Il suo nome dall'arabo Kabar, che significa capo, perchè i bottoni dei fiori ànno la figura di piccole teste. Arboscello ramosissimo perenne, originario dall'Asia e venne per primo a Marsiglia, importato da quella colonia greca che la fondò. Dà in maggio e luglio moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purchè riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un albero. In Barbería, nei contorni di Tunisi e nella Provenza, tra Marsiglia e Tolone, se ne fa la coltivazione in grande. Anzi, nelle vicinanze di quest'ultima città, al principio di questo secolo se ne vedevano dei campi interi, e queste pianticelle si chiamavano tapèniers, ed il frutto tapène. Il càpparo di Provenza è superiore a quello di Tunisi. Il càpparo piccolo è il migliore. Tutti conoscono l'uso dei capperi che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi, che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali.
bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte
Il suo nome dall'arabo Kappar. Arboscello ramosissimo, perenne, originario dall'Asia che da Maggio a Luglio dà moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purché riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un'albero. Tutti conoscono l'uso dei capperi, che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali. Ai primi freddi si possono raccogliere anche le frondi, farle bollire alquanto all'acqua, acciò perdano l'amaro e ben asciutte accomodarle con aceto e sale e serbarle, come il frutto, per le insalate. Il cappero è rammentato dalla Bibbia nell'Ecclesiaste. Gli antichi gli assegnavano molte virtù e ne usavano per cucina gli Egiziani ed i Romani testi Dioscoride e Plinio. È stimolante e facilita la digestione. In medicina si usa la corteccia della radice e godette già riputazione specialmente nei mali di milza. In Algeria viene usato in decotto contro l'ischiade. Forse là il capparo vi è più attivo che da noi; aveva però già notato Dioscoride che bibitur utilissime in coxarum doloribus. Esternamente la radice contusa e cotta si applica come antisettica, cicatrizzante e stomachica. La scuola di Salerno ci raccomanda: Sit tibi cappàrus solidus rubeus subamarus.
. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a
Alla forma circolare è sostituita la elittica, come si ravvisa nella figura 1, nella quale però vedesi soltanto una metà dell'apparecchio, potendosi aggiugnere dal lato opposto un maggior numero di vasi a norma del bisogno. All' intorno del corpo e della pagina esterna del calefattore, sono collocate a contatto diverse casseruole di latta, il di cui numero è relativo alla quantità delle vivande che si vogliono preparare. Si fa poi uso del vapore dell'acqua bollente situata nell'interstizio del cilindro centrale . o immettendolo per mezzo d'alcuni tubi nei diversi vasi, qualora non si preparano piatti in umido, che potrebbono per questo mezzo inacquarsi, o pur facendolo circolare entro un laberinto orizzontale, formato di cannuccie facili a togliersi e ripulirsi, che passano vicinissime al fondo dei vasi, e immerse nel liquido che serve di condimento, trovarci in contatto colla vivanda che cuoce. Quel laberinto renduto più copioso, si fa anche agire per dissotto, ove si vogliano apprestare cibi che debbono in parte o almeno all'esterno prosciugarsi, come i pasticci, le torte, le paste di mandorle toste, ecc. e al dissopra può collocarsi un coperchio di lastra di ferro sparso di carboni ardenti. Finalmente una rete di rame stagnato o una specie di graticola di latta, alquanto distante dal fondo della casseruola, entro il quale liberamente circola il vapore, serve a ricevere altre vivande che non debbono inacquarsi, come i salati, le castagne, i pomi di tetra, ecc. G i erbaggi col vapore dell'acqua bollente, sono cotti in brevissimo tempo e riescono molto più saporiti. Il vapore sovrabbondante ad uno spazio determinato, si traduce ove maggiormente ne occorre il bisogno, e quindi possono moltiplicarsi tanto le casseruole, come i secchielli sovrapposti alla caldaja centrale, e così con un solo fuoco può cucinarsi un numero sorprendente di vivande.
Alla forma circolare è sostituita la elittica, come si ravvisa nella figura 1, nella quale però vedesi soltanto una metà dell'apparecchio, potendosi