In generale tutti gli erbaggi dell'orto che voglionsi conservare, devono essere raccolti di recente e ben maturi. Le piante e le radici succose si devono prima scottare, immergendole nell'acqua bollente per qualche minuto, poi conviene gettarle nell'acqua fresca, asciugarle e farle disseccare o al sole, o al forno; preferite il forno. Gli erbaggi si tagliano a pezzi, si mondano, e si dispongono su graticci, così preparati si mettono ad essiccare, e si conservano in luogo fresco e ventilato. I legumi che si essicano per l'inverno, spesso vengono avariati dagli insetti. A riparare tal malanno lavate i vostri legumi nell'acqua fredda appena colti, e fateli seccare perfettamente al sole. Tutti gli insetti già sviluppati nei legumi ne sfuggiranno e quelli che non lo sono ancora non si svilupperanno altrimenti. A cocere più presto le rape e le carote, devono essere tagliate per il lungo, e a far perdere l'odore troppo forte delle cipolle, pei delicati, sarà bene metterle per un momento nell'acqua calda salata, avanti cucinarle. Finisco con due parole sulla digeribilità. Quante calunnie si son dette, si dicono e si tramandano sul valore digestivo di questi eccellenti prodotti della vegetazione! Il tale, la tale non può digerire i fagioli, il citriolo, l'aglio, la cipolla, le castagne, ecc.; dunque sono indigesti, e si dà la colpa a questi poveri innocenti che nascono per la salute e conservazione nostra! Nè solo si accontentano, quel tale e quella tale di calunniarli, ma li proscrivono dalla loro casa e ne predicano l'ostracismo ai figli, ai parenti, agli amici e guardano biechi chi fa loro orecchie da mercanti. No, la colpa è dello stomaco di questi tali signori e di queste tali signore. Ma lasciateli, se vi fanno male, non diteli indigesti. Lo sono per voi, per altri sono invece tanta bona nutrizione e beata salute. Come abbiamo tutti una faccia nostra, così tutti abbiamo il nostro stomaco, che è un vero laboratorio chimico, una vera officina di acidi e di sughi chilifici. E chi ne à bisogno uno e chi un altro — a chi ne sopravanza di quantità, a chi ne manca di qualità; e l'istinto, il gusto, l'appetito, ci suggeriscono appunto ciò che ci è necessario ad equilibrare ed ordinare le funzioni del nostro individuo. Perchè voi siete brutto non vuol dire che tutti sieno brutti. Ah! quel benedetto io, che è padre dell'assoluto e dell'intolleranza!
dello stomaco di questi tali signori e di queste tali signore. Ma lasciateli, se vi fanno male, non diteli indigesti. Lo sono per voi, per altri sono
Il caffè agisce sul cervello, eccita piacevolmente i nervi, rende più attiva la mente, più squisita la sensibilità, feconda la fantasia e combatte il sonno. Il caffè Gon favorisce la digestione se non per questo che è caldo. Il caffè non fa mai male, anche il suo abuso non arreca gravi danni. Voltaire e Buffon ne bevevano molto. L'insonnia prodotta dal caffè non è penosa — percezioni luminose, e nessuna voglia di dormire, ecco tutto. Il caffè oltre il regalare del suo squisito aroma, liquori, confetture, paste, dà una bevanda allegra, deliziosa, ghiotta. Napoleone, che era quel che era, à detto del caffè:
sonno. Il caffè Gon favorisce la digestione se non per questo che è caldo. Il caffè non fa mai male, anche il suo abuso non arreca gravi danni
E eminentemente farinosa, dà una sana ed abbondante nutrizione. La lessata è più digeribile, irroratela di vino generoso, se non confà al vostro stomaco non ditene male. Mille le maniere di far cocere le castagne. A lesso dette succiole o Ballotte, cotte in poca acqua, sale, finocchio, anice, o con una pianta di sedano. Lessate monde (peladei o pest) sbucciate e cotte con o senza la loro peluria in acqua, sale ed erba bona. Anseri o Vecchioni (Bellegott) quando cotte a lesso, si fanno disseccare al fumo nel serbatoio, sotto la cappa del camino (agraa). Il nome di Bellegott viene da bei e cott (belli e cotti). Bruciate (Boroeul) cotte nella padella a fiamma. Biscotti (Bescott) varietà dei Vecchioni, si mettono a seccare col guscio e poi si tengono alcun tempo nel mosto. A questi appartengono i cuni, da Cuneo, loro provenienza, cotte in forno spruzzate di vin bianco, serbevoli per molti mesi, delicatissime. Le Veronesi (Veronès) così dette perchè tale maniera di cocerle, ci venne dal Veronese — e si cociono nel forno o nella stufa spruzzate di vino, o con poco di burro in casserola. I marroni si fanno anche candire nello zuccaro dopo essere stati arrostiti e si chiamano marrons glacès — è confettura da dessert. La castagna forma l'alimento principale dei montanari. Nel Sienese se ne fa polenta, che nutrisce i più strenui faticatori, i quali, non avendo che acqua da bere, dicono scherzando che vivono: del pane dei boschi e del vino delle nuvole. Il Castagnaccio è una specie di pane, fatto con farina di castagna, pinocchi e uva. Fino dalla più remota epoca le castagne tennero il primato fra tutte le sorta di ghiande. Ateo, insigne medico di Antiochia, che le chiama Sardinias glandes perchè le migliori qualità venivano dalla Sardegna, non si perita a rilasciar loro il brevetto di
stomaco non ditene male. Mille le maniere di far cocere le castagne. A lesso dette succiole o Ballotte, cotte in poca acqua, sale, finocchio, anice, o con
Plinio li maltratta e Catone ne canta le lodi. I Romani, un bel dì cacciarono da Roma tutti i medici che rimasero esiliati per lunghissimo tempo e Catone il censore, assicura che i Romani si curarono da ogni male coi cavoli. Varrone salvò, mercè loro, la sua famiglia dalla pestilenza. È un fatto che il cavolo è antiscorbutico.
Catone il censore, assicura che i Romani si curarono da ogni male coi cavoli. Varrone salvò, mercè loro, la sua famiglia dalla pestilenza. È un fatto
«Dei medici nemiche son le marenelle.» La ciliegia è il primo sorriso della primavera. Sì la ciliegia, che l'amarasca, mature sono sanissime, rinfrescanti e non fanno mai male. Giovano nelle affezioni gottose e calcolose. La Scuola Salernitana dice:
, rinfrescanti e non fanno mai male. Giovano nelle affezioni gottose e calcolose. La Scuola Salernitana dice:
si fa nascere su letto caldo e si trapianta in aprile in luna vecchia. Avvene molte varietà: Il bianco grosso, da insalata, il piccolo, per aceto, il giallo precoce, il tondo a pelle ruggine ricamata, che à carne fina bianchissima, il verde lungo inglese, quello d'Atene, ecc. Il citriolo à odore suo proprio, raccogliesi il frutto acerbo, o mal maturo, e ridotto in fette si mangia in insalata con olio, aceto, sale e pepe. I piccoli si mettono in conserva nell'aceto, per mangiarli colla carne a lesso. I citrioli, per molti sono indigesti, per molti altri, rinfrescanti. Se cotti amano il lardo. Si fanno farciti come le zucche e servono come guarnizione. Dei citrioli tutti ne dissero male. Fu sempre reputato un cibo difficile a digerirsi. Galeno voleva che si abolisse dai cibi dell'uomo, come la più iniqua delle vivande, e Plinio asseriva che gli restava sullo stomaco fino al giorno dopo. Nerone ne era ghiottissimo e Tiberio ne mangiava ogni giorno, ma cotti. I milanesi per dire che una cosa vai poco, ànno il proverbio: la var trii cocùmer e un peveron. E per dare dell'imbecille ad alcuno lo chiamano un cocùmer. I citrioli erano una delle dolci rimembranze egiziane degli Ebrei nel deserto. Una ricetta di Dumas:
. Si fanno farciti come le zucche e servono come guarnizione. Dei citrioli tutti ne dissero male. Fu sempre reputato un cibo difficile a digerirsi
La Môra (Rubus fructicosus vulgaris). Mil.: Mòra. — Fr.: Mure de ronce. — Ted.: Brombeere. — Ingl.: Blackberry. — Spagn.: Mora. Prugnola del rovo il cui arbusto, ovunque diffuso, dà fiori bianchi o rossicci da maggio in avanti, e frutti neri. Nel linguaggio dei fiori: Gelosia, Rimorsi, Invidia. La môra à sapore dolce quando è matura. Una volta serviva a comporre elettuario per le tossi e male di gola, detto sciroppo diamorum. È suscettibile di fermentazione vinosa ed alcoolica e più che ad uso medico servono a colorare vini e paste zuccherine. I giovani germogli e le foglie sono leggermente stittiche e se ne può usare per gargarismo. Varietà a fiori doppi, frutto bianco, senza spine, foglie screziate, frastagliate, ecc. È della môra che si occupavano gli antichi mentre chiamavano sylvestris il lampone. È tradizione greca che prima questo frutto era bianco, ma che divenne nero del sangue di Priamo e di Tisbe, due amanti della Siria, che non potendo sposarsi si uccisero l'un dopo l'altro sulle môre. Galeno raccomanda di mangiare la môra ai viaggiatori assetati e affaticati dal caldo e dalla strada. Plinio dice che sono rinfrescanti. I Romani la mangiavano dopo il pranzo.
môra à sapore dolce quando è matura. Una volta serviva a comporre elettuario per le tossi e male di gola, detto sciroppo diamorum. È suscettibile di
Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione onde svilupparne meglio il principio zuccherino come si fa oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Socrate e Galeno ne dissero assai male, niente altro che è autrice delle più grandi malattie e tra le altre del cancro, del sciro, della lebbra e della cataratta, decisamente come, dopo tanto tempo, Martin Lauzer assicura che la lente guarisce da 26 malattie, tra le quali la gotta, la cefalogia, l'afrodismo ed il vaiuolo. Al principio del 600 in Lombardia, teste Francesco Gallina medico torinese, correva il proverbio: Chi mangia lenticchie caga una secchia. Stile del 600. E però la lente è un legume saporito, nutriente e che si digerisce meglio passata allo staccio e spoglia di buccia. Roques dopo aver date molte ricette a cucinar le lenti,
come si fa oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Socrate e Galeno ne dissero assai male, niente altro che è autrice delle più grandi
Il Noce è l'albero fruttifero più maestoso dei climi temperati. S' adatta a quasi tutti i terreni, tranne i molto umidi. Teme le brine, fiorisce a 12 gradi, matura il frutto da agosto a settembre. Si propaga per seme, e le varietà per innesto. Comincia a dar qualche prodotto a 8-10 anni, sino ai 25 non dà raccolto apprezzabile, lo dà dopo i 40. Ai 60 dà il massimo della produzione, ai 100 comincia a deperire, à vita di tre, quattro secoli. Se ne conoscono 16 varietà, a torto viene poco coltivata la nigra, oltre al rapido sviluppo, raggiungendo fino l'altezza di 50 metri, fornisce un legno nero durissimo che gli ebanisti preferiscono al noce comune. Il nome di juglans significa ghianda di Giove e, come dice Macrobio, prima si scriveva diuglandem, ghianda degli Dei, poi si lasciò il d, e restò juglandem, cibo di Giove, e a lui era dedicato il noce. Caio (de verborum significatione), dice, da Jovis glans, perchè la noce è la migliore delle ghiande, primo cibo degli Aborigeni e però da essi creduta cibo di Giove. Cloazio è dello stesso parere. Teofrasto crede invece che la ghianda di Giove è la nocciola. Plinio c' insegua che la noce si chiamava anticamente caryon karnon, da kara, testa, perchè à la forma d'una testa, e perchè l'odore che emana l'albero fa male alla testa. I grammatici sono del parere che la voce nux, da dove noce, tragga origine dal nuocere, perchè la sua ombra è nociva, e perchè rompendone i frutti coi denti, questi si guastano. Nel linguaggio delle piante: Durezza. Si riconosce la noce matura quando il mesocarpo, o corteccia verde, incomincia a screpolarsi e a staccarsi dal guscio. Si raccolgono, e sbucciate si stendono in locali ben ventilati per farle asciugare e rimovendole due volte al giorno. Dopo un mese, sono stagionate. La noce fresca contiene una specie di emulsione, che poi si cangia in olio. Per cavarne l'olio bisogna pazientare fino all'inverno, perchè l'olio si forma lentamente colla stagionatura; rotti i gusci, si torchiano subito, perchè soffrirebbero. Si conservano quasi per un anno, tenendole ben chiuse in luogo fresco. Per rinverdirle bisogna tenerle per 4 o 5 giorni nell'acqua pura. Mantegazza suggerisce di metterle a macerare nel latte tepido e lasciarcele raffreddare. L'olio fresco è commestibile, ma col tempo diventa essicativo. È certo che la noce è migliore fresca che secca, più digeribile spoglia della sua pellicola e che mangiandone in quantità si compromette la condotta degli organi digerenti e di quelli di secrezione, essiccando diventa un po' acre. Ma la noce fresca è saporita e salubre e compare allegra al dessert.
, testa, perchè à la forma d'una testa, e perchè l'odore che emana l'albero fa male alla testa. I grammatici sono del parere che la voce nux, da dove noce
Noto legume annuale. Quello detto campestre nasce spontaneamente in alcune parti d'Italia e di Germania. Ma il sativum è quello coltivato negli orti. Àvvene molte varietà. Il pisello germina fino ai 3 anni. Il nano (P. humile) primaticcio olandese, da noi detto anche quarantin. Il quadrato (P. quadratum) o reale, bianco e verde, l'umbrellatum, che è piuttosto d'ornamento nei giardini. L'excorticatum, o, pisum sativum cortice eduli, pisello dolce zuccherino che si mangia unitamente al guscio, detto in francese Pois goulus e da noi taccole, ed altre. Nel linguaggio dei fiori: Confidenza. Si può seminarli in varie epoche ed averli tutti i mesi. Il pisello ama terreno leggero, sostanzioso, lavorato e soleggiato; non vuol essere riseminato nel medesimo luogo. Si fa seccare e si conserva per l'inverno. La varietà verde, in Francia, è coltivata su larga scala. In Inghilterra si coltiva il pisello per alimentare le pecore nell'inverno. Vuolsi che il nome di pisello l'abbia da Pisa, antichissima città del Peloponneso, da dove sembra venuto in Italia, come vennero alcuni abitanti di quella Pisa a fabbricare la nostra sull'Arno, che pure battezzarono Pisa, teste Strabone. Altri lo vuole dal nome originario del legume in lingua celtica, o dal vocabolo greco, che significa cadere. Il nostro nome di erbion pare sia un corrotto dell'Arneja spagnuolo o un prolungamento dell'erbse tedesco. Il pisello fu sempre ritenuto uno dei più graziosi legumi. La storia ci tramanda che aveva l'onore delle tavole reali. Gli autori greci e latini ne parlarono tutti con vera benevolenza; i più maldicenti, lo accusano di flattulenze. Perfino l'austerissimo Eupolim, forse il più antico commediografo greco, ne fa menzione onorata. L'imperatore Tito ne andava matto. I medici, non potendone dire male, come al solito, lasciano però scappare qualche bieca osservazione. Baldassare Pisanelli, medico bolognese, nel suo Trattato dei cibi et del bere, dice: «I piselli non sono molto differenti dalle fave, ma fanno venire sospiri et inducono strane meditazioni.» Con sua bona pace, il pisello è l'ottimo fra i legumi, digeribile, saporito, nutriente. Plinio aveva già sentenziato:
'austerissimo Eupolim, forse il più antico commediografo greco, ne fa menzione onorata. L'imperatore Tito ne andava matto. I medici, non potendone dire male, come
. I Greci poi raccontano del pomo cose orribili. Giove unì in nozze un bel giorno la dea dei mari, Teti, con Peleo, dal quale matrimonio nacque poi il bollente Achille. Quelle nozze furono celebrate con gran pompa e alla presenza di tutto l'olimpo au complet. Tutte le divinità infernali, aquatiche e terrestri ebbero, non solo il fairepart, ma ufficiale invito d'intervenire. Una dea sola fu esclusa: la dea Discordia. E questa, per vendicarsi, al momento dei brindisi, comparve nella sala del banchetto e buttò sulla tavola un bellissimo pomo, dicendo: «Alla più bella di voi,» e sparì. Giunone, Pallade e Venere, ch'erano difatti le più belle, si guardarono per traverso, e ognuna di loro pretendeva quel pomo. Giove, che in quel giorno non voleva seccature, mandò a chiamare Paride, un bel giovinotto, e lo fece arbitro della bellezza di quelle concorrenti. Tutte e tre fecero gli occhietti a quel giovinotto, ma egli consegnò il pomo a Venere, lasciando le altre due con tanto di naso. Venere ebbe il pomo, ma Giunone e Pallade lo conciarono poi per le feste, e tanto fecero che andò a finir male. Rubò Elena, fu assediato e vinto a Troja, e ferito da Pirro, andò a morire sul monte Ida. Tutto, per quel pomo che dappoi fu chiamato il pomo della Discordia. Nè qui finisce la storia di quel pomo. Venere, in quel giorno, almeno per galanteria, doveva cederlo a Teti, che sedeva in capo tavola, sposa festeggiata, ma fe' la sorda e se lo mise in saccoccia. Naturalmente Teti l'ebbe a male alla sua volta, e se la legò anche essa al dito. Avvenne che Venere discese un giorno sulle rive delle Gallie a raccogliere perle e un tritone le rubò il pomo che aveva deposto su di un sasso, e lo portò a Teti. Questa lo prese, lo mangiò e buttò i semi in quella campagna a perpetuare il ricordo della sua vendetta e del suo trionfo. Ecco perchè, dicono i Galli-celti, sono tante mele nel nostro paese, e perchè le nostre fanciulle sono così belle! Questa seconda parte l'aggiunge Bernardin de S. Pierre, magnificando le bellissime mele della Normandia. Al pomo i nostri fratelli svizzeri attaccano la storiella di Guglielmo Tell, e al pomo che cadde sul naso a Newton, mentre riposava in giardino, dobbiamo la scoperta dell'attrazione. La quale attrazione, del pomo, era già scoperta migliaia d'anni fa da Eva. Ed è per questa attrazione che il re Wadislao di Polonia fuggiva e cadeva in deliquio alla vista di un pomo. Il nostro popolo, prende il pomo come il tipo della rotondità (rotond come un pomm) della somiglianza (vess un pomm tajaa in duu), del vino fatto colle mani (vin de pomm), della paura (pomm-pomm), degli avvenimenti necessari (el pomm quand l'è madur, bisogna ch' el croda); infine dell'arma più pacifica per sbarazzarsi da un seccatore (fa córr a pomm). Proverbi sul pomo:
poi per le feste, e tanto fecero che andò a finir male. Rubò Elena, fu assediato e vinto a Troja, e ferito da Pirro, andò a morire sul monte Ida. Tutto
. In Grecia, teste Galeno, lo si mangiava in insalata: oleo et aceto confecto: ma da molti veniva creduto produrre epilessia e cecità. Plutarco ci ricorda che era proverbio: abbisognare di sedano quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei conviti onde preservarsi dall'ebbrezza. Il sedano lo si vuole un leggero eccitante, lo si può ritenere non solo sano, ma un vero medicamento. In Inghilterra lo si prescrive in uso giornaliero alle persone nervose, onde fortificarle. Calma e combatte le palpitazioni, ed è utilissimo nelle affezioni reumatiche. Alle tavole inglesi si trova la polvere dei semi di sedano grattugiata come il cren, macerata nell'aceto con un poco di sale. Da noi il sedano lo si mangia per gradito antipasto. Con la polvere del suo seme, meglio del selvatico, se ne fa un unguento per i pidocchi.
ricorda che era proverbio: abbisognare di sedano quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei
Si conoscono diversi modi più o meno ingegnosi per conservare l'uva. Il più semplice è quello di torcere il peduncolo del grappolo sulla stessa vite e chiudere il grappolo in un sacchetto di carta o di tela. Si sospendono anche i grappoli in una camera asciutta ad una cordicella e per la parte inferiore, onde gli acini si tocchino fra loro per la minore superficie possibile. Si conserva pure essiccata al sole o al forno. Le uve passe sono per condimento di cibi, per preparazioni di sciroppi e bevande. Se ne fa principalmente commercio in Calabria, Egitto, Isole Jonie, Morea, Provenza. Vi si adoperano varietà di uve grosse di collina, carnose e molto zuccherine. Quando è matura, si spampina la vite, affinchè il sole la maturi largamente. Allora si raccoglie, si pulisce, si tuffa per alcuni istanti "in una bollente liscivia di cenere e calce concentrata a 12,15 gradi dell'areometro. Gli acini cominciano ad avvizzire, lasciansi sgocciolare, e stendonsi sopra graticci che si espongono al sole in tempo asciutto per 15 o 20 giorni. Eccellenti le uve passe di Malaga, conservate in grappoli e la Sultana d'Egitto. In generale però le secche di Spagna sono male preparate. Le uve di Damasco anno un profumo delizioso ed i grani molto zuccherini e senza vinaccioli. Le uve passe finalmente, da noi dette Zibette e dai Francesi uve di Corinto, provengono dall' Isola di Zante e di Lipari, sono senza craspi, in piccoli granelli rossi, molto compressi, grossi come le nostre uve spine (Ribes). Il loro gusto acidulo, la loro delicatezza, le rendono molto utili per certe vivande, per uso medico, e finalmente per farne alcuni vini. Queste si fanno soltanto seccare al sole, senz'altra cura stendendole per terra. Quel sole là, basta da sè ad essiccarle, senz'altro metodo più complicato. A Marsiglia s'adopera uva moscata a sofisticare quella di Malaga, e la preparano con un processo simile a quello che si usa in Provenza. Trecento chilogrammi d' uva fresca ne danno circa cento di quella secca.
. Eccellenti le uve passe di Malaga, conservate in grappoli e la Sultana d'Egitto. In generale però le secche di Spagna sono male preparate. Le uve di Damasco
Capisco la satira. Trattandosi di zucche, ti sei rivolto ad un professore. Ebbene, non ti sei male apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo mondo possono elevarsi alla più alta aristocrazia non solo di censo e di gradi sociali, ma altresì alla più alta aristocrazia culinaria. Tu potresti apprestare a' tuoi amici un abbondante, gustoso e variato pranzo quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d'ogni specie e fresche secche. La si fa cocere nel brodo, nell'aqua e burro, ovvero nel latte. Se ne rileva il sapore con erbuccie, ova, spezie e collo zuccaro. La polpa delle zucche ed anche i fiori si mangiano fritte, ripiene, accomodate, triffolate, in fracassèe, in stufato ed in polpette. Se ne fanno torte, pasticci e perfino salami. Colle, piccole zucchette lessate o cotte alla brage, o colle tenere ci-, me delle piante bollite nell'aqua, si fa dell'insalata che si condisce coll'olio degli stessi semi della zucca. Il sugo di essa, fermentato, può fornire l'aceto. Colla zucca confettata con miele ed aromi, si provvede al dessert di saporite mostarde e confetture, che si rende ancor più vago abbellendole con piccole zucchettine imitanti le pera, le poma, gli aranci. Il pane si forma colla zucca ben cotta, impastata con la terza parte di farina. Finalmente coi semi di zucca puoi comporre orzate e simili gustose bevande. Che se questo simposio, vuoi prepararlo a' tuoi amici all'aria aperta, lo potrai gentilmente offrire sotto un pergolato coperto colle foglie di una pianta di zucca. Che ne dirò poi delle zucche vuote ? Colla scorza di esse puoi farne bottiglie, bicchieri, piatti, cucchiai, forcine, coltelli, mestole, saliere, lucerne ove arda l'olio del seme suo, recipienti d'aqua, di vino, di liquori, tabacchiere, pipe e quello che vuoi. Le zucche vuote poi servono mirabilmente a sorreggere i mal pratici o novizi nuotatori. A questo proposito, vo' narrarti un aneddoto di Bellavitis e faccio punto. Bellavitis, mio illustre e celebre collega dell'Università di Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente perchè gli fosse propizio nell'esame: Veda, professore, insisteva lo studente, se io non passo questo benedetto esame, ò l'inferno in casa mia! Sarei costretto a buttarmi in Brenta. Al che Bellavitis: Oh no xe pericolo per lu, perchè el sa che le zucche ì galleggia! Insomma, io non mi perito a chiamare la zucca la più utile delle verdure ed è ingiusto adoperare il suo nome per insultare alle teste umane. Rispetta dunque le zucche e cava loro tanto di cappello. Lo cavi a tante nullità coperte coi galloni di prefetto, di senatore, di generale ! Un bacio e vale.
Capisco la satira. Trattandosi di zucche, ti sei rivolto ad un professore. Ebbene, non ti sei male apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo
Spagnoli. Pier d' Atienza lo piantò nel 1520 presso Concezion della Vega e già nel 1553 il Messico ne produce tanto da fornirne il Perù e la Spagna. Gonzalo di Velosa vi costruì i primi cilindri. Il consumo si estese man mano in Europa, finchè, propagatosi l'uso del caffè, del the e della cioccolatta, lo zuccaro divenne indispensabile quanto il sale. Ciò rovinò il commercio del miele, fino allora vivissimo. Il raffinamento dello zuccaro fu inventato da un veneziano nel secolo XVII. Ed ora lo zuccaro è articolo di prima necessità anche pel povero. Entra padrone assoluto nella pasticceria, nella cucina, nella cantina, nella farmacia. È sano, facilita la digestione, riscalda ed ingrassa, è utile alla salute dei bambini. I dolci fanno loro male, non per lo zuccaro, ma per la farina e gli altri ingredienti. Zuccaro non guasta mai vivanda, dice il proverbio. Lo zuccaro è la più dolce, innocente e proficua delle produzioni vegetali, fu ed è molto calunniato, ed è una viltà abusare della sua bontà, perchè non avendo fiele, non può far vendetta.
male, non per lo zuccaro, ma per la farina e gli altri ingredienti. Zuccaro non guasta mai vivanda, dice il proverbio. Lo zuccaro è la più dolce