è nelle cronache, di quell'anno che troviamo il primo cenno storico dell'esistenza di esso, nella descrizione d'un banchetto offerto in Regensburg dal Duca Enrico di Brunswick al Conte Ugo di Monforte. — Dice quella cronaca che il Conte, stupito di veder il suo anfitrione consultare ad ogni tanto una carta che teneva a lato, ne lo richiese del motivo, al che il Duca rispose, aver quella carta dal proprio cuoco, onde poter con una specificazione dell'ordine delle vivande, regolare e riservare il proprio appetito per i migliori cibi. Immagine: cuore con filo
è nelle cronache, di quell'anno che troviamo il primo cenno storico dell'esistenza di esso, nella descrizione d'un banchetto offerto in Regensburg
VATEL — celebre cuoco francese, già al servizio di Luigi XIV, suicidatosi à Chantilly per il ritardato arrivo dei pesci attesi per un grande banchetto. - Potage de turbot à la Vatel, zuppa al brodo di pesce con filetti di rombo arrostito alla gratella, vongoli e gamberetti. - Turbot grillé à la Vatel, rombo alla gratella, con tartufi, latte di carpio e gamberetti - Palais de boeuf en tortue à la Vatel, palato di bue con tartufi, imitante lo stufato di tartaruga. - Côtelettes de mouton à la Vatel, costolette di castrato, panate con farsa di pollo e tritura di tartufi, indi cucinate al burro con guarnizione alla finanziera - Quenelles de chapon à la Vatel, gnocchetti di carne di cappone con funghi e tartufi, in salsa di tartufi - Oeufs mollets à la Vatel, pasticcini con farsa di funghi, lingua e purea di cipolle, guarniti con un uovo affogato ed un anello di tartufo nero.
banchetto. - Potage de turbot à la Vatel, zuppa al brodo di pesce con filetti di rombo arrostito alla gratella, vongoli e gamberetti. - Turbot grillé à la
Svetonio ci riferisce che ad Augusto piacevano sommamente i fichi freschi, e che li mangiava anche prima di cena — Ficos virides biferas maxime appetebat vescebaturque ante cenam. Cap. 7. I fichi presso i Romani erano impiegati a provocare lo sviluppo del fegato nei volatili. Fra i piatti, che Orazio numera nella Satira del Banchetto, figura il fegato di un'oca bianca, nutrita da molto tempo con fichi grassi. Pierius sosteneva che il nettare, l'ambrosia degli Dei era il sugo del fico. Ippocrate nel lib. 2 De Dieta, dice: Est et ficus cum cibis bona et meracum vinum abipsa. Cioè di bergli sopra del vino — tutto all'opposto del nostro proverbio: al fico l'aqua ed alla pera il vino. La tradizione vuole che la calata dei Normanni si debba al fico - che erano golosissimi di provarne la tanto decantata bontà. Scrive, infine, il Savonarola, che al suo tempo, in Padova, un garzone mangiò 40 libbre di fichi al padrone, et poi si morì ethico. Castor Durante fece un poema sul fico nel 1617. La tradizione vuole che Giuda si appiccasse ad una pianta di fico.
Orazio numera nella Satira del Banchetto, figura il fegato di un'oca bianca, nutrita da molto tempo con fichi grassi. Pierius sosteneva che il nettare, l
Il Pomo, o Mela, è albero indigeno europeo, a foglia caduca, ama clima temperato — preferisce terreno sabbioso-argilloso. È fecondissimo. Si propaga per semi, barbatelle, innesto. À vita lunga, resiste al freddo, fiorisce tardi, chè soffre la brina pe' suoi frutti. Se ne contano più di 2000 varietà; fra queste le più apprezzate sono l'Azzeruola (pomm pomell), la Pupina (popin), od Appia — la Ruggine toscana, o Borda. Da noi tranne la varietà S. Peder e l'altra detta Pomm ravas, il pomo è frutto d'inverno. Nel linguaggio delle piante: Golosità. Può considerarsi maturo, quando incomincia a tingersi in giallo, mandare un po' della sua fragranza, e a cadere spontaneamente — indizio più sicuro è il colore nero de' suoi acini. Il raccolto è da farsi in giorno sereno, quando sia scomparsa la rugiada. Quelli che cadono avanti tempo, bisogna consumarli subito, facendoli cocere. Per conservarli freschi importa raccoglierli a mano, senza strapparli. Importa pure separare i frutti, che casualmente cadessero sul terreno, perchè presto si guasterebbero e guasterebbero gli altri. Nell'inverno gelano facilmente. Se le disgelate al fuoco, perdono: lasciate che disgelino con comodo o ponetele nell'acqua molto fredda, ma non ghiacciata; facendola intepidire a poco a poco anche il gelo della mela si rimette senza danno dell'organizzazione, così pure d'ogni altro frutto e delle ova. La mela, quando sia matura, è il più digeribile dei frutti, è simpatica, profumata, saporita, durevole, è l'amore dei bambini. Si mangia cruda, cotta, secca e confettata. I cuochi ne fanno fritture, charlottes, marmellate, la uniscono alle paste (lacciadin). In alcune contrade settentrionali, meno predilette dal Cielo, dove il sole non matura i pampini, la mela aquista molta importanza economica per la fabbricazione del Sidro, celebre quello di Normandia. È bevanda che può supplire il vino, e, al pari di questo, contiene dell'alcool, ma giammai del tartaro. Se ne fabbrica anche da noi a sofisticare o simulare il vino bianco, massime quello d'Asti. Riesce meno spiritoso e spesso incomodo, perchè genera flatulenze. Il sugo delle mele agre, serve a far aceto, che si conserva molto tempo. Le agre fanno perdere la memoria, dice il Pisanelli. Galeno parla pure di un succo liquore, delle mele, che sarebbe il sidro, che si vuole inventato da Publio Negro, che lo fabbricavano pure i Mormoni e lo trasportavano in Brittannia. In medicina, sono rinfrescative, lassative, pettorali. Se ne fa decozione e sciroppo nelle tossi catarrali. La polpa cotta, onde il nome di pomata, fu usata come emolliente nelle flogosi oculari, e fa parte della pomata del Rosenstein, contro le regadi delle labbra e de' capezzoli. La poma selvatica à virtù astringenti, detersive. Il legno del pomo è di grana fina, prende facilmente la pulitura, è uno dei migliori da fuoco. Il pomo è frutto cosmopolita e vanta la più antica delle prosapie. Iddio dopo aver creato la luce e divise le acque dalla terra, creò il pomo. Eva lo trovò bello e saporito e lo mangiò e lo fece mangiare ad Adamo, e da quel pomo l'origine e la serie d'ogni disgrazia. Mala mali malo mala contulit omnia mundo. Vero è che col nome di pomo, non solo la Bibbia, ma tutti gli scrittori designarono le frutta in genere, ma se ciò avvenne era perchè il pomo era il re, il capostipite di tutti i frutti e si prese il nome suo ad indicare tutto ciò che il regno vegetale produceva di bello e di bono a mangiarsi. Così tutti i barbari che calavano da noi, chiamavano l'Italia la terra delle dolci poma, così il frutteto fu chiamato pomarium. A Roma il Dio del pomo, era detto Falacer e vi aveva un apposito sacerdote col relativo santuario. I romani li facevano cocere nel vapore dell'acqua o sotto la cenere. L'arte di conservare le poma, era all'apogeo presso i Romani. Pollione dice di Gallieno: — Uvas triennio servavit, hyeme summa, melones exibuit: mustum quemadmodum toto anno haberetur docuit: ficos virides et poma ex arboribus recentia semper alienis mensibus prœbuit (Plinio, lib. 14). I Greci raccontano del pomo cose orribili. Giove unì in nozze un bel giorno la dea dei mari, Teti, con Peleo, dal quale matrimonio nacque poi il bollente Achille. Quelle nozze furono celebrate con gran pompa e alla presenza di tutto l'olimpo au complet. Tutte le divinità infernali, aquatiche e terrestri ebbero, non solo il faire-part, ma officiale invito d'intervenire. Una Dea sola fu esclusa: la Dea Discordia. E questa per vendicarsi, al momento dei brindisi, comparve nella sala del banchetto e buttò sulla tavola un bellissimo pomo dicendo: «Alla più bella di voi» e sparì. Giunone, Pallade e Venere, ch' erano diffatti le più belle, si guardarono per traverso, e ognuna di loro pretendeva quel pomo. Giove, che in quel giorno non voleva seccature, mandò a chiamare Paride, un bel giovinotto, e lo fece arbitro della bellezza di quelle concorrenti. Tutte e tre fecero gli occhietti a quel giovinotto, ma egli consegnò il pomo a Venere, lasciando le altre due con tanto di naso. Venere ebbe il pomo, ma Giunone e Pallade lo conciarono poi per le feste, e tanto fecero che andò a finir male. Rubò Elena, fu assediato e vinto a Troja, e ferito da Pirro, andò a morire sul monte Ida. Tutto per quel pomo che dappoi fu chiamato il pomo della Discordia. Nè qui finisce la storia di quel pomo. Venere in quel giorno, almeno per galanteria, doveva cederlo a Teti, che sedeva in capo tavola, sposa festeggiata, ma fe' la sorda e se la mise in saccoccia. Naturalmente Teti l'ebbe a male alla sua volta, e se la legò anch'essa al dito. Avvenne, che Venere discese un giorno sulle rive delle Gallie a raccogliere perle e un tritone le rubò il pomo, che aveva deposto su di un sasso e lo portò a Teti. Questa lo prese, lo mangiò e buttò i semi in quella campagna a perpetuare il ricordo della sua vendetta e del suo trionfo. Ecco perchè, dicono i Galli-celti, sono tante mele nel nostro paese, e perchè le nostre fanciulle sono così belle! Questa seconda parte l'aggiunge Bernardin de S. Pierre, magnificando le bellissime mele della Normandia. Al pomo i nostri fratelli Svizzeri attaccano la storiella di Guglielmo Tell, e al pomo che cadde sul naso a Newton mentre riposava in giardino dobbiamo la scoperta dell'attrazione. Il nostro popolo prende il pomo come il tipo della rotondità (rotond come un pomm), della somiglianza (vess un pomm tajaa in duu), del vino fatto colle mani (vin de pomm), della paura (pomm-pomm), degli avvenimenti necessarii (el pomm quand l'è madur, bisogna ch'el croda); infine dell'arma più pacifica per sbarazzarsi da un seccatore (fà côrr a pomm).
, comparve nella sala del banchetto e buttò sulla tavola un bellissimo pomo dicendo: «Alla più bella di voi» e sparì. Giunone, Pallade e Venere, ch' erano
. Cap. 7. I fichi presso i Romani erano impiegati a provocare lo sviluppo del fegato nei volatili. Fra i piatti, che Orazio numera, nella Satira del Banchetto, figura il fegato di un'oca bianca, nutrita da molto tempo con fichi grassi. Pierius sosteneva che il nettare, l'ambrosia degli Dei, era il sugo del fico. Ippocrate nel libro 2 De Dieta, dice:
Banchetto, figura il fegato di un'oca bianca, nutrita da molto tempo con fichi grassi. Pierius sosteneva che il nettare, l'ambrosia degli Dei, era il
. I Greci poi raccontano del pomo cose orribili. Giove unì in nozze un bel giorno la dea dei mari, Teti, con Peleo, dal quale matrimonio nacque poi il bollente Achille. Quelle nozze furono celebrate con gran pompa e alla presenza di tutto l'olimpo au complet. Tutte le divinità infernali, aquatiche e terrestri ebbero, non solo il fairepart, ma ufficiale invito d'intervenire. Una dea sola fu esclusa: la dea Discordia. E questa, per vendicarsi, al momento dei brindisi, comparve nella sala del banchetto e buttò sulla tavola un bellissimo pomo, dicendo: «Alla più bella di voi,» e sparì. Giunone, Pallade e Venere, ch'erano difatti le più belle, si guardarono per traverso, e ognuna di loro pretendeva quel pomo. Giove, che in quel giorno non voleva seccature, mandò a chiamare Paride, un bel giovinotto, e lo fece arbitro della bellezza di quelle concorrenti. Tutte e tre fecero gli occhietti a quel giovinotto, ma egli consegnò il pomo a Venere, lasciando le altre due con tanto di naso. Venere ebbe il pomo, ma Giunone e Pallade lo conciarono poi per le feste, e tanto fecero che andò a finir male. Rubò Elena, fu assediato e vinto a Troja, e ferito da Pirro, andò a morire sul monte Ida. Tutto, per quel pomo che dappoi fu chiamato il pomo della Discordia. Nè qui finisce la storia di quel pomo. Venere, in quel giorno, almeno per galanteria, doveva cederlo a Teti, che sedeva in capo tavola, sposa festeggiata, ma fe' la sorda e se lo mise in saccoccia. Naturalmente Teti l'ebbe a male alla sua volta, e se la legò anche essa al dito. Avvenne che Venere discese un giorno sulle rive delle Gallie a raccogliere perle e un tritone le rubò il pomo che aveva deposto su di un sasso, e lo portò a Teti. Questa lo prese, lo mangiò e buttò i semi in quella campagna a perpetuare il ricordo della sua vendetta e del suo trionfo. Ecco perchè, dicono i Galli-celti, sono tante mele nel nostro paese, e perchè le nostre fanciulle sono così belle! Questa seconda parte l'aggiunge Bernardin de S. Pierre, magnificando le bellissime mele della Normandia. Al pomo i nostri fratelli svizzeri attaccano la storiella di Guglielmo Tell, e al pomo che cadde sul naso a Newton, mentre riposava in giardino, dobbiamo la scoperta dell'attrazione. La quale attrazione, del pomo, era già scoperta migliaia d'anni fa da Eva. Ed è per questa attrazione che il re Wadislao di Polonia fuggiva e cadeva in deliquio alla vista di un pomo. Il nostro popolo, prende il pomo come il tipo della rotondità (rotond come un pomm) della somiglianza (vess un pomm tajaa in duu), del vino fatto colle mani (vin de pomm), della paura (pomm-pomm), degli avvenimenti necessari (el pomm quand l'è madur, bisogna ch' el croda); infine dell'arma più pacifica per sbarazzarsi da un seccatore (fa córr a pomm). Proverbi sul pomo:
momento dei brindisi, comparve nella sala del banchetto e buttò sulla tavola un bellissimo pomo, dicendo: «Alla più bella di voi,» e sparì. Giunone
Il suo nome dal greco Selidon, o, secondo altri, da Petrosselene, pietra di luna, avendo i semi la forma d'una luna nascente. Nel linguaggio delle piante significa: Banchetto, convito. Vuolsi originario della Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non teme nè il caldo nè il freddo, non è niente delicato riguardo al terreno, amando però meglio quello leggero, ricco ed umido. Si semina a primavera e se ne à tutto l'anno. Avvi la varietà riccia, o prezzemolo crespo, le cui foglie sono frastagliate; la varietà grossa, o prezzemolo sedanino di Napoli, le cui radici voluminose sono bone a mangiarsi fritte ed accomodate. L'antico petroselinon è quello detto di Macedonia che alligna fra le pietre e fra le roccie (da cui il nome, quasi apium petrinum) à foglie più ampie ed è più dolce. La semente invece è più aromatica e d'un sapore che si avvicina a quello del cumino. Il prezzemolo è bisannuale, e i suoi semi producono fino ai 3 anni. Ama i terreni sabbiosi e teme il freddo. Avvi quello di palude e quelle di montagna selvatico. Il prezzemolo comune somiglia molto alla cicuta che nasce spontanea negli orti, si riconosce però
piante significa: Banchetto, convito. Vuolsi originario della Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non
Durante la «Mostra d'Arte Futurista» al Circolo degli Amici dell'Arte di Novara, venne organizzato, per volontà del Dott. Rosina, Presidente della Federazione dei Commercianti, un banchetto diretto dai futuristi Fillìa e Ermanno Libani. Ecco come lo stesso direttore del giornale «L'Italia Giovane» ha descritto in un arguto articolo l'avvenimento:
Federazione dei Commercianti, un banchetto diretto dai futuristi Fillìa e Ermanno Libani. Ecco come lo stesso direttore del giornale «L'Italia Giovane
La folla che si pigiava la sera della manifestazione per intervenire al grande banchetto era la migliore di Parigi. Erano rappresentati i maggiori quotidiani francesi.
La folla che si pigiava la sera della manifestazione per intervenire al grande banchetto era la migliore di Parigi. Erano rappresentati i maggiori
S. E. Marinetti, che aveva partecipato al banchetto non soltanto presiedendolo ma intervenendo ad ogni momento nelle discussioni e nella esaltazione delle vivande, elogiò il pranzo futurista come prima realizzazione a Parigi del celebre manifesto della cucina futurista, manifesto che ha sollevato una polemica mondiale, con oltre 2000 articoli ed ha dimostrato il senso d'artevita sempre animante le attività futuriste.
S. E. Marinetti, che aveva partecipato al banchetto non soltanto presiedendolo ma intervenendo ad ogni momento nelle discussioni e nella esaltazione
Si proseguì, quindi, alla garibaldina con un Decollapalato; nome che designava un brodo di natura assai bizzarra, composto in parti quasi uguali di sugo di carne, di champagne e di liquori: sopra questa miscela, che per gli iniziati deve avere straordinarie virtù appetitive, natavano, vaghi e fragili, larghi petali di rose. Messi innanzi ad un tale capolavoro di lirica brodistica, i convitati coraggiosamente tentarono l'esperimento della deglutizione; ma più d'uno con evidente viltà, rinunciò a condurlo a termine e solo si contentò di trarre dalla scodella una foglia di rose, di asciugarla col tovagliolo e di riporsela nel portafogli a ricordo del pranzo e a testimonianza d'un banchetto da narrare, più tardi, ai nepoti.
col tovagliolo e di riporsela nel portafogli a ricordo del pranzo e a testimonianza d'un banchetto da narrare, più tardi, ai nepoti.
Si giunse, così all'Ammaraggio digestivo: ammaraggio che non tutti pervennero a compiere dato che molti già erano sprofondati al momento del decollaggio. E s'alzò a parlare Marinetti che, con una eloquenza mirabile che gli scaturiva spontanea quasi che egli non avesse toccato cibo, si scagliò in una accesa requisitoria contro l'infamia della pastasciutta e l'obbrobrio dei ravioli, esaltando, al confronto, i cibi futuristi e in modo particolare i datteri anfibi di cui all'inizio del banchetto s'era potuto gustare un inobliabile saggio.
datteri anfibi di cui all'inizio del banchetto s'era potuto gustare un inobliabile saggio.
Cominciato con l'antipasto, il banchetto si è chiuso con dei discorsi. Infatti, si è levata a parlare la medaglia d'oro Onida, quindi il dottor Magli ha espresso i sentimenti dei «tagliatellisti», mentre un anonimo inviava un telegramma in cui si diceva testualmente: «Abbasso la pastasciutta, va bene, ma le tagliatelle sono un altro paio di maniche!».
Cominciato con l'antipasto, il banchetto si è chiuso con dei discorsi. Infatti, si è levata a parlare la medaglia d'oro Onida, quindi il dottor Magli
Allora entrerà, invece della frutta miracolosa, il solito ubriaco pescato nei bassifondi la notte stessa e portato di forza nella sala del banchetto ufficiale.
Allora entrerà, invece della frutta miracolosa, il solito ubriaco pescato nei bassifondi la notte stessa e portato di forza nella sala del banchetto
Il frastuono diventa infernale. Urli, scossoni, «Basta!», «Finiamola!», pugni, capitomboli, «accidenti!». Vortice, rullìo e beccheggio. Ma i giovani sono tenaci e con forza imprimono alla ressa un giro tumultuoso intorno alla tavola. Piace molto al colonnello il giuoco bizzarro. Soltanto il dottore non si diverte. Dov'è il dottore? Dov'è? Tutti lo cercano. È fuggito sulla terrazza col suo piatto di pastasciutta. Fuori, fuori all'assalto! E si finisce il pranzo alla rinfusa, sbandati, con grande scrosciar di risate nella risata fulva del tramonto, tutto nuvole di cristallo incandescente, bottiglie spumeggianti d'oro, cirri di porcellana viola affastellati, luminoso banchetto aereo sospeso a picco sulla pianura veneta crepuscolare.
, bottiglie spumeggianti d'oro, cirri di porcellana viola affastellati, luminoso banchetto aereo sospeso a picco sulla pianura veneta crepuscolare.
Mille modi vi sono per rinnovare questo banchetto: eccone uno da noi realizzato coi futursimultaneisti di Roma: Mattia, Belli, D'Avila, Pandolfo, Battistella, Vignazia, ecc.
Mille modi vi sono per rinnovare questo banchetto: eccone uno da noi realizzato coi futursimultaneisti di Roma: Mattia, Belli, D'Avila, Pandolfo
Intanto altri hanno scoperto il deposito dei vini e si forma cosi un banchetto eccezionale, che va dalla cucina alla camera da letto, dall'anticamera alla sala da bagno, alla cantina. Sfilano le vivande combinate quasi per magia, secondo lo spirito di veloce armonia che anima i nuovi cuochi.
Intanto altri hanno scoperto il deposito dei vini e si forma cosi un banchetto eccezionale, che va dalla cucina alla camera da letto, dall'anticamera
- «quest'anno riusciremo a rompere l'involucro dell'atmosfera ed a raggiungere i pianeti. V'invito tutti per il prossimo Capodanno ad un banchetto nella Luna, dove gusteremo finalmente cibi di sapore ignoto al nostro palato e bevande imprevedibili». Formula dell'aeropittore futurista FILLÌA
- «quest'anno riusciremo a rompere l'involucro dell'atmosfera ed a raggiungere i pianeti. V'invito tutti per il prossimo Capodanno ad un banchetto
Il ristorante PENNA D'OCA di Milano, diretto da Mario Tapparelli, offrì ai futuristi milanesi un banchetto che voleva essere un elogio gastronomico del futurismo.
Il ristorante PENNA D'OCA di Milano, diretto da Mario Tapparelli, offrì ai futuristi milanesi un banchetto che voleva essere un elogio gastronomico
«Sono dolente di non poter intervenire al banchetto offerto a F. T. Marinetti. Ma desidero che vi giunga la mia fervida adesione che non è espressione formale ma vivo segno di grandissima simpatia per l'infaticabile e geniale assertore di italianità, per il poeta innovatore che mi ha dato la sensazione dell'oceano e della macchina, per il mio caro vecchio amico delle prime battaglie fasciste, per il soldato intrepido che ha offerto alla patria una passione indomita consacrata dal sangue». BENITO MUSSOLINI.
«Sono dolente di non poter intervenire al banchetto offerto a F. T. Marinetti. Ma desidero che vi giunga la mia fervida adesione che non è
«M'accontenterò di salutare o, meglio, di abbracciare fraternamente il nostro caro e grande amico nel nome di tutte le nostre arti italiane e francesi delle quali egli è, al tempo stesso, il San Giorgio e il Don Chisciotte. Non vi è cuore più grande del suo, non vi è bravura più pronta della sua bravura. Egli fu, egli è, egli sarà sempre proteso in avanti sulle più alte barricate dell'arte, e di lassù arringherà il pubblico, sovente con delicatezza, poiché egli è un aristocratico. E ciò in favore della più bella delle arti, dell'arte d'avanguardia, l'arte suprema». PUL FORT. (Banchetto del Bateau Ivre).
delicatezza, poiché egli è un aristocratico. E ciò in favore della più bella delle arti, dell'arte d'avanguardia, l'arte suprema». PUL FORT. (Banchetto del
«La tua gloria sarà grande, mio caro Marinetti, per esserti trovato, tu, alla testa di questo movimento, per averne chiarificata l'orientazione, per averne marcata la data iniziale con la creazione del Futurismo letterario, con la pubblicazione della Conquista delle Stelle, quando tu eri solo a tentare di realizzare il tuo ideale nuovo. La tua gloria sarà grande per essere stato, tu, sempre il punto centrale e l'esecutore di tante ricerche di novità e di libertà». GUSTAVE KAHN. (Banchetto del Bateau Ivre).
novità e di libertà». GUSTAVE KAHN. (Banchetto del Bateau Ivre).
«Beviamo alla salute del più grande realizzatore e poeta delle inquietudini della nostra epoca». COSTIN. (Il poeta futurista romeno Costin al Banchetto di Bucarest).
«Saluto Marinetti, poeta italiano e gli do tutta la mia solidarietà, poiché la sua attività letteraria, sociale e patriottica mi ha spinto ad ammirarlo e amarlo non come un collega, ma come un fratello maggiore». MINULESCU. (Il poeta romeno Minulescu al Banchetto di Bucarest).
ammirarlo e amarlo non come un collega, ma come un fratello maggiore». MINULESCU. (Il poeta romeno Minulescu al Banchetto di Bucarest).
Si presenta ai commensali il piatto di portata posto sopra una salvietta più volte ripiegata sulla palma della mano, offrendoglielo dal lato sinistro. Il servo deve porgere tutta la sua attenzione al piatto, onde tenerlo diritto e non insudiciare chicchessia colla salsa contenutavi. Nelle mense di riguardo la zuppiera ed i piatti fondi trovansi postate sopra una credenza (od un tavolo a parte), dove si scodellerà la zuppa per farla passare ai convitati. Le vivande composte, come salse ecc., ed i carnumi devonsi offrire lestamente una dopo l'altra, percui farà d'uopo che una seconda persona aiuti a servire, qualora il numero dei convitati fosse grande, oppure i commensali stessi passeranno uno all'altro la pietanza accessoria mentre il domestico loro porge successivamente l'altra di carne. Quando tutte le persone si sono servite d'una vivanda, questa offresi per regola una seconda volta e non più. Se si trovano delle signore a mensa, si comincia collo servire una di queste, e a un banchetto nuziale sempre dapprima la sposa. È indispensabile che le persone addette al servizio sieno bene informate sul modo di contenersi in circostanze di gala. Consumata che sia una pietanza, dopo cambiati i piatti, si serve tosto la seguente.
e non più. Se si trovano delle signore a mensa, si comincia collo servire una di queste, e a un banchetto nuziale sempre dapprima la sposa. È