chiedono una speciale attenzione. Tostate il vostro caffè nel tamburino a carbone, non alla fiamma, adagio prima perchè si scaldi, poi in fretta perchè non bruci. Quando comincia a tramandare quel sudore che lo rende lucido, toglietelo in fretta dal tostino, perchè l'aroma, mercè il grado di calore subito, fa capolino dai tessuti legnosi, nella forma, comune a tutte le essenze, di olio essenziale, che è appunto quel sudore lucente. Se l'aroma, che è volatile, sorte, lo godrà il naso, non la bocca. Quel sudore non deve escire assolutamente. Non lasciatelo scappare, ritirate il vostro caffè che sia di un biondo foncè, color tabacco de' frati. Quando è nero, è bruciato, e bruciato è carbone, e col carbone non si fa caffè. Versatelo distendendolo, fatelo raffreddare più presto che potete. Più presto si raffredda, tanto meno aroma si disperde. Il freddo è nemico capitale dell'aroma. Tostato e freddato mettetelo chiuso in vaso o stagnata, in luogo asciutto e volta per volta macinatene il solo bisognevole, come volta Per volta tostatene solo il bisognevole. La bollitura è quella che dà l'ultima mano a sprigionare l'aroma, a separarlo dal seme. Aspettate che l'acqua sia bollente a mettervi il caffè, rimescolando un po' — pochi bolli solamente — e via dal fuoco, copritelo. Tre piccoli cucchiai ben colmi generalmente bastano per una tazza. Certo che con poco si fa poco, come con niente si fa niente. Più caffè adunque più aroma e sapore. Il caffè riesce come lo si fa — è un assioma. Il recipiente in cui deve subire l'ebollizione sia d'una pulitezza da cristallo, senza odore di sorta (guardatelo da quel tanfo di chiuso, che è una cosa orribile), non c'è cosa come il caffè per assumere qualunque piccolo odore è delicatissimo. Quando il caffè è buono, fresco, tostato convenientemente, messo in dose giusta e fatto bollire come sopra, farete un caffè squisitissimo anche nel paiolo della massaia. Ma più lo si custodisce e lo si rinchiude, più conserva la natia virtù. Furono inventate mille fogge di macchinette da caffè, a infusione ed a pressione, razionali ed irrazionali, ma quella a pressione atmosferica, quale attualmente si trova presso quasi tutte le famiglie, è la migliore per comodità, poco costo e semplicità. Tale macchinetta, divenuta popolare, fu perfezionata nel 1856 da monsignor Giuseppe Nicorini, Canonico Ordinario della Metropolitana di Milano. Mercè un tappo a smeriglio, si fa salire l'acqua bollente allo staccio superiore, dove s'è messo il caffè, lo vi si lascia bollire un po' e ritirata, mercè il vuoto successovi, precipita il caffè limpido, saporitissimo. Si abbia però avvertenza: 1.° a mettere il caffè sul piccolo staccio solo quando il vapore sorte a sbuffi dallo spiraglio; 2° a tappare lo spiraglio appena vi si è messo il caffè; 3.° a tappar bene e non levare il tappo avanti sia precipitato il caffè, perchè se penetra un po' d' aria, addio vuoto! Allora depone con tutto suo comodo. Ricordatevi dunque, che il caffè si fa col caffè, che il caffè è una cosa di lusso, non è necessario. Non fate caffè gramo, è un vero delitto. Bando assoluto a qualunque sorta di ciurmeria di caffè. Se litigate colla borsa, bevetelo di rado, ma bono, ma fresco, ma che sia vero caffè. Non offrite mai caffè gramo. Una tazza di caffè perfido, è un sacrilegio — e oltre l'insulto che reca alle papille olfatorie e gustatone, oltre i disturbi epatici dei quali può essere potentissima causa, può decidere moltissime volte dell'onorabilità di casa vostra, della stima di una persona, della rottura d'un'amicizia. Il caffè non deve essere mai fatto dalla servitù — deve essere esclusivo monopolio della padrona o della padroncina di casa. Pour la bonne bouche.— Sentite cosa ne disse Delille:
sorte a sbuffi dallo spiraglio; 2° a tappare lo spiraglio appena vi si è messo il caffè; 3.° a tappar bene e non levare il tappo avanti sia precipitato il
La cicoria è pure antiscorbutica. Il dottor Baudens, medico capo della spedizione in Crimea, dichiara che ad essa va dato il merito di aver salvati i soldati dallo scorbuto: «Fortunatamente
Conserva. — Si riducono in sciroppo due chili di zuccaro, entro al quale si farà cocere un chilo di mele cotogne, monde della pelle e dei semi. Indi si levano le dette mele dallo sciroppo, si pestano in un mortaio di marmo e si passa allo staccio. Eseguito ciò, si unisce di novo la polpa delle mele allo sciroppo, e si fa cocere il tutto sino a giusta consistenza di conserva.
si levano le dette mele dallo sciroppo, si pestano in un mortaio di marmo e si passa allo staccio. Eseguito ciò, si unisce di novo la polpa delle mele
La vaniglia o vainiglia, è il frutto di parecchie specie del genere vanilla; piante erbacee ed arrampicanti, originarie delle regioni calde dell'America e segnatamente del Messico e dell'Asia. La sua fecondazione vuolsi la si deva a degli insetti. À fiori bianchi screziati di rosso-giallo. Se ne conoscono quattro varietà: la planifolia, di cui la migliore cresce nelle regioni calde ed umide del Messico, della Colombia e della Guajana, coltivasi nelle Antille. La gujanensis di Surinam. La palmarum di Bahia fornisce qualità inferiori. La pompona, il vaniglione di odor forte, ma non balsamico, che ricorda quello dei fiori della vaniglia dei giardini (Heliotropium peruvianum), viene dalle Antille, à siliqua grossa e corta, è la più scadente. Queste piante, grosse come un dito, s'avvolgono al tronco degli alberi come la vitalba, il convolvolo e l'edera, e s'innalzano a grandi altezze. Il frutto della vaniglia, chiamato guscio, è una capsula carnosa, lunga 14-15 centimetri in forma di siliqua. La sua superficie dapprima verde poi colorata in bruno-rossastro molto intenso, è dotata di una lucentezza grassa. Contiene una quantità di semi estremamente piccoli, globulari, lisci, duri, neri e contenenti un succo denso e bruniccio, che, maturi, danno una fragranza squisitissima. La miglior vaniglia è quella del Messico, le cui capsule anno qualche volta la lunghezza di 22 centimetri . Epidendrum, dal greco Epi, sopra, e dondron, albero, cioè che corre sopra l'albero. Il nome di vaniglia dallo spagnolo vajnilla, piccola guaina. Nel linguaggio delle piante: Soavità. La vaniglia è uno degli aromi meno irritanti e dei più delicati ed importanti della cucina ghiotta — dà sapore alle carni, a tutti gli intingoli nei quali è introdotta — e serve principalmente per le cose di latte col quale si marita benissimo, per dare aroma al cacao e farne cioccolatta — per sorbetti, liquori, paste. Dà profumo pure ai saponi, entra in molte aque odorifere, per es. l'aqua di Cipro. In Europa si coltiva, da tempo, la varietà planifolia, nelle serre di Liegi, nel Giardino delle Piante a Parigi, e di Hillfield, House-rigate, dopo che Morren, nel 1857, à mostrato che si poteva fecondare artificialmente. Da quest'epoca la fecondazione e la produzione delle capsule si ottengono in tutti i paesi tropicali, e i frutti della vaniglia europea non la cedono nel profumo a quelli del Messico. La vaniglia fu introdotta in Europa dagli Spagnuoli dopo la scoperta dell'America. Gli Indiani chiamano arris arack, il liquore d'anice aromatizzato colla vaniglia. Per conservare la vaniglia la si chiude in una bottiglia di vetro o in un cannoncino di latta, cosparsa di zuccaro. In tal modo si ottiene lo zuccaro vanigliato che serve comunemente in cucina ed in pasticceria. Si falsifica la vaniglia con le vaniglie alterate, o raccolte troppo tardi, o esaurite coli' alcool e restaurate col balsamo peruviano o del Tolù — colla mescolanza di qualità inferiori, quali il vaniglione. Un guscio sano e bono di vaniglia, deve offrire intatta l'estremità ad uncino. La vaniglia in polvere è più soggetta ancora a falsificazione.
dallo spagnolo vajnilla, piccola guaina. Nel linguaggio delle piante: Soavità. La vaniglia è uno degli aromi meno irritanti e dei più delicati ed