Fino dal 1871 io scriveva: Le acque di Tabiano più ricche di solfo di tutte le acque minerali d'Italia, già provate efficaci da lunga esperienza, sono chiamate ad uno splendido avvenire, messe come sono nella gaia cornice dei colli parmigiani. I malati vi troveranno in una sola volta la medicina e l'igiene...
, sono chiamate ad uno splendido avvenire, messe come sono nella gaia cornice dei colli parmigiani. I malati vi troveranno in una sola volta la medicina e
478. «Beignets» di pesche. -Si pelano le pesche; si aprono, cioè si dividono in due, e se ne asporta il nocciolo. Le due metà si pongono a macerare nell'acquavite, mista a zucchero stacciato. Dopo un'ora si ritirano le pesche, si lasciano sgocciolare, si intridono nella pasta da friggere e si friggono a frittura gaia!
Per quanto semplice sia il pasto che preparate, voi e la vostra famiglia lo gusterete maggiormente se vi siederete ad una tavola preparata in modo invitante e se la vostra colazione o pranzo, o qualsiasi altro pasto, sarà servito in modo attraente. Ciò non significa che la tavola debba essere elaborata o eccessivamente decorata; anzi il contrario, perchè la tendenza odierna per la designazione dei posti, il servizio e la decorazione, volge verso la semplicità. Significa, tuttavia, che ogni cosa deve essere netta e scintillante; l'argenteria pulita e lucidata, le porcellane risplendenti, i cristalli luccicanti. Se usate una tovaglia per il pranzo, deve essere immacolata; altrimenti continuate ad usare i sottopiatti all'americana, di cui si può avere più facilmente cura. Naturalmente, questo aspetto fresco e scintillante vorrà dire del lavoro in più, ma ricordate che voi dovete essere per la vostra famiglia un'ospite altrettanto perfetta che per i vostri invitati, e che è vostro dovere fare loro trovare i pasti serviti elegantemente e renderli il più attraenti possibile. Se voi seguite questa regola giorno per giorno, l'avere degli ospiti, presenterà poche difficoltà. Naturalmente ciò significa fare le cose veramente bene: una tavola preparata in modo perfetto, cibi ben cucinati e presentati in modo allettante, e, soprattutto, un'ospite serena e senza preoccupazioni. Il segreto di tutto ciò sta nella iniziale, ragionata organizzazione, che non lascia nulla al caso. Soltanto con una instancabile attenzione per ogni minimo dettaglio, esercitata prima dell'arrivo degli ospiti, la vostra riunione avrà quell'aria gaia e priva di impaccio, quell'atmosfera disinvolta che si ottiene solo con una perfetta preparazione.
con una instancabile attenzione per ogni minimo dettaglio, esercitata prima dell'arrivo degli ospiti, la vostra riunione avrà quell'aria gaia e priva di
È mai possibile imaginare società d'uomini più gustosa di quella che tu hai costituito ed una più utile e più gaia impresa giornalistica? A leggere la circolare e il gaudioso programma del giornale m'è venuta l'acquolina al palato e allo spirito (Ohibò!). Si mescevano i ricordi di un passato già gloriosissimo della vostra casa ospitale, ove la Signora Delia ci offerse gli assaggi più raffinati, e l'imagine delle nostre future sapienti adunanze, dove ordine del giorno e lista delle vivande sono una cosa istessa, e dove dovrebbe regnare il silenzio, perchè la bocca non sarà, come al solito, l'organo periferico, passivo ed obbediente, per servire all'espressione verbale del pensiero, ma sarà invece, essa stessa, la fucina d'origine delle imagini più gaudiose e dei più meditati giudizi.
È mai possibile imaginare società d'uomini più gustosa di quella che tu hai costituito ed una più utile e più gaia impresa giornalistica? A leggere
12. Della pernice e sue diverse specie. — la pernice detta volgarmente gaia è la più grossa, di color cenere, con un collarino nero e bianco, è la più preziosa ed ha le carni più bianche; v'ha la pernice grigia detta starna; sono ambedue ricercatissime attesa la loro finezza; prendendole all'autunno, grassotte, se giovani si conoscono poichè hanno una penna bianca sulla punta delle ali. i maschi vecchi si conoscono dagli sproni che hanno duri come quelli del gallo; le femmine hanno la pelle dura.
12. Della pernice e sue diverse specie. — la pernice detta volgarmente gaia è la più grossa, di color cenere, con un collarino nero e bianco, è la
5. Della pernice e sue diverse specie. — La pernice detta volgarmente gaia è la più grossa; di color cenere, con un collarino nero e bianco, è la più preziosa ed ha le carni più bianche: v'ha la pernice grigia detta starna: sono ambedue ricercatissime attesa la loro finezza; prendendole all'autunno, grassotte, se giovani, si conoscono poichè hanno una penna bianca sulla punta delle ali. I maschi vecchi si conoscono dagli sproni che hanno duri come quelli del gallo; le femmine hanno la pelle dura.
5. Della pernice e sue diverse specie. — La pernice detta volgarmente gaia è la più grossa; di color cenere, con un collarino nero e bianco, è la più
Molte di Voi, Signore e Signorine, sanno suonare bene il pianoforte o cantare con grazia squisita, molte altre hanno ambitissimi titoli di studi superiori, conoscono le lingue moderne, sono piacevoli letterate o fini pittrici, ed altre ancora sono esperte nel «tennis» o nel «golf», o guidano con salda mano il volante di una lussuosa automobile. Ma, ahimè, non certo tutte, facendo un piccolo esame di coscienza, potreste affermare di saper cuocere alla perfezione due uova alla «coque». Avete mai pensato che, non ostante le molte virtù di cui siete adorne, vi trovereste in un imbarazzo piuttosto serio, se per un caso fortuito foste costrette ad assumervi l'incarico di preparare la più modesta delle colazioni? Le Signore che ci leggono ne avranno certo fatta la non piacevole esperienza; ed anche Voi, gentili e graziose Signorine, che vi avviate a realizzare il vostro sogno d'amore, avrete, credete a noi, delle non lievi contrarietà se insieme alle doti della mente e del cuore non porterete al vostro compagno anche una perfetta conoscenza dell'arte della cucina. Pensate che non vi può essere una vera felicità là dove viene trascurata una parte così essenziale della nostra vita di tutti i giorni: l'alimentazione. Voi risponderete che è molto facile trovare una cuoca e trarsi rapidamente d'imbarazzo. Ebbene no. Ciò poteva accadere molti anni addietro; ma adesso, credete, questi tempi felici son passati, e le cuoche si fanno sempre più rare. E in ogni caso, anche quando voi per una fortunata combinazione foste riuscite a pescare questa perla rara, vi trovereste necessariamente costrette ad abdicare ad ogni vostra autorità, a rinunziare a qualsiasi controllo e lasciare che una persona mercenaria faccia e disfaccia a suo talento, imponendovi le sue opinioni, il più delle volte interessate o illogiche, spendendo il vostro danaro senza menomamente preoccuparsi di realizzare la più piccola economia. Di più le cuoche hanno i loro piatti di battaglia dai quali non ci si libera, e che, ripetuti alla sazietà, anche se ottimi, finiscono con lo stancare. Generalmente non si può chiedere alle cuoche più di quello che esse possono o vogliono dare. Inutile pensare dunque a preparazioni minuziose e pazienti. Tutto ciò che necessita un lavoro troppo lunga viene escluso e si ha il trionfo della cosidetta cucina volante: qualche frittura, molte frittate, dell'umido, carne al forno o in padella, il solito brodo o la non men solita pasta asciutta invariabilmente condita con burro e formaggio o con un po' di salsa di pomodoro, e l'eterna, malinconica verdura all' agro o in padella. Ed è tutto. Ma è questa la cucina? La cucina, la più gaia delle arti e insieme la più piacevole delle scienze, è qualche cosa di ben diverso; e solo conoscendone profondamente i segreti si può riuscire con semplicità di mezzi a preparare giorno per giorno una serie sempre variata di pietanze, spendendo il puro necessario e arrecando un senso di benessere nella propria famiglia. Con piena coscienza noi vi diciamo: Signore, perfezionate sempre più le vostre cognizioni di cucina; Signorine, imparate a ben cucinare. Un «menu» semplice e ben eseguito è la pace della famiglia, ed è anche la certezza di veder apparire a casa il vostro compagno non appena i suoi affari o il suo impiego lo lasceranno libero. La mensa famigliare, sulla quale a ora fissa faranno la loro gioconda apparizione due o tre pietanzine sapientemente preparate da manine care, sarà per lo sposo una immancabile attrazione.
'eterna, malinconica verdura all' agro o in padella. Ed è tutto. Ma è questa la cucina? La cucina, la più gaia delle arti e insieme la più piacevole
I libri di cucina pubblicati fino ad oggi ammontano, senza dubbio, ad alcune centinaia. Ma chi volesse tra questa sovrabbondanza di pubblicazioni cercare il «vero» libro di cucina forse non lo troverebbe. Una sola grande eccezione: la «Guide culinaire», di Augusto Escoffier. Il Maestro ha edificato con questa opera un insigne monumento all'arte gastronomica, raccogliendone le più pure tradizioni e coordinandole con grandiosità di linee, demolendo inesorabilmente tutto il vecchiume per gettare le basi di una tecnica moderna perfetta, armoniosa e rispondente alla evoluzione del tempo e alle conquiste che, anche nel vastissimo campo avente con la cucina immediati o mediati riferimenti, si sono verificate. Questa mirabile opera è in lingua francese; ma se la questione della lingua può essere cosa trascurabile, un'altra e più seria difficoltà è presentata dal fatto che la «Guide culinaire» è scritta esclusivamente per i professionisti; e quindi in forma sintetica e con la speciale terminologia tecnica dell'alta cucina. Cosicchè questo trattato, di una preziosa utilità per chi è iniziato alla grande scuola non potrebbe essere consultato con eguale profitto ai fini della cucina domestica. Tra i libri italiani moderni sarebbe vano ricercare qualcosa di simile — un tentativo in grande stile fatto anni addietro dal dott. Cougnet con la collaborazione di professionisti ebbe esito infelicissimo — e d'altra parte è risaputo che i trattati professionali hanno sempre un interesse assai relativo per la limitata cerchia di persone alle quali necessariamente si rivolgono. Una vera pletora c'è invece in quel che riguarda la letteratura gastronomica ad uso delle famiglie. Se volessimo semplicemente enumerare i libri italiani di cucina antichi e moderni del genere, potremmo comporre un interminabile indice bibliografico. Non lo faremo, che è nostra consuetudine non perdere del tempo nè farlo perdere ad altri. Dai librai di lusso alle più modeste cartolerie, dai chioschi delle stazioni ferroviarie ai banchetti volanti che nelle strade o nelle piazze offrono libri d'occasione, troverete volumetti e volumi di cucina dai titoli più promettenti: Re dei cuochi, vero Re dei cuochi, Re dei Re dei cuochi, ecc.: una tale dovizia di cuochi coronati da permettere di estendere il regime monarchico su tutta la superficie di questo nostro vecchio pianeta. Ebbene, in così lussureggiante fiorire di pubblicazioni, non una che insegni a cucinare, perchè o compilate a scopo di bassa speculazione da empirici, che si sono accontentati di ritagliare con le forbici delle ricette senza avere la capacità di esercitare su esse il minimo controllo — vediamo infatti che questo genere di libri non porta quasi mai il nome dell'autore — o, nella migliore delle ipotesi, dovute a professionisti, i quali però avendo non solamente poca pratica con la grammatica e la sintassi, ma nessuna comunicativa, non sono riusciti a farsi comprendere e hanno avvolto le loro ricette in una fitta rete di spropositata nebulosità. Facendo un'accurata selezione di tutta la letteratura gastronomica italiana, rimangono quattro autori degni di considerazione: due antichi e due più vicini ai nostri tempi. I grandi trattati che portano ancora attorno la loro decrepita fastosità sono quelli del Vialardi, cuoco di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, e l'altro, di cui fu principale collaboratore il Nelli. Ambedue di ampia mole e dovuti a persone di indiscutibile competenza, poterono forse rappresentare al loro tempo una notevole affermazione. Ma purtroppo essi non rispondono più sia alla evoluzione della cucina, sia a quei principi di economia e di semplicità che, per forza di cose, si sono imposti alla mensa famigliare. Scorrendo le vecchie pagine, dove si parla di petti di fagiani o di pernici, di salse a base di tartufi, di leccornie d'ogni specie presentate su zoccoli monumentali o con difficoltose e dispendiosissime decorazioni, non si può a meno di sorridere, pensando che una sola di queste pietanze assorbirebbe tutto ciò che una famiglia di media fortuna spende in una settimana ed anche più. Rimangono dunque, questi trattati, semplice documentazione di un ciclo culinario esageratamente fastoso, ma oramai conchiuso per sempre. In tempi più recenti, gli autori che si sono divisi principalmente il favore del pubblico sono: Adolfo Giaquinto e Pellegrino Artusi. Il Giaquinto, reputato gastronomo, ha portato con le sue varie pubblicazioni un salutare risveglio nella pratica culinaria, ed è stato un fecondo volgarizzatore della gaia scienza nelle famiglie. Queste pubblicazioni però non sono recentissime, e risalgono ad epoche se non troppo lontane certo più fortunate, quando le famiglie non erano assillate dal problema del caro viveri; ed anche allora, dagli stessi suoi ammiratori, fu rimproverato all'autore una sensibile ed evidente tendenza alla ricchezza di preparazioni che caratterizzava appunto quella cucina di cui il Giaquinto è stato, senza dubbio, apprezzato campione. L'autore che riuscì invece a vendere stracci e orpelli per sete rare e oro fu Pellegrino Artusi, nume custode di tutte le famiglie dove non si sa cucinare. Per taluni tutto ciò che dice l'Artusi è vangelo, anche quando questo ineffabile autore scrive con olimpica indifferenza le sciocchezze più madornali. Anzitutto egli dichiara di essere un dilettante e di aver provato le sue ricette alla sazietà, fino a che gli riuscirono bene, o meglio sembrò a lui che riuscissero tali. Egli fa un edificante preambolo che suona presso a poco così: Guardate, io non so cucinare, tanto vero che i cuochi preparano le ricette che io insegno in un modo completamente diverso. Però dopo una serie di tentativi sono riuscito ad ottenere qualche risultato, ed anche voi, un po' con la mia guida (!), un po' con la vostra pazienza, può darsi che riusciate «ad annaspar qualche cosa». Ed allora vien voglia di chiedere a questo signor Artusi perchè mai, stan[...]
stato un fecondo volgarizzatore della gaia scienza nelle famiglie. Queste pubblicazioni però non sono recentissime, e risalgono ad epoche se non troppo
Preparate come di consueto la pentola del brodo. E quando il manzo circondato dalla gaia schiera dei suoi legumi d'accompagno bollirà da circa un'ora mettete nella pentola una gallina o un pollo. Si dice che i proverbi sono la saggezza dei popoli; ed anche questa è un'altra mistificazione. Infatti il proverbio: gallina vecchia fa buon brodo, è una bugia della cucina empirica. Si adopera di preferenza una gallina vecchia per il brodo, solo perchè la senilità impedisce alla povera bestia una qualsiasi altra applicazione culinaria; ma se vorrete servirvi di una pollastra giovine o di un pollo bene in carne, il risultato sarà di gran lunga più fine. Immersa la gallina nella pentola lasciate che cuocia bene e che risulti molto cotta. Allora estraetela, levatele la pelle, separate tutte le ossa dalla carne e lasciate freddare. Intanto avrete messo a cuocere in una casseruola con un pochino di brodo, tre cucchiaiate di riso (un centinaio di grammi). Quando il riso sarà molto cotto, scolatelo e lasciatelo freddare avvertendo di conservare il brodo. Serbate da parte i due filetti della gallina e un pezzo di petto e mettete il resto della carne e il riso nel mortaio riducendo il tutto in una pasta finissima. Sciogliete questa pasta col brodo in cui cosse il riso (non dev'essere più di un bicchiere) e passate ogni cosa dal setaccio. Dieci minuti prima di andare in tavola mettete la purè di pollo e riso in una casseruola e diluitela col brodo della pentola che intanto avrà seguitato a bollire. Mettete tanto brodo quanto ne occorrerà per avere un liquido sufficientemente legato. Mescolate con un cucchiaio di legno per sciogliere bene la purè, mettete la casseruola sul fuoco e portate il liquido fino all'ebollizione. Allora tirate indietro la casseruola e versateci tre rossi d'uovo sbattuti con mezzo bicchiere di crema di latte sciolta. Unite ancora poco alla volta mezzo panino di burro in pezzetti, mescolando continuamente per incorporare bene ogni cosa. Tagliate in filettini o in dadini il bianco di pollo messo da parte, versate anche questo nella minestra e procurate che essa arrivi in tavola caldissima, e che, scodellando, i pezzetti di petto siano equamente distribuiti ad ognuno.
Preparate come di consueto la pentola del brodo. E quando il manzo circondato dalla gaia schiera dei suoi legumi d'accompagno bollirà da circa un'ora