Ortaggi e legumi non dovrebbero mancare nemmeno una volta sulla tavola familiare: dirò di più, essi dovrebbero formare parte integrante della nostra alimentazione quotidiana giacchè è dimostrato che sono proprio essi ad apportare al nostro organismo la massima parte degli elementi di cui necessita per mantenersi in piena efficienza. Acqua e sali minerali, cellulosa, vitamine, ecco i doni che noi riceviamo da questi gradevolissimi prodotti della terra che possiamo consumare cotti e crudi, e che ci offrono la possibilità di un numero stragrande di combinazioni gastronomiche tutte egualmente gustose. Occorre ricordare che quanto più un alimento si avvicina allo stato naturale tanto più risulta benefico, e in modo particolare si sa che i vegetali, se si fanno troppo a lungo bollire, perdono la più gran parte dei loro sali minerali, di cui resta così conseguentemente defraudato il nostro organismo. Meglio dunque attenersi quanto più è possibile alle crudità, lungamente lavate e condite di olio e limone, o quando non se ne possa fare a meno si cuociano ortaggi e legumi nella minor quantità d'acqua possibile e ci si serva poi di quest'acqua per preparare zuppe e minestre di verdura.
terra che possiamo consumare cotti e crudi, e che ci offrono la possibilità di un numero stragrande di combinazioni gastronomiche tutte egualmente
Pesce. — Il pesce, come già disse un grande scrittore di cose gastronomiche, è meno nutriente della carne, più succulento delle erbe e quindi un vero mezzo-termine, che conviene a quasi tutti e che si può permettere anche ai convalescenti. Alcuni pesci però, come il tonno, il laserto e alcuni altri non sono secondi alla carne di bue neppure per la loro virtù nutritiva. I più digeribili fra i pesci sono i più magri; come le sogliole la triglia, il pesce persico, la trota ecc. Sono invece di digestione più difficile quelli molto grassi, quali l'anguilla, la murena, il muggine. Il pesce deve sempre essere freschissimo e la sua salubrità non deve essere sciupata da intingoli malsani. Montesquieu attribuisce la immensa popolazione della China all'uso continuo che fanno i Chinesi del pesce e i Parigini sarebbero forse più virtuosi, se non consumassero ogni anno due milioni di lire in pesci d'acqua dolce e sei milioni in pesci di mare.
Pesce. — Il pesce, come già disse un grande scrittore di cose gastronomiche, è meno nutriente della carne, più succulento delle erbe e quindi un vero
Uccello di figura originale, stante il suo lungo collo e sul capo lunghe penne che gli ricadono indietro come un pennacchio. Vive in riva alle acque e ve ne sono di molte varietà. Rimarco questo uccello non per le sue proprietà gastronomiche, non essendo poi una gustosa selvaggina, dando un mediocre alimento, ma perchè anticamente la caccia di quest'uccello era riservata ai principi e signori ed era raramente servito in tavole usuali.
e ve ne sono di molte varietà. Rimarco questo uccello non per le sue proprietà gastronomiche, non essendo poi una gustosa selvaggina, dando un
Si può affermare che da qualche tempo la cucina famigliare è in decadenza. Nella stessa Francia che pure vanta una gloriosa tradizione, già fin dall'ante-guerra una autorevole voce, quella di Marcel Prèvost, si è alzata per dare il grido d'allarme. La prima causa di questa decadenza, scrive l'autore di Vierges Fortes, è la mancanza di tempo per il pasto giornaliero in comune e la seconda è quella che, con spirito sottile, denomina la manìa della magrezza. Certo, molte altre se ne potrebbero enumerare e tutte più o meno in correlazione col nuovo, turbinoso ritmo della vita moderna, specialmente nei riguardi della donna che per un inspiegabile snobismo s'è allontanata quasi completamente dalla cucina. Ecco perchè l'arte di cucinare, se ha fatto grandi progressi nei ristoranti, è in assoluta decadenza nelle famiglie. E' molto esiguo il numero delle signore moderne che ancora non disdegnano di sorvegliare esse stesse la cucina ed indossare il grembiale bianco e mettersi davanti ai fornelli per preparare un buon pranzo; al posto della cuoca, oggi si cerca la bonne à tout faire e sulle manchevolezze della cucina si sorpassa ben più facilmente di quanto non si faccia per il bagno e la pettinatura del cagnolino. La ricerca del nuovo e del gustoso non assilla più la donna moderna e nelle mense famigliari dominano sempre gli stessi cibi: pare che ci si avvii verso una standardizzazione del gusto. È veramente deplorevole vedere che talvolta si offre agli ospiti un pranzo al ristorante e che alcune famiglie, quando è esiguo il numero dei componenti, al ristorante si domiciliano addirittura... Altre cause ed altri effetti potrebbero […] a proposito della decadenza della cucina famigliare; decadenza che è molto accentuata in Francia dove vige sovrana fra le classi alte […] die la pregiudiziale di una stridente e inconciliabile antitesi fra la «signora» e la «massaia». Pregiudiziale perniciosa che era stata importata anche in Italia dove però non ha attecchito, perchè le nostre signore sanno che la «donna moderna» non può scindersi dalla «massaia moderna». Si può star bene in salotto e stare bene in cucina; la dispensa deve avere per ogni donna la stessa importanza del guardaroba come la cucina quella del salotto. Un secolo di abbandono non ci deve far perdere il ricordo delle nostre tradizioni gastronomiche. Se nel secolo XIX ed al principio del nostro necessità superiori distolsero dalla cucina, occorre far tornare in auge l'arte culinaria che è il nesso essenziale dell'unione della famiglia. ———
di abbandono non ci deve far perdere il ricordo delle nostre tradizioni gastronomiche. Se nel secolo XIX ed al principio del nostro necessità
Le minoranze, quelle cioè fornite di maggiori capacità pecuniarie e gastronomiche troveranno in altre rubriche e in altre pagine del nostro giornale, ricette più consone ai loro gusti. Il ricettario per La Tavola di tutti i giorni, è redatto ogni mese, per il mese intero, con particolare riguardo ai cibi che chiameremo «stagionali» e che saranno cioè più a portata di mano, anzi… di bocca, a seconda della stagione.
Le minoranze, quelle cioè fornite di maggiori capacità pecuniarie e gastronomiche troveranno in altre rubriche e in altre pagine del nostro giornale
La nostra onestà ci vieta d'intitolare questo eccellente piatto freddo: Pâté de foie gras, poiché il foie gras dovrebbe essere costituito dal fegato d'oca. Illusioni, gentili lettrici, poichè il novantanove per cento dei pasticci di fegato grasso che si esibiscono nei grandi alberghi, nelle trattorie e in alcuni negozi di specialità gastronomiche, adunano in sè tutto fuori che il fegato di quell'eccellente bestia il cui nome — ingiustizia umana! — è venuto ad essere simbolo di stupidità. La preparazione di questo pâté non offre nessuna difficoltà. Soltanto sarebbe consigliabile di usare una stampa speciale, che tutto sommato non costa poi un patrimonio, serve a molteplici usi e dà al pâté un aspetto assai fine e distinto. Le stampe da pâté, che si vendono in tutti i negozi di articoli per cucina, sono di due qualità, rotonde e ovali e sono costituite da due pezzi a cerniera, e senza fondo. Chi poi vuole eseguire il pâté senza la speciale stampa usi una stampa liscia da charlotte o anche una casseruola di rame. Il pâté riuscirà d'aspetto meno elegante, ma la sua bontà non muterà per questo. Per un pâté sufficiente a sei persone prendete una diecina di fegatini [immagine e didascalia: Stampa a cerniera per “pâté”] di gallina o la metà di fegatini di tacchino. Nettateli bene nella parte ove aderiva il fiele e metteteli in una scodella con sale, pepe e un pochino di marsala. Se volete arricchire il vostro pâté acquistate anche un tartufo nero o una scatolina di tartufi conservati. I tartufi li taglierete in grossi dadi e li unirete ai fegati. Va con sè che adoperando i tartufi in scatola non c'è bisogno di nettarli, essendo già nettati; se invece si tratterà di tartufi freschi dovrete pulirli accuratamente con acqua calda e spazzolino per toglier loro tutta la terra. I tartufi sono il complemento quasi necessario di questo pâté. Mentre lascerete i fegatini sotto marinata preparerete la farcia, ossia il pesto che servirà a riunire i fegatini nell'interno del pasticcio. Prendete 200 grammi di carne magra di maiale, possibilmente il filetto, e 200 grammi di lardo fresco. Tritate la carne sul tagliere o nella macchinetta e tritate il lardo. Poi riunite questi due ingredienti e pestateli insieme nel mortaio amalgamando bene il tutto. Quando carne e lardo saranno perfettamente uniti condite l'impasto con sale e pepe, un torlo d'uovo e mezzo bicchierino di cognac, e se volete che il pâté riesca più fine passate tutto dal setaccio. Preparata così anche la farcia non resta che confezionare la pasta, che dovrà formare la crosta del pâté. Questa crosta si otterrà impastando sulla tavola cinque cucchiaiate colme di farina con una grossa noce di burro, un pizzico di sale e un dito d'acqua tiepida. Deve risultare una pasta liscia e piuttosto dura che foggerete a forma di palla e lascerete riposare per una mezz'ora allo scopo di farle perdere l'elasticità. Non resta adesso che procedere al dressage del pâté.
trattorie e in alcuni negozi di specialità gastronomiche, adunano in sè tutto fuori che il fegato di quell'eccellente bestia il cui nome — ingiustizia umana
«Gli avvenimenti che stiamo per esporre sono di una gravità eccezionale. Infatti il semplice annuncio del pranzo futurista aveva sollevato tra i connazionali «benpensanti» una ondata di riprovazioni e di commenti ostili che minacciavano una complessa sommossa spirituale. Questi benpensanti trovavano indegno il carattere rivoluzionario dei piatti annunciati, perchè secondo essi, le tradizioni, specialmente gastronomiche, non devono mai essere toccate.
trovavano indegno il carattere rivoluzionario dei piatti annunciati, perchè secondo essi, le tradizioni, specialmente gastronomiche, non devono mai essere
Dopo aver lodato le creazioni gastronomiche dei pittori Prampolini e Fillìa, e dopo aver rilevato la magnifica organizzazione della serata da parte delle «Edizioni Franco-Latine», S. E. Marinetti con la sua solita freschezza d'eloquio rese omaggio al coraggio dei presenti e notò con soddisfazione il generale compiacimento.
Dopo aver lodato le creazioni gastronomiche dei pittori Prampolini e Fillìa, e dopo aver rilevato la magnifica organizzazione della serata da parte
Era tempo di finirla, perdio, con una pietanza barbara che viveva a scrocco nella nostra civiltà ultramoderna: parlo dei maccheroni al sugo, al pomodoro o come meglio v'aggrada. Questo piatto, pur tra gli altri bestiali, ci faceva la figura di uno scimpanzè femmina in un salotto di dame sentimentali: e solo per un errato rispetto della tradizione si continuava a sopportare il suo lezzo plebeo. Il nome stesso ricordava il popolo, rozzo e oleoso di lordume, in mezzo al quale era nato: maccheroni. Qualche buona pasta di cuoco, discepolo ed emulo di Brillat-Savarin, s'era ultimamente indaffarato a ingentilirlo, a togliergli di dosso quel tango di canagliume: l'aveva piegato a non accompagnarsi a certe tronfie e sguaiate cipolle, adipose come belle da marinaio, a certi agli sbiancati e consunti da morbi nascosti, all'olio rancido e caprigno. Ma sotto le nuove spoglie aveva i modi e le volgarità del villan rifatto e a nulla gli valeva la continua frequenza con quell'aggraziato ed epicureo messere che si chiama burro. Ebbe sempre la medesima pancia, tumultuosa e invadente: e dovunque entrasse, nella casa del povero e del ricco, volgeva gli occhi intorno come per imporre rispetto e reverenza, quasi discendesse da troppo magnanimi lombi per non dover stimare men che nulla le restanti creature gastronomiche.
reverenza, quasi discendesse da troppo magnanimi lombi per non dover stimare men che nulla le restanti creature gastronomiche.