Ramolaccio, (radice dei Toscani). — Radice alimentare originaria della China e che coltivata fra noi ha dato luogo a infinite varietà. Le radici, come si chiamano in Toscana, sono per molti indigeste e sviluppano flatulenze fetide o producono rinvii acri. Talvolta si riesce a vincere coll'abitudine questa idiosincrasia, ma in caso diverso non si deve ostinarsi nell'uso di un alimento, che del resto è piuttosto una leccornia del palato che un vero e proprio alimento. Sono da preferirsi le radici piccole e giovani, perchè più tenere, meno acri e quindi meno indigeste. Se avete una speciale simpatia per le radici, siatene fieri, perchè avete un gusto comune con Carlo Magno, il quale raccomandava sempre ai fattori delle sue campagne di coltivare le radici.
simpatia per le radici, siatene fieri, perchè avete un gusto comune con Carlo Magno, il quale raccomandava sempre ai fattori delle sue campagne di
(lib 3, c. 16). Si voleva guarisse dai calcoli urinari. Oggi, raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come risolvente nelle angine, e ne fa sciroppo che trova utile nella tosse ferina e nei catarri ostinati. Il ravanello rosso (Raphanus sativus rosea) à un'azione speciale, al dire del dottor Comi, sull'idropisia del globo dell'occhio e dice sia un antidoto alla mandarosi, ossia caduta delle ciglia, stropicciandole con esse due volte al giorno. Un proverbio dice: il ravanello fa il viso bello. I cronisti ci tramandano che il ramolaccio era la passione di Carlo Magno, passione ereditata da suo figlio Pipino. Dai nostri contadini viene chiamato: Salam de proeusa, e negli educandati: Polpett de magher.
Magno, passione ereditata da suo figlio Pipino. Dai nostri contadini viene chiamato: Salam de proeusa, e negli educandati: Polpett de magher.
Costui era un poeta siciliano al tempo di Alessandro Magno, nientemeno, ed alcuni frammenti di un suo poema ci furono conservati da Ateneo. In quel poema narra un viaggio, o finto o vero, da lui fatto in Grecia cercando e cantando i cibi migliori, specialmente i pesci, per cui i pedanti lo stimarono e lo dissero un ghiottone. Così gli stessi pedanti stimeranno l'Artusi e me, se questo libro avesse qualche fiato di vita; e Dio sa se mangiavamo poco e bevevamo meno ! Ma non temendo denti avvelenati, anzi forse appunto per questo, libero il volume anche per la ragione che avendo scritto in vita assai cose inutili ed insulse, voglio finire con un libro serio, o almeno capace di procurarmi qualche gratitudine dalle cuoche, quando sarò dove gli avanzi non si ricucinano più.
Costui era un poeta siciliano al tempo di Alessandro Magno, nientemeno, ed alcuni frammenti di un suo poema ci furono conservati da Ateneo. In quel
Il Ramolaccio, o Armoracio, è radice annuale, indigena, originaria della China. Vuole terreno sciolto, pingue e a buona esposizione, abborre il massimo caldo. Avvene molte varietà, sì per grandezza che per forma e colore. I bianchi grossi, e i ruggini dolci d'estate si seminano da Marzo a Giugno, per averne in estate ed autunno. I rotondi, o lunghi, sia bianchi che neri forti dal Giugno a Settembre, per averli dall'autunno a primavera. Il Ravanello, è bianco o rosso, rotondo o lungo, o rosa lunghissimo di Firenze. Si può seminarlo tutto l'anno ed averne tutti i mesi. Avvi pure il Ravanello serpente (Raphanus caudatus) di Giava, ancora poco conosciuto, che à lunghissimi bacelli terminali che possono prolungarsi fino a un metro, di gusto piccante, e che, verde, si pone in aceto. Il ramolaccio e il ravanello addivengono stopposi, bucherati o tarlati e ciò dipende dalla qualità della terra, (che amano terreni forti, tenaci ed asciutti), o al lasciarli troppo nella terra dopo sviluppati, o al conservarli qualche giorno dopo colti. Il ramolaccio à gusto acre, piccante, si mangia crudo con sale, olio, pepe colla carne. È considerato un condimento pesante allo stomaco e difficile a digerirsi. Fu detto che il ramolaccio fa digerire tutto, ma egli non è digeribile: Raphanus digerit, at ipse non digeritur. Sviluppa flattulenze fetide ed acri rinvii. Sono da preferirsi i piccoli e giovani, perchè più teneri e meno acri. Erano celebri i ramolacci di Delfi ove li mangiavano anche cotti. Democrito li condannava. In Egitto dove erano saporitissimi - suavitate prcæcipui - si mangiavano aspersi di nitro. Campegio Sinforiano « uomo sapientissimo » dell'epoca delle crociate, dice che i più grossi al suo tempo erano quelli di Germania. Che i ramolacci sieno indigesti viene attestato anche da Cornelio Celso che scrive: a levibus cibis ad acres, ab acribus ad leves transire esse radicem, (raphanum) deinde vomere, lib. 3 cap. 16. Si voleva che guarisse dai calcoli urinarj. Oggi raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come risolvente nelle angine, e ne fa sciroppo che trova utile nella tosse ferina e nei catarri ostinati. I cronisti ci tramandano che il ramolaccio era la passione di Carlo Magno, passione ereditata da suo figlio Pipino. Dai nostri contadini viene chiamato : Salam de prœusa - e negli educandati - Polpett de magher.
fa sciroppo che trova utile nella tosse ferina e nei catarri ostinati. I cronisti ci tramandano che il ramolaccio era la passione di Carlo Magno
Ma quali erano, di grazia, i suoi titoli nobiliari? La «Cronaca degli memorabilia» di Dacovio Saraceno, per fortuna, sta lì a cantarcene vita e miracoli: «lo macarono nato fue et notricato appo gli Ostragoti, gli quai molto et volantieri con essolui si solaciavano. Dieto macarono erat di spulcia (leggi spelta) et hebbe sua prima dimora in la regia del magno prence Teodarico, idest in Ravenia, lo quà prence affidato avealo a Rotufo, coco suo genialissimo. Il conobbero gli sudditi dello rege, per virtude della femina del coco, che avevasi invaghito dello ofiziale di guardia al palacio et al quale, tra un baciuzzo et uno baciozzo, confidogli la esistenzia dello nominato macarono. Ergo, lo amore per essolui macarono s'espanse per lo populo omne; et il bollivano cum cipoglia et alio et pastonacca; et il condivano cum suggo (sic) di cedriollo; et leccavansi digita et grugno ».
(leggi spelta) et hebbe sua prima dimora in la regia del magno prence Teodarico, idest in Ravenia, lo quà prence affidato avealo a Rotufo, coco suo