza GIULIO».
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subito prima che arrivi quella che le rassomiglia troppo ma non abbastanza GIULIO».
La Taverna Santopalato di Torino, prima ancora di essere inaugurata, raggiungeva una notorietà mondiale per l'annunciata realizzazione della cucina futurista. Intanto i lavori procedevano e l'ambiente si formava nel dominio preponderante dell'alluminio italiano «Guinzio e Rossi»: dominio che doveva dare al locale una atmosfera di metallicità, di splendore, di elasticità, di leggerezza ed anche di serenità. Senso cioè della vita di oggi dove il nostro corpo e il nostro spirito hanno bisogno di trovare l'affinamento, la sintesi e la traduzione artistica di tutta l'organizzazione meccanica preponderante. L'alluminio è il più adatto e il più espressivo dei materiali, racchiude queste doti essenziali ed è veramente un figlio del secolo dal quale attende gloria ed eternità al pari dei materiali «nobili» del passato. Nella Taverna Santopalato si delineava perciò una pulsante struttura di alluminio e questo non era freddamente utilizzato a ricoprire dello spazio ma serviva come elemento operante dell'interno: alluminio dominante, agile ossatura di un corpo nuovo, completato con i ritmi della luce indiretta. La luce è pure una delle realtà fondamentali dell'architettura moderna e deve essere «spazio», deve far parte vivente con le altre forme della costruzione. Nel corpo dell'alluminio la luce serviva dunque come sistema arterioso, indispensabile allo stato d'attività dell'organismo ambientale. Tutto concorreva alla completazione dell'interno: i grandi quadri pubblicitarî, i tendaggi, i vetri lavorati, gli oggetti diversi.
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La Taverna Santopalato di Torino, prima ancora di essere inaugurata, raggiungeva una notorietà mondiale per l'annunciata realizzazione della cucina
Speaker ufficiale, ossia l'annunciatore e l'illustratore di ogni singola portata, era e non poteva non esserlo, il pittore Fillìa. Quattordici le portate, abbiamo detto. Eccole. Prima: Antipasto intuitivo. Non è difficile intendere come si tratti, in un certo senso, di una sorpresa e, in certo altro senso, di una preparazione alle portate seguenti. Non bisogna, a questo punto, dimenticare che l'invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutre gli occhi ed eccita la fantasia prima di tentare le labbra, sia una norma fondamentale per un pranzo perfetto. Sceglieremo, quindi, una grossa arancia, ed attraverso un foro, la libereremo della sua polpa: l'ischeletrito involucro noi tratteremo in modo da ottenere la figurazione di un piccolo canestro, con il manico e la tondeggiante cavità. Qui porremo una fettina di prosciutto infilato in un pezzetto di grissino, un carciofino all'olio, un peperoncino sotto aceto. Nel grembo di questi ultimi sarà lecito di infilare un bigliettino rotolato, sul quale sarà stata precedentemente vergata una massima futurista, oppure l'elogio di un convitato. Sarà facile scoprire la sorpresa poiché è comminata «l'abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale.» In totale, una cosa finissima.
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portate, abbiamo detto. Eccole. Prima: Antipasto intuitivo. Non è difficile intendere come si tratti, in un certo senso, di una sorpresa e, in certo