È assai utile nella preparazione di un buffet o di un ricevimento, quale che sia la loro importanza, conoscere il rapporto fra il peso dei « sandwiches », tartine, pastine, « bouchées », « fondants », ecc. e il loro numero. Questo serve molto per la preparazione dei piatti e dei vassoi, e dà una assoluta tranquillità alla padrona di casa la quale, basandosi su questi dati, sarà sicura di non eccedere nella quantità, come di non trovarsi con piatti e vassoi vuoti innanzi tempo, cosa questa alquanto spiacevole e criticabile.
assoluta tranquillità alla padrona di casa la quale, basandosi su questi dati, sarà sicura di non eccedere nella quantità, come di non trovarsi con
Se per zuppe, si bagnano con essi crostini di pane leggermente tostati; se per minestre ci si serve delle comuni paste alimentari o del riso. Una cosa importante per la massaia è quella di ben proporzionarne la quantità per non eccedere troppo, ricordando che la pasta e il riso aumentano molto di volume con la cottura.
cosa importante per la massaia è quella di ben proporzionarne la quantità per non eccedere troppo, ricordando che la pasta e il riso aumentano molto di
Nei mesi freddi si può tenere la lingua così 15 o 20 giorni, ma 8 bastano. Allorchè vorrete cuocere la lingua lavatela bene in acqua fresca, e poi mettetela a lessare in un recipiente che vi possa stare ben coperta dal liquido. Fate bollire per 203 ore secondo la qualità e l'età della bestia a cui apparteneva, ma badate di non eccedere nella cottura. Dopo cotta si spella, e se occorre calda si tiene in caldo nella sua bagna per poi fettarla e contornarla con patate machèe, spinaci, od altro. Se occorre fredda si serve con burro, o gelatina,
apparteneva, ma badate di non eccedere nella cottura. Dopo cotta si spella, e se occorre calda si tiene in caldo nella sua bagna per poi fettarla e
387. Zucchette. Lessate a metà le zucchette, togliendo prima il fiore ed il gambo, ma non fate eccedere la cottura; ponetele indi in una casseruola con una salsa di vostro gusto, fatele incorporare, e servitele in tavola.
387. Zucchette. Lessate a metà le zucchette, togliendo prima il fiore ed il gambo, ma non fate eccedere la cottura; ponetele indi in una casseruola
Lessate a metà le zucchette, togliendo prima il fiore ed il gambo, ma non fate eccedere la cottura; ponetele indi in una casseruola con una salsa di vostro gusto, fatele incorporare e servitele in tavola.
Lessate a metà le zucchette, togliendo prima il fiore ed il gambo, ma non fate eccedere la cottura; ponetele indi in una casseruola con una salsa di
PER LEGARE LE SALSE. — Abbiamo visto che le salse veramente utili in una cucina casalinga sono le piccole salse da prepararsi al momento. Anche in questo campo ciò che si richiede è un po' di genialità; e voi vedrete che man mano riuscirete con un lavoro minimo a completare le vostre pietanzine con le più appetitose salsette. In altra parte del volume vi abbiamo raccomandato di non mandar sprecato «quel che si trova in fondo alla padella». Vi abbiamo anche detto che dopo aver scolato il grasso basterà bagnare il fondo della cottura con un ramaiolo di brodo o d'acqua, e mescolare, staccando i residui con un cucchiaio di legno, per avere la base di una eccellente salsa. Ma, come sapete, le salse debbono essere un po' dense, o come si dice con parola tecnica «legate». Per legare sollecitamente una salsa ci sono due mezzi: la fecola di patate o il burro maneggiato. Mettete nel primo caso un cucchiaino di fecola di patate in una tazza e scioglietela con un dito d'acqua fredda. Quando la salsa bollirà versateci con la mano sinistra un pochino della fecola disciolta, mentre con un cucchiaio di legno, tenuto nella mano destra mescolerete la salsa. Vedrete che ben presto la salsa si addenserà. Fate dare ancora un bollo e poi toglietela dal fuoco, per finirla, secondo le occorrenze, con del burro, o del Marsala, ecc. Bisogna fare attenzione di mettere poca fecola alla volta, perchè mettendone in eccesso si correrebbe il rischio di avere una salsa troppo densa e di doverla poi risciogliere con altro brodo o acqua. Se volete esperimentare anche il sistema del burro maneggiato procederete così: prendete, a seconda dalla quantità della salsa, un pezzo di burro più o meno grande; ad esempio la quarta parte di un panino da un ettogrammo. Mettete questo burro sulla tavola di cucina o in un piatto e versateci sopra una cucchiaiata di farina comune. Con le mani o con la lama di coltello impastate burro e farina in modo da unirli perfettamente. Mettete questo burro preparato nella salsa, mescolate, lasciate bollire pochi minuti ed avrete ottenuto il vostro scopo. Anche qui è bene non eccedere in burro maneggiato, ma di metterne un po' alla volta fino a che la salsa abbia raggiunto la densità necessaria.
non eccedere in burro maneggiato, ma di metterne un po' alla volta fino a che la salsa abbia raggiunto la densità necessaria.
Questa salsa, giustamente, considerata come la regina delle salse fredde, è di indiscutibile provenienza francese, e viene, negli antichi trattati di cucina, designata, volta a volta, sotto i nomi di: «magnonnaise» «mahonnaise», o «bayonnaise». Alcuni pretendono infatti che essa sia originaria del villaggio di Magnon, altri sostengono che fu ideata dal duca di Richelieu dopo la presa di Port-Mahon, altri ancora affermano — non sappiamo con quanto fondamento — che abbia avuto i suoi natali a Bayonne. Il Gilbert dà un'altra spiegazione secondo la quale essa sarebbe stata creata durante la giornata d'Arques. Il duca di Mayenne era al campo, ed amava alternare lo studio dei piani di guerra, con quello non meno importante dei suoi «menus». Aveva, quel giorno, ordinato, d'accordo col cuoco, una salsa composta d'uovo, olio, aceto ed erbe aromatiche, la quale avrebbe dovuto accompagnare una superba gallina fredda; e si era appunto seduto a mensa, quando le ostilità furono riprese. Intento a discutere col cuoco su alcune modificazioni da portare alla salsa, il duca non si accorse che il tempo volava. Cosicchè quando finalmente si decise ad entrare in combattimento trovò che la cavalleria nemica aveva già sbaragliato i suoi. Non tutti i mali vengono per nuocere!... Il duca di Mayenne aveva perduto la battaglia di Arques, ma aveva creato la regina delle salse fredde: la quale dovrebbe quindi logicamente chiamarsi «Mayennaise». I libri di cucina, scritti per lo più da solennissimi ignoranti, hanno contribuito ad accreditare presso taluni le più strampalate leggende intorno a questa popolare salsa. C'è, ad esempio, chi consiglia di lavorarla sul ghiaccio; chi mette in campo il solito ritornello di girarla sempre da una parte — guai a obliarsi anche un momento solo! — chi raccomanda con grande serietà di non lasciarsi vincere dalla tentazione di aggiungere il sale al principio; chi ammonisce di tener pronti mezzo limone e dell'aceto, e, a guisa di valvole di sicurezza, servirsene per addensare o diluire la salsa, ecc. ecc. Niente di tutto questo. Bisogna tener presente: che il freddo è il più grande nemico della maionese perchè tende a gelare l'olio e a decomporre quindi la salsa; che il girare da una parte o dall'altra non ha nessuna importanza, nè in questo nè in altri casi; che il sale, aggiunto fin del principio, regge anzi le molecole dell'uovo e comunica loro una maggior forza di assimilazione; che limone o aceto hanno l' identico ufficio: quello di diluire la salsa, ma l'aceto è preferibile. L'unico punto capitale da osservare scrupolosamente è di andare pianissimo al principio: niente altro. Nell'inverno, se l'olio fosse gelato, converrà farlo stiepidire vicino al fuoco. In generale le proporzioni sono: un giallo d'uovo, mezzo bicchiere d'olio, un pizzico di sale e un cucchiaino circa d'aceto. Certo non bisogna esagerare nella quantità d'olio, poichè oltre un certo limite l'uovo non ha più forza coesiva e la salsa si decompone. Mettete dunque un torlo d'uovo in una terrinetta, aggiungete un pizzico di sale, e con un, cucchiaio di legno, o una forchetta, o meglio ancora, con una piccola frusta di ferro stagnato — questa è quasi indispensabile — rompete l'uovo e incominciate a girarlo, procurando di mantenerlo nel centro della terrinetta, senza spanderlo troppo. Goccia a goccia, lentissimamente, incominciate a far cadere l'olio sul rosso d'uovo, girando sempre. Ripetiamo: andate adagio adagio in principio, che il segreto è tutto qui. Quando la salsa avrà assorbito un paio di cucchiaiate d'olio, vedrete che tende ad addensarsi troppo. Aggiungete subito qualche goccia d'aceto per riportarla a una densità non eccessiva ed impedirle di decomporsi, ciò che certamente avverrebbe se la salsa continuasse ad addensarsi. Avviata così, continuate a versare l'olio, con un po' di franchezza, ma senza tuttavia eccedere, e avvertendo di diluire la maionese con un po' d'aceto, appena vi sembrerà che diventi troppo spessa. Dovendo fare una maionese di più uova è buona norma unire a queste un torlo d'uovo sodo passato al setaccio, ciò che dà una maggiore forza alla salsa. Se nonostante le nostre avvertenze vi accadesse qualche volta che la salsa si decomponesse mettete in una terrinetta un altro rosso d'uovo, e su questo, goccia a goccia, versate la salsa decomposta, operando come per una nuova maionese. Spesso la salsa decomposta si riprende anche benissimo, lasciando cadere qualche goccia d'acqua sulle pareti della terrinetta, e girando energicamente con la frustina o col mestolo. E finalmente se anche questo tentativo di riprendere la salsa fallisse e voi non aveste tempo nè voglia di ricominciare da capo, eccovi il segreto infallibile per il quale la maionese la più stracciata e decomposta torna in pochi secondi unita e liscia come se niente fosse accaduto. Supponiamo che abbiate fatto una maionese di due uova e che l'operazione bene avviata sia stata arrestata a meta da un' improvvisa decomposizione della salsa. Prendete allora una casseruolina, [immagine e didascalia: Frusta in ferro stagnato] metteteci una cucchiaiata scarsa di farina e sciogliete a freddo questa farina con mezzo bicchiere scarso di aceto. Quando il tutto sarà ben sciolto mettete la casseruolina sul fuoco e, mescolando continuamente col cucchiaio o meglio con una piccola frusta di ferro, fate cuocere per qualche minuto fino a che aceto e farina abbiano formato un tutto elastico e densissimo, quasi una colla ristretta. Togliete via dal fuoco, travasate in una terrinetta e lasciate freddare completamente. Su questa farina preparata incominciate allora a gittare una mezza cucchiata della salsa maionese decomposta, girando energicamente con la frusta. Amalgamata la prima mezza cucchiaiata aggiungetene un'altra, e così di seguito fino ad avere esaurita tutta la salsa inservibile. Vedrete che questa volta la maionese... ristabilita in salute non ammalerà più, e voi potrete continuare ad aggiungere liberamente l'olio necessario per portarla alla voluta quantità. Non dimenticate questo piccolo infallibile segreto e ve ne troverete contente.
continuasse ad addensarsi. Avviata così, continuate a versare l'olio, con un po' di franchezza, ma senza tuttavia eccedere, e avvertendo di diluire la
Il fegato di montone, cucinato nel modo che vi descriveremo, perde le tracce della sua umile origine e rassomiglia, sia pure un po' da lontano, al petto della cacciagione. Si taglia il fegato in fettine piuttosto sottili, dello spessore di un mezzo centimetro, e s'infarinano queste fettine, che si fanno cuocere poi bene allinate, in una teglia con un pochino d'olio. Appena cotte da una parte si rivoltano dall'altra, e si condiscono con sale e pepe. La cottura avviene rapidamente, in pochi minuti; anzi è bene non eccedere, perchè altrimenti il fegato si indurisce. Prima di togliere la teglia dal fuoco versate sul fegato una pizzicata di foglie di salvia, e un paio di cucchiaiate di aceto. Lasciate insaporire un momento, accomodate in un piatto e fate portare subito in tavola. Mezzo chilogrammo di fegato può essere sufficiente a sei persone.
pepe. La cottura avviene rapidamente, in pochi minuti; anzi è bene non eccedere, perchè altrimenti il fegato si indurisce. Prima di togliere la teglia
Le basi di questi notissimi petits-fours sono assai semplici, poichè gli elementi principali che li costituiscono sono rappresentati da chiara d'uovo e zucchero, in ragione di 50 gr. di chiara d'uovo per ogni ettogrammo di zucchero. Praticamente potrete calcolare due chiare d'uovo per ogni ettogrammo di zucchero, però se vorrete eseguire parecchi richelieux sarà opportuno pesare le chiare, ciò che, sempre riferendosi a grandi quantità, dà un risultato più certo. Mettete dunque in un polsonetto o in un piccolo caldaio due chiare d'uovo con 100 grammi di zucchero in polvere, e con una frusta in fil di ferro incominciate a montare. Quando chiare e zucchero saranno sufficientemente montati, mettete il polsonetto o il piccolo caldaio in un recipiente più grande posto sul fuoco e contenente acqua bollente. Continuate a montare così a bagno-maria, fino à che il composto sia tanto caldo da poterci tenere agevolmente un dito. Badate di non eccedere nel calore altrimenti sciupereste tutto. Togliete allora dal bagno-maria il polsonetto e continuate a montare fuori del fuoco, fino ad ottenere una meringa soffice, rigonfia e ben sostenuta. Questa meringa potrete lasciarla così com'è o profumarla e colorirla a piacere. Naturalmente il colore e il profumo debbono avere una certa relazione. Trattandosi però di pasticceria da farsi in casa, dove per lo più mancano sia le essenze, sia i colori speciali da pasticceria, potrete attenervi a metodi semplicissimi. Potrete, ad esempio, mettere nella meringa qualche goccia di cognac e avere dei richeleux bianchi, o qualche goccia di caffè forte, e avere dei richelieux color avana, o finalmente profumarli con un po' di liquore dolce come rosolio di vainiglia, curaçao, alckermes, ecc. In questo ultimo caso sarebbe opportuno rafforzare il colore dei richelieux con una o due gocce di carminio che si vende in flaconi per usi di pasticceria e liquoreria. Questo carminio è dotato di forte potere colorante, e bisogna metterne soltanto una piccolissima quantità. È assolutamente innocuo. Fatta la meringa, profumata e colorita, si prende una tasca di tela con una bocchetta di latta spizzata e vi si introduce la meringa. Si unge leggerissimamente di burro — appena un sottile velo — una teglia grande o una placca da forno, e premendo sulla sommità della tasca di tela, si fanno uscire tanti bastoncini rigati della lunghezza di 6 centimetri circa, avvertendo di non metterli troppo vicini uno all'altro. S'infornano a fuoco leggerissimo per una ventina di minuti, affinchè abbiano modo di gonfiarsi e di rassodarsi Poi si lasciano freddare e con delicatezza si staccano dalla teglia, accomodandoli in un vassoio. Se la meringa è stata bene montata i richelieux dovranno risultare ben gonfi, croccanti all'esterno, quasi vuoti e liquorosi nell'interno. Un'ultima raccomandazione: l'essenza, cioè quella parte di caffè o di liquore che adopererete per profumare il composto, deve essere messa con molta parsimonia, e pian piano; abbondando, verreste a diluire troppo la meringa che, naturalmente, perderebbe la sua consistenza.
poterci tenere agevolmente un dito. Badate di non eccedere nel calore altrimenti sciupereste tutto. Togliete allora dal bagno-maria il polsonetto e
Occorrono: un uovo intiero, un bicchiere un po' scarso di latte, il sugo di un arancio, una mela ranetta, zucchero gr. 50, uvetta sultanina gr. 50, una cucchiaiata di rhum, mezzo cucchiaino da caffè di bicarbonato di soda, un pizzico di sale, la raschiatura di un limone e di un arancio, farina gr. 150. Rompete l'uovo in una insalatierina ed aggiungete i 50 gr. di zucchero. Lavorate l'uovo e lo zucchero con un cucchiaio di legno e poi aggiungete la mela ranetta ritagliata in dadini, l'uvetta, il rhum, il latte, il bicarbonato, la raschiatura del limone e dell'arancio, un pizzico di sale e il sugo dell'arancio. Sciogliete il tutto con un cucchiaio di legno, mescolando bene. In ultimo aggiungete la farina. Ne dovrà risultare una pasta molle come una crema. Coprite il recipiente e lasciate che l'impasto riposi per due o tre ore in luogo tiepido. Preparate una padella con abbondante olio e quando la frittura sarà appena calda versateci, a cucchiaiate non troppo colme, il composto. Procedete da principio a padella leggera, aumentando poi man mano il calore, ma senza eccedere. Quando le frittelline saranno rassodate e imbiondite, toglietele dalla padella e continuate a farne fino ad esaurimento del composto. Accomodatele in un piatto con salvietta e spolverizzatele di zucchero vainigliato. Ne vengono circa venticinque, e sono ottime.
man mano il calore, ma senza eccedere. Quando le frittelline saranno rassodate e imbiondite, toglietele dalla padella e continuate a farne fino ad
Scegliete un bel melone, e che non sia troppo maturo, e con un coltello tagliategli l'estremità superiore in modo da ottenere — per intenderci — una specie di scatola col suo coperchio. Con un cucchiaio togliete tutti i semi e i filamenti dall'interno e poi, sempre col cucchiaio, distaccate e portate via la polpa del melone, ma senza eccedere. Ritagliate questa polpa in tanti dadi, e in dadini tagliate anche un paio di belle pesche succose e un paio di pere, naturalmente le une e le altre sbucciate. Potrete aggiungere al ripieno dadini di banane e di ananas, della marmellata, preferibilmente di fragola, e tutte quelle varietà di frutta che la stagione può offrirvi. Spolverizzate l'interno del melone con [Immagine e didascalia: Utensile per togliere il nocciolo alle ciliegie] un po' di zucchero, spolverizzate piuttosto abbondantemente di zucchero anche i dadini di frutta che avrete mescolati tutti insieme e di essi riempite il melone. Versate nell'interno un bicchierino di maraschino o di rhum — il primo è preferibile — rimettete il coperchio al melone, chiudete l'apertura con un cordoncino di burro e poi mettete il melone in fresco sul ghiaccio almeno per quattro o cinque ore. Trascorse le quali appoggiatelo in un piatto con salvietta e mandatelo in tavola.
portate via la polpa del melone, ma senza eccedere. Ritagliate questa polpa in tanti dadi, e in dadini tagliate anche un paio di belle pesche succose e un
Ecco dunque come bisogna procedere per candire le scorze d'arancio. Si tagliano le bucce in quattro spicchi, si staccano dagli aranci e si mettono per due o tre giorni in una catinella ad acqua corrente, allo scopo di far perdere alle bucce tutto l'amaro. Si mette poi sul fuoco un grande recipiente con acqua, e quando l'acqua bollirà vi si gettano le bucce, che dovranno cuocere per circa un quarto d'ora, cioè fino a quando si possono attraversare facilmente con uno stecchino. È bene però non eccedere nella cottura. Si rimettono le bucce cotte in acqua fresca, si scolano bene e poi si accomodano in un tegame. Intanto si preparerà uno sciroppo con mezzo chilogrammo di zucchero e un litro d'acqua, sciroppo che risulterà a circa 20 gradi. Si fa bollire e così bollente si versa sulle scorze d'arancio. Si copre il recipiente e si ripone fino al giorno dopo. Il giorno dopo scolate lo sciroppo e siccome misurandone i gradi troverete che la densità è molto scesa, dovrete aggiungere dello zucchero affinchè lo sciroppo torni verso i 22 gradi. Fatelo bollire e versatelo così bollente sulle scorze. Ripetete ogni giorno l'operazione portando lo sciroppo con l'aggiunta di zucchero prima a 27, poi a 30 e finalmente a 34 gradi. Arrivati ai 30 gradi sarà bene unire allo sciroppo un po' di glucosio, che impedisce allo zucchero di granire. L'ultimo giorno portate lo sciroppo a 36 gradi facendo scaldare in esso anche le bucce. I vostri canditi sono pronti. Se vorrete adoperarli subito mettete le scorze in un vaso di vetro, se poi vorrete conservarli provvedetevi di scatole di latta da un litro, accomodateci le bucce, ricopritele di sciroppo; aggiungete un altro po' di glucosio, fate saldare le scatole dallo stagnaio e cuocetele per un'ora a bagno-maria.
attraversare facilmente con uno stecchino. È bene però non eccedere nella cottura. Si rimettono le bucce cotte in acqua fresca, si scolano bene e poi si
Tra le massaie parecchi sono i sistemi di conservare il pomodoro per l'inverno: asciugandolo al sole, e mettendolo in vasi con sale e olio, o condensandolo a fuoco per poi finirlo al sole, e farne dei piccoli pani o dei rotoli, ecc., ecc. Ma il miglior metodo di conservazione casalinga è, senza dubbio, quello delle bottiglie, col quale si riesce ad avere per tutto l'anno del pomodoro ottimo che non differisce menomamente da quello fresco. Durante il mese di agosto in cui il pomodoro raggiunge la sua perfetta maturità, vi consigliamo di arricchire la vostra dispensa di molte di queste bottiglie. Fatene tre o quattro ogni giorno, e così, senza nessuna fatica, e pochissima spesa, vi troverete, alla fine del mese, ad averne messe insieme una quantità considerevole. Si scelgono delle bottiglie da Champagne, che sono le più adattate, si nettano bene e si lasciano sgocciolare. Si tagliano i pomodori a pezzi, e si raccolgono in un tegame di terraglia o in una insalatiera di porcellana — bisogna evitare possibilmente il rame e lo stagno. — Quindi si fanno entrare i vari pezzi nelle bottiglie, avvertendo di non riempirle troppo, arrivando appena al principio del collo. La parte liquida che rimarrà non va gettata via, ma distribuita un po' per bottiglia poichè da recenti studi fatti sembra che quel che dà il maggior sapore alla salsa è appunto la parte acquosa del pomodoro. Si fanno intanto bollire dei sugheri nuovi, ciò che ha il duplice scopo di ammorbidirli e di sterilizzarli, e per mezzo della macchina, o, in mancanza di questa, con una di quelle macchinette di legno che costano pochi soldi, tappate le bottiglie, badando che il sughero penetri bene; e quindi legatele solidamente con una legatura in croce fatta sul collo della bottiglia e passante sul turacciolo. Avvolgete poi le bottiglie con carta, o paglia, o strofinacci vecchi, e mettetele in un piccolo caldaio con acqua fredda, la quale deve arrivare fino al collo delle bottiglie. Portate l'acqua adagio adagio all'ebollizione, che farete, continuare per un'ora. Guardate che le bottiglie, dopo chiuse, siano messe subito a fuoco, perchè il pomodoro facilmente fermenta. Le bottiglie potrebbero anche bollire un po' meno di un'ora, ma è meglio eccedere in precauzioni, ed essere sicuri della riuscita, anzichè poi trovare le bottiglie fermentate. Del resto, quando il fuoco è acceso e l'acqua del caldaio bolle, tenere le bottiglie al fuoco qualche minuto di più non costa proprio nulla. Quando le bottiglie avranno bollito il tempo stabilito si lasciano freddare nella loro acqua; poi si estraggono dal caldaio, si asciugano, si chiudono col mastice o con la paraffina e si ripongono al fresco. Quando vorrete servirvi di una bottiglia non dovrete fare altro che aprirla, versarne il contenuto su un setaccio, con un recipiente sotto, passarlo e servirvene come se il pomodoro fosse fresco. In ogni bottiglia entra circa un chilogrammo di pomodoro.
subito a fuoco, perchè il pomodoro facilmente fermenta. Le bottiglie potrebbero anche bollire un po' meno di un'ora, ma è meglio eccedere in precauzioni
7° Con una piccola quantità di materie saline e terrose in soluzione, variante da gr. 0,140 a gr. 0,350 per litro; il solfato calcare non deve eccedere gr. 0,150.
(a) Qualche volta con acqua pura si associa una torbidezza dovuta ad una materia minerale molto fina: cosi, per esempio, il solfato di calcio finamente diviso che non si deposita neanche nell'acqua distillata. (6) In alcune acque usabili, come quelle di torbiera, il colore può esser giallo ed anche bruniccio. In alcune ancora il sapore può essere insipido, ovvero solo moderatamente aggradevole. (c) Dove l'impurità è per la maggior parte vegetale, il colore può esser molto marcato nella stessa acqua usabile. (d) Le acque di colore oscuro possono essere usabili allorché l'impurità è di natura vegetale. (e) Le materie solide possono eccedere nelle acque calcaree, qualora constino per la massima parte di carbonato di calcio. (f) Alcune acque organicamente pure contengono un grande eccesso di materie solide. (g) Le sostanze solide col calore rosso possono imbrunire, ma non debbono svolgere vapori intensi. (h) Le sostanze fisse anneriscono sensibilmente con la elevata temperatura. (i) Le sostanze fisse colla calcinazione anneriscono e sviluppano un odore di corno bruciato.
vegetale. (e) Le materie solide possono eccedere nelle acque calcaree, qualora constino per la massima parte di carbonato di calcio. (f) Alcune acque
Le famiglie che hanno l'uso di macellare il maiale in casa, come accade spesso in campagna, si trovano talora impicciate per utilizzare anche il sangue che, in questo caso, diventa un avanzo ed entra nei limiti di questo libretto. Del sangue si può fare il migliaccio alla romagnola, specie di dolce di cui ecco la ricetta che dà l'Artusi : « Abbiate: Latte, decilitri 7 — Sangue di maiale disfatto, gr. 330 — Sapa oppure miele sopraffino, gr. 200 — Mandorle dolci sbucciate, gr. 100 — Zucchero, gr. 100 — Pangrattato finissimo, gr. 80 — Candito, gr. 50 — Burro, gr. 50 — Spezie fine, due cucchiaini — Cioccolata, gr. 300 — Noce moscata, un cucchiaino — Una striscia di scorza di limone. — Pestate in un mortaio le mandorle insieme al candito, che avrete prima tagliato a pezzetti, bagnatele di tanto in tanto con qualche cucchiaino di latte e passatele per istaccio. Ponete il latte al fuoco con la buccia di limone, che poi va levata, e fatelo bollire per dieci minuti ; unitevi la cioccolata grattata e, quando questa sarà sciolta, levatela dal fuoco e lasciatelo freddare un poco. Poi versate nello stesso vaso il sangue, già passato per istaccio e tutti gli altri ingredienti, serbando per ultimo il pangrattato, del quale, se fosse troppo, si può lasciare addietro una parte. Mettete questo composto a cuocere a bagno-maria e rimovetelo spesso col mestolo perchè non si attacchi al vaso. La cottura e il grado di densità si conoscono dal mestolo che, lasciato in mezzo al composto, deve rimanere ritto. Se ciò non avviene, aggiungete il resto del pangrattato, supposto che non l'abbiate versato tutto. Versate il composto in una teglia, alto un dito e mezzo all'incirca, foderate con una pasta tirata col matterello e fatta con farina, acqua e sale, lasciate riscaldare ancora, ma non tanto che la pasta si cuocia troppo perchè sarà poi difficile tagliarla, e quando un fuscello ficcato nel composto cotto ne uscirà pulito, lasciate raffreddare e tagliate il migliaccio a mandorle per servirlo. Se usate il miele, assaggiate a tempo prima di aggiungere lo zucchero per non eccedere in dolciume. Il composto deve essere ben mantecato, cioè di impasto ben fine. Non è un dolce per pranzi di cerimonia, ma gradito e sano specialmente per bambini, purchè non se ne abusi.
raffreddare e tagliate il migliaccio a mandorle per servirlo. Se usate il miele, assaggiate a tempo prima di aggiungere lo zucchero per non eccedere in dolciume