— Le credenze popolari! Oh! le credenze popolari non anno altro da fare che dare il gambetto al bon senso! Ed è vecchia come Matusalemme, la storia della guerra che il senso comune fa al bon senso. Lo dice anche il Manzoni là dove parla di peste, di untori, di monatti ed altre simili diavolerie. «Il bon senso c' era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.» — Del resto, in questo libriccino, non vi nasconderò le opinioni e le sentenze dei medici, antiche e moderne, sul valore igienico delle verdure, dei legumi e delle frutta. Se non accresceranno in voi la stima per questa, così detta, Scienza della Medicina e pe' suoi Sacerdoti, la colpa non datela a me.
sentenze dei medici, antiche e moderne, sul valore igienico delle verdure, dei legumi e delle frutta. Se non accresceranno in voi la stima per questa, così
L'albicocca dicono sia indigesta a moltissimi e la medicina si serve dei semi della varietà, che li à amari, a sostituirli a quelli della Mandorla amara, e che del pari possono riescire venefici. «Albicoche mangiane poche», dice un proverbio.
L'albicocca dicono sia indigesta a moltissimi e la medicina si serve dei semi della varietà, che li à amari, a sostituirli a quelli della Mandorla
Nel Museo di Firenze si trovano belle vesti e finissimi fazzoletti ricamati, fatti di fibre di ananas. Fu Colombo il primo a portarlo in Europa, ma non vi venne col tirato che nella seconda metà del secolo scorso. Il frutto che matura nelle nostre serre, non raggiunge mai la bontà di quelli coltivati in America. Fu chiamato il Re dei frutti ed è creduto il più saporito dei frutti della terra. Compare solamente alla mensa dei ricchi. Non è troppo digeribile, dicono, conviene sputarne fuori la parte stopposa, è utile accompagnarlo con vino generoso o liquori. Dall'America, ne arriva una confezione molto stimata. Dà il sapore a vari liquori e rosoli. Se ne fa sciroppo delizioso.
coltivati in America. Fu chiamato il Re dei frutti ed è creduto il più saporito dei frutti della terra. Compare solamente alla mensa dei ricchi. Non è troppo
L'Ananasso, o anche Ananas coronato, è frutto della Bromelia, così detta dal botanico svedese Bromel, al quale fu dedicata. È frutto dei paesi caldi, e più propriamente dell'America tropicale, e lo si coltiva da noi nelle serre. Non fiorisce che il terzo anno dopo la piantagione e per maturare abbisogna da 4 a 6 mesi. Matura generalmente in agosto. Nel linguaggio delle piante Perfezione. Àvvene molte varietà, che vengono indicate dal colore del frutto, dalla sua forma, ecc. Dalle foglie degli ananassi si ottengono fibre delicatissime per tessuti, dei quali se ne fa uso della zona torrida.
L'Ananasso, o anche Ananas coronato, è frutto della Bromelia, così detta dal botanico svedese Bromel, al quale fu dedicata. È frutto dei paesi caldi
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli, in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghe dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api.
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli, in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghe dodici piedi. E
In Francia è usata nelle malattie flogistiche, nella nefrite, ecc. L'uso continuato diminuisce il latte. Se ne fa succo, decotto ed infuso. Quello dei fiori è alquanto aromatico. Colà pure, dalla fermentazione del sugo, se ne ottiene un liquido vinoso, di sapore gradevole, di colore bruno chiaro,
dei fiori è alquanto aromatico. Colà pure, dalla fermentazione del sugo, se ne ottiene un liquido vinoso, di sapore gradevole, di colore bruno chiaro,
Il suo nome dall'arabo Kabar, che significa capo, perchè i bottoni dei fiori ànno la figura di piccole teste. Arboscello ramosissimo perenne, originario dall'Asia e venne per primo a Marsiglia, importato da quella colonia greca che la fondò. Dà in maggio e luglio moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purchè riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un albero. In Barbería, nei contorni di Tunisi e nella Provenza, tra Marsiglia e Tolone, se ne fa la coltivazione in grande. Anzi, nelle vicinanze di quest'ultima città, al principio di questo secolo se ne vedevano dei campi interi, e queste pianticelle si chiamavano tapèniers, ed il frutto tapène. Il càpparo di Provenza è superiore a quello di Tunisi. Il càpparo piccolo è il migliore. Tutti conoscono l'uso dei capperi che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi, che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali.
Il suo nome dall'arabo Kabar, che significa capo, perchè i bottoni dei fiori ànno la figura di piccole teste. Arboscello ramosissimo perenne
Crostini di capperi. — Si triturano finamente dei capperi con acciughe, poco aglio, poca maggiorana, pepe, olio, sugo di limone. Indi distendete il composto su fette di pane abbrustolite e servite. (Dumas).
Crostini di capperi. — Si triturano finamente dei capperi con acciughe, poco aglio, poca maggiorana, pepe, olio, sugo di limone. Indi distendete il
Il Cardone, da Cardo, punta, pianta provvista di aculei, è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori: Austerità. Fa una panocchia spinosa, non mangiabile, le cui punte rigide alquanto ricurvate servivano a cardare e garzare le saie e i panni, onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo, aprile e maggio in luna vecchia; assai raro, si sarchia; s'irriga, se c'è l'asciutta. Il seme à produzione fino a sette anni. Si taglia in novembre e si riseppellisce nel terreno, perchè diventi bianco e tenero e si salvi dal gelo. Del cardo si cibano le coste delle foglie, in inverno. È delicatissimo cotto al burro con cacio parmigiano, se tenero anche crudo con olio, sale e pepe od in insalata. Dà alimento leggero e poco nutriente. Àvvene parecchie varietà: le più pregiate sono quelle del cardo bianco, o cardo di Milano e quella di Spagna senza spine. Anticamente era un prodotto della sola Sicilia. Oribasio nel libro 3 al Capo: Della Bontà et malitia dei cibi, dice, che chi cerca viver lungamente sano, deve fuggire l'uso dei cardi. Alcuni frati adoperavano i fusti colle foglie dei cardi per flagellarsi.
Il Cardone, da Cardo, punta, pianta provvista di aculei, è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori
Il cece, dette il nome alla famiglia romana dei Ciceroni, che fu illustrata dal più fecondo oratore della lingua latina, il quale per soprappiù ne aveva uno bellissimo in cima al naso. Onde il poeta per lui cantò:
Il cece, dette il nome alla famiglia romana dei Ciceroni, che fu illustrata dal più fecondo oratore della lingua latina, il quale per soprappiù ne
«Dei medici nemiche son le marenelle.» La ciliegia è il primo sorriso della primavera. Sì la ciliegia, che l'amarasca, mature sono sanissime, rinfrescanti e non fanno mai male. Giovano nelle affezioni gottose e calcolose. La Scuola Salernitana dice:
«Dei medici nemiche son le marenelle.» La ciliegia è il primo sorriso della primavera. Sì la ciliegia, che l'amarasca, mature sono sanissime
, cioè che desumono il nome dalla forma. Nel linguaggio dei fiori: Goffaggine. È pianta annale originaria dall'Oriente o meglio dalle Indie. Ama bon terreno a mezzodì, larghe lrrigazioni, i semi durano fino a 10 anni. Ad ottenere grossi frutti si svetta la pianta dopo fiorita. La semente
, cioè che desumono il nome dalla forma. Nel linguaggio dei fiori: Goffaggine. È pianta annale originaria dall'Oriente o meglio dalle Indie. Ama bon
Artemisia da artemos, sano, per le sue qualità medicinali. Arboscello indigeno. Vuolsi originario della Siberia, è perenne, ma ogni due o tre anni bisogna cambiarlo di posto, altrimenti intristisce e muore. À fiori piccolissimi e si propaga separandone le radici. Nel linguaggio dei fiori: Basto a me. Le foglie e l'estremità tenere dei rami si mischiano all'insalata e principalmente alla lattuga. Essendo molto aromatico e piccante dà pure sapore alle carni. Col dragone si aromatizza l'aceto, al quale comunica un grato sapore. Il dragone è sempre stato considerato un sano e gratissimo profumo culinario. Dioscoride ne parla e i Greci ne ornavano i loro orti. Eccita l'appetito, dissipa le flattulenze e provoca la salivazione.
bisogna cambiarlo di posto, altrimenti intristisce e muore. À fiori piccolissimi e si propaga separandone le radici. Nel linguaggio dei fiori: Basto a
La vicia faba maxima era detta la fava dei morti, epiteto superstizioso in uso, prima che la medesima fosse introdotta in Roma. Al tempo di Asclebiade si credeva necessario, come prova di morte reale, di porre in bocca del morto tre fave ed ivi tenerle per 48 ore. Ingrassate, le ponevano in terra coltivandole con cura e devozione, perchè in quelle fave doveva germogliare la vita del defunto, nella cui bocca aveva incominciati il germoglio e ciò serviva a constatare pure il decesso. Dalla fava ebbe nome la onorata e guerriera famiglia dei Fabi romani, dei quali Plinio scrive, che in una rotta ch' ebbero i Romani coi Vajenti, furono trecento che lasciarono la vita solamente di questa famiglia. Onde quei versi:
La vicia faba maxima era detta la fava dei morti, epiteto superstizioso in uso, prima che la medesima fosse introdotta in Roma. Al tempo di
. Tutti gli scrittori greci ebbero pure lodi per il fico. Era tradizione che fosse la passione di Ercole. Platone era sopranominato l'amante delle uve e dei fichi. Galeno, che non mangiava frutto alcuno aveva delle tenerezze pel fico e per l'uva, che chiamava meno inutili, e ne proclama le virtù, tra le quali
uve e dei fichi. Galeno, che non mangiava frutto alcuno aveva delle tenerezze pel fico e per l'uva, che chiamava meno inutili, e ne proclama le virtù
Pianticella erbacea perenne, indigena, originaria delle Indie. Vuole terreno sciolto, fresco, concimato con materie vegetali, preferisce esposizione non molto soleggiata. Si moltiplica per rampolli. Se ne conoscono nove varietà. Quella coltivata da noi è la bifera, spontanea dei nostri boschi e monti. Il suo nome, dal vecchio verbo fragare (
non molto soleggiata. Si moltiplica per rampolli. Se ne conoscono nove varietà. Quella coltivata da noi è la bifera, spontanea dei nostri boschi e
Il Frumentone, od anche Melicotto, annuale, è originario dall'America, introdotto in Italia verso il 1560. li grano del frumentone, macinato, dà una farina gialla. Nel linguaggio dei fiori significa Abbondanza. Se ne fa pane e polenta che forma la base del nutrimento dei nostri contadini e di quelli di Spagna e di alcune Provincie di Francia. Mescolata la farina del melicotto a quella di frumento dà il pane cosi detto di mistura, che è sano e saporito. Gli Indiani ne mangiano i granelli ancor verdi, e ne traggono un liquore, somigliante alla birra, che li ubbriaca. Il grano bollito nell'acqua è cibo dei negri dell'America che lavorano le miniere. Le pannocchie, quando sono ancora verdi e tenere si spaccano in due e si fanno friggere con pastina alla maniera dei carciofi primaticci, si pongono in composta come i citrioli. Questa farina entra in molte pasticcerie e vivande. La polenta si prepara in mille modi. È il secondo nido degli uccelli, il loro cataletto. Il frumentone nutrisce la polleria domestica. In Brianza le barbe recenti delle pannocchie, in decotto, è rimedio diuretico volgare. Dal gambo se ne cava zuccaro. Il Tanara dice che il frumentone dà poco fiato.
farina gialla. Nel linguaggio dei fiori significa Abbondanza. Se ne fa pane e polenta che forma la base del nutrimento dei nostri contadini e di
Che che ne sia, il fungo dà un piatto molto saporito e ghiotto. Si frigge, si trifola, si unisce a mille intingoli, copre delle sue ali il risotto, regna sovrano nella polenta. È indigesto mangiandone in quantità ma à virtù stomatiche e corroboranti, dovute agli aromi dei quali è ricco. Si conserva pure per l'inverno io speciale salamoia o concia, e secco. Sono più sani e saporiti in generale i piccoli, rigettate quelli che sono coriacei. Gli antichi credevano fosse il prodotto del tuono e del fulmine, per cui lo addimandavano calabates. Anche loro furono sempre ghiotti dei funghi. Seneca scrisse: sono ghiotta cosa i funghi, e li chiamava: voluttuoso veleno. Chi avesse potuto far capolino nel tablinum dei Romani, vi avrebbe veduto i loro senatori mondare, essi medesimi, i funghi con un coltellino a manico d'ambra, perchè, i ghiottoni, ne volevano sentire anticipatamente col loro naso senatoriale, gli effluvi del primo profumo. È ben vero che anche allora la razza dei funghi assassini faceva la pelle a molti, per cui avevano il proverbio:
, regna sovrano nella polenta. È indigesto mangiandone in quantità ma à virtù stomatiche e corroboranti, dovute agli aromi dei quali è ricco. Si conserva
. — Plinio asserisce che il lauro era segno di pace fra i combattenti (lib. c. 30). Se ne cingevan nei trionfi gl'Imperatori e i Sommi Pontefici, poi se ne cinsero i Sommi Poeti ed, ahimè ! se tornassero tutti quei Sommi e facessero una capatina alle feste di Natale ed in carnevale da noi, che direbbero vedendo il loro lauro intrecciato alle casseruole di cucina e posto sulle teste dei vitelli, dei majali o steso sopra i loro opulenti jambons ?
direbbero vedendo il loro lauro intrecciato alle casseruole di cucina e posto sulle teste dei vitelli, dei majali o steso sopra i loro opulenti jambons ?
Il lazzeruolo o azzerolo è una pianticella a foglia caduca, originaria dei paesi caldi. Viene in piena terra, ama terreno sciolto, luoghi ombrosi. Si propaga per innesto sul bianco spino o sul nespolo. Molte varietà, fra le quali quelle a frutto giallastro, rosso e bianco. Nel linguaggio dei fiori e delle piante significa: Bacio. I suoi frutti acidoli e poco succosi si raccolgono d'ordinario in settembre. Sono l'amore dei bambini e delle ragazze — riescono più belli alla vista, che opportuni allo stomaco — diventano migliori alcuni giorni dopo il raccolto. Il suo legno si adopera a far strumenti musicali. Una delle 49 varietà è la Oxyacantha, dal greco oxyus acuto, e da acantha spina, che è il bianco spino delle nostre siepi, o Lazzeruolo selvatico. (Mil.: Scarrion, lazzarin selvadeg. — Fr.: Aubepine. — Ted.: Mehldorn. — Ingl.: Eglantine). — È uno dei più cari arbusti che colla candidezza e fragranza de' suoi fiori, ci annuncia il prossimo arrivo della primavera. Si trova copioso nelle siepi che difende, col viluppo de' suoi rami intricati e coll'arma delle pungenti sue spine. Dà fiori bianchi, numerosi, odorosi disposti in mazzetti in aprile, e coccole ranciate in luglio. Le sue spine nel linguaggio delle piante significano: Proibizione, ed i fiorellini: Dolci speranze. Il legno del lazzeruolo, è forte, tenacissimo — viene usato nei lavori di tornio ed anche di scoltura, giacchè si leviga benissimo e tiene con costanza le tinte.
Il lazzeruolo o azzerolo è una pianticella a foglia caduca, originaria dei paesi caldi. Viene in piena terra, ama terreno sciolto, luoghi ombrosi. Si
, onde l'antico proverbio: Non è sapiente chi non sa ben condir la lente. La famiglia dei Lentuli doveva il suo nome a degli antenati venditori di lenti. Marziale parla in Xeniis::
, onde l'antico proverbio: Non è sapiente chi non sa ben condir la lente. La famiglia dei Lentuli doveva il suo nome a degli antenati venditori di
Dal greco oros, monte, e da ganos, piacere, che suonerebbe Gioia del monte. Nel linguaggio dei fiori: Conforto, piaceri campestri. È pianticella perenne, erbacea, tutta aromatica, indigena dell'Europa e dell'Asia la campestre, ma quella dei giardini ci è venuta dall'Africa, ed è più forte dell'altra. Del resto i botanici ne conoscono 12 varietà. Si semina e si propaga per radici, ama il sole, invecchia presto. Il seme à virtù per 3 anni. Porta fiori bianchi o rossicci. Serve in cucina a dar sapore e condimento alle lepri, allo stufato, all'oca arrostita. Mettetela coi fagioli, coi ceci e cogli altri legumi farinosi. Della maggiorana selvatica (vulgare) e precisamente delle sue foglie e dei fiori essiccati se ne servono i Toscani per aspergere le acciughe inoliate ed impepate e forse perciò da loro si chiama anche erba acciuga.
Dal greco oros, monte, e da ganos, piacere, che suonerebbe Gioia del monte. Nel linguaggio dei fiori: Conforto, piaceri campestri. È pianticella
La storia del melagrano è antichissima. Nell'Esodo, parlando degli abiti sacerdotali lo ricorda Mosè. Salomone si serve del melegrano per descrivere le bellezze della Sposa dei sacri cantici.
Pianta erbacea perenne, originaria dall'Inghilterra coltivata in tutta Europa. Nel linguaggio dei fiori: Calore, forza di sentimento. Se ne conoscono 15 varietà: e tra queste la crespa, la romana e la peperita, quale è la migliore e la più usitata ed è il vegetale più caldo dei climi freddi. La varietà mentapulegium pulex irritans, serve ad allontanare le pulci ed è contro la golosità. Nel linguaggio dei fiori: Virtù. À odore piacevole, piccante, sapore amarognolo alquanto di canfora, della quale è ricca, eccita dapprima un calore alla bocca, su di che segue un grato fresco. Si coltiva negli orti e nei giardini. Vuole terreno sostanzioso e umido. Si moltiplica per semi e meglio per radici in primavera ed autunno. Fiorisce in estate. È coltivata in grande nella China, nell'Inghilterra e nell'America del Nord per farne essenza. Quella inglese è la più pre[giata,]
Pianta erbacea perenne, originaria dall'Inghilterra coltivata in tutta Europa. Nel linguaggio dei fiori: Calore, forza di sentimento. Se ne conoscono
; ed era proverbio presso i Romani: ede nasturtium. I milanesi ad indicare piedi lunghi e larghi, alla moda inglese, chiamano le scarpe dei loro fortunati possessori: cassett de nasturzi.
; ed era proverbio presso i Romani: ede nasturtium. I milanesi ad indicare piedi lunghi e larghi, alla moda inglese, chiamano le scarpe dei loro
Il nèspolo è pianta indigena europea, a foglia caduca. Cresce spontaneo allo stato selvatico nei boschi anche dei climi freddi, ama però quello temperato, esposizione poco soleggiata. In qualunque terreno si propaga per innesto sul lazzeruolo, spino bianco, castagno e pero. Nel linguaggio delle piante: Selvatichezza. Il frutto è malinconico, aspro, acidulo, color
Il nèspolo è pianta indigena europea, a foglia caduca. Cresce spontaneo allo stato selvatico nei boschi anche dei climi freddi, ama però quello
à frutto più grosso e tondeggiante, di sapore meno marcato e meno ricca d'olio. Nel linguaggio delle piante: Pace, riconciliazione. La maturanza della nocciola è riconoscibile quando l'involucro di essa prende un color giallo. Per conservarla sana per molto tempo, si mette nella crusca o segatura di legno. Per estrarne l'olio non si deve aspettar molto tempo, perchè si guasta presto. Se ne mangia il frutto fresco e secco, che è gustoso, ma indigesto, disturba la digestione, e in quantità ingombra i visceri. È ghiottoneria dei ragazzi, bisogna masticarla bene, e secca è meno digeribile. Dice un proverbio: Chi mangia nocciole, il capo gli duole. I confetturieri la coprono di zuccaro, l'abbrustoliscono. L'olio che se ne estrae è dei migliori ed è utile per tossi, linimenti, reumi, purghe, ecc., ed il tortello residuo serve a fare una pasta preferibile a quella delle màndorle comuni. Il legno pieghevole del nocciolo somministra ai bottai ottimi cerchi per tinozze e barili, ai canestrai verghette flessibili per mille industriosi ripieghi, abbruciato, dà un foco dolce, carbone per disegno ed eccellente per fabbricare polvere pirica. In S. Pietro di Roma, i penitenzieri, nelle grandi circostanze di feste, giubilei, indulgenze, ecc., danno l'assoluzione ai penitenti inginocchiati davanti al confessionale, toccando loro le spalle con bacchette di nocciolo. La bacchetta di nocciolo era indispensabile nelle arti divinatorie, era la bacchetta dei maghi, come dopo, fu quella dei maestri della dottrina cristiana nelle chiese, degli elementari nelle scuole e dei professori di Seminario, tanto che la niscioeula è pei milanesi sinonimo di bacchetta. Nè voglio dimenticare i caporali austriaci, che prima del 1848, la portavano al fianco colla sciabola, e l'adoperavano per il bankheraus, onde: mollaj gió secch come i niscioeur. E che
indigesto, disturba la digestione, e in quantità ingombra i visceri. È ghiottoneria dei ragazzi, bisogna masticarla bene, e secca è meno digeribile. Dice
, dice il proverbio. Immatura ed intera, vien confettata collo zuccaro ed il miele e forma uno dei più grati componenti la mostarda. Brillat-Savarin ci racconta che le monache
, dice il proverbio. Immatura ed intera, vien confettata collo zuccaro ed il miele e forma uno dei più grati componenti la mostarda. Brillat-Savarin
Anche Cassiodoro, di poco posteriore, fa menzione dell'olivo del lago di Como. I Greci tennero quest'albero in molta onoranza, principalmente gli Ateniesi che lo avevano consacrato a Minerva. Correva presso loro questa storiella: Allorchè venne fondata Atene, Nettuno e Minerva si disputarono il privilegio di assegnarle il nome. E fu stabilito da tutti gli Dei, riuniti in Parlamento, che quello dei due che creasse li per lì la cosa più bella, dovesse avere quest'onore. Nettuno battè col suo tridente e fece saltar fuori dal bussolotto un bel cavallo, che fu poi il famoso Pegaso. Minerva colla sua lancia fe sortire dalla terra una pianta d'olivo fiorita, e tutti gli Dei, decisero in favore di Minerva. E Minerva chiamò la loro città Atene. Proverbi sull'oliva:
privilegio di assegnarle il nome. E fu stabilito da tutti gli Dei, riuniti in Parlamento, che quello dei due che creasse li per lì la cosa più bella
di orzo. Nella Grecia era celebre l'orzo di Atene dove era in antichissimo uso di cibo, al dire di Meandro e pare che fosse pure l'alimento più omogeneo dei gladiatori, i quali forse per ciò venivano chiamati Hordearii. Presso i Romani non godette molta fama. Es hordearium, veniva chiamato il foraggio dei cavalli, lo si dava al bestiame e ai soldati vigliacchi, ignominia; causa. Marcello diede alle sue legioni dell'orzo invece del frumento, perchè si erano lasciate battere da Annibale. Aristotele scrive che i fornai e coloro che facevano il pane d'orzo diventavano imbecilli. Nella Sacra Scrittura l'orzo è pure ritenuto come cibo ignominioso e da poco. L'orzo, il miglio e la veccia sono pressochè sempre messi insieme (Isaia). Ezechiele, parlando dei falsi profeti dice:
omogeneo dei gladiatori, i quali forse per ciò venivano chiamati Hordearii. Presso i Romani non godette molta fama. Es hordearium, veniva chiamato il
Torta di pera. — Untate con burro una fortiera spolverizzata con pane di mistura grattugiato. Disponete sul fondo un suolo di fette di pera crude, spargetele di zuccaro, poi copritele con un suolo dello stesso pane grattugiato e seminatevi qua e là dei pezzetti di burro. Sopra questo suolo stendete un altro
, spargetele di zuccaro, poi copritele con un suolo dello stesso pane grattugiato e seminatevi qua e là dei pezzetti di burro. Sopra questo suolo stendete
Preparazione dei veggitt. — Prendete pesche immature, tagliatele in quattro, toglietene il nocciolo e mettetele al sole finchè siano essiccate, colla loro pelle; è il metodo più semplice ed economico. Anche i così detti persegh salvadegh, sono bonissimi.
Preparazione dei veggitt. — Prendete pesche immature, tagliatele in quattro, toglietene il nocciolo e mettetele al sole finchè siano essiccate, colla
Il gelo della mela si rimette senza danno dell'organizzazione, cosi pure d' ogni altro frutto e delle ova. La mela, quando sia matura, è il più digeribile dei frutti, è simpatica, profumata, saporita, durevole, è l'amore dei bambini. Sul suo profumo, Ovidio, nella 7.a Metamorfosi (v. 675), diceva:
digeribile dei frutti, è simpatica, profumata, saporita, durevole, è l'amore dei bambini. Sul suo profumo, Ovidio, nella 7.a Metamorfosi (v. 675), diceva:
(Plinio, libro 14). Giovenale, nella cena che diede a Persico, apprestò dei pomi piceni, i quali, secondo Orazio, ànno la palma su tutti i pomi, compresi i tiburtini:
(Plinio, libro 14). Giovenale, nella cena che diede a Persico, apprestò dei pomi piceni, i quali, secondo Orazio, ànno la palma su tutti i pomi
. Marco Catone, della famiglia Porcia, detto Censorio, tribuno, console, senatore, ricchissimo, si preparava da sè il piatto di rape e di quella viveva saluberrime. Marco Curio Dentato stava cocendo le rape sotto la cenere, quando rispose ai Sanniti che gli offrivano dei tesori a lasciarli in pace: Non vincerete coll'oro colui, che non avete potuto vincere colle armi. La rapa vuolsi rinfreschi. Con essa si fanno decotti anti-flogistici e diuretici, e colla sua polpa cataplasmi mollitivi usati in campagna contro i geloni, la si dà ai maiali, ai quali ingrossa e dilata l'epigastrio. La sapienza popolare dei Milanesi ad indicare un sempliciotto, dice:
viveva saluberrime. Marco Curio Dentato stava cocendo le rape sotto la cenere, quando rispose ai Sanniti che gli offrivano dei tesori a lasciarli in pace
Teofrasto dice che i tartufi di Grecia erano insipidi. Avicenna vuole che i migliori tartufi abbiano il colore della sabbia del deserto. I sacerdoti d'Esculapio furono i primi a farne delle bizzarre e strane applicazioni. Venute a conoscersi le virtù del tartufo da Podalinio e dal centauro Chirone, solo i ricchi potevano aquistarlo per l'enorme prezzo a cui era salito. Il tartufo, com' era cibo ghiotto dei Greci e dei Romani, lo divenne, al tempo delle crociate, nelle Corti di Spagna, Toscana e in quella papale di Avignone e Roma. Dalla Spagna, il tartufo passa alle mense francesi nel secolo XVI, ma fu misconosciuto allora, ed il poeta Descamps, che viveva sotto Carlo VI, compose contro il
, solo i ricchi potevano aquistarlo per l'enorme prezzo a cui era salito. Il tartufo, com' era cibo ghiotto dei Greci e dei Romani, lo divenne, al
Conservazione dei tartufi all'olio. — Si fanno bollire per un quarto d'ora nel vino bianco, si chiudono in un vaso di vetro coprendoli d'olio d'oliva, senza erbe nè droghe.
Conservazione dei tartufi all'olio. — Si fanno bollire per un quarto d'ora nel vino bianco, si chiudono in un vaso di vetro coprendoli d'olio d'oliva
Il timo allontana i topi. Dà un rimedio sicuro nell'afta epizootica dei bovini, detta taglione. Il mio amico Dottor Luigi Morandi, che ne à il vanto della invenzione, se ne è fatto il generoso ed infaticabile apostolo, che il cielo lo scampi dal diventarne il martire !
Il timo allontana i topi. Dà un rimedio sicuro nell'afta epizootica dei bovini, detta taglione. Il mio amico Dottor Luigi Morandi, che ne à il vanto
La Zucca è pianta erbacea, indigena, annua, appartiene alla famiglia dei meloni, dei citrioli e delle angurie, e com' essi si coltiva. Cucurbita, dal vocabolo celtico cucce, vaso. Questo ampolloso frutto di verdura è originario dalle Indie, e ve ne anno mille varietà, per forma, qualità, colore, sostanza carnosa e bizzarria.
La Zucca è pianta erbacea, indigena, annua, appartiene alla famiglia dei meloni, dei citrioli e delle angurie, e com' essi si coltiva. Cucurbita, dal
a Alla coda di porco. Si fa bollire 10 o 12 minuti più della prima. Si conosce prendendo collo schiumatoio lo sciroppo e lasciandolo cadere dall'altezza di 50 centimetri nel bacino; nel ricadere forma una specie di coda di porco. Questa cottura è quella necessaria per la conserva dei frutti.
'altezza di 50 centimetri nel bacino; nel ricadere forma una specie di coda di porco. Questa cottura è quella necessaria per la conserva dei frutti.