Prendete una quantità grande di Pomidoro, metteteli tagliati in pezzi, in una caldaia grande, o cazzarola rotonda, fateli bollire a fuoco allegro con qualche garofano, pepe schiacciato, e poco sale, movendoli di tempo, in tempo; allorchè principieranno ad asciugarsi passateli poco per volta per un setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo reftare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra un fuoco temperato, fateli bollire dolcemente, movendoli sempre con una cucchiaia di legno, finchè diverranno densi come una marmellata, ripassateli di nuovo per un setaccio più fino, votateli poscia in un vaso di terra, e lasciateli così fino al giorno susseguente. Quindi li rimetterete sul fuoco, li farete cuocere lentamente movendoli sempre per timore che non brucino nel fondo, che se ciò accade bisogna buttarli via, mentre prendono un odore, ed un sapore di bruciato assai disgradevole; replicate così per due o trè giorni, asciugandoli sempre sopra il fuoco, movendoli continuamente. Quando vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e groffì da poterli tenere in mano col pugno serrato; fateli asciugare maggiormente a un sole temperato, o alla stufa sopra fogli di carta, incartateli, e conservateli in luo go fresco, e asciutto. Bisogna osservare che non si disecchino soverchiamente. Quando volete adoperarli, stemperateli con un poco di brodo, quella quantità che vi bisogna, e servitevene in tutto ciò che volete fare al sugo, o culì di Pomidoro.
setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo reftare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra
Ponete in una caldaja, o pozzonetto quella quantità di zucchero fioretto, che credete: per ogni dieci libbre di zucchero, mescolate un bocale di acqua comune con un bianco d'uovo sbattuto, ponete tre terzi di quest'acqua nel zucchero; fatelo bollire sopra un fuoco di carbone, e schiumatelo di tempo in tempo, mettendoci un poco per volta tutta l'acqua col bianco d'uovo che avete lasciato; finalmente dopo che lo averete ben schiumato, e che lo sciroppo sia giunto al grado di Lissè, cioè alla Lisa, che è la vera cottura per conservarlo, passatelo al cappuccio, o panno lino prima bagnato e spremuto bene.
Ponete in una caldaja, o pozzonetto quella quantità di zucchero fioretto, che credete: per ogni dieci libbre di zucchero, mescolate un bocale di
Prendete una quantità grande di Pomidoro, metteteli tagliati in pezzi, in una caldaia grande, o cazzarola rotonda, fateli bollire a fuoco allegro con qualche garofano, pepe schiacciato, e poco sale, movendoli di tempo in tempo; allorchè principieranno ad asciugarsi passateli poco per volta per un setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo restare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra un fuoco temperato, fateli bollire dolcemente, movendoli sempre con una cucchiaia di legno, finchè diverranno densi come una marmellata, ripassateli di nuovo per un setaccio più fino, votateli poscia in un vaso di terra, e lasciateli così fino al giorno susseguente. Quindi li rimetterete sul fuoco, li farete cuocere lentamente movendoli sempre per timore che non brucino nel fondo, che se ciò accade bisogna buttarli via, mentre prendono un odore, ed un sapore di bruciato assai disgradevole; replicate così per due o tre giorni, asciugandoli sempre sopra il fuoco, movendoli continuamente. Quando vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e grossì da poterli tenere in mano col pugno serrato; fateli asciugare maggiormente a un Sole temperato, o alla stufa sopra fogli di carta, incartateli, e conservateli in luo- go fresco, e asciutto. Bisogna osservare che non si disecchino soverchiamente. Quando volete adoperarli, stemperateli con un poco di brodo, quella quantità che vi bisogna, e servitevene in tutto ciò che volete fare al sugo, o culì di Pomidoro. In Napoli fanno disseccare la pasta di pomodoro dentro al forno sopra delle tavole, e poscia ne formano i toteri, o bastoncelli, e li vendono.
setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo restare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra un
Per farle uscire dai loro gusci, e nettarle ben bene, porrete in una piccola caldaja un buon pugno di cenere con acqua dolce; quando comincia a bollire, gettatevi dentro le lumache, lasciandovele per un quarto d'ora; quando verranno fuori facilmente dai gusci, le caverete per passarle nell'acqua tiepida; poi le porrete di nuovo nell'acqua pura e quindi le farete bollire nell'acqua ancora pochi minuti, e le leverete fuori un'altra volta facendole sgocciolare ben bene. Ciò eseguito, porrete in una casseruola un pezzo di burro oppure se vi piace un po' d'olio fino con un mazzolino di prezzemolo e di erbe odorose, cipolla, uno spicchio d'aglio due garofani, funghi, indi le lumache. Passatele così al fuoco, aggiungendovi un pizzico di farina, un poco di brodo, un bicchiere di vino bianco, sale e pepe, e lasciate cuocere le lumache sino a che diventino morbide, e che vi rimanga poca salsa. Quando state per servirle in tavola ponetevi un composto di tre rossi d'uovo con crema che unirete al fuoco senza che bollisca aggiungendovi un poco di agresto, ovvero di aceto bianco, con un tantino di noce moscata.
Per farle uscire dai loro gusci, e nettarle ben bene, porrete in una piccola caldaja un buon pugno di cenere con acqua dolce; quando comincia a
Bisogna avere l'avvertenza allorchè si pongono i pomi d'oro nella caldaja per la loro cottura, di rimoverli spesso con un mestolo durante l'ebollizione, ossia anzi prima della ebollizione, onde impedire che si abbrucino prima che siano ridotti liquidi, e prendano così un cattivo sapore. Saranno cotti a dovere allorchè si romperanno facilmente ed in modo che si possano spappolare.
Bisogna avere l'avvertenza allorchè si pongono i pomi d'oro nella caldaja per la loro cottura, di rimoverli spesso con un mestolo durante l
Un'altra necessaria avvertenza è di non sospendere la ebollizione della caldaja in cui si ripongono le bottiglie ripiene al Bagno-maria con aggiungervi acqua fresca, il che le esporrebbe a spezzarsi, ma se abbisognasse di aggiungervi acqua, questa dovrebbe essere egualmente bollente, tenuta pronta in disparte a tale uopo. Sarà anzi opportuno che ciò si faccia per conservare l'acqua durante il Bagno-maria alla medesima altezza, cioè alquanto al disotto (alcune linee) del turacciolo delle bottiglie. Facendo uso di questa salsa così conservata, è come se si adoperassero pomodoro freschi. Essa è eccellente, e può essere preparata in un istante.
Un'altra necessaria avvertenza è di non sospendere la ebollizione della caldaja in cui si ripongono le bottiglie ripiene al Bagno-maria con
Si prende la quantità di Tomates (pomi d'oro) secondo la quantità più o meno abbondante della salsa e conservarsi che si desidera. Devono essere sani e ben maturi. Si tagliano a quarti, e si ripongono in una caldaia di capacità corrispondente accalcandoveli bene, e la si mette a fuoco, così senz'acqua. Quando la ebollizione incomincia, si leva di mano in mano quell'acqua chiara che producono, la quale non farebbe che ritardare la loro cottura al grado che è necessario. Sciolti e ridotti a questo modo come una poltiglia, si passano allo staccio in modo che ne risulti una poltiglia pressochè eguale all'olio congelato. Allora si mette in buone bottiglie di vetro nero che sieno ben pulite, e riempiansi sino alla base del collo, le quali bottiglie si turano con sughero a macchina, e poi si collocano in un caldajo d'acqua fredda ed in piedi contornando esse bottiglie con stracci o paglia affinchè nella ebollizione non abbiano ad urtare fra loro e spezzarsi. L'acqua deve restare al disotto dei turaccioli. Si mette così la calda[…] ad un buon fuoco, e cominciata la ebollizione la si mantiene moderatamente per 20 o 25 minuti quindi si ritira la caldaja dal fuoco senza per altro toccare le bottiglie che si lasciano raffreddare a metà, e levatele in allora, si pone il catrame ai turaccioli, i quali è bene che al primo metterli siano anche assicurati con cordidicella avanti di sottoporre le bottiglie al Bagno-maria di cui sopra, e si ripongono in cantina distese, e meglio coricate nella sabbia asciutta.
buon fuoco, e cominciata la ebollizione la si mantiene moderatamente per 20 o 25 minuti quindi si ritira la caldaja dal fuoco senza per altro toccare le
Sebbene al N. progressivo 421, di questa raccolta, si legga una consimile preparazione, trovo bene di marcare la presente che sembrami promettere migliore riuscita anche per una più ragionevole misura nelle dosi dei diversi ingredienti, poi anche per una più diligente manipolazione: Dopo aver ripulito una quantità di piccoli funghi che riescano ad un quattro o cinque kl. netti, si lavano bene con acqua fresca, e si mettono ad asciugare all'ombra sopra una tovaglia distesi radi, lasciandoveli per circa dodici ore. Dopo ciò si mettono al fuoco in una caldaja di rame bene stagnata con un litro di olio fino d'ulivo, e mezzo litro di buon aceto, mezza libbra di sale pesto grossolamente, un po' di cannella anche intiera, ed un'oncia di noce, moscata raschiata. Si lascerà bollire per un quarto d'ora rimescolando gli ingredienti suddetti affinchè non si attacchino al fondo poichè prenderebbero il cattivo gusto del bruciato quindi si versaranno in un recipiente largo di terra cotta lasciandoli raffreddare per 24 ore; dopo di che si collocano nei vasi per conservarli, ricuoprendoli con una piastra di lavagna, o di creta, ed aggiungendovi la quantità di olio fino d'ulivo necessario perchè non si guastino, la quale deve stare almeno due dita al disopra della lavagna suddetta, cioè 2 traversi di dito.
sopra una tovaglia distesi radi, lasciandoveli per circa dodici ore. Dopo ciò si mettono al fuoco in una caldaja di rame bene stagnata con un litro
Strofinate il rombo con sugo di limone; mettetelo in una pesciajuola capace di contenerlo; altrimenti in un pajuolo o caldaja, che lo contengano comodamente. Nel recipiente, qualunque esso sia, mettete acqua a volontà, sale, pepe quanto occorre, e latte nella proporzione di un litro per tre d'acqua. Mettete il recipiente su fuoco vivacissimo, perchè su fuoco debole, il rombo si disfarebbe tutto. Quando il liquido, nel quale si trova il rombo, accenna a bollire, con quel leggero fremito della superficie sua, coprite il fuoco, onde la cottura del rombo si compia senza l'ebollizione. Il rombo quand'è cotto, non si tolga dal suo brodo, ma vi rimanga immerso sino al momento di servirlo.
Strofinate il rombo con sugo di limone; mettetelo in una pesciajuola capace di contenerlo; altrimenti in un pajuolo o caldaja, che lo contengano
525. Strutto. Mondate la grascia del majale, vale a dire togliete le membrane che vi si trovano aderenti; tagliatela a pezzetti, e mettetela in una caldaja con pochissima acqua ed una cipolla steccata di garofani. Fate struggere a fuoco lento fino a che gli avanzi, o grasselli che non si possono più struggere, cominciano a colorarsi, avendo consumato tutta l'acqua per evaporazione. Allora ritirate dal fuoco la caldaja, lasciate divenire lo strutto quasi tiepido, e versatelo, colandolo a traverso un pannolino, in vasi di terra verniciati, o meglio in vesciche di manzo, che poi chiuderete legandole con spago, affinchè lo strutto si conservi meglio.
caldaja con pochissima acqua ed una cipolla steccata di garofani. Fate struggere a fuoco lento fino a che gli avanzi, o grasselli che non si possono
530. Soppressata o salame di testa. Togliete le ossa ad una testa di majale ben mondata e rasata osservando di non intaccare la pelle; levatene tutta la carne; tagliatela a strisce; separate il grasso dal magro; tagliate gli orecchi egualmente a strisce; condite con sale, pepe, noce moscata grattata, qualche foglia d'alloro, pinocchi e pistacchi mondati, scorza di limone raschiata e succo di limone. Distendete sur una tavola tutta la pelle o cotenna della testa, disponetevi sopra tutti i pezzi della carne, alternando il grasso ed il magro, e le fette cartilaginose delle orecchia, ed arrotolate indi la cotenna sopra sè stessa racchiudendo la carne, in forma d'un grosso salame, che cucirete strettamente entro un pezzo di pannolino. Ciò fatto, ponetelo a lessare per 5 o 6 ore in una pentola o caldaja con acqua, un poco di vin bianco, sale, pepe ed erbe odorose. Lasciatelo poi raffreddare nel suo brodo; indi ritiratelo, scioglietelo dal pannolino e servitelo freddo tagliato a fette, guarnito, se vi aggrada, con una gelatina di carne (n. 513).
, ponetelo a lessare per 5 o 6 ore in una pentola o caldaja con acqua, un poco di vin bianco, sale, pepe ed erbe odorose. Lasciatelo poi raffreddare
534. Modo di cuocere il prosciutto. Involgete il prosciutto in un pezzo di tela e mettetelo in una caldaja di proporzionata grandezza, munita del suo coperchio, versatevi tant'acqua quanta ne occorre per coprire intieramente e sopravanzare anche di alcuni centimetri il prosciutto; aggiungete due carote, timo, lauro, prezzemolo, alcuni chiodi di garofani, ed una cipolla; coprite la caldaja, e passatela al fuoco facendola bollire lentamente per 4 o 5 ore; dopo di che versatevi mezzo bicchiere d'acquavite, e lasciate bollire per un altro quarto d'ora. Il prosciutto cotto in tal guisa è facile ad esser disossato.
534. Modo di cuocere il prosciutto. Involgete il prosciutto in un pezzo di tela e mettetelo in una caldaja di proporzionata grandezza, munita del suo
586. Torrone. Preparate una caldaja sopra un fornello, in mezzo della quale penda una lunga e grossa mestola, di cui avrete legata l'estremità superiore ad un anello di ferro fissato al muro. Mettete dentro alla caldaja 4 chilogr. di miele, e chiaritelo per tre volte a fuoco lento con chiare d'uova sbattute insieme ad un poco d'acqua (n.595). Seguitate a far cuocere il miele, agitando sempre in tondo colla mestola, finchè non sia venuto a cottura tale, che mettendone un poco sopra un dito ed immergendolo nell'acqua fresca si rompa con facilità: allora aggiungete 4 chilogr. di mandorle mondate e bene asciugate, e, se vi piace, anche alcuni pistacchi; seguitate a dimenare finchè il tutto non sia ben unito; aromatizzate a piacere con alcune gocce di qualche essenza, come di menta, di cannella, di garofani, ecc., e distendete questa pasta sopra ostie all'altezza di due dita circa, coprendola poi con altre ostie; quando sia quasi raffreddata, tagliatela con grosso coltello a pezzi lunghi e quadrati a guisa di piccoli travicelli, oppure a tavolette della dimensione che si usa per quelle di cioccolata (ed in questo caso avrete distesa più sottilmente la pasta fra le ostie), e serbate in luogo asciutto e al riparo dall'aria se il tempo è umido. Nel fare il torrone abbiate la cautela di cuocerlo a fuoco lentissimo, e di non cessare mai di agitarlo con la mestola; anzi, abbisognando di 6 o 7 ore di cottura, saranno necessarie più di due braccia per poterlo agitare senza interruzione, ed in particolare sulla fine, quando la pasta prende una forte consistenza.
586. Torrone. Preparate una caldaja sopra un fornello, in mezzo della quale penda una lunga e grossa mestola, di cui avrete legata l'estremità
587. Pan-forte di Siena. Fate bollire in una caldaja 2 chilogr. di buon miele; aggiungetevi 4 ettogr. di mandorle mondate e 3 ettogr. di nocciuole, pure mondate ed un poco abbrustolite, 2 ettogr. di cedro candito e trinciato, poco pepe, cannella in polvere, e 4 ettogr. di cioccolata grattata; mescolate bene il tutto, ed a poco per volta mettetevi tanto semolino quando basta per ridurre il composto ad una densità consistente. Ritirate la caldaja dal fuoco; formate con detta pasta tanti pani tondi e schiacciati dell'altezza di un dito o poco più, e del diametro d'un piatto comune da tavola, stendendola sopra ostie bianche; prosciugate questi pan-forti al forno non troppo caldo, ed intonacatene il disopra con uno dei composti descritti al num. 558.
587. Pan-forte di Siena. Fate bollire in una caldaja 2 chilogr. di buon miele; aggiungetevi 4 ettogr. di mandorle mondate e 3 ettogr. di nocciuole
16. Della conservazione delle uova. Si pongono le uova in una paniera, e questa s'immerge in una caldaja d'acqua bollente, e vi si tiene per un minuto. Dopo che le uova sono state ritirate ed asciugate, si conservano in un luogo secco, temperato ed oscuro. Con questa operazione i pori del guscio rimangono chiusi da uno strato di bianco d'uovo, che il calore ha coagulato internamente, e così viene impedita l'evaporazione e l'influenza dell'aria. Queste uova possono conservarsi parecchi mesi. Quando si vogliono mangiare affogate, si fanno riscaldare nell'acqua bollente ed aprendole si trova che hanno il bianco lattiginoso, segno che caratterizza l'uovo fresco. Le uova in tal modo conservate sono anche proprie per tutti gli altri usi della cucina. Si ottiene questo medesimo risultato immergendo le uova nel latte di calce e tenendovele per qualche giorno; allora i pori del guscio sono turati esteriormente dal deposito di calce che l'acqua vi lascia evaporando. Infine si ottiene il medesimo effetto se si copre da ogni parte il guscio con un corpo grasso che ne chiuda esattamente tutti i pori.
16. Della conservazione delle uova. Si pongono le uova in una paniera, e questa s'immerge in una caldaja d'acqua bollente, e vi si tiene per un
49. Conserva di pomidoro. Prendete i pomidoro, fateli bollire in un gran laveggio o caldaja o pajolo senz'acqua; allorchè saranno cotti passateli per colatoio di latta. Mettete sul fuoco in una casseruola o tegame ciò che è passato, e fatelo condensare sino al punto di una densa farinata: dipoi verserete in diversi piatti la conserva all'altezza di un dito scarso e ponendola al sole la farete prosciugare sino alla densità di una polenta durissima. Formatene de' pannetti, involtati in carta unta coll'olio e poi rinchiusi in vasi ben turati. Ve ne servirete disfacendola con brodo caldo. Se la desiderate aromatica, potrete aggiungervi a piacere, quando l'avrete passata pel colatoio, ogni sorta di droghe.
49. Conserva di pomidoro. Prendete i pomidoro, fateli bollire in un gran laveggio o caldaja o pajolo senz'acqua; allorchè saranno cotti passateli per
Conserva di grattaculi. — Prendete grattaculi maturi, metteteli al sole un pajo di giorni ad appassire. Indi poneteli in fusione per un pajo di giorni nel vino. Fateli bollire in caldaja nel medesimo vino a che siano disfatti. Se abbisogna aggiungetevi vino. Ridotti in poltiglia passateli allo staccio doppio, intanto che sono caldi. Mettete altrettanto peso di zuccaro in un padcllotto con un bicchiere d'aqua per chilo di zuccaro, e fate bollire. Purgate lo zuccaro con un chiaro d'ova e schiumate, e quando lo zuccaro è limpido e fila, unite la salsa, rimenate con spatula di legno incorporate il tutto a fuoco — fatene evaporare bene l'umido della pasta e versatela in un vaso di terra conservandola chiusa in luogo asciutto. Se amuffisce è segno che non è cotta abbastanza, rimettetela ancora sulla pentola. Si allunga, per gli usi, con vino, aceto, limone, tanto a freddo, come a caldo. È squisitissima col lesso, coll'arrosto e colle ova principalmente quelle in camicia. Nè voglio terminare senza suggerire; alle signorine, che anche colle altre rose, in ispecie quella comune (Rosa gallica, rosa fragrans), la rosa d'orto, la rosa rossa, quella di Maggio insomma della quale gli speziali fanno un'infusione per uso esterno nelle oftalmie principalmente, si fanno conserve e sciroppi. Ecco la ricetta. Prenda adunque la signorina dei bottoncini di detta rosa, li separi dal gambo, li ammacchi con pestello di legno in mortajo di marmo, finchè li riduca in massa molle e allora vi aggiunga due volte il loro peso, di zuccaro fino, polverizzato agitando e rimestando la massa onde formi un tutto omogeneo. Questa conserva à sapore dolce, ed odore di rose, è rinfrescante ed è leggermente astringente. Se invece dei bottoni di rosa si volessero adoperare per comporla le foglie fresche o secche, in allora invece di impastarla collo zuccaro, quale ò detto sopra, si userà lo zucchero stesso cotto a manuscristi, evaporando poscia la massa a lento calore fino a consistenza di conserva. Avvertite che le rose allora vanno colte prima che si aprano del tutto. Nel medesimo modo si prepara la conserva d'assenzio ecc.
giorni nel vino. Fateli bollire in caldaja nel medesimo vino a che siano disfatti. Se abbisogna aggiungetevi vino. Ridotti in poltiglia passateli allo
La canna vera dello Zuccaro è pianta gramignacea perenne, originaria delle Indie, dove è spontanea nei luoghi innondati e dove si coltiva ancora. Somiglia alle nostre canne, si alza portando una pannocchia setacea che dà fiori. Esternamente è verdiccia, articolata, interiormente bianca e ripiena di una mollica simile a quella del sambuco, pregna d'un sugo dolce, piacevole. À foglie strette, striate, verdi, che serve ad alimento delle bestie. La piantagione si fa per barbocchi da Marzo a tutto Aprile. Può essere coltivata in tutti i paesi caldissimi. Da noi è da serra. È matura quando diventa gialla, il midollo si è fatto bigio scuro e il sugo viscoso e dolcissimo. La parola zuccaro dal greco sacchar, zuccaro. Nel linguaggio delle piante: Dolcezza. La canna dello zuccaro, matura, si taglia al piede, se ne tronca la pannocchia, si sfoglia, si porta al mulino, che la schiaccia fra tre cilindri. Se ne raccoglie il sugo entro una caldaja sottoposta e tal sugo è chiamato dai negri vezù o vino di canna. Presto fermenta e perciò è necessario cocerlo prontamente, e depurarlo con un processo di evaporazione e filtrazione sinchè è ridotto allo stato di sciroppo d'onde il melazzo, o melassa. Gli zuccari della seconda e terza cristallizzazione sono sempre più grassi ed oscuri e passano sotto il nome di mascabadi. Quelli d'Avana che sono i migliori si chiamano terzieri o biondi. Lo zuccaro benchè di prima estrazione, bianchissimo ed asciutto, contiene impurità e vuol essere raffinato. Questa depurazione si fa nelle grandi raffinerie da dove sortono in pani. La bianchezza e solidità estrema dello zuccaro in pani dipende non solo dalla qualità degli zuccari che si adoperano, ma ancora dall'esito felice dell'operazione e dell'espertezza dell'operatore. Se i pani riescono friabili o macchiati qua e là, o troppo oscuri, e quindi da scarto, allora si pestano ed entrano in commercio sotto la denominazione di zuccaro raffinato in polvere, ossia pilè. Lo zuccaro raffinato in pane è bianchissimo, senza macchie, compatto, duro, sonoro — percosso con un ferro nell'oscurità tramanda della luce, la sua cristallizzazione è minutissima, serrata, e lucida, non à odore, è dolcissimo. Se si tiene in bocca diventa poroso e non si scioglie uniformemente. Cristallizzato lo zuccaro in forma cubica con altro processo di evaporazione si vende sotto il nome di zuccaro candito. Questo è sempre più o meno colorato, tramanda molta luce percosso nell'oscurità, è assai dolce, e si scioglie in bocca uniformemente come le caramelle. La melassa in America ed altrove si adopera per la fabbricazione del rhum e nel Brasile la impiegano per la concia del tabacco. Per ottenere il rhum si fa fermentare la melassa entro grandi vasi di terra, sepolti nel terreno fino all'orifizio, e ricoperti di paglia. Compiuta la fermentazione si passa alla distillazione.
cilindri. Se ne raccoglie il sugo entro una caldaja sottoposta e tal sugo è chiamato dai negri vezù o vino di canna. Presto fermenta e perciò è necessario
Uova. Le uova che si vogliono conservare devono essere scelte freschissime: si mettono in una rete di filo, od in una specie di paniere di fil di ferro; s immergono così nell'acqua bollente contenuta in una caldaja, e dopo che hanno bollito un minuto (che si osserva coll'orologio alla mano), si ritirano, si fanno sgocciolare, si asciugano, e freddate che siano si ripongono in luogo fresco ed asciutto, chiuse in qualche vaso di vetro o di terraglia.
ferro; s immergono così nell'acqua bollente contenuta in una caldaja, e dopo che hanno bollito un minuto (che si osserva coll'orologio alla mano), si
Tagliate in mezzo i pomidori, che avrete scelti ben maturi; fateli cuocere senz'acqua in un recipiente di terra, o in una caldaja di rame stagnata, e quando vdete che si spappolano, ritirateli dal fuoco e passateli premendoli per stamigna o per istaccio, a fine di separarne le bucce ed i semi: avvertite però di gettar la parte acquosa che passerà per la prima. Rimettete poscia al fuoco il sugo ottenuto; aggiungetevi un poco di sale; lasciatelo bollire finchè siasi alquanto concentrato; fatelo poi raffreddare in un catino di terra, e finalmente riempitene tante bottiglie, le quali turerete e metterete a bagnomaria per un quarto d'a prima di riporle.
Tagliate in mezzo i pomidori, che avrete scelti ben maturi; fateli cuocere senz'acqua in un recipiente di terra, o in una caldaja di rame stagnata, e
Scegliete cetriuolini de' più piccoli; asciugateli con una salvietta, ed esponeteli per una giornata al sole. Indi metteteli negli alberelli, e versatevi sopra aceto bollente in quantità da ricoprirli. Il giorno appresso i cetriuoli saran divenuti d'un color giallognolo; allora colate l'aceto, ponetelo nuovamente al fuoco in a caldaja, e quando comincia a bollire gettatevi cetriuoli, che riprenderanno tosto il loro color verde. Alzato appena un bollore, ritirate dalla caldaja i cetriuoli, rimetteteli negli alberelli, aggiungetevi alcune cipolline, serpentaria e pochi spicchi d'aglio, e turate finalmente i vasi.
, ponetelo nuovamente al fuoco in a caldaja, e quando comincia a bollire gettatevi cetriuoli, che riprenderanno tosto il loro color verde. Alzato appena un
Mettete al fuoco una caldaja con 15 litri d'acqua, 2 chilogr. di zampe di vitello, 3 chilogr. di manzo nella coscia, due vecchie galline spezzate, una cipolla abbrustolita prima sulla brace, ed un poco di sedano, senza sale. Lasciate bollire a moderato calore per circa 6 ore, schiumando sul principio il brodo, e colate poi questo a traverso un pannolino, nel quale avvolgerete le carni a fine di farne uscire tutto il succo spremendole con forza. Lasciato poscia raffreddare il liquido, toglietene il grasso che si sarà rappigliato alla superficie, e rimettetelo al fuoco con giusta dose di sale, onde farlo nuovamente bollire finchè sia ridotto alla consistenza d'un denso sciroppo, avvertendo intanto di chiarificarlo coll'aggiunta di alcune chiare d'uova, che poi ritirerete colla schiumarola. Allora travasate il brodo in un altro recipiente di rame stagnato o di latta, collocato a bagnomaria, e lasciate consumare per evaporazione sino alla densità d'una conserva. A questo punto versate il contenuto in piccole forme di latta quadrilunghe, unte prima con olio fine, od anco su d'una tavola di marmo levigata, egualmente unta, e lasciate raffreddare: dopo di ciò levate dalle forme il vostro brodo, che avrà preso l'aspetto d'una gelatina alquanto consistente, ovvero tagliatelo in pezzi quadrati se lo avrete versato sul marmo, e fatelo infine disseccare completamente esponendo le tavolette così ottenute al calore di stufa disposte su di una rete metallica intelajata. Quando le vostre tavolette di brodo saranno divenute secche e dure come colla in lastre, mettetele in vasi di vetro ben chiusi, e serbate pei bisogni tenendo i recipienti in luogo asciutto e fresco.
Mettete al fuoco una caldaja con 15 litri d'acqua, 2 chilogr. di zampe di vitello, 3 chilogr. di manzo nella coscia, due vecchie galline spezzate
Fate le lasagne, tirando la pasta nel modo già indicato al num. 66, ed invece di cuocerle nel brodo, cuocetele in acqua abbondante con poco sale, procurando che l'acqua riprenda in breve il bollore dopo che vi avete gettata la pasta. Indi ritirate dal fuoco la caldaja, estraetene le lasagne con una mestola bucherata, facendole ben sgocciolare; distendetele a suoli in un gran piatto, e conditele con sugo di vitello o di manzo (num. 34 e 35) e buon parmigiano grattato.
, procurando che l'acqua riprenda in breve il bollore dopo che vi avete gettata la pasta. Indi ritirate dal fuoco la caldaja, estraetene le lasagne con una
Cotti che abbiate i maccheroni nell'acqua con sale, ritirateli dalla loro caldaja, fateli ben sgocciolare, accomodateli a strati in un gran piatto adattato, e a mano a mano conditeli spargendovi sopra del buon cacio grattato e versandovi del sugo di manzo (num. 35). Indi rivoltateli col cucchiajo, e serviteli ben caldi.
Cotti che abbiate i maccheroni nell'acqua con sale, ritirateli dalla loro caldaja, fateli ben sgocciolare, accomodateli a strati in un gran piatto
Lessate un chilogrammo di patate; sbucciatele, schiacciatele e passatele per istaccio di crine; indi prendete mezzo chilogr. di farina bianca ed impastatela colle patate suddette, manipolando a lungo onde ottenere una pasta consistente ed uniforme, colla quale formerete gli gnocchi alla stessa maniera descritta al num. 101. Lasciateli allora prosciugare un poco tenendoli esposti all'aria sopra una tovaglia di bucato; mettete intanto al fuoco una caldaja con molt'acqua, che salerete, e quando questa bolle gettatevi a pochi per volta gli gnocchi e fateveli cuocere: poscia estraeteli dalla loro acqua, fateli sgocciolare, e conditeli a suoli in un piatto adattato, cospargendoli di parmigiano grattato, e versandovi sopra in abbondanza del burro, che avrete prima fatto liquefare a parte e lasciato alquanto rosolare.
caldaja con molt'acqua, che salerete, e quando questa bolle gettatevi a pochi per volta gli gnocchi e fateveli cuocere: poscia estraeteli dalla loro
Usasi anche lessare le patate al vapore, ciò che si fa tenendole col mezzo d'una rete metallica sospese sopra la bocca d'una caldaja, che si sarà empita d'acqua soltanto sino a metà, e che poscia dovrà cprirsi con un'altra caldaja capovolta, in modo che gli orli dei due recipienti combacino fra loro. Lasciando così bollire l'acqua a gran fuoco, il vapore che se ne sviluppa farà cuocere perfettamente le patate, le quali riesciranno più saporite che se fossero lessate nell'altra maniera, cioè immerse nell'acqua.
Usasi anche lessare le patate al vapore, ciò che si fa tenendole col mezzo d'una rete metallica sospese sopra la bocca d'una caldaja, che si sarà
Pulite la scorzonera raschiandola con un coltello; fatela lessare con acqua e sale, e quando è cotta ritiratela dalla caldaja, fatela sgocciolare, accomodatela in un piatto e conditela con salsa piccante (num. 126).
Pulite la scorzonera raschiandola con un coltello; fatela lessare con acqua e sale, e quando è cotta ritiratela dalla caldaja, fatela sgocciolare
Prendete una testa di vitello ben pulita; tenetela immersa nell'acqua bollente per mezz'ora, e poi passatela in acqua fresca onde si raffreddi: dopo ciò asciugatela, toglietele la mascella superiore sino all'occhio, e l'osso della sommità; date alla testa ancora la sua forma, stropicciatela con mezzo limone, involgetela strettamente in un pannolino, legandola con spago, e mettetela a cuocere in una gran caldaja con acqua (tanta da ricoprirla tutta), burro, cipolla, carota, sedano, prezzemolo, il limone che vi ha servito per stropicciarla, sale e pepe in grani. Quando l'acqua comincia a bollire schiumate, e cotta che sia la testa, toglietela dal pannolino, ritirandola dal suo brodo, e mettetela in un piatto adattato contornata d'una salsa di vostro gusto (Vedi all'articolo SALSE).
mezzo limone, involgetela strettamente in un pannolino, legandola con spago, e mettetela a cuocere in una gran caldaja con acqua (tanta da ricoprirla
Fate bollire in una caldaja 3 chilogr. di buon miele; aggiungetevi 600 grammi di mandorle sbucciate, 400 grammi di nocciuole, tolte dal loro guscio ed un poco abbrustolite, 300 grammi di cedro candito trinciato, 10 grammi di cannella in polvere, poco pepe e 600 grammi di cioccolata grattata; rimestate assai bene, ed a poco per volta aggiungete tanto semolino quanto ne occorre per dare al composto la necessaria consistenza. Ritirate poscia dal fuoco la caldaja, lasciate raffreddare un poco il contenuto, e fatene indi tanti pani tondi e schiacciati a guisa di focacce, dell'altezza d'un grosso dito o poco più, e del diametro d'un piatto comune da tavola, stendendo il composto sopra ostie bianche mentre è tuttora tiepido. Formati cosi i panforti, fateli prosciugare al forno a moderatissimo calore.
Fate bollire in una caldaja 3 chilogr. di buon miele; aggiungetevi 600 grammi di mandorle sbucciate, 400 grammi di nocciuole, tolte dal loro guscio
Sopra apposito fornello adattate una caldaja, in mezzo della quale penda una lunga e forte mestola di legno, di cui l'estremità superiore sia legata ad un anello di ferro fissato in alto. Mettete dentro questa caldaja 3 chilogr. di miele, e chiarificatelo per tre volte a fuoco lento con chiare d'uova sbattute insieme a poc'acqua. Continuate a far cuocere il miele, agitando sempre in tondo colla mestola finchè non sia giunto a tal grado di cottura, che mettendone un poco sulla punta d'un bastoncello e soffiandovi sopra si solidifichi quasi all'istante. Allora aggiungete 3 chilogr. di mandorle e 100 grammi di pistacchi, seguitando a rimestare; aromatizzate con qualche essenza a vostro piacere (menta, bergamotta, cedro, ecc.), e ritirando la caldaja dal fuoco versate e distendete il composto sopra ostie bianche per l'altezza di circa due dita; coprite indi con altre ostie, ed allorchè il torrone così fatto sarà quasi raffreddato, tagliatelo con buona coltella a pezzi lunghi o quadrati, e serbatelo in luogo asciutto.
Sopra apposito fornello adattate una caldaja, in mezzo della quale penda una lunga e forte mestola di legno, di cui l'estremità superiore sia legata
Abbiate cura, nel fare il torrone, di mantenere sotto alla caldaja un fuoco sempre moderato, e di non cessare un istante dal tramenare il composto: anzi, abbisognando questo di 6 o 7 ore di cottura, saranno necessarie più di due braccia per poter continuare senza interruzione a menare la mestola, specialmente sulla fine, quando l'impasto prende una forte consistenza.
Abbiate cura, nel fare il torrone, di mantenere sotto alla caldaja un fuoco sempre moderato, e di non cessare un istante dal tramenare il composto
Prendete la quantità di frutta che può abbisognarvi, siano ciriege, fragole, lamponi, ribes, albicocche, pesche, ecc., purchè in istato di perfetta maturità: togliete il nòcciolo a quelle che lo hanno, pigiatele (ogni specie separatamente), passatele allo staccio crude, e riempitene tante bottiglie nere fortissime, le quali indi turerete a forza legandone il turacciolo con un laccio di spago o di fil di ferro in croce. Mettete poscia queste bottiglie in una gran caldaja, avvolgendole con paglia o con stracci onde non cozzino insieme e si rompano; versate nella caldaja stessa tant'acqua fredda quanta ne abbisogna per sommergere tutte le bottiglie; ponete sul fuoco, ed appena l'acqua sarà in ebullizione, ritirate la caldaja in un angolo e lasciate freddare. Dopo ciò levate dall'acqua le vostre bottiglie, trasportatele in cantina, e serbatele per l'uso.
bottiglie in una gran caldaja, avvolgendole con paglia o con stracci onde non cozzino insieme e si rompano; versate nella caldaja stessa tant'acqua fredda
Le uova che si vogliono conservare devono essere freschissime; si mettono in una rete di filo, od in una specie di paniere di fìl di ferro: s'immergono così nell'acqua bollente contenuta in una caldaja, e dopo che hanno bollito un solo minuto si ritirano, si fanno sgocciolare, si asciugano e quando sono fredde, si mettono in luogo fresco ed asciutto, chiuse in qualche vaso di vetro o di terraglia.
'immergono così nell'acqua bollente contenuta in una caldaja, e dopo che hanno bollito un solo minuto si ritirano, si fanno sgocciolare, si asciugano e quando
Si pone in una caldaja o marmitta piena d'acqua una marmitta più piccola, nella quale sta il grasso che devesi liquefare; alcuni pezzi di legna posti nel fondo del più grande dei recipienti impediscono che il fondo del più piccolo sia in contatto col fuoco: in tal modo il grasso non può mai venir riscaldato al di là del grado dell'acqua bollente. Quando la liquefazione è completa quanto può esserlo a quella temperatura, si passa il grasso attraverso un pannolino. La sugna o il grasso così ottenuto si versa entro vasi di terra, o mastelletti di legno bianco, oppure vesciche a tale scopo preparate. Quello che rimane nel pannolino può venir rimesso al fuoco colle raschiature del lardo, e sottoposto all'azione di un fuoco lento. Questo secondo grasso, che contiene una forte parte di lardo stemperato, si consuma pel primo, nè devesi mai mescolare il grasso liquefatto col bagno-maria.
Si pone in una caldaja o marmitta piena d'acqua una marmitta più piccola, nella quale sta il grasso che devesi liquefare; alcuni pezzi di legna posti
Acetosa. L'acetosa destinata alla conservazione per essere cotta, si apparecchia dalla fine di settembre a tutto ottobre. Non conviene adoperarne che le foglie novelle e non aspettare che il gelo le abbia colpite. Si monda l'acetosa con assai cura, levandone i manichi; si lava e si immerge in una caldaja piena di acqua bollente con un decimo di bietola, di cerfoglio e di prezzemolo, mondati e lavati separatamente. Quando ha bollito tre o quattro volte, si ritira e si fa sgocciolare sopra vagli o colatoî; poi si mette in una caldaja sul fuoco e se ne compie la cottura mescolando sempre onde non si attacchi, e ridurla come in una specie di succo denso. Tostochè l'acetosa è abbastanza condensata, si ritira dal fuoco e si lascia freddare versandola entro vasi di terra, poi si cuopre con uno strato di burro liquefatto o di olio d'oliva.
caldaja piena di acqua bollente con un decimo di bietola, di cerfoglio e di prezzemolo, mondati e lavati separatamente. Quando ha bollito tre o quattro
Detto alla marinara. Preparato che avrete il pesce allo stesso modo, ponetelo in una caldaja o dentro una casseruola con un grosso mazzolino di erbe aromatiche, una cipolla armata di due chiovi di garofano, quattro o cinque spicchi d'aglio stiacciati, pepe, sale, due dozzine di cipollette, e, se ne avete, dei funghi. Inaffiate di buon vino rosso, in quantità sufficiente perchè il pesce non ne venga tutto bagnato, fate cuocere a gran fiamma; in quella che sta per bollire aggiungete un mezzo bicchiere di acquavite, e fate ardere come fosse un ponce. Durante la bollitura, prendete dei pezzetti di burro che getterete uno ad uno entro la casseruola agitandola, onde la salsa venga a legarsi e assimilarsi bene. Fate che si consumi fino ai due terzi, e servite in tavola con guarnimento di gamberi e di croste di pane fritte.
Detto alla marinara. Preparato che avrete il pesce allo stesso modo, ponetelo in una caldaja o dentro una casseruola con un grosso mazzolino di erbe
(1) Per mondare e sventrare un porcelletto da latte, che sia tuttora coperto de' suoi peli, ecco come si deve procedere. Si ponga al fuoco una grande caldaja piena due terzi d'acqua. Quando sarà più che tiepida vi s'immerge l'animale tenendolo per la testa, agitandolo pian piano fino a che i peli incominciano cadere. Allora si leva dal bagno, si sgocciola sur una tavola e strofina a contrappelo con un grosso canovaccio. Quando è perfettamente pulito, si sventra, e gli si piegano le zampe che vengono assicurate mediante una spranghetta.
caldaja piena due terzi d'acqua. Quando sarà più che tiepida vi s'immerge l'animale tenendolo per la testa, agitandolo pian piano fino a che i peli
Pulite gli asparagi, pareggiateli in fondo, cuoceteli a lesso secondo la regola, ma non troppo, disponeteli nelle scatole, colla punta all'insù, coprendoli d'acqua lievemente salata, fate saldare i coperchi, mettete le scatole al fuoco immergendole in una caldaja piena d'acqua fredda, quando questa bolle guardate all'orologio, calcolate due ore di cottura, poi lasciate freddare le scatole nell'acqua.
, coprendoli d'acqua lievemente salata, fate saldare i coperchi, mettete le scatole al fuoco immergendole in una caldaja piena d'acqua fredda, quando questa
56. Mettete un giambone nell'acqua tiepida, e lasciatelo un giorno se è d'estate e due se è d'inverno, indi mettetelo in una caldaja a cuocere nell'acqua, e a metà cottura cambiate l'acqua, in questa ponete una pinta di vino rosso, e un pugno di bulla di fieno legato, una o due cipolle tagliate, due o tre carotte, unitevi due o tre piante di sellero, fatelo cuocere dolcemente, la cui cottura sarà di cinque o sei ore, lasciatelo raffreddare nella sua cottura, freddo, levatelo, puratelo, montatelo sopra una salvietta e guarnitelo con una geladina come al n. 33 di questo capitolo, oppure potrete apparecchiare una cesta di butirro, e porvi dentro delle fette di questo giambone unendovi poca geladina: potrete guarnirlo anche di fiori, o montarlo con altro ornamento fatto di butirro.
56. Mettete un giambone nell'acqua tiepida, e lasciatelo un giorno se è d'estate e due se è d'inverno, indi mettetelo in una caldaja a cuocere nell
13. Prendete dei persici, o delle mognaghe, o delle magiostre, o delle fambrose, o ribes, passate al sedaccio quella quantità e qualità di detti frutti, empite con questo mosto delle bottiglie nere di Francia, chiudetele bene con un turaccio, legatele con laccio in croce al collo onde fermare il turaccio e catramatele: mettete le bottiglie piene in una caldaja o pentola di rame, empitela d'acqua fresca e mettetela al fornello a bollire a bagnomaria per un quarto d'ora, ma state lontani dal fornello essendo facile che le bottiglie si scoppiano: passato il quarto d'ora lasciate venir fredde le bottiglie nel medesimo bagnomaria, tenetele in cantina al fresco sopra d'un asse e ve ne servirete all'inverno anche per fare i sorbetti con i detti gusti.
turaccio e catramatele: mettete le bottiglie piene in una caldaja o pentola di rame, empitela d'acqua fresca e mettetela al fornello a bollire a
25. a) Sgranate tanto libbra di ribes, prontate altrettanto zucchero in pane ma pestato, pigliate una caldaja ossia un pairolo, fate un suolo di zucchero, un suolo di detta grana ribes, sintanto che il tutto sia ultimato cosi e mettetelo sopra il fuoco ardente, quando bolle sempre mischiando lo schiumarete con una paletta forata, indi passate in un sedaccio senza forzare, poi empite delli piccoli vasettini già pronti, poi freddi li co-prirete con una carta stata nel spirito di vino, poi altra carta obbligata con un laccio di spago, è ottima per il dessert o per cucina, il rimanente che resta sopra il sedaccio lo forzerete a passarlo al sedaccio e con altrettanto zucchero tirato alla piuma unitevi tutto quello che avete passato a forza, e questa è ottima marmellata per la cucina dei dolci.
25. a) Sgranate tanto libbra di ribes, prontate altrettanto zucchero in pane ma pestato, pigliate una caldaja ossia un pairolo, fate un suolo di
47. Prendete venti o trenta libbre grosse di pomi d'oro, tagliateli in quattro, poneteli a cuocere in una caldaja e passateli al sedaccio. Allestite un fornello a fuoco ardente e ponetevi sopra una tortiera grande con bordo con entro questo mosto fatela ristringere più che sia possibile mischiando spesse volte acciò non si attacchi, bene asciutto versatela in una tortiera, mettetela al forno tiepido ad asciugare o anche al sole o alla stuffa, voltatela una volta al giorno sino a che sia asciugata bene, dopo tagliatela in tavolette, incartatele, osservando che sian ben secche.
47. Prendete venti o trenta libbre grosse di pomi d'oro, tagliateli in quattro, poneteli a cuocere in una caldaja e passateli al sedaccio. Allestite
55. a) Fate uscire e pulire le lumache ponendole in una caldaja con alquanta cenere ed acqua, e lasciatele bollire per un quarto d'ora, indi ritiratele per porle in acqua fresca e farle ribollire un momento, bollite asciugatele e ponetela in una cassarola con butirro, presemolo, cipolla, un baccello d'aglio, due garofani, timo, lauro, basilico, pochi funghi e poca farina stemperata con brodo, un bicchiere di vino bianco, sale e pepe, cotte aggiungetevi tre rossi d'uovi con creme, osservando che non bollono e servitele con crostoni di pane.
55. a) Fate uscire e pulire le lumache ponendole in una caldaja con alquanta cenere ed acqua, e lasciatele bollire per un quarto d'ora, indi
Riponi i suddetti, privi del loro nocciuolo, in un vaso di terra nuovo o ben conservato, copri la bocca di questo e chiudilo meglio che puoi. Ciò fatto, immergilo in una caldaja d'acqua bollente, osserva che non vi penetri goccia d'acqua. e lascialo nella medesima non meno di un'ora. Passato questo termine Io estrarrai dall'acqua, ne leverai fuora i susini colti chepasserai allo staccio, e quanto sarà il peso del sugo loro, altrettanto zucchero chiarificato impiegherai nella preparazione della marmellata.
fatto, immergilo in una caldaja d'acqua bollente, osserva che non vi penetri goccia d'acqua. e lascialo nella medesima non meno di un'ora. Passato questo
Si pelano e si tagliano in fette i pomi, le pere, ed altri frutti somiglianti; si pongono in pentole di terra più o meno grandi secondo il bisogno, spargendo al di sopra zucchero bene asciutto in polvere, per esempio pilé, più o meno, secondo che si vogliono avere confetture, più dolci, più delicate o più durevoli. Non si fa altro se non che mettere queste pentole nel forno, allorché se ne è estratto il pane: se non si ha a disposizione un forno, si collocano queste pentole in una grande caldaja, nella quale si versa dell'acqua, che però non giunga ad entrare nelle pentole, e si fa bollire quest'acqua il tempo necessario; perchè i frutti acquistino un leggiera cottura. Si ritirano in seguito quelle pentole dal forno o dalla caldaja, e si conservano in luogo che sia bene asciutto. Queste confetture durano allora lungo tempo, si mangiano con piacere, e sono atte altresì a riempire torte, tortellini, pasticetti, a formare dei puddings, o budini dolci ed altri generi di pasticceria.
, si collocano queste pentole in una grande caldaja, nella quale si versa dell'acqua, che però non giunga ad entrare nelle pentole, e si fa bollire
Alla forma circolare è sostituita la elittica, come si ravvisa nella figura 1, nella quale però vedesi soltanto una metà dell'apparecchio, potendosi aggiugnere dal lato opposto un maggior numero di vasi a norma del bisogno. All' intorno del corpo e della pagina esterna del calefattore, sono collocate a contatto diverse casseruole di latta, il di cui numero è relativo alla quantità delle vivande che si vogliono preparare. Si fa poi uso del vapore dell'acqua bollente situata nell'interstizio del cilindro centrale . o immettendolo per mezzo d'alcuni tubi nei diversi vasi, qualora non si preparano piatti in umido, che potrebbono per questo mezzo inacquarsi, o pur facendolo circolare entro un laberinto orizzontale, formato di cannuccie facili a togliersi e ripulirsi, che passano vicinissime al fondo dei vasi, e immerse nel liquido che serve di condimento, trovarci in contatto colla vivanda che cuoce. Quel laberinto renduto più copioso, si fa anche agire per dissotto, ove si vogliano apprestare cibi che debbono in parte o almeno all'esterno prosciugarsi, come i pasticci, le torte, le paste di mandorle toste, ecc. e al dissopra può collocarsi un coperchio di lastra di ferro sparso di carboni ardenti. Finalmente una rete di rame stagnato o una specie di graticola di latta, alquanto distante dal fondo della casseruola, entro il quale liberamente circola il vapore, serve a ricevere altre vivande che non debbono inacquarsi, come i salati, le castagne, i pomi di tetra, ecc. G i erbaggi col vapore dell'acqua bollente, sono cotti in brevissimo tempo e riescono molto più saporiti. Il vapore sovrabbondante ad uno spazio determinato, si traduce ove maggiormente ne occorre il bisogno, e quindi possono moltiplicarsi tanto le casseruole, come i secchielli sovrapposti alla caldaja centrale, e così con un solo fuoco può cucinarsi un numero sorprendente di vivande.
traduce ove maggiormente ne occorre il bisogno, e quindi possono moltiplicarsi tanto le casseruole, come i secchielli sovrapposti alla caldaja centrale
La figura 1 adunque rappresenta l'apparecchio migliorato: la lettera a indica il vaso esterno, la di cui doppia parete si riempie d'acqua; b è il vaso interno, o la caldaja che serve a cuocere il bollito; e il vaso col quale si possono cuocere vivande in umido; d una lastra circolare di rame, alla quale sono applicati tre tubi per i quali passa il vapore, e questa si accomoda al vaso inferiore; e è altro vaso sovrapposto ai precedenti, nel quale si cuociono tanto le sostanze in umido, quanto quelle a secco. Le lettere FF indicano le diverse casseruole, che curvate in una parte del loro lembo esteriore si applicano al corpo della macchina; esse sono doppie, e nella parte inferiore di ciascuna passa un tubo diviso in due parti, per mezzo del quale si immette il vapore; queste casseruole che nella figura non veggonsi se non che al numero di tre, si moltiplicano a piacere tutto all'intorno. Doppio è pure il vaso G del quale altro dee supporsene al lato opposto, e in questi si possono collocare le sostanze che ammettono il vapore invadente, come gli erbaggi, le salsiccie, ecc. I tubi che partono dai vasi esterni e trasportano il vapore nei diversi vasi, veggonsi sotto le lettere h h, i i; altro tubo parte parimente del vaso esterno, e porta il vapore nei vasi sotto la lettera G. La connessione dei tubi vedesi in n, in o o veggonsi i rubinetti, e in p p i tubi immittenti il vapore nel vaso G supposto doppio; in q q i sostegni delle casseruole formati di ferro a foggia di tripodi, e la lettera r denota il cenerario.
vaso interno, o la caldaja che serve a cuocere il bollito; e il vaso col quale si possono cuocere vivande in umido; d una lastra circolare di rame, alla