— Le credenze popolari! Oh! le credenze popolari non anno altro da fare che dare il gambetto al bon senso! Ed è vecchia come Matusalemme, la storia della guerra che il senso comune fa al bon senso. Lo dice anche il Manzoni là dove parla di peste, di untori, di monatti ed altre simili diavolerie. «Il bon senso c' era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.» — Del resto, in questo libriccino, non vi nasconderò le opinioni e le sentenze dei medici, antiche e moderne, sul valore igienico delle verdure, dei legumi e delle frutta. Se non accresceranno in voi la stima per questa, così detta, Scienza della Medicina e pe' suoi Sacerdoti, la colpa non datela a me.
— Le credenze popolari! Oh! le credenze popolari non anno altro da fare che dare il gambetto al bon senso! Ed è vecchia come Matusalemme, la storia
V'à chi dice, che l'albicocco sia stato portato in Europa al principio dell'era volgare, ma i Greci lo conoscevano prima, ed i suoi frutti li chiamavano poma precocca (primaticcia) che pronunciavano bericoca e vi venne portato al tempo di Alessandro il Grande. Da bericoca il nome arabo berkouk, e da cui lo spagnolo albaricoque e il nostro italiano albicocca. i Romani lo chiamavano: mela armeniaca. Al tempo di Plinio era rarissima. Egli con Dioscoride ne commenda l'aroma. Galeno ed i medici greci asserivano che questo frutto è più salubre della pesca:
V'à chi dice, che l'albicocco sia stato portato in Europa al principio dell'era volgare, ma i Greci lo conoscevano prima, ed i suoi frutti li
Al principio del secolo, a Milano, dalle nobili dame e dai non meno nobili signori, ch'erano costituiti come in confraternita, per la visita piissima degli ammalati all'ospedale, tra gli altri conforti, portavano a quei poveretti abitualmente i biscotti, onde ne venne loro lo appellativo di dame e cavalieri del biscottino.
Al principio del secolo, a Milano, dalle nobili dame e dai non meno nobili signori, ch'erano costituiti come in confraternita, per la visita piissima
Ma fra tante lodi c'è pure la nota ingrata. Nelle Effemeridi dei curiosi della natura si legge che l'asparagio rende le donne sterili (Decad., III, an. V). Il celebre Fontanelle, segretario perpetuo dell'Accademia, che morì a cent' anni, andava matto per gli asparagi. Un dì invitò l'abate Teerasson a pranzo e siccome l'abate amava gli asparagi al burro e lui all'olio, fu convenuto che metà si dovessero cucinare al burro e l'altra metà all'olio. Ma, giunto l'abate alla sala da pranzo, fu colto da apoplessia. A tal vista Fontanelle s'alza di repente e corre alla scala gridando al cuoco: Tutti all'olio, tutti all'olio!
a pranzo e siccome l'abate amava gli asparagi al burro e lui all'olio, fu convenuto che metà si dovessero cucinare al burro e l'altra metà all'olio
° Fate cocere cipolle tagliate, con burro e farina. Quando prende il rosso mettetevi drogheria e fatevi cocere la barbabietola in pezzi un po' grossi e al momento di servire aggiungetevi un mezzo cucchiale di aceto bono.
e al momento di servire aggiungetevi un mezzo cucchiale di aceto bono.
Il medesimo Brillat-Savarin suggerisce che una tazza di cioccolatta dopo il pranzo, invece del caffè è cosa che à il suo merito — e quel gastronomo la sapeva alla lunga. Non so darmi pace al pensare, come il fabbricante cioccolatta, da noi, sia stato preso come tipo di sciempiaggine, sicchè ne rimase il proverbio Fà una figura de ciccolattee, e come la parola ciccolati serva al nostro popolo quale sinonimo di rabbuffo. La cioccolatta da noi è considerata come bevanda esclusivamente clericale.
la sapeva alla lunga. Non so darmi pace al pensare, come il fabbricante cioccolatta, da noi, sia stato preso come tipo di sciempiaggine, sicchè ne
Fu importata nella Spagna verso il secolo XVII e mercè le donne e i frati l'uso ne divenne popolare. Anche oggi in tutta la Penisola si offre la cioccolatta, come da noi il caffè. Passa i monti con Giovanna d'Austria. I frati spagnuoli la fecero conoscere a' loro confratelli di Francia e, al tempo della Reggenza, anche in Francia era più in uso del caffè. Madama d'Arestrel, superiora del convento delle Visitandines a Belley, raccomandava al celebre gastronomo suo compatriotta, Brillat-Savarin, questa maniera di far la cioccolatta:
cioccolatta, come da noi il caffè. Passa i monti con Giovanna d'Austria. I frati spagnuoli la fecero conoscere a' loro confratelli di Francia e, al tempo
Il Castagno, è un albero a foglia caduca, indigeno, dall'Europa meridionale. Ama terreno sabbioso, argilloso non adombrato da altri alberi, e più d'ogni altro; il montuoso. Non viene a più di 800 metri al disopra del livello del mare. Fiorisce in luglio, dà frutti in ottobre e per loro teme il freddo. Si propaga per semina, avendo cura di immergere prima il seme per 12 ore nell'acqua satura di fuliggine e noce vomica, o in olio bollito con aglio, acciò rimangano illese dagli animaletti. Nel linguaggio dei fiori: Sii giusto verso di me. Il castagno, dicesi, portato a noi dall'Asia Minore al tempo degli imperatori romani, o dalla Sardegna, al dire di Bruyerius, e come leggesi in Ezio e Dioscoride. Le varietà principali, il castagno propriamente detto, che fiorisce precocemente, il cui raccolto è quindi dubbio e dà un frutto piuttosto piccolo e poco saporito ed il marrone che è più grosso, più saporito e nutriente, dal nome di maraon come si chiamava ai tempi di Eustazio. Il marrone si propaga per innesto sopra il castagno, perchè il marrone seminato produce nuovamente il castagno. Il castagno comincia a fruttificare cinque anni dopo l'innesto, e verso il 60° dà il massimo prodotto. Le piante non innestate, ritardano e sono meno produttive. A 150 anni comincia a deperire e raggiunge i 3-4 secoli. Il raccolto si fa quando alcuni pericarpi cominciano ad aprirsi, un ettolitro di castagne pesa 80 chilogrammi. La castagna fresca contiene 48% d'acqua e 0,52 d'azoto — il marrone fresco 54 d'acqua e 0,53 d'azoto. — La castagna secca, contiene ancora dal 10 al 12 d'acqua e 0,77 d'azoto, ed il marrone secco contiene 1,17 % d'azoto. Si conserva la castagna nel proprio involucro in locali asciutti e ventilati o disseccandola pei graticci. Le castagne messe sui mattoni delle camere, marciscono presto e sono preda degli insetti. Si conservano più a lungo e saporite, facendole prima essicare alcun poco al sole. Il castagno dell'Etna avrebbe, secondo alcuni, 59 metri di circonferenza. La castagna, il qual nome si vuole venuto da Castano Magnesia, città della Macedonia, è la sposa del focolare, la ghiottoneria dei fanciulli, la dea delle chiacchere e delle mormorazioni, l'amica del vino generoso e nuovo, ed è maritata in nozze morganatiche al dio Eolo. Un proverbio dice: Non è da uom prudente mangiar castagne e poi star fra la gente. Ed un altro:
'ogni altro; il montuoso. Non viene a più di 800 metri al disopra del livello del mare. Fiorisce in luglio, dà frutti in ottobre e per loro teme il
Purè di maroni o castagne. Pelate i maroni o le castagne, mettetele a scaldare nell'acqua, onde levar loro la seconda pellicola, poi fateli cocere in altr'acqua con sale, e ben cotti lasciateli asciugare e passateli al setaccio, come nel purè di patate.
altr'acqua con sale, e ben cotti lasciateli asciugare e passateli al setaccio, come nel purè di patate.
Il cece, dette il nome alla famiglia romana dei Ciceroni, che fu illustrata dal più fecondo oratore della lingua latina, il quale per soprappiù ne aveva uno bellissimo in cima al naso. Onde il poeta per lui cantò:
aveva uno bellissimo in cima al naso. Onde il poeta per lui cantò:
In tre litri d'aceto (meglio il bianco) mettete 750 grammi di foglie di dragone impassite all'ombra, con un sacchettino di chiodi di garofano e zeste di limone — chiudete bene il vaso e mettete al sole per quindici giorni. Passate per tela spremendo il dragone e filtrate. Limpido, conservate in bottiglie.
di limone — chiudete bene il vaso e mettete al sole per quindici giorni. Passate per tela spremendo il dragone e filtrate. Limpido, conservate in
. Cioè, di bergli sopra del vino, tutto all'apposto del nostro proverbio: al fico l'acqua ed alla pera il vino. La tradizione vuole che la calata dei Normanni si debba al fico, che erano golosissimi di provarne la tanto decantata bontà. Tramanda la storia romana, che il 7 luglio, una fantesca, salita su di un fico selvatico, s'accorse che i Galli, che assediavano Roma, erano ubbriachi ed immersi nel sonno e ne avvertì i Romani, che li sorpresero e ne fecero macello. Dopo di che, in onore di Giunone, sotto le ficaie selvatiche, celebraronsi dalle schiave e dalle libere unitamente le None Caprotine, o feste delle serve. Scrive infine il Simonetta, che al suo tempo, in Padova, un garzone mangiò 40 libbre di fichi al padrone, et poi si morì ethico. Castor Durante fece un poema sul fico nel 1617. La tradizione vuole che Giuda si appiccasse ad una pianta di fico.
. Cioè, di bergli sopra del vino, tutto all'apposto del nostro proverbio: al fico l'acqua ed alla pera il vino. La tradizione vuole che la calata dei
NB. Per conservare il fico bisogna essicarlo al sole. Coglierlo sul meriggio in giorno soleggiato, ben maturo — ed essicarlo il più presto possibile — guardarlo dall'umido, dalla pioggia, e rimoverlo e rivoltarlo spesso. Scegliere le qualità primaticcie per godere del sole ancor forte e caldo.
NB. Per conservare il fico bisogna essicarlo al sole. Coglierlo sul meriggio in giorno soleggiato, ben maturo — ed essicarlo il più presto possibile
Frittura di funghi. — Dai funghi detti Ferree da noi. (Fungo porcino, Ceppatello, Boletus esculentus) levate l'ombrello (la cappella) mondate, infarinate e fate friggere al burro. Frittura ghiotta.
, infarinate e fate friggere al burro. Frittura ghiotta.
Ricetta della Maintenon. — Sfettate i funghi molto sottilmente, metteteli in un piatto che vadi al foco, spolverateli di pepe, aggiungete olio d'oliva, quando sono caldi, copriteli di tartufi sfettati, lasciate qualche momento sotto coperto, perchè vi si sviluppi l'aroma di questi e servite.
Ricetta della Maintenon. — Sfettate i funghi molto sottilmente, metteteli in un piatto che vadi al foco, spolverateli di pepe, aggiungete olio d
Zuppa di lenti. — Mettete dell'acqua a bollire, e al primo bollore, gettatevi un quarto di litro di lenti secche, ben mondate, levate quelle che si portano a galla e lasciate cuocere le altre, fino a che si schiaccino sotto le dita, indi mettetele a sgocciolare in un crivello. Preparate intanto in una casserola dell'olio fino con prezzemolo e foglie di salvia e qualche acciuga tutto tritato alla mezzaluna. Preso il color d' oro unitevi le lenti, rimestatele, bagnatele con sugo d' olio e lasciatele cuocere al foco lento, scuotendole di tanto in tanto. Dopo pochi minuti versate brodo e lenti e delle fette secche di pane tostato alla gratella.
Zuppa di lenti. — Mettete dell'acqua a bollire, e al primo bollore, gettatevi un quarto di litro di lenti secche, ben mondate, levate quelle che si
, dice Ovidio (Egl., 15). È frutto cercato ghiottamente, dalle signorine e dei ragazzi. Serve al dessert. I grani, somiglianti ai rubini, nettano i denti e movono l'appetito. Dal succo, espresso e fermentato, se ne fa una specie di vino che una volta si chiamava: vino del Palladio. Se ne compongono più comunemente sciroppi e conserve deliziose, confetture delicatissime, ghiotti giulebbi e gelati. I fiori del melagrano si usavano come astringenti in polvere e decotto — oggi macerati con allume nell'acqua danno un bell'inchiostro rosso, come la buccia, macerata con allume pure lo dà nero. La buccia, o perpicarpio, detta malicorion, ricca di principio amaro, contiene moltissimo tannino e viene utilmente impiegata nella concia delle pelli. A Tunisi serve a tingere in giallo i così detti Marocchini. In medicina viene somministrata per uso sì interno che esterno, come astringente e dei più energici. Arago, nella sua Promenade autour du bionde, dice, che a Timor si usa nella dissenteria. In Persia al Thibet, nella China, fra gli Arabi ed anche in Russia al dire del Rehmann viene adoperata come succedaneo al chinino. Il seme risulta di una buccia cartilaginea e di un màndorlo bianco, dolce, da cui si può spremere olio. La radice, e precisamente la corteccia della radice, gialla all'interno, bigio-cenericcia all'esterno, à sempre goduto dall'antichità fino a' giorni nostri fama di tenifuga quando è fresca e caccia pure le ascaridi.
, dice Ovidio (Egl., 15). È frutto cercato ghiottamente, dalle signorine e dei ragazzi. Serve al dessert. I grani, somiglianti ai rubini, nettano i
Farsita. — Tagliate in due la violetta, lasciando la pelle, fate pieno di carne o pesce, lardo, drogheria: sale, pane gratuggiato, rosso d' ova — riempite, mettete in tortiera con burro al forno, o con foco sopra il coperchio al fornello.
— riempite, mettete in tortiera con burro al forno, o con foco sopra il coperchio al fornello.
Conservazione delle noci. — Colte le noci al punto della loro maturanza, dovete subito riporle sotto la sabbia asciutta ed in luogo fresco. Con questo modo conserverete le noci fresche per tutto l'anno.
Conservazione delle noci. — Colte le noci al punto della loro maturanza, dovete subito riporle sotto la sabbia asciutta ed in luogo fresco. Con
di orzo. Nella Grecia era celebre l'orzo di Atene dove era in antichissimo uso di cibo, al dire di Meandro e pare che fosse pure l'alimento più omogeneo dei gladiatori, i quali forse per ciò venivano chiamati Hordearii. Presso i Romani non godette molta fama. Es hordearium, veniva chiamato il foraggio dei cavalli, lo si dava al bestiame e ai soldati vigliacchi, ignominia; causa. Marcello diede alle sue legioni dell'orzo invece del frumento, perchè si erano lasciate battere da Annibale. Aristotele scrive che i fornai e coloro che facevano il pane d'orzo diventavano imbecilli. Nella Sacra Scrittura l'orzo è pure ritenuto come cibo ignominioso e da poco. L'orzo, il miglio e la veccia sono pressochè sempre messi insieme (Isaia). Ezechiele, parlando dei falsi profeti dice:
di orzo. Nella Grecia era celebre l'orzo di Atene dove era in antichissimo uso di cibo, al dire di Meandro e pare che fosse pure l'alimento più
(Ezech.). Di tale opinione è pure S. Gerolamo (vedi In Isaiam) dove pure ci dice che i cinque pani coi quali il Redentore saziò la turba, erano d'orzo. Lo stesso S. Gerolamo asserisce, aver visto in Siria un'eremita che visse trent'anni con orzo ed acqua sporca. Galeno ne scrisse lungamente in un libro tutto dedicato al decotto: De Phtisana hordacea. Il parroco bavarese Kneipp lo regala al prossimo come eccellente caffè. Che bon prossimo !
libro tutto dedicato al decotto: De Phtisana hordacea. Il parroco bavarese Kneipp lo regala al prossimo come eccellente caffè. Che bon prossimo !
Frittura di patate. — Cotti e pelati sei od otto pomi di terra, pestateli nel mortaio con due cucchiai di prezzemolo trito, sale e canella in polvere. Quando la pasta comincia ad essere ben legata e lucente, dividetela in tante frittelle e fatele friggere al burro, voltandole finchè abbiano preso un colore dorato-scuro.
. Quando la pasta comincia ad essere ben legata e lucente, dividetela in tante frittelle e fatele friggere al burro, voltandole finchè abbiano preso
Una ricetta di Dumas. — Mettete in casseruola olio d'oliva con scorza gialla di mezzo limone, prezzemolo, aglio, cipolla, il tutto ben fine, indi noce moscata, sale e pepe. Tagliati crudi i pomi di terra, fateveli cocere, e al momento di servire cospergeteli col sugo d'un limone.
noce moscata, sale e pepe. Tagliati crudi i pomi di terra, fateveli cocere, e al momento di servire cospergeteli col sugo d'un limone.
Il pepe serve a calmare i dolori di un dente cariato, purchè tocchi il nervo dentale. Una volta il popolo chiamava il pepe: grani di paradiso. In un manoscritto del secolo V, tradotto da Sim, si trova che il pepe in quel tempo si credeva rimedio sicuro per l'idrofobia, distinta col vero suo nome di lissa. Il pepe fu, per molto tempo, il principale oggetto del commercio dell'Europa coll'India. Fino dalla più remota antichità era droga molto in uso e tenuta in conto di cosa preziosa. Al tempo di Plinio si vendeva a peso d' oro e d' argento — abbiamo ancora il proverbio: caro come il pepe, il che allude al valore che una volta aveva. Il pepe serviva di imposta ai vinti, come oggi i miliardi. Ebbe l'onore di servire di riscatto a Roma e nel medio evo ancora, col pepe si pagavano molti tributi e molte imposte. Il pepe anticamente veniva adoperato nelle febbri intermittenti, è stato abbandonato da che fu scoperta la china. Ma è pure un rimedio efficace e pronto, che offre il vantaggio d'una spesa insignificante. Vuol essere amministrato in grani interi. Se ne prendono dapprima sei grani due volte al giorno, indi si va ascendendo fino a nove grani per volta. Al secondo o terzo accesso la febbre è troncata. Rare volte nella terzana si arriva ai cento grani: nella quartana, fa duopo salire fino ai tre e quattrocento, ma si conosce la difficoltà di curare queste febbri, anche colla china. Proverbi sul pepe:
uso e tenuta in conto di cosa preziosa. Al tempo di Plinio si vendeva a peso d' oro e d' argento — abbiamo ancora il proverbio: caro come il pepe, il
suolo d'uva sultana e piccoli pezzetti di cedrato, e ricominciate col pane grattugiato, pera, zuccaro, e così via fino a che la torta abbia la grossezza di un pollice. Coprite la torta con carta unta di burro e mettete in forno e, se non l'avete, al testo. Ottima torta facile ed economica.
grossezza di un pollice. Coprite la torta con carta unta di burro e mettete in forno e, se non l'avete, al testo. Ottima torta facile ed economica.
Pera al mosto. — Spremete da alcuni grappoli di uva matura il mosto, ed in esso fate cocere delle pera decorticate e tagliate a fette, servendosi a tal uopo di una pentola di terra inverniciata, mai di rame. Ridotte le pera ad una poltiglia, servitele senza zuccaro nè canella.
Pera al mosto. — Spremete da alcuni grappoli di uva matura il mosto, ed in esso fate cocere delle pera decorticate e tagliate a fette, servendosi a
Preparazione dei veggitt. — Prendete pesche immature, tagliatele in quattro, toglietene il nocciolo e mettetele al sole finchè siano essiccate, colla loro pelle; è il metodo più semplice ed economico. Anche i così detti persegh salvadegh, sono bonissimi.
Preparazione dei veggitt. — Prendete pesche immature, tagliatele in quattro, toglietene il nocciolo e mettetele al sole finchè siano essiccate, colla
Pesche ripiene. — Aperte in due le pesche, levatene la ghianda e mettetele a cocere fino a metà cottura in pentola di terra, con vino bianco, canella e scorza gialla di limone. Levate dal vino, deponetele in una tegghia unta di burro. Il sugo vinoso che resta, unitelo a dello zuccaro e condensatelo a foco inspessandolo con qualche biscottino e colla polpa di qualche frutto o di una delle medesime pesche. Di questo denso giulebbe riempite le cavità delle pesche, mettendovi anche in mezzo la sua mandorla spogliata dalla pellicola, e mettete al forno, o al testo. Di tal maniera si ammaniscono poma, pera ed altre frutta.
cavità delle pesche, mettendovi anche in mezzo la sua mandorla spogliata dalla pellicola, e mettete al forno, o al testo. Di tal maniera si ammaniscono
con mezzo etto di burro, un bicchiere d'aqua e 27 gr. zuccaro ed una presa di sale. Divenuti teneri, ritirateli dal fuoco e unitevi quattro tuorli di uova bene sbattuti, con un mezzo bicchiere di panna. Rimetteteli tosto al fuoco e, senza più lasciarli bollire, smoveteli continuamente finchè si vedano ben legati.
uova bene sbattuti, con un mezzo bicchiere di panna. Rimetteteli tosto al fuoco e, senza più lasciarli bollire, smoveteli continuamente finchè si
Al tempo di Galeno, erano celebri i cotogni della Soria e dell'Iberia. Nel bon tempo passato si dava alla cotogna il privilegio di regalare figliuoli di genio, di guarir dalla scrofola, e alla sua radice di far scomparire il gozzo.
Al tempo di Galeno, erano celebri i cotogni della Soria e dell'Iberia. Nel bon tempo passato si dava alla cotogna il privilegio di regalare figliuoli
Modo di conservare i poponi. — Togliete dei poponi tardivi che non sono giunti a perfetta maturità, asciugateli leggermente con un pannolino, e lasciateli stare per un giorno o due in luogo asciutto. Poi mettete della cenere stacciata in un barile ben netto. Collocatevi i poponi e copriteli con altra cenere, in modo che tutti ne rimangano perfettamente coperti. Avvertite però di non porre il barile in luogo esposto al gelo. Cosi condizionati, si conservano sino al dicembre ed al gennaio.
altra cenere, in modo che tutti ne rimangano perfettamente coperti. Avvertite però di non porre il barile in luogo esposto al gelo. Cosi condizionati, si
(lib 3, c. 16). Si voleva guarisse dai calcoli urinari. Oggi, raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come risolvente nelle angine, e ne fa sciroppo che trova utile nella tosse ferina e nei catarri ostinati. Il ravanello rosso (Raphanus sativus rosea) à un'azione speciale, al dire del dottor Comi, sull'idropisia del globo dell'occhio e dice sia un antidoto alla mandarosi, ossia caduta delle ciglia, stropicciandole con esse due volte al giorno. Un proverbio dice: il ravanello fa il viso bello. I cronisti ci tramandano che il ramolaccio era la passione di Carlo Magno, passione ereditata da suo figlio Pipino. Dai nostri contadini viene chiamato: Salam de proeusa, e negli educandati: Polpett de magher.
(lib 3, c. 16). Si voleva guarisse dai calcoli urinari. Oggi, raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come
così eccellente e che trovano preferibile al medesimo. E gli Olandesi facevano incetta in Europa della salvia per venderla carissima ai Chinesi e Giapponesi. La specie sclarea si adopera per dare il sapore moscato agresto ai gelati e ad alcuni vini. Un proverbio popolare dice: Se vuoi molto campare la salvia ài da mangiare.
così eccellente e che trovano preferibile al medesimo. E gli Olandesi facevano incetta in Europa della salvia per venderla carissima ai Chinesi e
L'etimologia del sambuco è a desumersi dal nome dell'istrumento a cui servì primamente. Il greco sambuke ed il latino sambuca era istrumento musicale fatto a triangolo, forse la synphonia biblica, citata dal Calmet; in sostanza, la cornamusa, la nostra tiorba fatta di cannuccie di sambuco, quella stessa che adoperava Orfeo, uno dei primi sambuciarii, per far ballare i sassi. Onde sambucistria la ballerina, e sambucam cothurno aptare, che era l'operetta d'allora. Anche oggi i ragazzi zufolano come Orfeo entro la canna del sambuco. Il sambuco è un arboscello perenne delle nostre siepi, che cresce in ogni terreno. Nel linguaggio dei fiori: Umiltà, riconoscenza. Dà fiori piccoli, bianchi, ad ombrella, di odore delizioso, da noi chiamati panigada. La parola panigada alcuni vogliono venga dal greco pana gatoz, che vuol dire ottimo, altri da panis gaudium, per il gratissimo sapore che dona al pane. I fiori cedono il posto ai frutti a forma di bacche verdi in principio, nere quando sono mature, grosse quanto i frutti del ginepro ed in gran numero. I suoi fiori servono al cuoco che li frigge, al fornaio che li mescola col pane, al pasticciere che ne aromatizza le leccornie, al cantiniere che con quelli dà un sapore di moscatello al vino, principalmente al bianco, e all'aceto. Con essi si aromatizzano altresì le acque. I frutti, quando sono maturi e neri, servono a tingere le acque ed i vini senza pericolo alcuno. La polvere stessa di essi frutti disseccati comunica ai liquidi grato sapore. Le bacche nere si mangiano talora preparate con zuccaro e droghe. Il sambuco è adoperato in medicina in molti modi. Se ne prepara un roob diaforetico, un infuso teiforme. L'odore aromatico dei fiori finisce col diventare nauseante e nocevole aspirandolo lungamente. Plinio dice: E sambuco vertigines sonnusque profundus: dal sambuco vertigini e sonno profondo. Colle bacche nere, fino da' suoi tempi, le donne usavano tingersi i capelli, forse con minore risultato, ma certo con minori pericoli che oggi. In Norvegia si mangiano infuse in aceto, come i citrioli. In Inghilterra se ne fa una specie di vino. I frutti sono alquanto purgativi e gradito pascolo dei merli. I rami del sambuco, scrive il cardinal Simonetta, sono preziosissimi per fare orinare i cavalli, battendoli con essi sotto la pancia. L'odore graveolente del sambuco scaccia le mosche, le farfalle e gli scarafaggi. Il sugo delle cime del sambuco unito a grasso di maiale, ungendone i cavalli e gli asini, li libera dalle zanzare. Mettendone dei rami fra i cavoli, si liberano dalle gatte, al qual uso servirebbe meglio l'altra specie puzzolente detta sambucus ebutus o sambuco nano, da noi conosciuto sotto il nome di ughetta, la quale scaccia pure i topi.
panigada. La parola panigada alcuni vogliono venga dal greco pana gatoz, che vuol dire ottimo, altri da panis gaudium, per il gratissimo sapore che dona al
Insalata di scorzonera. — Pulita e bollita la scorzonera in molta aqua, perchè vi perda l'amaro, levatele il fusto centrale, tagliatela a pezzi e conditela con olio, aceto, sale, pepe e poco zuccaro. Preparate questa insalata tre ore prima del pranzo e solo al momento di servirla, lasciate sgocciolare tutto il liquido che vi sarà raccolto al fondo, aggiungetevi olio e rimestatela bene.
conditela con olio, aceto, sale, pepe e poco zuccaro. Preparate questa insalata tre ore prima del pranzo e solo al momento di servirla, lasciate
Essiccazione delle susine. — Nel mezzodì della Francia si essiccano in tre modi diversi, due per quelle che maturano d'estate, l'altro per quelle che maturano più tardi: 1.° Ad Agen si aspetta che le susine cadano da sè e non si scote che leggermente la pianta se non quando la stagione è di già avanzata. Si raccolgono ogni giorno, si lavano se non sono pulite, si espongono al sole disposte su dei graticci di vimini per due giorni, rivoltandole frequentemente, e si termina l'essiccamento al forno, introducendole in esso per tre volte, ed aumentando gradatamente la temperatura, perchè il frutto non si screpoli. Se l'operazione è ben fatta, le susine presentano una consistenza alquanto elastica e la buccia lucente e ricoperta del fioretto, che è una specie di materia cerosa. Così preparate si conservano in luogo secco e s'incassano pel commercio. 2.° A Brignolles si raccolgono alla fine di luglio od in agosto, si pelano coll'unghia, s'infilzano su sottili rametti per modo che non si tocchino e si espongono al sole ogni giorno ritirandole la sera. Quando sono essiccate si toglie loro il nocciolo, si comprimono e si rimettono al sole. In commercio vanno col nome di pistoles. 3.° L'ultimo sistema è quello di tuffare i canestri contenenti le susine, nell'aqua bollente, farle poi asciugare al coperto, indi esporle al sole.
avanzata. Si raccolgono ogni giorno, si lavano se non sono pulite, si espongono al sole disposte su dei graticci di vimini per due giorni, rivoltandole
Susine secche al giulebbe. — Prendete delle susine di Provenza od anche Damascene, nella dose di otto ettogrammi, bagnatele con aqua tepida, e lasciatele
Susine secche al giulebbe. — Prendete delle susine di Provenza od anche Damascene, nella dose di otto ettogrammi, bagnatele con aqua tepida, e
L'uva è il frutto della vitis fructifera, frutice perenne arrampicante, che può elevarsi a grande altezza e sostenersi, à foglia caduca, indigeno, originario incontestabilmente dei climi caldi, come tutti i frutti dolci. Non viene dovunque, nè dovunque produce bon frutto. Al piano l'uva rossa non matura bene al di là del 47° grado di latitudine, e la bianca del 49°, nè si eleva oltre i 600 metri. Vuole esposizione meridiana, teme l'umido soverchio, i continui venti, il freddo, le brine. Ama terreno sciolto, calcareo, argilloso, il terziario. Si propaga per seme, margotte, innesto, ma più comunemente per gemme. Numerose le sue varietà r essendo coltivata da molto tempo ed in condizioni svariatissime, sicchè lo stesso Virgilio ebbe a dire:
, originario incontestabilmente dei climi caldi, come tutti i frutti dolci. Non viene dovunque, nè dovunque produce bon frutto. Al piano l'uva rossa non
Si fa dell'aceto al cressone, al sedano, alla menta. Per i due primi, ogni litro d'aceto, abbisognano 15 gr. di grani o semi di cressone o sedano, e vi si lasciano infusi per 10 giorni, scotendo ogni dì la bottiglia. Alla menta, si riempie un flacone a bocca larga di foglie di menta fresche e ben lavate. Vi si mette sopra, del bon aceto e si chiude. Dopo tre settimane d'infusione si filtra e si conserva in bottiglia ben chiusa. Così si può fare pure l'aceto di violette, che à di queste il dolce profumo e il grazioso colore. (Baronessa Staff).
Si fa dell'aceto al cressone, al sedano, alla menta. Per i due primi, ogni litro d'aceto, abbisognano 15 gr. di grani o semi di cressone o sedano, e
(1) Domenico Barbaja garzone e giovane di caffè a Milano, poi appaltatore del S. Carlo a Napoli, al quale s'era rivolto il Rossini nel 1815, sposava Isabella Angela Colbrand, prima donna del S. Carlo, nel 1822. Era curiosissimo tipo d'impresario. Rossini scrisse in venti giorni l'Otello pel S. Carlo nell'estate 1816. Il Barbaja aveva un palazzo a Napoli, detto dal suo nome palazzo Barbaja, ed ivi, rinchiuse il Rossini per scrivervi l'ouverture dell'Otello. Rossini dice che gli somministrava un sol piatto di maccheroni al giorno. (Notizie di Bleze de Burij).
(1) Domenico Barbaja garzone e giovane di caffè a Milano, poi appaltatore del S. Carlo a Napoli, al quale s'era rivolto il Rossini nel 1815, sposava