Procedete in questa maniera: preparate una soluzione di acqua e solfato d'ammoniaca (100 gr. di solfato per ogni litro d'acqua) regolandovi per la quantità sulla quantità di stoffa da trattare che dovrà restarvi immersa almeno dodici ore; dopo di che, ben strizzata, sarà messa ad asciugare. Un tessuto che ha subito questo trattamento potrà annerirsi e anche carbonizzarsi, ma non diverrà mai preda delle fiamme. Questo sistema serve soprattutto per le stoffe piuttosto pesanti: per quelle leggere è meglio ricorrere alla seguente miscela: acqua 10 litri; solfato d'ammoniaca gr. 800; carbonato d'ammoniaca puro gr. 250; acido borico gr. 300; borace gr. 200; amido in polvere gr. 200. Fate riscaldare questa miscela, mescolandola spesso e quando ha raggiunto i 30° toglietela dal fuoco, immergete in essa i tessuti, strizzateli, fateli asciugare all'ombra e stirateli poi con la protezione di un panno umido.
raggiunto i 30° toglietela dal fuoco, immergete in essa i tessuti, strizzateli, fateli asciugare all'ombra e stirateli poi con la protezione di un
Fate seccare il basilico minore all'ombra, levate soltanto le foglie, pestatele fine, e passatele al setaccio di seta, ponetelo in una scato la, e tenetelo in luogo asciutto. Cosi potete seccare, e pestare tutte sorta d'Erbe aromatiche, come Timo, Alloro, Persa, Erba pepe, Menta ec. bisogna osservare che siano ben secche.
Fate seccare il basilico minore all'ombra, levate soltanto le foglie, pestatele fine, e passatele al setaccio di seta, ponetelo in una scato la, e
Principierò dunque dai prugnoli, che durano fino a tutto giugno; questi sono di una polpa soda di un ottimo odore, e di un gusto esquisito; inoltre si fanno seccare all'ombra, o al sole per conservarli, e per essere stimati, debbono essere assai piccioli.
si fanno seccare all'ombra, o al sole per conservarli, e per essere stimati, debbono essere assai piccioli.
Fate seccare il basilico minore all'ombra, levate soltanto le foglie, pestatele fine, e passatele al setaccio di seta, ponetelo in una scato- la, e tenetelo in luogo asciutto. Cosi potete seccare, e pestare tutte sorta d'Erbe aromatiche, come Timo, Alloro, Persa, Erba pepe, Menta ec. bisogna osservare, che siano ben secche.
Fate seccare il basilico minore all'ombra, levate soltanto le foglie, pestatele fine, e passatele al setaccio di seta, ponetelo in una scato- la, e
Principierò dunque dai prugnoli, che durano fino a tutto Giugno; questi sono di una polpa soda di un ottimo odore, e di un gusto esquisito; inoltre si fanno seccare all'ombra, o al sole per conservarli, e per essere stimati, debbono essere assai piccioli.
si fanno seccare all'ombra, o al sole per conservarli, e per essere stimati, debbono essere assai piccioli.
Antremè = Questa Gelatina la potete fare di rose fresche, e di rose seccate di recente. Per le fresche prendete una quantità sufficiente di rose pallide, dette in Roma maggesi, sfrondatele, fatele appassire un giorno all'ombra sopra fogli di carta da scrivere, quindi mettetele in infusione nello spirito di vino, come si è detto di sopra, e finite, e servite questa Gelatina nello stesso modo dell'altra. Colle rose secche si appresta nella stessa maniera.
pallide, dette in Roma maggesi, sfrondatele, fatele appassire un giorno all'ombra sopra fogli di carta da scrivere, quindi mettetele in infusione nello
Preparateli nel colmo della raccolta quando costano poco; però vanno scelti di buona qualità e giusti di maturazione. Levate loro tutte le foglie coriacee, spuntateli, mondate un buon tratto del loro gambo e tagliateli in quattro spicchi recidendone il pelo, se qualcuno l'avesse. Via via che li tagliate gettateli nell'acqua fresca acidulata con aceto o limone onde non diventino neri e per lo stesso motivo metteteli al fuoco in un vaso di terra contenente acqua bollente alla quale sarà bene dare odore con un mazzetto di erbe aromatiche, come pepolino, basilico, foglie di sedano e simili. Dieci minuti di bollitura, ed anche soli cinque se sono teneri, saranno sufficienti per cuocerli a metà. Scolateli, e metteteli in un graticcio ad asciugare al sole; poi infilateli e finite di seccarli all'ombra in luogo ventilato. Possibilmente non teneteli tanto al sole onde non prendano odore di fieno. Quando si adoperano per fritto o per contorno agli umidi, si rammolliscono nell'acqua bollente.
asciugare al sole; poi infilateli e finite di seccarli all'ombra in luogo ventilato. Possibilmente non teneteli tanto al sole onde non prendano odore di fieno
Ecco il caffè, signore, caffè in Arabia nato, E dalle carovane in Ispaan portato. L'arabo certamente sempre è il caffè migliore; Mentre spunta da un lato, mette dall'altro il fiore. Nasce in pingue terreno, vuol ombra, o poco sole. Piantare ogni tre anni l'arboscel si suole. Il frutto, non è vero, ch'esser debba piccino, Anzi dev'esser grosso, basta sia verdolino. Usarlo indi conviene di fresco macinato, In luogo caldo e asciutto, con gelosia guardato. A farlo vi vuol poco; Mettervi la sua dose, e non versarlo al fuoco, Far sollevar la spuma, poi abbassarla a un tratto Sei, sette volte almeno, il caffè presto è fatto.
lato, mette dall'altro il fiore. Nasce in pingue terreno, vuol ombra, o poco sole. Piantare ogni tre anni l'arboscel si suole. Il frutto, non è vero
Verso il mese di Settembre mondate e triturate minutamente una quantità qualunque di prezzemolo; poi lasciatelo seccare all'ombra, e chiudete in un vaso od in bottiglie conservandolo in luogo asciutto. Quando vorrete servirvene, lo farete rinvenire nell'acqua tiepida, e troverete che niente ha perduto di colore, nè di sapore, nè di fragranza.
Verso il mese di Settembre mondate e triturate minutamente una quantità qualunque di prezzemolo; poi lasciatelo seccare all'ombra, e chiudete in un
Sebbene al N. progressivo 421, di questa raccolta, si legga una consimile preparazione, trovo bene di marcare la presente che sembrami promettere migliore riuscita anche per una più ragionevole misura nelle dosi dei diversi ingredienti, poi anche per una più diligente manipolazione: Dopo aver ripulito una quantità di piccoli funghi che riescano ad un quattro o cinque kl. netti, si lavano bene con acqua fresca, e si mettono ad asciugare all'ombra sopra una tovaglia distesi radi, lasciandoveli per circa dodici ore. Dopo ciò si mettono al fuoco in una caldaja di rame bene stagnata con un litro di olio fino d'ulivo, e mezzo litro di buon aceto, mezza libbra di sale pesto grossolamente, un po' di cannella anche intiera, ed un'oncia di noce, moscata raschiata. Si lascerà bollire per un quarto d'ora rimescolando gli ingredienti suddetti affinchè non si attacchino al fondo poichè prenderebbero il cattivo gusto del bruciato quindi si versaranno in un recipiente largo di terra cotta lasciandoli raffreddare per 24 ore; dopo di che si collocano nei vasi per conservarli, ricuoprendoli con una piastra di lavagna, o di creta, ed aggiungendovi la quantità di olio fino d'ulivo necessario perchè non si guastino, la quale deve stare almeno due dita al disopra della lavagna suddetta, cioè 2 traversi di dito.
ripulito una quantità di piccoli funghi che riescano ad un quattro o cinque kl. netti, si lavano bene con acqua fresca, e si mettono ad asciugare all'ombra
Fiorellino grazioso conosciuto anche col nome di mammola, al suo nascere; ci indica l'arrivar del bel tempo, cresce nei prati, nei cespugli, lungo le strade e nei siti boscosi. É come il saggio che ama luoghi solitarii ove regna la pace ed il silenzio. Alfonso Karr assicura che la violetta non è tanto modesta come si crede, sa vendicarsi d'esser nata all'ombra rifiutandosi di separarsi dal suo profumo e questo non si trova che nella corolla. I profumieri sono costretti di fabbricare colla radice dell'Iride di Firenze un odore falsificato di violetta. La coltura rende la violetta doppia, trovasi parimenti nei siti boscosi una varietà di fiori bianchi. La riputazione della violetta è antichissima, era il fiore amatissimo degli Ateniesi ed i Latini la nomarono viola che noi traducemmo in violetta. Questa agreabile pianticella è utile in tutte le sue parti per le sue virtù medicinali. Freschi questi fiori sono mucillaginosi un po' rilassanti e purgano dolcemente come la manna. Si fanno infusioni, decozioni, acque odorose, siroppi medicinali efficaci per le costipazioni e raffreddori. La cucina ne fa eccellenti gelatine.
tanto modesta come si crede, sa vendicarsi d'esser nata all'ombra rifiutandosi di separarsi dal suo profumo e questo non si trova che nella corolla. I
Per conservarli, si lasciano, di mano in mano che si raccolgono, appassire all'ombra per tre o quattro ore, indi si acconciano in un recipiente con buon aceto, ed un poco di sale facendo in modo che l'aceto li ricopra sempre per uno o due pollici di altezza. Tenuti così in luogo fresco, e rinnovata loro di tempo in tempo la concia, si conservino per cinque ed anche sei anni.
Per conservarli, si lasciano, di mano in mano che si raccolgono, appassire all'ombra per tre o quattro ore, indi si acconciano in un recipiente con
Fateli bollire per 5 minuti onde dar loro mezza cottura, scolateli e metteteli sopra un graticcio ad asciugare al sole; poi infilateli e finite di seccarli all'ombra in un luogo arieggiato.
Proprietà. — Si semina in aprile e in maggio in buona terra, a mezzogiorno. Le foglie ne sono aromatiche e di odore aggradevole. Fiori e foglie si adoperano nei condimenti. Le foglie seccate all'ombra si polverizzano e con la polvere se ne cospargono leggermente le vivande. Anche il basilico è un lieve eccitante.
adoperano nei condimenti. Le foglie seccate all'ombra si polverizzano e con la polvere se ne cospargono leggermente le vivande. Anche il basilico è un
Mettete, in compagnia del bue, un pezzetto di polmone o una milza di lattonzolo. Il brodo che darà il bue cuocendo nell'acqua avrà un sapore squisito. Ponete la pentola di terra cotta su Maestro Fuoco, ma che questo sia vivo. Una schiuma biancastra si formerà sul brodo di ebollizione. Toglietela senza pietà; toglietela man mano che si vien formando di modo che non ne resti l'ombra. Poi aggiungete tre porri accuratamente tagliati della grandezza su per giù di un dito. Legateli. Liberi, essi vagherebbero a destra e a sinistra nel brodo. Aggiungete ancora due carote rosse, un navone naturale, una gloriosa foglia di lauro ed una grossa cipolla. Infilate sulla superficie tonda della cipolla, come tre mosche cavalline, tre chiodi di garofano. Non appena tutte queste droghe odorose sono nella pentola, attivate bene il fuoco.
senza pietà; toglietela man mano che si vien formando di modo che non ne resti l'ombra. Poi aggiungete tre porri accuratamente tagliati della grandezza
Forte della mia scienza... congenita e acquisita, portai il quadernetto con le ricette alla proprietaria dell'albergo. E per togliere ogni ombra di saccenteria o di pretesa, cercai di farle capire famigliarmente che desideravo aiutarla nell'economia della cucina, nel risparmio di ciò che era più costoso: con le erbe odorose del suo orto, appunto, che profumano e bonificano le vivande, con le uova, che anzi che essere servite sode e fredde — cibo indigesto, costoso, e di nessuna comparita — possono invece in molto minor numero essere incorporate nelle crostate, e formare con le verdure una vivanda elaborata e completa….
Forte della mia scienza... congenita e acquisita, portai il quadernetto con le ricette alla proprietaria dell'albergo. E per togliere ogni ombra di
Si mette lo zucchero e l'acqua in una casseruola od altro recipiente pulitissimo, e nel quale non vi sia ombra di grasso affatto; si mischia un momento con un mestolino di legno possibilmente nuovo e gli si fa alzare un bollore, si schiuma bene, si passa attraverso uno staccino netto o un pannolino di velato e si lascia raffreddare fino al momento di adoperarlo.
Si mette lo zucchero e l'acqua in una casseruola od altro recipiente pulitissimo, e nel quale non vi sia ombra di grasso affatto; si mischia un
20. Dei funghi. I funghi si puliscono senza scottare, si affettano sottilmente, s'infilzano col refe, si fanno seccare all'ombra, e poi si chiudono in sacchetti di carta. Per servirsene si tengono un momento nell'acqua tepida.
20. Dei funghi. I funghi si puliscono senza scottare, si affettano sottilmente, s'infilzano col refe, si fanno seccare all'ombra, e poi si chiudono
In questi spaziosi ed ameni soggiorni, si alternava il passeggio al riposo, quando all'ombra e quando al sole, ed, aumentato il lusso e le comodità della vita, divennero parti essenziali delle cittadinesche abitazioni, a segno che, una casa, per quanto ornatissima, mancante di orticello, non casa «ma tenebroso ergastolo» si chiamava. I romani chiamavano ogni villa col nome di orto, onde Plinio, nel trattato delle 12 tavole delle leggi, sempre nomina la villa colla parola hortus. È da notarsi che con hortus, al singolare, i latini volevano indicare propriamente quella porzione di terra cintata, ove venivano coltivati gli ortaggi; mentre col plurale di horti si volevano chiamare quei luoghi di passeggioe di convegno, che erano rallegrati dall'ombra delle piante. Così gli orti Pompejani, Luculluiani, Sallustrii, dei Cesari, di Mecenate, ch'erano come i nostri giardini pubblici. ì piccoli orti del basso popolo chiamavansi macelli, perciò Varrone chiamava macellato gli orti degli Jonj a spregiarne la loropiccolezza — egualmente che il foro olitorio, perchè forniva di erbaggi la plebe, dicevasi pure macello. Col vocabolo foro olitorio (il nostro verzee) dalla voce generica olus, colla quale i romani comprendevano qualunque erba sativa che vi si vendesse — ed olitarii erano chiamati gl'istrumenti che servivano alla coltura degli orti, a sradicare le piante, come la marra, la pala, il bidente, ecc. Così d'altre distinzioni notissime, come gli horti herbarii medicinales, destinati alla coltura di varie piante che servivano alla cura di malattie — gli horti alvearii o mellarii, dedicati unicamente alla coltura delle api — gli horti sacri, con voce greca chiamati hierocipis, ove con molta cura si educavano le piante favorite dalle divinità, e di cui facevasi uso nelle sacre pompe, nelle libazioni, nei sacrifizi, nei trionfi, nei mortorii dei magnati e dei cittadini più distinti — cose tutte di cui in seguito se ne confuse la denominazione, e furono riassunte nella voce orto. Ond'è che Orto significa quel terreno, reso utile da una raffinata coltura delle erbe e delle piante, di cui si fa uso più comune — per cibo e condimento — mentre il Giardino, più che all'utilità, bada alla bellezza e rarità delle piante, alla vaghezza dei fiori, che ogni stagione produce.
In questi spaziosi ed ameni soggiorni, si alternava il passeggio al riposo, quando all'ombra e quando al sole, ed, aumentato il lusso e le comodità
Il suo nome dall'arabo Kabar, che significa capo, perchè i bottoni dei fiori ànno la figura di piccole teste. Arboscello ramosissimo perenne, originario dall'Asia e venne per primo a Marsiglia, importato da quella colonia greca che la fondò. Dà in maggio e luglio moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purchè riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un albero. In Barbería, nei contorni di Tunisi e nella Provenza, tra Marsiglia e Tolone, se ne fa la coltivazione in grande. Anzi, nelle vicinanze di quest'ultima città, al principio di questo secolo se ne vedevano dei campi interi, e queste pianticelle si chiamavano tapèniers, ed il frutto tapène. Il càpparo di Provenza è superiore a quello di Tunisi. Il càpparo piccolo è il migliore. Tutti conoscono l'uso dei capperi che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi, che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali.
. Tutti conoscono l'uso dei capperi che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi, che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si
In tre litri d'aceto (meglio il bianco) mettete 750 grammi di foglie di dragone impassite all'ombra, con un sacchettino di chiodi di garofano e zeste di limone — chiudete bene il vaso e mettete al sole per quindici giorni. Passate per tela spremendo il dragone e filtrate. Limpido, conservate in bottiglie.
In tre litri d'aceto (meglio il bianco) mettete 750 grammi di foglie di dragone impassite all'ombra, con un sacchettino di chiodi di garofano e zeste
Phaseolus dal greco Phaselos, navicella, alla cui torma s'avvicina il fagiolo. Il Tanara, dice che la parola fagiolo è dal latino phaseolus, perchè pervenne da Phaso, un'isola di Grecia. Pianticella annuale fecondissima e originaria dalle Indie Orientali, che dà il legume indigeno del fagiolo. Prospera nei terreni freschi e sostanziosi, ma viene quasi dovunque. Teme il freddo e perciò si semina tardi in aprile, e, nei terreni forti, anche in maggio. Sono tre le varietà principali: l'arrampicante, il nano ed il fagiolo dell'occhio. La varietà di Spagna (Phaseolus multiflorus) arrampicante, à grossissimi frutti violetti o bianchi saporitissimi, si può seminare da metà luglio a metà agosto, produce fino ai primi geli. Fra i nani, avvi il primaticcio (Phaseolus nanus), eccellente. Pregiato e saporito è anche il tondo (Phaseolus sphaericus), detto da noi borlott. La prima brina uccide il fagiolo. Dei fagioli si mangiano i semi freschi e secchi, e l'involucro loro, quando sono immaturi, che sono i cornetti (fagiolini). Questo legume nutriente, fornisce grande tributo alla cucina, ma è più o meno flatulento a seconda della qualità, quantità e degli stomachi. Vuol essere ben cotto, e cocetelo in acqua piovana o mettetevi della cenere. I migliori sono i verdi e teneri. Colla farina del fagiolo, si tentò farne del pane, mescolandola a quella di frumento, ma riesce pesante, compatto, indigesto. Cotto il fagiolo, passato allo staccio e liberato dalla buccia, è digeribile assai, perchè è la buccia la parte indigesta. Il fagiolo accompagna il riso, e fa l'allegria del minestrone, è d'ornamento gratissimo alle salsiccie, ai piatti d'umido, se ne fa eccellenti flan, punto indigesti. Il fagiolo non ama molto condimento, perchè secondo il parere della Cuciniera di M. Francisque Sarcey, porte son beurre avec lui. L'insalata di fagioli è per gli stomachi robustissimi. I cornetti si mangiano cotti con burro, panna e insalata. Si mettono in aceto come i citrioli. I cornetti si devono scegliere teneri, piccoli, senza grani già formati. i fagioli sono conservati nello stato di loro squisita succolenza, se vengono colti pri ma della loro perfetta maturità e se si fanno essicare all'ombra, nel loro guscio ed al sicuro d'ogni umidità. Virgilio nella Georgica,I, lo mette fra i cibi da villano:
squisita succolenza, se vengono colti pri ma della loro perfetta maturità e se si fanno essicare all'ombra, nel loro guscio ed al sicuro d'ogni umidità
Conservazione dei cornetti. — Si leva loro il filo, si scottano nell'acqua bollente con poco sale, poi si levano e si mettono in quella fredda e si fanno asciugare alla stufa o all'aria, ma all'ombra e si conservano in luogo asciutto. Bisogna sieno teneri. Si fanno poi rinverdire nell'acqua tepida e mettonsi a fuoco nell'acqua fredda.
fanno asciugare alla stufa o all'aria, ma all'ombra e si conservano in luogo asciutto. Bisogna sieno teneri. Si fanno poi rinverdire nell'acqua tepida
Plinio dice al libro XXV, cap. 2: Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. Non traduco la sentenza di Plinio per rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Reg. IX). I Giudei ricinsero d'issopo la spugna colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'issopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro issopo sia quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'issopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse proprietà. La massaia lo taglia in autunno, lo fa seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma, giusta il detto della Salernitana, colorisce graziosamente la faccia e dà buon umore.
stesse proprietà. La massaia lo taglia in autunno, lo fa seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo
La duracina e le sue varietà, cotta nel vino e zuccaro, sono alimento eccellente per gli stomachi delicati e, sciroppata, il toccasana pel catarro stomacale. La pesca è matura quando dal lato dell'ombra od a tramontana mostra la pelle gialla: in tal momento tramanda la sua fragranza e profumo particolare. Non fatene la prova col tatto, perchè la minima contusione forma una macchia, che in breve tempo la guasta e fa marcire, L'Erera, botanico spagnuolo, dice che se si adacqueranno i persici con latte di capra per tre sere continue quando sono in fiore, vi nasceranno pesche grossissime. In China il pesco è l'albero a frutta più importante e che per la sua fioritura iemale, ne à fatto il simbolo dell'amore e della fedeltà. La pesca colà si crede procuri l'immortalità al felice che ne mangi. Nel linguaggio delle piante presso noi significa: Contento, vita beata, non cercar troppo. Il suo raccolto deve farsi a mano. Quelle destinate al commercio si devono cogliere qualche giorno prima della sua completa maturanza, onde siano più resistenti. La pesca è frutto giocondo, che ricorda le guancie paffute e rosee dei bimbi e delle bimbe, è la rosa dei frutti.
stomacale. La pesca è matura quando dal lato dell'ombra od a tramontana mostra la pelle gialla: in tal momento tramanda la sua fragranza e profumo
Il popone, volgarmente detto melon, è una pianta erbacea, annua, indigena, originaria dall'Asia. Depone, dal greco pepo, che significa maturo. Vuol terreno sciolto, lavorato profondamente, grasso, fresco. Per la coltura forzata, si semina su letto caldo in gennaio, febbraio, marzo: solo in aprile e maggio all'aperto si trapianta. Ama la mezz'ombra e la pulitezza, il troppo umido gli è dannoso. Si svetta, a farlo più prolifico e ad impedirne una soverchia vegetazione. I semi del popone germinano fino ai 5 anni. È maturo quando il suo peduncolo è corto, grosso, à sapore amarognolo, e quando il frutto è pesante e resistente alla pressione. L'odore non deve essere molto pronunciato. La troppa sonorità del frutto, battuto colle dita, è indizio d'immaturità. Il distico seguente ve lo insegna:
maggio all'aperto si trapianta. Ama la mezz'ombra e la pulitezza, il troppo umido gli è dannoso. Si svetta, a farlo più prolifico e ad impedirne una
Il susino o prunoè una pianta indigena a foglie caduche, originaria dell'Asia. Le qualità migliori seguono il clima della vite. Da noi resiste ovunque all'aperto e sui monti fino a 400 m. Fiorisce a metà aprile e matura, a seconda delle varietà e posizioni, dal luglio a tutto ottobre. Soffre l'ombra, ama terreno fresco, non umido. Si propaga per polloni, ma meglio per nocciolo e per innesto. Infinite le sue varietà, alcune delle quali si consumano verdi ed altre meglio si prestano ad essere essiccate. Noto la Mirabella (brugna gialda) che matura alla fine di luglio. La Damascena, originaria di Damasco portata dal duca d'Anjou al tempo delle Crociate, nome che si corruppe poi in d'amoscina, moscina e volgarmente massina, e da noi per eccellenza la nera (Prunus domestica ungarica). — La Regina Claudia (brugna Sancló) grossa e piccola, che matura in agosto, e la Settembrina, ecc. Nel linguaggio delle piante significa: Promessa. Il raccolto delle susine da conservarsi deve farsi delicatamente, a mano, quando sono asciutte dalla rugiada e dalla pioggia. La susina è nutriente quanto il fico, è di facile digestione e costituisce un cibo grato, sì fresca la state, che essiccata nel verno. Sotto questa forma ne fanno attivo e proficuo commercio diversi paesi meridionali d'Italia e di Francia. Quelle di Palermo e di Provenza sono le più stimate. Si conciano al giulebbe, servono nei ragouts e nei ripieni delle pollerie,, massime del pollo d'India, al quale levano quella certa ruvidezza e selvatichezza di sapore che possiede la sua carne. Si conservano nello spirito, aromatizzate e confettate. In Germania, nella Lorena e nella Svizzera se ne fabbrica alcool, i tedeschi lo chiamano Zwetschker-wasser. Gli Ungheresi Sligowitz e in Transilvania Raki. In farmacia, massime della qualità damascena, se ne fa conserva e polpa, che viene spesso a surrogare, con innocente falsificazione, quella dei tamarindi e cassia e che non è meno rinfrescante e lassativa. Serve pure a preparare, come ingrediente principale, l'elettuario lenitivo, giova agli stitici, onde quel proverbio: mangiando di molte susine, saran di quaresima molt' erba. Ario morì d'una scorpacciata di susine. Il legno è durissimo e serve egli intarsiatori. La Scuola Salernitana, dice:
'ombra, ama terreno fresco, non umido. Si propaga per polloni, ma meglio per nocciolo e per innesto. Infinite le sue varietà, alcune delle quali si
Ogni lingua è un organismo vivo e in continua evoluzione ed è semplicemente ridicolo fermarsi pensosi a ogni pie sospinto per indagare se il Rigutini direbbe o non direbbe così o se la Crusca consentirebbe l'impiego di una data parola. Abbiamo visto in questi ultimi anni che parole esotiche riguardante gli sports, i giuochi, le arti, i mestieri e recentemente la radiofonia hanno acquistato diritto di cittadinanza italiana anche perchè nella nostra lingua non c'era l'equivalente. E così sia pure per l'arte della cucina. Per conto nostro, che pure abbiamo uno stato di servizio letterario non assolutamente indegno, e professiamo il più geloso amore per la nostra Patria e per quanto ad essa possa riferirsi, abbiamo accolto senz'altro «menu», italianizzandolo con un accento, «purè», e tanti altri vocaboli, piuttosto che ricorrere alle ridicole volgarizzazioni di «lista», «passato», ecc. per non parlare di quel tale «sgonfiotto» col quale l'Artusi pretendeva di tradurre il soufflé francese. Così per le chenelle. La parola francese è «quenelles», e ricordiamo che parecchi anni addietro alcuni cuochi morsi dalla tarantola letteraria si accanirono in una rivista su queste povere chenelle per trovar loro un nome italiano fino a che, incredibile ma vero, le battezzarono per «morbidelle». Ombra di Pellegrino Artusi sei vendicata! Dinanzi a tanto inutile scempio accontentiamoci di quel che c'è senza farci ridere appresso per la smania di italianizzare a qualunque costo, e diciamo pure chenelle, scrivendo la parola come si pronunzia. Chiediamo venia a chi soffre il solletico del purismo, e passiamo senz'altro alla ricetta fondamentale della farcia di pollo, da cui derivano tutte o quasi tutte le altre.
per trovar loro un nome italiano fino a che, incredibile ma vero, le battezzarono per «morbidelle». Ombra di Pellegrino Artusi sei vendicata! Dinanzi a
E bene conservare le ciliege in quei vasi cilindrici di vetro col loro tappo smerigliato, e della capacità di uno o due litri. Stenderete prima le ciliege su una tovaglia e le lascerete, così all'ombra, per una giornata; poi, dopo aver tagliato i gambi a metà con le forbici, le disporrete nei vasi di vetro, dove metterete anche quattro o cinque chiodi di garofani, un pezzo di cannella e un po' di zucchero (una cucchiaiata colma per un vaso da un litro). Coprite le ciliege di alcool di buona qualità, chiudete il vaso col suo tappo smerigliato, e poi con un pezzo di pergamena, che legherete intorno all'orlo del vaso. Portate le ciliege in dispensa, e aspettate per mangiarle che siano trascorsi un paio di mesi. Le ciliege sotto spirito si servono generalmente in bicchierini da rosolio (due o tre ciliege a persona) accompagnandole con un pochino del loro liquido aromatizzato.
ciliege su una tovaglia e le lascerete, così all'ombra, per una giornata; poi, dopo aver tagliato i gambi a metà con le forbici, le disporrete nei vasi
Il suo nome dall'arabo Kappar. Arboscello ramosissimo, perenne, originario dall'Asia che da Maggio a Luglio dà moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purché riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un'albero. Tutti conoscono l'uso dei capperi, che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali. Ai primi freddi si possono raccogliere anche le frondi, farle bollire alquanto all'acqua, acciò perdano l'amaro e ben asciutte accomodarle con aceto e sale e serbarle, come il frutto, per le insalate. Il cappero è rammentato dalla Bibbia nell'Ecclesiaste. Gli antichi gli assegnavano molte virtù e ne usavano per cucina gli Egiziani ed i Romani testi Dioscoride e Plinio. È stimolante e facilita la digestione. In medicina si usa la corteccia della radice e godette già riputazione specialmente nei mali di milza. In Algeria viene usato in decotto contro l'ischiade. Forse là il capparo vi è più attivo che da noi; aveva però già notato Dioscoride che bibitur utilissime in coxarum doloribus. Esternamente la radice contusa e cotta si applica come antisettica, cicatrizzante e stomachica. La scuola di Salerno ci raccomanda: Sit tibi cappàrus solidus rubeus subamarus.
frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne
Conservazione dei cornetti. — Si leva loro il filo, si scottano nell'aqua bollente con poco sale, poi si levano e si mettono in quella fredda e si fanno asciugare alla stufa o all'aria ma all'ombra e si conservano in luogo asciutto. Bisogna sieno teneri. Si fanno poi rinverdire nell' aqua tepida e mettonsi a fuoco nell' aqua fredda.
fanno asciugare alla stufa o all'aria ma all'ombra e si conservano in luogo asciutto. Bisogna sieno teneri. Si fanno poi rinverdire nell' aqua tepida e
Plinio dice al lib. 25 cap. 2: « Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. » Non traduco la sentenza di Plinio per rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Regum,3). I Giudei ricinsero d'isopo la spugna colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'isopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro isopo sia quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'isopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse proprietà. La massaja lo taglia in autunno lo fà seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma giusta il detto della salernitana colorisce graziosamente la faccia e dà buon umore.
proprietà. La massaja lo taglia in autunno lo fà seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma
Nelle città meridionali, dove i carciofi si trovano quasi in tutti i mesi dell'anno, è inutile prendersi il disturbo di seccarli, tanto più che tra il carciofo fresco e il secco la differenza è grande; ma fanno comodo in que' paesi dove, passata la stagione, più non si trovano. Preparateli nel colmo della raccolta quando costano poco; però vanno scelti di buona qualità e giusti di maturazione. Levate loro tutte le foglie coriacee, spuntateli, mondate un buon tratto del loro gambo e tagliateli in quattro spicchi recidendone il pelo, se qualcuno l'avesse. Via via che li tagliate gettateli nell'acqua fresca acidulata con aceto o limone onde non diventino neri e per lo stesso motivo metteteli al fuoco in un vaso di terra contenente acqua bollente alla quale sarà bene dare odore con un mazzetto di erbe aromatiche, come il pepolino, il bassilico, le foglie del sedano e simili. Dieci minuti di bollitura, od anche soli cinque se sono teneri, saranno sufficienti per cuocerli a metà. Scolateli e metteteli in un graticcio ad asciugare al sole; poi infilateli e finite di seccarli all'ombra in luogo ventilato. Possibilmente non teneteli tanto al sole onde non prendano odore di fieno. Quando si adoperano per fritto e per contorno agli umidi, si rammolliscono nell'acqua bollente.
; poi infilateli e finite di seccarli all'ombra in luogo ventilato. Possibilmente non teneteli tanto al sole onde non prendano odore di fieno. Quando si
1. Aceto di serpentaria. — Raccogliete due manate di foglioline di serpentaria, lasciatele asciugare mezza giornata all'ombra, mettetele in un litro di buon aceto, mettetele 15 giorni al sole, e filtrate l'aceto dalla carta.
1. Aceto di serpentaria. — Raccogliete due manate di foglioline di serpentaria, lasciatele asciugare mezza giornata all'ombra, mettetele in un litro
3. Aceto d'erbe N. 1. — Foglie di serpentaria, di santoreggia, di basilico, di timo, di maggiorana, di pimpinella, di melissa un pugnetto per qualità, una cipolla mondata, una fesina d'aglio, 6 grani di pepe nero,6 grani di pepe garofanato, 2 garofani e una foglietta di macis. Collocate quest'ingredienti, un po' asciugati all'ombra, entro una grande bottiglia, copriteli con 2 litri di buon aceto e lasciateli tre settimane al sole, poi filtrate.
'ingredienti, un po' asciugati all'ombra, entro una grande bottiglia, copriteli con 2 litri di buon aceto e lasciateli tre settimane al sole, poi filtrate.
10. Aceto di scalogno O di cipolla. Tanto gli scalogni come le cipolle devono essere raccolti di fresco. Metteteli in infusione nell'aceto, calcolando circa 120 gr. di cipolle per 1 litro d'aceto forte. Filtrate dopo 15 giorni (la bottiglia sarà posta all'ombra e scossa ogni giorno) se bramate un sapore leggero, dopo 20-30 giorni se lo gradite più forte.
, calcolando circa 120 gr. di cipolle per 1 litro d'aceto forte. Filtrate dopo 15 giorni (la bottiglia sarà posta all'ombra e scossa ogni giorno) se bramate un
5. Aceto reale (francese). — Fiori di sambuco 4 manatelle, foglie di serpentaria 4 manate, la scorza d'un limone e quella di mezz'arancio amara trita finissima, un pugnetto di fiori d'arancio interi, una fesina di rocambole, due pizzichi di pepe di Cajenna, cannella e garofani a discrezione, 2 cucchiai di sale, 2 litri d'aceto forte. Lasciate in infusione 6 mesi in luogo asciutto, all'ombra.
cucchiai di sale, 2 litri d'aceto forte. Lasciate in infusione 6 mesi in luogo asciutto, all'ombra.
Procedimento. Schiacciate le ciliege insieme ai nòccioli, versatevi sopra l'aceto, lasciatele macerare un paio di settimane all'ombra, filtrate il sugo, aggiungete lo zucchero ridotto a sciroppo, fate sobbollire il liquido e riponetelo.
Procedimento. Schiacciate le ciliege insieme ai nòccioli, versatevi sopra l'aceto, lasciatele macerare un paio di settimane all'ombra, filtrate il
Procedimento. Mettete l'uva sgranata in una cazzarola sull'orlo del fornello e rimestando con un cucchiaio di legno fatene uscire il sugo, unite a questo lo zucchero sciroppato e le droghe, versatelo in un vaso di vetro che non dev'essere nè pieno nè troppo chiuso, collocatelo all'ombra e dopo tre settimane filtrate.
questo lo zucchero sciroppato e le droghe, versatelo in un vaso di vetro che non dev'essere nè pieno nè troppo chiuso, collocatelo all'ombra e dopo tre
Procedimento. Lavate gli anici e asciugateli all'ombra, metteteli in fusione nello spirito colla scorza e colla cannella, dopo 15 giorni aggiungetevi lo zucchero ridotto a sciroppo e filtrate.
Procedimento. Lavate gli anici e asciugateli all'ombra, metteteli in fusione nello spirito colla scorza e colla cannella, dopo 15 giorni aggiungetevi
Procedimento. Mettete tutti gì'ingredienti in fusione nel vino che dev'essere di prima qualità e sincero, lasciando il liquido all'ombra, alcuni giorni ; aggiungete poi lo spirito, filtrate.
Procedimento. Mettete tutti gì'ingredienti in fusione nel vino che dev'essere di prima qualità e sincero, lasciando il liquido all'ombra, alcuni
26. Funghi secchi. — Non tutti i funghi si possono bene seccare. Riescono particolarmente bene i boleti, i prugnoli e gli spugnoli, i quali due ultimi si possono infilare in un leggero spago e appendere al sole. I boleti si tagliano a fette non troppo sottili (i gambi sempre di traverso) e si asciugano all'ombra su graticci coperti da un pannolino collocando le fette con ordine, senza che si sovrappongano e voltandole ogni giorno. È assolutamente necessario di scartare tutte le parti del fungo che non sono perfette. Quando i funghi sono secchi si appendono all'aria in sacchi d'organdis. In tal modo si conservano anche due anni, ma dopo un anno perdono molto del loro aroma. Quando vorrete adoperarli li metterete nell'acqua tiepida lasciandoveli alcune ore.
asciugano all'ombra su graticci coperti da un pannolino collocando le fette con ordine, senza che si sovrappongano e voltandole ogni giorno. È
31. Erbe fine seccate e polverizzate. — Cogliete all'estate prima che fioriscano dei ramicelli di timo, di maggiorana, di santoreggia, di basilico, delle fogliuzze di serpentaria, di aneto, di cerfoglio, di pimpinella (erba dell'anice), collocateli sui graticci e fateli asciugare e seccare all'ombra. Prendete poi due parti di timo, di basilico e di serpentaria per una parte delle altre erbe, pestate tutto insieme nel mortaio e riponete il composto in vasi di vetro chiusi con tappo a smeriglio onde servirvene per le minestre, gli umidi ecc.
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214. d). Pigliate una pignatta nuova che tenga un boccale, e mettetevi dentro un pugno di laca verzina pestato, tanto quanto ne starebbe in una guscia d'uovo, poi empite d'acqua e fatela bollire un poco, poscia aggiungetevi un'oncia d'allume di rocca, fatela bollire tanto che ella s'attacchi all'unghia, poi colatela in un vaso ben inverniciato; di poi pigliate una tela di bombagia vecchia, bagnatela nella detta tinta senza spremerla e asciugatela all'ombra, seguitate sintanto ch'abbia tirato il colore.
asciugatela all'ombra, seguitate sintanto ch'abbia tirato il colore.
Lo scorso sabato noi, mogli villeggianti, mentre aspettavamo che giungesse il treno dei mariti ce ne stavamo sedute all'ombra ella tristerella vite che adorna la piccola stazione del paese.
Lo scorso sabato noi, mogli villeggianti, mentre aspettavamo che giungesse il treno dei mariti ce ne stavamo sedute all'ombra ella tristerella vite