Voi siete figlio di quei due robusti e onesti parenti, che si chiamano il lavoro e la costanza e a voi auguro di rappresentare presto in Parlamento quelle due massime virtù, sulle quali deve fondarsi e da cui deve cominciare la nobiltà d'una nazione. Siete voi fautore di quella Società d'esportazione di derrate alimentari, che deve aprire negli aridi solchi della nostra inerzia commerciale una larga vena di ricchezza e di attività. Voi avete concepito una grande idea e scegliendovi a compagno e ad alleato quella perla, quel galantuomo di ventiquattro carati, che chiamasi Carlo Oggioni, avete saputo riunire in un pugno quelle due grandi forze umane che sono il cuore e il pensiero.
quelle due massime virtù, sulle quali deve fondarsi e da cui deve cominciare la nobiltà d'una nazione. Siete voi fautore di quella Società d
Rapporto però a nomi de' Piatti, Zuppe, Salse, o altro si rende impossibile di cambiarli, dovendosegli dare quello che portano seco dalla loro origine sia Italiano, Francese, o d'altra Nazione. Lo stesso ho creduto di fare dell'ortografia Francese servendomi soltanto dei nomi tradotti in pronunzia Italiana, e ciò per maggiore intelligenza di quelli, che non sanno quell' idioma, onde non recherà meraviglia di trovare detti nomi come si pronunziano, e non come si scrivono.
origine sia Italiano, Francese, o d'altra Nazione. Lo stesso ho creduto di fare dell'ortografia Francese servendomi soltanto dei nomi tradotti in pronunzia
In questo Mondo non è la Patria che forma l'uomo, ma bensì il talento, il buon gusto, ed una immaginazione feconda; è vero peraltro che i Cuochi Francesi ci hanno di molto superato nell'arte della Cucina, ma i progressi più o meno felici di qualunque arte, o professione dipendono del tutto dallo spirito d'un'intera nazione. Io benchè Italiano ho fatto il mio noviziato nelle cucine Francesi, e particolarmente in Parigi, in quella del fu Maresciallo di Richelieu; in Napoli in quella del fu Principe di Francavilla, Cucina del tutto Francese; ho travagliato in diverse campagne di Luigi XV. ho viaggiato al Servizio del Generale Schouvaloff, al quale sono anche debitore di avere veduta una parte della Russia avendomi egli chiamato in S. Pietroburgo nel 1778. ove sono stato Maestro di Casa del fu Principe Gregorio di Orloff, e finalmente Cuoco di Sua Maestà l'Imperatrice di tutte le Russie Caterina II. che con mio sommo rammarico e discapito dovetti lasciare a cagione dell'eccessivo freddo del clima nocivo alla mia salute, onde posso dire di aver veduto, ed in conseguenza potuto distinguere, imparare, e lavorare, e rendo a Maestri dell'arte quella giustizia, ch' è loro pur troppo dovuta.
spirito d'un'intera nazione. Io benchè Italiano ho fatto il mio noviziato nelle cucine Francesi, e particolarmente in Parigi, in quella del fu
Avendo avuto esito felice questa mia qualunque siasi fatica superiore ad ogni mia aspettazione, ben conoscendo a quali critiche soggetti siano tutti i libri, che al giorno d'oggi vengono alla luce nella nostra Italia, le quali scoraggiscono gli Autori più dotti, ed illuminati, nonchè quegli del mio calibro, fà si che ne renda a tutti i più vivi ringraziamenti. E vero che un cuoco Italiano, non è un cuoco Francese, ma può essere un cuoco che sappia la sua proffessione. Io ho conosciuto, e conosco anche presentemente de' cuochi Italiani, che tanto fuori della loro Patria, che ne' recinti della medesima non la cedono in verun modo a quelli di altre Nazioni, e segnatamente in Roma, Napoli, Milano, Venezia, Genova, e Torino, diversi de' quali oltre l'essere buoni Pottaggieri, sono anche ottimi Arrosticcieri, ed eccellenti Pasticcieri, e quello che più importa eccellenti nelle Decorazioni di ogni genere, ciò che non possono sicuramente vantarsi i cuochi Francesi, i quali non uniscono mai questi tre offizj in una sola persona. Non si può però negare, che un si picciolo numero di uomini distinti per talento, per cognizioni, per avere veduto il mondo, e per essersi affaticati, onde formarsi, pervenire, e perfezionarsi nella propria professione, sia oscurato da una folla di cuocuccoli, tanto ignoranti, altrettanto presontuosi, che in tutta l'Italia, ed anche fuori di essa non mancano di formare un certo discredito alla Nazione, riguardo il talento de' cuochi Italiani; ma siccome questo none altro che un difetto d'ignoranza, e di educazione, resta solo la speranza che si possono correggere, e caso che ciò non succeda ci vorrà pazienza; non desidero io già che essi diventino filosofi, mentre i cuochi filosofi sono assai rari ne' nostri paesi, bensì maestri nella proffessione, saggi, prudenti, e moderati: Passiamo ora all'essenziale.
tutta l'Italia, ed anche fuori di essa non mancano di formare un certo discredito alla Nazione, riguardo il talento de' cuochi Italiani; ma siccome
Rapporto però a nomi de' Piatti, Zuppe, Salse, o altro si rende impossibile di cambiarli, dovendosegli dare quello che portano seco dalla loro origine sia Italiano, Francese, o d'altra Nazione. Lo stesso ho creduto di fare dell'ortografia Francese servendomi soltanto dei nomi tradotti in pronunzia Italiana, e ciò per maggiore intelligenza di quelli, che non sanno quell'idioma, onde non recherà meraviglia di trovare detti nomi come si pronunziano, e non come si scrivono.
origine sia Italiano, Francese, o d'altra Nazione. Lo stesso ho creduto di fare dell'ortografia Francese servendomi soltanto dei nomi tradotti in pronunzia
In questo Mondo non è la Patria che forma l'uomo, ma bensì il talento, il buon gusto, ed una immaginazione feconda; è vero peraltro che i Cuochi Francesi ci hanno di molto superato nell'arte della Cucina, ma i progressi più o meno felici di qualunque arte, o professione dipendono del tutto dallo spirito d'un'intera nazione. Io benchè Italiano ho fatto il mio noviziato nelle cucine Francesi, e particolarmente in Parigi, in quella del fu Maresciallo di Richelieu; in Napoli in quella del fu Principe di Francavilla, Cucina del tutto Francese; ho travagliato in diverse campagne di Luigi XV. ho viaggiato per lo spazio di sei anni in una gran parte dell'Europa al servizio di S.E. Gio Schouvaloff, Gran Ciamberlano di S.M. l'Imperatrice di tutte le Russie Caterina II. che con mio sommo rammarico e discapito dovetti lasciare a cagione dell'eccessivo freddo del clima nocivo alla mia salute, onde posso dire di aver veduto, ed in conseguenza potuto distinguere, imparare, e lavorare, e rendo ai Maestri dell'arte quella giustizia, ch'è loro pur troppo dovuta.
spirito d'un'intera nazione. Io benchè Italiano ho fatto il mio noviziato nelle cucine Francesi, e particolarmente in Parigi, in quella del fu
Avendo avuto un esito felice questa mia qualunque siasi fatica superiore ad ogni mia aspettazione, ben conoscendo a quali critiche soggetti siano tutti i libri, che al giorno d'oggi vengono alla luce nella nostra Italia, le quali scoraggiscono gli Autori piò dotti, ed illuminati, non che quegli del mio calibro, fa si che ne renda a tutti i miei più vivi ringraziamenti. E vero che un cuoco Italiano, non è un cuoco Francese, ma può essere un cuoco che sappia la sua professione. Io ho conosciuto, e conosco anche presentemente de' cuochi Italiani, che tanto fuori della loro Patria, che ne' recinti della medesima non la cedono in verun modo a quelli di altre Nazioni, e segnatamente in Roma, Napoli, Milano, Venezia, Genova, e Torino, diversi de' quali oltre l'essere buoni Pottaggieri, sono anche ottimi Arrosticcieri, ed eccellenti Pasticcieri, e quello che più imporla eccellenti nelle Decorazioni di ogni genere, ciò che non possono sicuramente vantarsi i cuochi Francesi, i quali non uniscono mai questi tre offizj in una sola persona. Non si può però negare, che un si picciolo numero di uomini distinti per talento, per cognizioni, per avere veduto il mondo, e per essersi affaticati, onde formarsi, pervenire, e perfezionarsi nella propria professione, non sia oscu rato da una folla di cuocuccoli, tanto ignoranti, altrettanto presontuosi, che in tutta l'Italia, ed anche fuori di essa, non mancano.di formare un certo discredito alla Nazione, riguardo il talento de' cuochi Italiani; ma siccome questo non è altro che un difetto d'ignoranza, di amor proprio, e di educazione, resta solo la speranza che si possono correggere, e caso che ciò non succeda ci vorrà pazienza; non desidero io già che essi diventino filosofi, mentre i cuochi filosofi sono assai rari ne‘ nostri paesi; ma bensì maestri nella professione, saggi, prudenti, e moderati.
presontuosi, che in tutta l'Italia, ed anche fuori di essa, non mancano.di formare un certo discredito alla Nazione, riguardo il talento de' cuochi Italiani; ma
Avverto qui una volta per tutte che nella mia cucina non si fa questione di nomi e che io non do importanza ai titoli ampollosi. Se un inglese dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche con lo strano nome di piccion paio, non è cucinato secondo l'usanza della sua nazione, non me ne importa un fico; mi basta che sia giudicato buono, e tutti pari. Prendete:
dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche con lo strano nome di piccion paio, non è cucinato secondo l'usanza della sua nazione, non me ne importa
Raccontavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del XVIII secolo, i Tedeschi invasero l'Italia, avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto; e facevano inorridire a vederli preparare, ad esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola d'acqua a bollore, strizzandone i lucignoli; ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, furono trovati assai rinciviliti e il sego non era visibile che ne' grandi baffi delle milizie croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto dicono i viaggiatori, una predilezione al sego predomina ancora nella loro cucina, la quale dagl'Italiani è trovata di pessimo gusto e nauseabonda per untumi di grasso d'ogni specie e per certe minestre sbrodolone che non sanno di nulla. Al contrario tutti convengono che i dolci in Germania si sanno fare squisiti e voi stessi potrete, così alto alto, giudicare del vero, da questo che vi descrivo e dagli altri del presente trattato che portano il battesimo di quella nazione.
Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perchè i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l'imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina; perciò non approvo l'uso invalso, per uniformarsi al gusto degli stranieri, di triturare minutissimi nel brodo i capellini, i taglierini, e minestre consimili le quali per essere speciali all'Italia, debbono serbare il carattere della nazione.
Li dico alla francese perchè li trovai in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade con certe ricette stampate, che non corrispondono quasi mai alla pratica, ho dovuto modificare le dosi nelle seguenti proporzioni:
Li dico alla francese perchè li trovai in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade con certe ricette stampate, che non
Perciò coltivare quelle arti e quelle scienze affinchè meglio rispondano ai loro presupposti — la nutrizione sana e saporosa della creatura umana — vuol dire imprimere un moto più fecondo alla prosperità della Nazione.
— vuol dire imprimere un moto più fecondo alla prosperità della Nazione.
Chi più ha deve più dare. La Patria è in armi e ci chiama. In Italia le erbe parassite non debbono allignare. Ognuno deve portare alla grande arteria della Nazione il suo concreto contributo di sangue, perchè domani, quando la Vittoria risplenderà nel nostro cielo sgombro finalmente dall'incubo della ferocia nemica, tutti possano dire di aver contribuito alla Vittoria finale che sarà tanto più bella e goduta quanta più passione essa è costata alle nostre anime.
della Nazione il suo concreto contributo di sangue, perchè domani, quando la Vittoria risplenderà nel nostro cielo sgombro finalmente dall'incubo
Dunque, fin dal periodo 1915-18 la donna cominciò a dimostrare le sue capacità fattive che si esplicarono ottimamente in tutti gli ambienti. Oggi le necessità remote si riaffacciano, e più imperiose che mai. La Patria ha urgente bisogno di aiuto; tutte le energie debbono essere valorizzate al massimo affinchè la grande arteria che alimenta la vita della Nazione continui a pulsare ricca della linfa indispensabile per tale suprema funzione. La vittoria e l'avvenire d'Italia non sono affidati solo al soldato che eroicamente si prodiga, ma a tutto il popolo. Ormai gli italiani tutti costituiscono un unico fronte; ognuno ha la sua arma e la sua trincea; i combattenti il moschetto, i civili l'amore del loro lavoro quotidiano. Falangi di donne già rivestite della loro divisa, assolvono con fervore il grande compito, ma occorre che tutte rispondano all'appello, anche quelle che non essendo obbligate da alcuna necessità economica potrebbero rimanere comodamente in casa.
massimo affinchè la grande arteria che alimenta la vita della Nazione continui a pulsare ricca della linfa indispensabile per tale suprema funzione. La
«La nuova fase della storia italiana sarà dominata da questo postulato: realizzare nel più breve termine possibile il massimo possibile di autarchia nella vita economica della Nazione».
Essa corrisponde nei rapporti economici, alla parola «indipendenza» nei rapporti politici. L'autarchia economica ha infatti il suo principio spirituale nell'idea stessa dell'indipendenza dello stato e della Nazione italiana; essa è infatti un atto di sovrana autonomia politica, imposto da innegabili necessità di ordine demografico ed economico. Un popolo libero, storicamente attivo ed efficiente, non può a meno di raggiungere e di assicurarsi anche l'indipendenza economica, strumento di potenza e di prosperità.
spirituale nell'idea stessa dell'indipendenza dello stato e della Nazione italiana; essa è infatti un atto di sovrana autonomia politica, imposto da
«Vi è un settore nel quale si deve tendere soprattutto a realizzare questa autonomia: il settore della difesa nazionale. Quando questa autonomia manchi, ogni possibilità di difesa è compromessa. La politica sarà alla mercè delle prepotenze straniere, anche soltanto economiche; la guerra economica, la guerra invisibile, inaugurata da Ginevra contro l'Italia, finirebbe per avere ragione di un popolo, anche se composto di eroi». E quindi un'impostazione storico-politica che noi diamo alla grande azione autarchica italiana. Infatti l'efficienza bellica di una Nazione è il dato complesso resultante non dalla semplice somma, ma dalla coordinazione dell'efficienza militare, economica, morale, industriale.
'impostazione storico-politica che noi diamo alla grande azione autarchica italiana. Infatti l'efficienza bellica di una Nazione è il dato complesso
Ma se le energie morali di un popolo consapevole del suo destino ed unito nel suo spirito come non lo fu mai nei millenni della sua storia, hanno fiaccato la tracotanza nemica ed hanno reso sterile ogni tentativo di soffocamento economico, ciò non deve far dimenticare il tremendo pericolo corso dalla Nazione, non deve dispensarci dal dovere di apprestare tutti i mezzi per potenziare al massimo le nostre capacità di resistenza, e la nostra possibilità di offesa, l'una e l'altra mai disgiunte dalla nostra decisa volontà di vittoria e di potenza.
dalla Nazione, non deve dispensarci dal dovere di apprestare tutti i mezzi per potenziare al massimo le nostre capacità di resistenza, e la nostra
Per essere preparati, per essere messi in condizione di difenderci, di offendere, di combattere e vincere, è necessario potenziare al massimo le energie produttive, utilizzare tutte le risorse del suolo, della tecnica, della scienza, dell'industria. Accanto alla battaglia del grano, s'impone quella dei grassi, del bestiame, dei combustibili solidi e liquidi, dei metalli, dei tessili, dei prodotti chimici, della gomma, della cellulosa. È necessario che gli strumenti della vita economica nazionale: agricoltura, industria, commercio, trasporti, credito, siano indirizzati al raggiungimento di un fine unico: l'indipendenza economica nazionale. Piano vasto, per il quale occorre un tenace coordinamento di mezzi e di sforzi, volontà tesa a superare tutti gli ostacoli; opera ciclopica che investe ogni settore della vita produttiva nazionale e richiede l'impiego di tutte le energie morali del popolo. Oggi la guerra non la fa soltanto un esercito, ma tutta la Nazione; oggi avanzano solo i popoli unitari, quelli che hanno una sola meta, che si identifica col Governo che li regge.
popolo. Oggi la guerra non la fa soltanto un esercito, ma tutta la Nazione; oggi avanzano solo i popoli unitari, quelli che hanno una sola meta, che si
Le rinnovate attività agricole ed industriali che hanno creato nuove fonti di produzione, i progressi della scienza, lo sfruttamento sempre più largo e razionale delle nostre forze idrauliche, le ricerche a cui uomini di valore si sono dedicati in questi ultimi anni, danno sicuro affidamento che questo operoso risorgere di sopite energie, sarà causa di un indirizzo rinnovatore in tutta la vita della Nazione.
questo operoso risorgere di sopite energie, sarà causa di un indirizzo rinnovatore in tutta la vita della Nazione.
Dalle considerazioni fatte, emerge chiara e luminosa la verità che l'autarchia è un grande antidoto all'ozio dei popoli, e il maggiore incentivo verso un più alto tono di vita civile ed economica. È un dovere e una necessità l'uno e l'altra inderogabili per la vita presente e la potenza avvenire della Nazione.
Per quello che concerne la produzione cerealicola, l'alta mente del Duce ha sentito e veduto, in tutta la sua cruda realtà, il problema granario italiano ed ha concepito il disegno di affrontarlo decisamente e di avviarlo alle più rapide soluzioni possibili. Di qui l'origine della battaglia del grano; alla quale i rurali d'Italia hanno aderito con un entusiasmo ed una fede che non hanno conosciuto smarrimento o stanchezza, nonostante le vicende economiche non sempre liete e quelle stagionali troppo spesso contrarie. I resultati conseguiti, in questi ultimi anni, offrono una chiara dimostrazione del contributo che la Battaglia granaria ha già arrecato all'autonomia alimentare e all'indipendenza economica della Nazione e sono di sicuro auspicio che, nel dopo guerra glorioso, il buon pane italiano sarà finalmente e interamente prodotto dalla terra italiana.
dimostrazione del contributo che la Battaglia granaria ha già arrecato all'autonomia alimentare e all'indipendenza economica della Nazione e sono di sicuro
Così la famiglia italiana, nucleo essenziale della Nazione, che rispecchia e risolve in sè tutti gli ardui e poderosi problemi della complessa vita economica nazionale, è chiamata a dare il suo prezioso contributo alla vittoria autarchica.
Così la famiglia italiana, nucleo essenziale della Nazione, che rispecchia e risolve in sè tutti gli ardui e poderosi problemi della complessa vita
È proprio nella famiglia che si può cooperare all'opera indefessa delle superiori gerarchie e alla donna italiana spetta questa responsabilità, quest' alto impegno nazionale. Infatti la famiglia, come «ente economico», assume oggi un'importanza considerevole. Il Duce, studiando le questioni che direttamente riguardano l'autarchia della Nazione, nel rendersi conto dello sviluppo dei piani preparati al fine di svincolare tutta l'economia nazionale dalla soggezione straniera, nel prender tutte le misure atte a garantirne il graduale e definitivo affrancamento, ha dimostrato esplicitamente la necessità di sottoporre la famiglia italiana ad un regime di vita perfettamente intonato alle superiori esigenze del Paese e alle sue particolari condizioni economiche.
direttamente riguardano l'autarchia della Nazione, nel rendersi conto dello sviluppo dei piani preparati al fine di svincolare tutta l'economia nazionale
È nostro compito appunto considerare, nei seguenti capitoli, quali sprechi comunemente si effettuano nell'economia domestica per quello che concerne l'alimentazione e come sia possibile evitarli, portando così un notevole beneficio, prima di tutto al bilancio famigliare e di conseguenza all'economia della Nazione.
L'allevamento del coniglio occupa oggi un posto di primissimo piano nell'autarchia alimentare della Nazione. Da sicure statistiche risulta che attualmente l'apporto globale è di 50 60 milioni di conigli all'anno, ma si deve arrivare ai 100 milioni indicati dal Duce quale meta della produzione nazionale. Si sa che il coniglio è di facile allevamento: infatti può essere tenuto in apposite gabbie con le quali si può realizzare un risparmio notevole nel mangime. In un anno una coniglia può dare approssimativamente dai 25 ai 30 conigli che in alcuni mesi raggiungono il tempo utile per la macellazione.
L'allevamento del coniglio occupa oggi un posto di primissimo piano nell'autarchia alimentare della Nazione. Da sicure statistiche risulta che
Per fortuna, anche in questo campo, la guerra, presente con le sue limitazioni e le sue ristrettezze, ha certamente diminuito il numero di questi esagerati mangiatori. E ciò è stato salutare, tanto più che è da augurarsi che l'abitudine alla moderazione del vitto, contratta durante il periodo bellico, permanga anche quando le cose torneranno normali, con notevole beneficio della salute dell'individuo e con utilità grandissima all'economia della Nazione.
Ora questo spreco, avvenendo giorno per giorno, mattina e sera per anni interi ed a volte per decenni, da ognuno di questi eccessivi mangiatori, nel corso della sua vita, finisce col pesare sul bilancio sociale per uno spreco effettivo alimentare di molte decine di quintali di derrate e di moltissime migliaia di lire italiane. Cifre imponenti quando si pensa che questo allegro esercito di sciuponi giornalieri, a calcoli fatti, si conta a milioni specie nei grandi centri urbani della Nazione.
Oggi, anche a quelle famiglie benestanti, la guerra ha imposto delle limitazioni sia nel consumo della legna, sia in quello del carbone e più ancora in quello del gas; sì che è da sperare che anche in questo campo, si sia addivenuti ad un più saggio spirito di economia che sarà salutare poi anche in tempo di pace, per il benessere economico della famiglia e più ancora per quello della Nazione.
in tempo di pace, per il benessere economico della famiglia e più ancora per quello della Nazione.
È una maniera tedesca di presentare dolci e vivande trite involte in una pasta che le avvolge come un budello il quale si arrotola in cerchio ripetute volte come un serpente. Forma poco simpatica, ma ogni nazione ha le forme di cucina che merita.
ripetute volte come un serpente. Forma poco simpatica, ma ogni nazione ha le forme di cucina che merita.
Li dico alla francese perché li trovai in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade con tali ricette stampate, che non corrispondono quasi mai alla pratica, ho dovuto modificare le dosi nelle seguenti proporzioni:
Li dico alla francese perché li trovai in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade con tali ricette stampate, che non
Avverto qui una volta per tutte che nella mia cucina non si fa questione di nomi e che io non do importanza ai titoli ampollosi. Se un inglese dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche collo strano nome di piccion paio, non è cucinato secondo l'usanza della sua nazione, non me ne importa un fischio: mi basta che sia giudicato buono, e tutti pari.
dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche collo strano nome di piccion paio, non è cucinato secondo l'usanza della sua nazione, non me ne importa
Raccontavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del secolo passato, i Tedeschi invasero l'Italia avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto; e facevano inorridire a vederli preparare, ad esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola d'acqua a bollore, strizzandone i lucignoli; ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, furono trovati assai rinciviliti e il sego non era visibile che ne' grandi baffi delle milizie Croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto dicono i viaggiatori, una predilezione al sego predomina ancora nella loro cucina, la quale dagl'Italiani è trovata di pessimo gusto e nauseabonda per untumi di grasso d'ogni specie e per certe minestre sbrodolone che non sanno di nulla. Al contrario tutti convengono che i dolci in Germania si sanno fare squisiti e voi stessi potrete, così alto alto, giudicare del vero, da questo che vi descrivo e dagli altri del presente trattato che portano il battesimo di quella nazione.