Plinio li maltratta e Catone ne canta le lodi. I Romani, un bel dì cacciarono da Roma tutti i medici che rimasero esigliati per lunghissimo tempo e Catone il censore assicura che i Romani si curarono da ogni male coi cavoli. Varrone salvò, mercè loro, la sua famiglia dalla pestilenza. La più celebrata specie presso i Greci ed i Romani, era la verza nostra, detta appiana, benchè fossero conosciute e coltivate anche le altre specie. Nel bon tempo antico, i cavoli erano un contraveleno ai funghi velenosi, cotti con pepe davano molto latte alle balie e molta voce ai cantanti, il loro seme nel brodo di carne era un toccasana per tisici. Il cavolo come la minestra dei nostri nonni faveva diventar alti i ragazzi e la scuola di Salerno dice:
antico, i cavoli erano un contraveleno ai funghi velenosi, cotti con pepe davano molto latte alle balie e molta voce ai cantanti, il loro seme nel
Ne parla perfino Seneca nell'Ep. 87. - Olivetum cum rapo suo tranferre. I Greci magnificavano quelle di Corinto, della Francia e della Beozia. Erano notabili per la rotondità quelle di Cleone piccolo villaggio non lungi dalla selva Numea, citato da Ovidio (metam. 6) e per la lunghezza i Romani davano la palma a quelle di Amiterno città della Campania, patria di Sallustio - Indi venivano quelle di Nurzia, antica città della Sabina, patria di Quinto Sertorio, vir rei militaris, delle quali rape parla Virgilio chiamandole frigida Nurtia (En. 7). Infine venivano le Veronesi. Anche il Mattioli, che à visto le famose rape di Norcia e di Anagni dice che pesavano 30 libbre. - Sæpius librarum triginta pondere. - Il Giovio, fino da tre secoli fa nella sua Larii lacus descriptio, parlando di Pigna in Vall'Intelvi, la dice: « Oppidum cum arce, frumenti candoris, et magnitudinis eximii, et rapis nursinis æque similibus ». Marco Catone della famiglia Porcia, detto Censorio, tribuno, console, senatore, ricchissimo, si preparava da sè il piatto di rape e di quella viveva saluberrime. Marco Curio Dentato stava cocendo le rape sotto la cenere, quando rispose ai Sanniti che gli offrivano dei tesori a lasciarli in pace: Non vincerete coll'oro colui che non avete potuto vincere colle armi. La rapa vuolsi rinfreschi. Con essa si fanno decotti anti flogistici e diuretici, e colla sua polpa cataplasmi mollitivi usati in campagna contro i geloni, la si dà ai majali ai quali ingrossa e dilata l'epigastrio. La Sapienza popolare dei Milanesi ad indicare un sempliciotto, dice: Sempi come una rava, vess una rava. E ad un medicastro: Dottor de rava.
davano la palma a quelle di Amiterno città della Campania, patria di Sallustio - Indi venivano quelle di Nurzia, antica città della Sabina, patria di