Siccome quest'animale si ciba di ogni sudiceria in cui si abbatte, la sua carne, se è mal nutrito, acquista talvolta un gusto nauseante, ma diviene ottima e saporosa se alimentato di granturco e di pastoni caldi di crusca. Si può cucinare in tutti modi: a lesso, in umido, in gratella e arrosto; la carne della femmina è più gentile di quella del maschio. Dicono che il brodo di questo volatile sia caloroso, il che può essere, ma è molto saporito e si presta bene per le minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con due salsicce sminuzzate dentro. La parte da preferirsi per lesso è l'anteriore compresa l'ala, che è il pezzo più delicato. Per l'arrosto morto e per l'arrosto allo spiede si prestano meglio i quarti di dietro. Trattandosi del primo è bene steccarlo leggermente di aglio e ramerino e condirlo con un battuto di carnesecca o lardone, un poco di burro, sale e pepe, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, onde poter rosolare nel suo intinto delle patate per contorno. Arrosto allo spiede si unge coll'olio e, piacendo, si serve con un contorno di polenta fritta. Il petto poi, spianato alla grossezza di un dito e condito qualche ora avanti a buona misura, con olio, sale e pepe, è ottimo anche in gratella, anzi è un piatto gradito ai bevitori, i quali vi aggiungono, conciati nella stessa maniera, il fegatino e il ventriglio tagliuzzato perchè prenda meglio il condimento.
si presta bene per le minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con
La parola offella, in questo significato, è del dialetto romagnolo e, se non isbaglio, anche del lombardo, e dovrebbe derivare dall'antichissima offa, focaccia, schiacciata composta di farro, e anche di varie altre cose.
, focaccia, schiacciata composta di farro, e anche di varie altre cose.
Da queste colonne s'è cercato mettere in rilievo il potere commestibile trascurato del farro-farricello, di pinoli, del lupino, della borraggine, della cipolla, dell'aglio, del carrubo, del corbezzolo, del topinambur, della ghianda, dell'ortica, dei torsoli di lattuga, di cavoli verza, degli steli dei carciofi, dei semi di zucca.
Da queste colonne s'è cercato mettere in rilievo il potere commestibile trascurato del farro-farricello, di pinoli, del lupino, della borraggine
104. Minestra di farro. Si mette questo a cuocere in buon brodo pel corso di tre ore, unendovi alcune erbe odorose e cipolla trinciata. Osservate che non si attacchi al fondo, e perciò cuocetelo a fuoco lento, agitandolo spesso con mestolo di legno; scodellatelo e spolverizzatelo con parmigiano grattato.
104. Minestra di farro. Si mette questo a cuocere in buon brodo pel corso di tre ore, unendovi alcune erbe odorose e cipolla trinciata. Osservate che
Mettete il farro in buon brodo colorato e aromatizzato (num. 20), e lasciatelo cuocere pel corso di circa tre ore, ponendo cura a ciò che non attacchi al fondo: a tale uopo lo agiterete di sovente col mestolo, ed avvertirete di mantenere il fuoco alquanto foderato.
Mettete il farro in buon brodo colorato e aromatizzato (num. 20), e lasciatelo cuocere pel corso di circa tre ore, ponendo cura a ciò che non
Il farro costituisce una minestra non certo fine, ma gustosissima, specialmente se eseguita secondo le regole della cucina romana, che ne fa una vera specialità. Si possono calcolare 100 grammi di farro a persona; per sei persone potrà anche essere sufficiente mezzo chilogrammo. Il farro va mondato come il riso e poi lavato in acqua fresca. Per sei persone prendete un ettogrammo e mezzo di cotenne di maiale. Preferite le cotenne di prosciutto a quelle fresche perchè meno saporite. Raschiate queste cotenne e mettetele sul fuoco in una casseruolina con acqua fredda, fatele bollire un paio di minuti poi scolate l'acqua e risciacquate le cotenne in acqua fresca affinchè perdano il gusto un po' forte e rimangono ben nette. Tagliate le cotenne in pezzi di circa tre centimetri e rimettetele a cuocere coperte, sull'angolo del fornello, con abbondante acqua pulita, fino a completa cottura. Fate sul tagliere un pesto con mezzo ettogrammo di grasso di prosciutto, mezzo spicchio d'aglio e mettetelo a soffriggere in una casseruola con una cucchiaiata di strutto e una cipolla finemente tritata. Quando ogni cosa avrà preso un bel color d'oro, aggiungete mezzo chilogrammo di pomodori spellati, fatti a pezzi e privati dei semi, o, in mancanza di pomodoro fresco, una buona cucchiaiata di salsa. Aggiungete ancora una cucchiaiata di prezzemolo trito, un buon pizzico di maggiorana e due o tre foglie di basilico tagliuzzato. Quando il pomodoro sarà cotto versate nella casseruola le cotenne arrivate di cottura, con tutta l'acqua in cui cossero. Fate rialzare il bollore e poi mettete giù il farro, che condirete con sale e pepe. La cottura del farro è analoga a quella del risotto, e bisogna mescolare continuamente con un cucchiaio di legno affinchè il farro non s'attacchi. Se l'acqua nella casseruola venisse a mancare, aggiungete man mano altra acqua bollente, regolandovi in modo che alla fine della cottura — per la quale occorreranno una ventina di minuti — il farro sia asciutto. Conditelo con parmigiano grattato, o, per rimanere nella ricetta tradizionale, con del pecorino romano.
Il farro costituisce una minestra non certo fine, ma gustosissima, specialmente se eseguita secondo le regole della cucina romana, che ne fa una vera
Il cuscussù è un celebre piatto orientale, penetrato nei nostri paesi a traverso la cucina ebraica, di cui rappresenta anche una delle famose preparazioni. Paul e Victor Margueritte dopo un loro viaggio in Algeria scrissero brillantemente di questa tipica pietanza esotica, affermando che il cuscussù anche se preparato sapientemente, ha, portato fuori del suo ambiente caratteristico, delle inevitabili manchevolezze poichè difetterà ad esso l'ombra ospitale della ricca tenda, il fruscio dei palmizi e la nenia delle donne arabe intente a lavorare fra le dita lo speciale semolino destinato al cuscussù. Certamente i fratelli Margueritte vedono — ed è naturale —la cosa da un punto di vista piuttosto poetico; ma noi siamo d'avviso che anche facendo a meno della suggestione del paesaggio orientale, la pietanza possa ugualmente gustarsi a Parigi, a Roma o dovunque sia, senza che essa perda nulla del suo speciale carattere gastronomico. Ma questo è il punto, bisogna saperla preparare. L'Artusi con quella invidiabile disinvoltura di dilettante altrettanto inabile quanto presuntuoso che lo distingueva, ha nel suo volume accolto anche una ricetta di cuscussù ipotetico; e naturalmente questa ricetta, come tutte le altre, è assolutamente sbagliata ed empirica. E fosse solo empirica, ma è così arruffata, oscura e cervellotica che noi sfidiamo chiunque ad eseguirla con le indicazioni da lui date. Affrontiamo per Voi, la descrizione particolareggiata di questo piatto straordinario, confidando di riuscire come al solito chiari, precisi, e scrupolosi in ogni più piccolo particolare, così da mettere in grado chiunque che non abbia mai sentito parlare del cuscussù di eseguirlo alla prima e con piena sicurezza di riuscita. Come accennavamo poc'anzi, da noi il cuscussù è specialità della cucina ebraica; ma noi crediamo che esso possa con successo diffondersi anche fuori dell'ambito di questa cucina speciale, poichè si tratta in realtà di una preparazione ricca, sana e assolutamente caratteristica. Il cuscussù dovrebbe farsi con una speciale qualità di grano duro grossolanamente macinato: ciò che è in commercio col nome di farro o farricello. Ma anche nelle famiglie israelite più fedeli alle tradizioni si ricorre spesso, in mancanza dello speciale grano, al semolino a grani grossi, quello che viene distinto col nome di semolino granito. Avvertiamo però che la preparazione è indubbiamente superiore se eseguita con la prima qualità di grano da noi indicata. Per sei persone ci vorranno da tre a quattrocento grammi di semolino. Mettete il semolino in una insalatiera, dopo averlo mondato come fareste per il riso. Su questo semolino versate a poco a poco un dito d'olio e prendendo il semolino tra le mani, stropicciatelo a lungo, in modo da scioglierlo e da fargli assorbire l'olio il quale, ripetiamo, va messo in due o tre riprese. Quando ne avrete stropicciato fra le mani una piccola quantità lasciatela cadere e prendete dell'altro semolino dalla terrina, in modo che tutto riceva lo stesso trattamento.
: ciò che è in commercio col nome di farro o farricello. Ma anche nelle famiglie israelite più fedeli alle tradizioni si ricorre spesso, in mancanza
Mettete il farro in buon brodo bollente colorato e aromatizzato (secondo il Num. 47), e lasciatevelo pel corso di circa 3 ore, ponendo cura acciocchè non attacchi al fondo: a tal'uopo lo agiterete di sovente col mestolo avvertendo di mantenere il fuoco alquanto moderato.
Mettete il farro in buon brodo bollente colorato e aromatizzato (secondo il Num. 47), e lasciatevelo pel corso di circa 3 ore, ponendo cura acciocchè
La parola offella, in questo significato, è del dialetto romagnolo e, se non isbaglio, anche del lombardo e dovrebbe derivare dall'antichissima offa, focaccia, schiacciata composta di farro, e anche di varie altre cose.
, focaccia, schiacciata composta di farro, e anche di varie altre cose.