Carne. — Quand'io era fanciullo, la carne era creduta un cibo riscaldante e che disponeva alla infiammazione e all'apoplessia e oggi si è reso piena giustizia alla carne, e si è andato anche più in là del vero, adulandola. È naturale che ciò avvenga: l'uomo sprezza facilmente e spesso adula; ma fra l'adulazione e lo sprezzo ci sta la giustizia, che è difficile a tutti e poco di moda. La carne è il prototipo degli alimenti e più facilmente d'ogni altro cibo si cambia in carne nostra, in sangue, in cervello: ma le donne, i bambini e alcune speciali costituzioni rifuggono con grande avversione dall'uso continuo ed eccessivo della carne, preferendo i legumi, le verdure, le frutta. Conviene studiare queste antipatie e riconosciute ragionevoli, rispettarle. Nulla è più sragionevole del dogma e la ragione umana regna e governa sempre fra sottili distinzioni e differenze infinite. Invece voi udite ogni giorno di questi dogmi: la carne è il cibo più perfetto, conviene quindi mangiare sempre carne. Vedete gli Inglesi! Sono un gran popolo, perchè vivono quasi esclusivamente di carne; se gli Italiani diverranno carnivori, diventeranno potenti e sapienti quanto gli Inglesi! — Ragionamenti duri come la pietra, logica tutta d'un pezzo come il si e come il no; le due cose più false del mondo.
come la pietra, logica tutta d'un pezzo come il si e come il no; le due cose più false del mondo.
La Canella appartiene alla famiglia dei Lauri, è un albero sempre verde, ramosissimo (s'alza fino a 10 metri) del Ceylan, Borneo, Malabar e Martinica. È detta canella, quasi canna, del suo accartocciamento. Vien però chiamata Cinnamomo e Cinamo, che vuol dire legno odoroso. Quella del Malabar chiamasi pure Laurus cassia. La sua scorz o corteccia, privata di epidermide e di sottostante tessuto è la droga da noi conosciuta sotto il nome di canella, che verde sopra l'albero, diventa bruno- rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in Gennajo piccoli, numerosi, profumati, biancastri in pannocchia terminale. Si moltiplica per margote e da noi è vegetazione di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e delle piante, significa: Adorazione. I giardini o boschetti di canella somigliano i nostri boschi cedui. Nel Ceylan la raccolta ascende a 150 kil. ogni anno. La canella del Ceylan, i cui principi attivi sono solubili nell'aqua e nell'alcool, è giornalmente impiegata nella medicina, nella farmacia e nell'economia domestica. Nella medicina si associa utilmente alla china, all'assenzio, ecc., nella debolezza di stomaco, nelle diarree croniche, nell'ultimo periodo delle febbri atassiche o di tifo, nella salivazione spontanea, ecc. I farmacisti apprestano con essa gran numero di preparazioni, un decotto, uno sciroppo, una tintura, un'aqua distillata, ecc. di uso assai frequente, e bene spesso per coprire l'odore ed il sapore disaggradevole di altri farmachi. Tutti conoscono l'uso che ne fanno i profumieri, distillatori, caffettieri, ed i cuochi nel loro laboratorio gastronomico. La canella è droga che si unisce a molti manicaretti, sì di carne che di verdura e frutta. È eccitante, tonica, cordiale. In commercio generalmente si trova quella della China, di Sumatra, di Cajenna, e del Malabar, ma quella del Ceylan, (di colore cedrino-biondo, corteccia sottile, ravvolta in sè) detta anche della Regina, è la più apprezzata di tutte. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già spoglia del suo aroma. Frodi più gravi si fanno colla canella in polvere, con farine, polvere d'altri legni, mattoni pesti, ocre, sabbia, ecc. Dalla canella si ricava un olio volatile, aromatico, che serve per liquori e confetture. Dai fiori pure e dalle foglie si estrae un'aqua spiritosa. Col nome di Cinnamomum, fu conosciuta dagli antichi ed era fra le altre droghe, articolo di commercio ricercato e prezioso. Tutti gli autori ne fanno menzione. Salomone parlando alla sposa, nei Sacri Cantici, le dice: Emissiones tuœ….. cinnamomum cum universis lignis Libani. Cap. IV, 14. — Plinio, dice che à ogni sua ricchezza nella corteccia «Omnem in cortice dotem habens. » Fu sempre ritenuto come un eccitante e riscaldante. S'adoperava per fare l'ippocrasso, detto quindi Cinamomites che è il nostro vin brulè. Si credeva corroborasse il cervello e giovasse alla vista. Gli Arabi la chiamano Querfe, i Persiani, Darsini. Gli Indiani ne usavano i rami a far corone per i vincitori. Lodovico Romano nel Libro VI Delle Navigazioni al cap. 4 dice che nell'Isola di Ceylan, patria originaria della Canella è credenza che «il Santo Adamo dopo del peccato commesso havere ivi col pianto et con l'astinenza, ricomperata la colpa, la qual cosa affermano con tale congettura che ivi si veggono ancora le vestigia dei piedi suoi di lunghezza di più di due palmi. » Il che si può credere pensando che da Adamo in poi l'umanità à sempre deperito.
) detta anche della Regina, è la più apprezzata di tutte. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già
La Canella appartiene alla famiglia dei Lauri, è un albero sempre verde, ramosissimo (s'alza fino a 10 metri) del Ceylan, Borneo, Malabar e Martinica. È detta canella, quasi canna, del suo accartocciamento. Vien però chiamata Cinnamomo e Chiamo, che vuol dire legno odoroso. Quella del Malabar chiamasi pure Laurus cassia. La sua scorza, o corteccia, privata di epidermide e di sottostante tessuto è la droga da noi conosciuta sotto il nome di canella, che, verde sopra l'albero, diventa bruno-rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in gennaio piccoli, numerosi, profumati, biancastri in pannocchia terminale. Si moltiplica per margote e da noi è vegetazione di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e delle piante, significa: Adorazione. I giardini o boschetti di canella somigliano i nostri boschi cedui. Nel Goylan la raccolta ascende a 140 chilogrammi ogni anno. La canella del Ceylan, i cui principi attivi sono solubili nell'acqua e nell'alcool, è giornalmente impiegata nella medicina, nella farmacia e nell'economia domestica. Nella medicina si associa utilmente alla china, all'assenzio, ecc., nella debolezza di stomaco, nelle diarree croniche, nell'ultimo periodo delle febbri atassiche o di tifo, nella salivazione spontanea, ecc. I farmacisti apprestano con essa gran numero di preparazioni, un decotto, uno sciroppo, una tintura, un'acqua distillata, ecc. di uso assai frequente, e bene spesso per coprire l'odore ed il sapore disaggradevole di altri farmachi. Tutti conoscono l'uso che ne fanno i profumieri, distillatori, caffettieri, e i cuochi nel loro laboratorio gastronomico. La canella è droga che si unisce a molti manicaretti, sì di carne che di verdura e frutta. È eccitante, tonica, cordiale. In commercio generalmente si trova quella della China, di Sumatra, di Cajenna e del Malabar, ma quella del Ceylan (di un colore cedrino-biondo, corteccia sottile, ravvolta in sè), detta anche della Regina, è la più apprezzata di tutte. Dopo quella del Ceylan viene in secondo rango, per bontà, quella di Cajenna: quella della China è l'infima. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già spoglia del suo aroma. Frodi più gravi si fanno colla canella in polvere, con farine, polvere d' altri legni, mattoni pesti, ocre, sabbia, ecc. Dalla canella si ricava un olio volatile, aromatico, che serve per liquori e confetture. Dai fiori pure e dalle foglie si estrae un'acqua spiritosa. Col nome di Cinnamomum, fu conosciuta dagli antichi ed era, fra le altre droghe, articolo di commercio ricercato e prezioso. Tutti gli autori ne fanno menzione. Salomone parlando alla sposa, nei Sacri Cantici, le dice:
: quella della China è l'infima. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già spoglia del suo aroma. Frodi più
Si immergono nella pastella e si friggono, ma occorre fare attenzione alla qualità degli avanzi. Non riescirete bene con la carne compatta della coscia ; scegliete invece i pezzi meno duri del petto, per es. delle false costole ecc.
coscia ; scegliete invece i pezzi meno duri del petto, per es. delle false costole ecc.
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di là dell'Alpi, qualche metafora indecorosa. Si diceva, un tempo, che gli spaghetti noi li mangiassimo con le mani: e forse il senso della maldicenza era che non potessero, da una siffatta golosità, andare disgiunte sciatteria e sudiciume. Poi ci concessero le forchette, forse per avere il diritto di dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in tutta Europa quante porzioni ne mangi Primo Carnera, come nel 1894 si sapeva quante ne divorasse Francesco Crispi. L'italiano delle allegorie ha pur sempre l'avida bocca spalancata su un piatto di tagliatelle, quando non sia di vermicelli colanti sugo lungo le bramose canne. Ed è un'immagine offensiva: buffa, deforme, brutta. Vorrebbe insegnare la vanità di quel nostro appetito, insieme alla sua irruenza bestiale. In fondo, la pasta asciutta non nutre. Riempie: non risangua. La sua sostanza è minima in confronto al suo volume. Ma è appunto, vorrebbero dire le allegorie maligne, un vero cibo italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle protese, in quel voluttuoso impippiarsene, in quell'aderenza totale della pasta al palato e alle viscere, in quel sentirsi tutt'uno con lei, appallottolati e rifusi. Ma è un gusto porcino. Ma è un gaudio da poco. Inghiottiti che siano, gli spaghetti infestano e pesano. E ci sentiamo, subito, impiombati come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno dentro l'altro, si confondono, s'imbrogliano come i vermicelli assorbiti. Le parole s'appallottolano allo stesso modo. Il poco sugo che portano alle labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l'argomentazione è impossibile, interrotta com'è dai sussulti delle budella. Si sa che i peccati di gola sono i più rapidamente puniti dal Signore Iddio. Quello della pasta asciutta viene espiato all'istante. È la pancia che si gonfia a spese se del cervello. È l'incatenamento, o l'esilio, di tutti gli spiriti, concettosi od amorosi. Provatevi dunque, dopo una strippata di tagliatelle, a partire per una polemica. Oppure per Citera. Vi giuro che resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno
85. I piedi di vitello si possono fare nella eguale maniera come quegli degli agnelli; anzi quelli di vitello si faranno più facilmente perchè sono più grossi e si falsiscono con diverse false e si servono con varie salse.
più grossi e si falsiscono con diverse false e si servono con varie salse.
5. Le anitre selvatiche in diverse maniere si cucinano come si è detto delle oche al cap. 4 n. 80 al 86, e servitele con false e guarnizioni a piacere (cap. 20).
5. Le anitre selvatiche in diverse maniere si cucinano come si è detto delle oche al cap. 4 n. 80 al 86, e servitele con false e guarnizioni a
58. I piccoli uccelli si potranno cucinare come si è praticato coll'altro selvaggiume, senza però far uso delle false, essendo però adattato ad essi erbe fine o cucinate al vino a piacere e allo spiede senza vuotarli, e insteccati con foglie di salvia.
58. I piccoli uccelli si potranno cucinare come si è praticato coll'altro selvaggiume, senza però far uso delle false, essendo però adattato ad essi
45. Allestite una porcetta da latte, lasciategli la testa e le gambe, disossatela affatto e prontate due false, una di fegato e parte della sua carne, l'altra di canef e parte della sua carne tagliata a filetti conditi di sale, pepe e drogherie. Con dette false empite la porcetta, cucitela, bridatela e legatela ben stretta con una salvietta, fatela cuocere nella brasura alla predouillet (capitolo 22 n. 1). Cotta lasciatela venir fredda, cucinatela un giorno per l'altro, paratela ed asciugatela con una salvietta, montatela di butirro o di grasso con quel disegno che più vi aggradirà o che vi potrà suggerire la vostra capacità, montatela sopra una salvietta, guarnitela di fiori e servitela con sopra geladina o sopra un tamborino guarnito di fiori.
45. Allestite una porcetta da latte, lasciategli la testa e le gambe, disossatela affatto e prontate due false, una di fegato e parte della sua carne
Capitolo I. Delle zuppe e delle minestre in generale. ˮ II. Delle fritture in generale, ˮ III. Dei Lessi. ˮ IV. Del Pollame in generale. ˮ V. Degli entrées di vitello in generale. ˮVI. ---- di pasticci caldi. ˮ VII ---- di Majale e di Tasso. ˮ VIII. ---- di Montone. ˮ IX. ---- d'Agnello e di Capretto. ˮ X. ---- di Lepre e di Coniglio, Capriuolo, Cervo e Camoccio. ˮ XI. --- di selvaggiume. Cap. XII. Degli entrées di pesce cucinato in grasso, quale si può servire anche per seconda portata o per piatto di rilievo. ˮ XIII. Degli entremets o piatti di tramezzo per secondo servizio. ˮ XIV. Della verdura in generale. ˮ XV. Degli Arrosti anche piatto di rilievo. ˮ XVI. Dei dolci in generale. ˮ XVII. Della Credenza, ˮ XVIII. Dei tondini d' ordeure per fornire la tavola. ˮ XIX. Dei brodi, dei sughi e consommé, col modo di tirarli, e delle varie salse. ˮ XX. Delle guarnizioni per la tavola. ˮ XXI. Delle false e pieni. ˮ XXII. Delle brasure. ˮ XXIII. Dei mariné. ˮ XXIV. Del modo di conservare verdure e dei composti per salati. ˮ XXV. Dei pranzi di magro, diviso in dieci articoli. ˮ XXVI. Dei pranzi da olio diviso in otto articoli.
. Delle false e pieni. ˮ XXII. Delle brasure. ˮ XXIII. Dei mariné. ˮ XXIV. Del modo di conservare verdure e dei composti per salati. ˮ XXV. Dei pranzi
1. Pulite i pollastri e flambateli, vuotateli dalla parte del collo, lavateli ed asciugateli; prontate una delle false che vedete nel Cap. 21 dal n. 1 al 14 come più vi piace; potrete empirli con il ragottino, che è indicato al cap. 3 n. 21, che vi siete servito per empire le teste di vitello, bridateli e fateli cuocere nella brasura alla semplice, osservate la sua cottura la quale non è meno di due ore, cotti sbridateli, montateli sul piatto e forniteli con creste o triffole, od altro a vostro piacere.
1. Pulite i pollastri e flambateli, vuotateli dalla parte del collo, lavateli ed asciugateli; prontate una delle false che vedete nel Cap. 21 dal n