Più comunemente si cuoce il pollo d'India arrosto in un tegame di rame tondo oppure in una casseruola ovale che abbia il coperchio di capacità corrispondente. Preparate il pollo come si pratica, tagliategli le gambe sino alla piegatura, internategli le coscie, tagliate le ali alla prima falange o nodo, tagliategli parimenti il collo sino alla radice, tenendogli però intatta la pelle col tagliarla in giro e rovesciarla; si vuota dalle anteriora praticandogli una incisione di fianco e quasi superiormente ad una delle ali, e poi si lava ben bene, e lo si lascia quindi sgocciolare. Si prepara frattanto il suo ripieno, mettendo in una padella a prendere colore con burro il fegato dello stesso pollo ed altri se ne avete, lardo e prosciutto tagliati a dadi, prugne di Provenza, marroni cotti preventivamente arrosto, e dopo qualche tempo pomi tagliati a quarti e pelati ed in fine salciccia a pezzetti lunghi circa un dito. Tutta questa roba devesi condire di sale e droghe, e lasciarsi cuocere circa un quarto d'ora, poi levata dal fuoco si porrà a raffreddare; quindi ne empirete il pollo dalla apertura medesima per dove lo avete vuotato: avvertendo che dovete anche rompergli e levargli l'osso del petto affinchè il ripieno meglio si distenda, e il pollo possa prendere una bella forma. Col medesimo composto gli empirete la gola, rovesciandogli indietro la pelle del collo sulla schiena, ivi assicurandola colla cucitura che tiene in sesto il pollo stesso, la quale in questo modo si pratica.
corrispondente. Preparate il pollo come si pratica, tagliategli le gambe sino alla piegatura, internategli le coscie, tagliate le ali alla prima falange o
Il Dattero, o Dattilo, è il frutto della Palma orientale, albero sempre verde della Barberia, Egitto, Giudea, Siria, America Meridionale e di molte parti dell'Africa. E diritto, arriva fino ai 40 metri d'altezza, e talvolta all'età di 200 anni e può portare più di 100 kilog. di frutto. Il suo legno è amaro e il frutto dolce. Da noi è pianta da serra calda. Si propaga per semi, che con molto calore nascono dopo 6 settimane. Il suo nome dal greco Dactulos, dito, perchè questo frutto rassomiglia l'ultima falange delle dita. Nel linguaggio delle piante significa: Riconciliazione. Le sue bacche o frutti nocciolosi oblunghi, che danno le sue sommità, sono quelli che noi chiamiamo datteri. Si mangiano freschi e secchi — i freschi sono meno sani. A noi pervengono essicati e a bon mercato. È frutto saporito e di facile digestione, da dessert quaresimale.
Dactulos, dito, perchè questo frutto rassomiglia l'ultima falange delle dita. Nel linguaggio delle piante significa: Riconciliazione. Le sue bacche o
Il Dattero, o Dattilo, è il frutto della palma oriente, albero sempre verde della Barberia, Egitto, Giudea, Siria, America meridionale e di molte parti dell'Africa. È diritto, arriva fino ai 40 metri d'altezza, e talvolta all'età di 200 anni e può portare più di 100 chilogrammi di frutto. Il suo legno è amaro e il frutto dolce. Da noi è pianta da serra calda. Si propaga per semi, che con molto calore nascono dopo 6 settimane. Non dà frutti che dopo moltissimi anni. Il suo nome dal greco Dactulos, dito, perchè questo frutto rassomiglia l'ultima falange delle dita. Nel linguaggio delle piante significa: Riconciliazione. Le sue bacche, i frutti nocciolosi oblunghi, che danno le sue sommità, sono quelli che noi chiamiamo datteri. Si mangiano freschi e secchi — i freschi sono meno sani. A noi pervengono essicati e a bon mercato. È frutto saporito e di facile digestione, da dessert quaresimale. I migliori sono quelli d'Alessandria d'Egitto. Si condisce dai confetturieri — serve a fare uno sciroppo zuccherino e a prepararne, colla fermentazione, un liquore inebbriante, una specie di nettare o vino che una volta in Oriente era riservato ai soli sovrani. In Oriente il dattero è condimento di pane, e cibo ai quadrupedi. Coi semi torrefatti del dattero, si prepara un caffè in Francia, che per la sua innocenza può collocarsi al limbo. In medicina è adoperato come pettorale, raddolcente. Bonastre ottenne dai datteri, succilaggine, gomma, zuccaro e albumina. Il midollo della palma si mangia come un ghiotto boccone. Il calice dei fiori è adoperato come vaso da bere. I rami della palma, lavorati, si distribuiscono coll'ulivo, nella domenica chiamata delle Palme, in ricordanza dell'entrata trionfale del Salvatore in Gerusalemme. Le sue foglie servono a fabbricare corde, gomene, stuoje, cesti, ecc. In Spagna e Sicilia avvi la palma, ma in proporzioni molto modeste e i suoi frutti non riescono mai o quasi mai a maturanza. È questa la Palma che si dava ai vincitori delle battaglie — è di questa che ancor oggi corre il detto: Avere la palma, conquistare la palma. Del dattero ne parla Paolo Egineta e Senofonte nel 2.° libro della Spedizione di Ciro, che li cita come un cibo divino, riservato ai soli ricchi. Molti soldati di Alessandro il Grande ci avevano lasciata la pelle per averne fatto delle pelli. Fino d' allora si candivano perchè i freschi eran fin d' allora ritenuti indigesti e nocevoli ai denti — tanto che appena mangiato, si sciaquava la bocca. Dei datteri si dice:
dopo moltissimi anni. Il suo nome dal greco Dactulos, dito, perchè questo frutto rassomiglia l'ultima falange delle dita. Nel linguaggio delle piante
Le teste dei volatili selvatici, ad eccezione degli uccelletti piccini, dei tordi, delle cesene, delle quaglie ecc. ecc. non si pelano ma s'involgono in diversi strati di carta a ciò non si ungano nè si sciupino durante la cottura e possano venir messe al loro posto, nel piatto da portata come vi si collocano le zampe. Le ali e le code dei fagiani si adoperano per ornare l'uccello cotto, del gallo di montagna serve anche la pelle (essa si deve levare in ogni modo per ottenere maggior morbidezza nella carne) colle belle piume. Questo sistema è però andato alquanto in disuso nella moderna cucina. A tutte le teste dei volatili prima di metterli al fuoco vanno estratti gli occhi, a quelle dei più grandi anche gli orecchi. Le zampe dei gallinacei e degli uccellini vanno tagliate presso la seconda falange, mentre quelle della selvaggina si portano come già dissi in tavola ; le ali dei piccioni, degli uccelli e della selvaggina si lasciano intere, quelle del pollame si mozzano nella parte inferiore, quelle delle anitre e delle oche si asportano per unirle ai fegatini, quelle del tacchino per cuocerle a lesso, badando però sempre che resti un pezzo di pelle per coprirne il taglio onde non si vegga un brutto moncherino.
gallinacei e degli uccellini vanno tagliate presso la seconda falange, mentre quelle della selvaggina si portano come già dissi in tavola ; le ali dei