° Barbabietola alla Chartreuse. — Tagliate barbabietole gialle in rotelle, mettete sopra alla rotella di barbabietola una rotella di cipolla cruda, con un buco in mezzo, dove porrete una pestata di erbe odorifere a piacere, con spezie e sale. Poi coprite con altra rotella di barbabietola facendola aderire. Involtate in ovo e pane e fate friggere, come l'altra frittura, col burro.
, con un buco in mezzo, dove porrete una pestata di erbe odorifere a piacere, con spezie e sale. Poi coprite con altra rotella di barbabietola facendola
Bodino di Carote. — Cocete, in acqua salata, la quantità voluta di carote e passatele allo staccio. Mettete a soffriggere in una casseruola un pezzetto di burro e gettatevi dentro la puree di carote. Dopo cinque minuti di cottura aggiungetevi un bicchiere di vino bianco, due cucchiai di zuccaro, due amaretti e un mostazzino, pesti, la raschiatura di un limone, due mandorle amare peste e tre tuorli d' uova, mescolate bene e lasciate che il tutto prenda consistenza ad un legger grado di calore. Freddata la massa unitevi quatto chiara in fiocca e versatela in uno stampo unto, facendola cocere a bagno-maria per mezz'ora con sopra un testo arroventato.
prenda consistenza ad un legger grado di calore. Freddata la massa unitevi quatto chiara in fiocca e versatela in uno stampo unto, facendola cocere a
. I piselli colti appena, devono essere sgusciati al momento e gettati in aqua bollente, salati leggermente e bolliti solo 15 o 20 minuti. Quanto più si lasciano bollire, tanto più perdono sapore e diventano duri, e questo si dica anche dei piselli secchi. Devono essere cotti in aqua abbondante, e, levati, farli subito scolare. Se secchi, sarà meglio gettarli in aqua fresca un'ora prima di cocerli e mettere un po' di zuccaro in quella nella quale bollono. La buccia fresca dei piselli, massime dei primaticci, facendola bollire assai e passata allo staccio, dà una sostanza che messa nel brodo fa la zuppa più saporita e gustosa. I piselli freschi e teneri sono più digeribili che i secchi, e si mangiano anche crudi. Si cucinano in diversi modi, colle minestre, colle carni, nei manicaretti. Accompagnano benissimo il capretto, il vitello, i piccioni e le anitre. In ogni caso, ripeto, non devono mai essere stracotti. I piselli si fanno seccare col medesimo metodo dei fagioli e degli altri legumi. Un modo facile e poco costoso è di distenderli su di un piatto o foglio di carta e farli essiccare in un forno abbastanza tepido da potervi tenere la mano. Si raggrinzeranno, ma saranno saporitissimi ed eccellenti per zuppa e ragoùts. Si conservano verdi nell'aqua e aceto e prima di mangiarli si lavano in aqua fresca. Devonsi però raccogliere perfettamente maturi, e si leva ai grani stessi la prima scorza. In Francia, colla buccia mista ad altre erbe aromatiche ed amare, si faceva una specie di birra, usata principalmente dai contadini. Nel Chili, è molto popolare la chicha de oloja, bevanda fermentata che si fabbrica coi piselli e col maiz. Nell'anno 1536, il cardinale Lorenzo Campeggio à dato un pranzo in Trastevere alla maestà cesarea di Carlo V, imperatore. Era giorno quadragesimale «et prima fu posta la tavola con quattro tovaglie profumate... et dopo vari serviti;» furono portati «piselli alessati con la scorza et serviti con aceto et pepe sopra, libre 8 in 4 piatti.» Poi dopo molti altri servizii «levata la tovaglia et data l'aqua alle mani si mutò salviete con forcine d' oro et d' argento con stecchi profumati in 12 tazze d' oro et mazzetti di fiori con garofoli profumati» e tra le altre cose furono ancora serviti «piselletti teneri con la scorza conditi, libre 6 in 3 piatti.» Tanto ci tramanda Bartolomeo Scappi, maestro nell'arte del cucinare, del quale papa Pio V dice:
quale bollono. La buccia fresca dei piselli, massime dei primaticci, facendola bollire assai e passata allo staccio, dà una sostanza che messa nel brodo
Ma invece pare che il primo sia stato un certo Adamo, consorte legittimo della signora Eva, che prima ancora di quell'ubbriacone di Bacco, lo volle mordere co' suoi candidi dentini. Può considerarsi maturo quando incomincia a tingersi in giallo, mandare un po' della sua fragranza e a cadere spontaneamente; indizio più sicuro è il colore nero de' suoi acini. Il raccolto è da farsi in giorno sereno, quando sia scomparsa la rugiada. Quelli che cadono avanti tempo, bisogna consumarli subito, facendoli cocere. Per conservarli freschi, importa raccoglierli a mano, senza strapparli. Importa pure separare i frutti che casualmente cadessero sul terreno, perchè presto si guasterebbero e guasterebbero gli altri. Nell'inverno gelano facilmente. Se le disgelate al fuoco, perdono: lasciate che disgelino con comodo o ponetele nell'aqua molto fredda, ma non ghiacciata; facendola intepidire a poco a poco, anche
disgelate al fuoco, perdono: lasciate che disgelino con comodo o ponetele nell'aqua molto fredda, ma non ghiacciata; facendola intepidire a poco a
Ma pare servisse solò in medicina (Galeno, De Simpl. Med. Fac., cap. 120). L'epoca vera della prima introduzione dello zuccaro in Europa è oscura. Era ramo di commercio fra l'Indostan, la Persia e l'Arabia. Dalla Mecca per Bassora e Magdad discese al basso Egitto, poi in Grecia e nell'Asia Minore, di là in Europa. Vogliono alcuni che gli Spagnoli e i Portoghesi lo scoprissero per la prima volta nelle Isole Canarie ed a Madera. Ma la cosa pare invece all'incontrario. L'arundo saccarifera nel 996 fu portata la prima volta; dall'Oriente a Venezia, e prosperava dopo il 1000 in Sicilia, tanto che nel 1419 l'Università di Palermo assegnava aque per la sua coltivazione. Secondo Merini prima ancora del 1319 se ne spedì da Venezia in Inghilterra per 100.000 libbre e 10.000 di candito. I Portoghesi, prendendo possesso di Madera, vi piantarono la canna dello zuccaro, facendola venire dalla Sicilia, da dove penetrò pure in Spagna. Nel 1440, Pietro Speciale lo piantò nelle campagne di Ficaruzzi su quel di Palermo. Nel 1550, un viaggiatore descrive i trappeti (aje) dello zuccaro a Carini, Trabia, Casalbianco, Modica, ecc. Ciò riferisce Albert Aqueus, lib. V, 37. Dopo
per 100.000 libbre e 10.000 di candito. I Portoghesi, prendendo possesso di Madera, vi piantarono la canna dello zuccaro, facendola venire dalla Sicilia