11 lino è una pianticella annua indigena venuta a noi dall'Egitto. Ve ne sono 19 varietà. Un etimologo tedesco (oh, gli etimologi!), vuole che il suo nome venga dal celtico lein, un uccello che si pasce dei semi del lino, che dev'essere il passero. Col quale sistema di etimologia, si può spiegare benissimo anche che la parola osso viene da cane, essendo i cani che mangiano le ossa. Pare invece che venga da lis linon e linteum, dall'uso più comune che si fa della pianta, o dal latino Unire, ungere, fregare, il che indurrebbe a credere l'uso antichissimo dell'olio di lino. Il tessere il lino è antichissimo. Omero riferisce che nella guerra trojana molti avevano corazze di lino. Lo filavano perfino le regine, esempio Berta. II seme di lino, riposato fino a 7 ed 8 anni, acquista in qualità arrivando a dare un prodotto comparabile a quello di Riga. I Russi ànno un processo per essiccare nel forno il grano destinato alla semente. Plinio parla di un lino incombustibile, ma evidentemente intende d'un tessuto d'amianto conosciuto già dagli Indi e dagli Egizi. Il lino si coltiva in grande nel Belgio, nell'Olanda, nella Germania, in Irlanda sulle rive del Baltico e nei dipartimenti francesi del Nord. Celebre quello di Riga in Russia, pregiato quello dell'Egitto e del Canada. Da noi si coltiva nelle provincie di Pavia, Lodi, Crema, Piacenza e nella Lomellina. Il lino ci accarezza il corpo di giorno e di notte, ci serve democraticamente in cucina e fa brillare nella sua candidezza i calici aristocratici dello Champagne e del Johannisberg. Ma qui ne parlo solo per riguardo al suo olio. Il seme del lino dà un olio, da noi chiamato di linosa, che non piace a tutti, che non à i pregi di quello di oliva (che à dato il nome all'olio, perchè olio viene da oliva, olea, ma che però, quando è fresco, e molto fresco, e fatto a freddo, è saporito e assai gustoso nella maggior parte delle insalate. Specialmente nell'alta Lombardia è molto usato ed è assai sano. Dal seme del lino se ne cava farina, ma per quanto si sia tentato anche dagli antichi di farne pane o di servirsene per nutrimento, fu sempre rifiutata, ingenerandone l'uso malattie ed anche la morte. Di essa se ne serve felicemente la medicina per cataplasmi, emollienti, ecc.
, Piacenza e nella Lomellina. Il lino ci accarezza il corpo di giorno e di notte, ci serve democraticamente in cucina e fa brillare nella sua candidezza i
Il lino è una pianticella annua indigena venuta a noi dall'Egitto. Ve ne sono 19 varietà. Un etimologo tedesco vuole che il suo nome venga dal Celtico lein, un uccello che si pasce dei semi del lino, che dev'essere il passero. Col quale sistema di etimologia si può spiegare benissimo anche che la parola osso viene da cane, essendo i cani che mangiano le ossa. Pare invece che venga da lis linon e linteum, dall'uso più comune che si fà della pianta, o dal latino linire, ungere fregare, il che indurrebbe a credere l'uso antichissimo dell'olio di lino. Il seme del lino dà un olio, da noi chiamato di linosa, che non piace a tutti, che non à i pregi di quello di oliva (che à dato il nome all'olio, perchè olio viene da oliva, olea), ma che però, quando è fresco, e molto fresco, e fatto a freddo, è saporito e assai gustoso nella maggior parte delle insalate. Specialmente nell'alta Lombardia è molto usato ed è assai sano. Dal seme del lino se ne cava farina, ma per quanto si sia tentato anche dagli antichi di farne pane o di servirsene per nutrimento, fu sempre rifiutata, ingenerandone l'uso malattie ed anche la morte. Di essa se ne serve felicemente la medicina per cataplasmi, emollienti, ecc. Il lino si coltiva in grande nel Belgio, nell'Olanda, nella Germania, in Irlanda sulle rive del Baltico e nei dipartimenti francesi del Nord. Celebre quello di Riga in Russia, pregiato quello dell'Egitto e del Canadà. Da noi si coltiva nelle provincie di Pavia, Lodi, Crema, Piacenza e nella Lomellina. Il lino ci accarezza il corpo di giorno e di notte, ci serve democraticamente in cucina e fa brillare nella sua candidezza i calici aristocratici dello Champagne e del Johannisberg.
Lomellina. Il lino ci accarezza il corpo di giorno e di notte, ci serve democraticamente in cucina e fa brillare nella sua candidezza i calici
L'«Aerovivanda» è composta da frutti e verdure diverse che si mangiano con la mano destra senza aiuto di alcuna posata, mentre la mano sinistra accarezza una tavola tattile formata da carta vetrata, velluto e seta. Intanto l'orchestra intona un rumoroso e violento jazz, e i camerieri spruzzano sulla nuca di ogni commensale un forte profumo di garofano. La sala rimbomba dalle strida delle signore violentemente irrorate di profumo, dalle risa generali e dagli applausi definitivi e interminabili.
accarezza una tavola tattile formata da carta vetrata, velluto e seta. Intanto l'orchestra intona un rumoroso e violento jazz, e i camerieri spruzzano