Due secoli fa il caffè in Europa era sconosciuto. Dalle sponde del Mar Rosso venne a Medina, alla Mecca, a Costantinopoli. Si racconta che alcuni pastori osservarono che le capre che mangiavano le cime fiorite di quell'arboscello diventavano più vispe, onde il Priore di un convento in Arabia, le diede in manicaretto a' suoi pingui frati, che soffrivano terribilmente di sonnolenza. Il primo a portare il caffè in Europa fu Prospero Alpino, celebre medico di Marostica, su quel di Vicenza, che lo fe' conoscere a Venezia nel 1645. Soliman Aga, ambasciatore della Porta e dell'Armenia, fu il primo che nel 1669 lo portò in Francia. Un Armeno della sua ambasciata, fu il primo che apri una bottega da Caffè sulla Foire San Germain, Quai de rècole. Procope, nel 1770, fu il primo che diede a quella bottega il nome e l'aria dei nostri Caffè. Voltaire, Piron, Fontanelle ne furono i primi quotidiani frequentatori. Da Venezia venne a Padova, Milano, Roma. A Roma il più antico Caffè era il così detto Caffè Veneziano, chiuso nel 1861, di fronte al Palazzo Sciarra, dove è ora la Cassa di Risparmio. Anche il Caffè Greco e quello delle Case Bruciate sono antichissimi e datano dalla prima epoca del caffè.
frequentatori. Da Venezia venne a Padova, Milano, Roma. A Roma il più antico Caffè era il così detto Caffè Veneziano, chiuso nel 1861, di fronte al
. Cioè, di bergli sopra del vino, tutto all'apposto del nostro proverbio: al fico l'acqua ed alla pera il vino. La tradizione vuole che la calata dei Normanni si debba al fico, che erano golosissimi di provarne la tanto decantata bontà. Tramanda la storia romana, che il 7 luglio, una fantesca, salita su di un fico selvatico, s'accorse che i Galli, che assediavano Roma, erano ubbriachi ed immersi nel sonno e ne avvertì i Romani, che li sorpresero e ne fecero macello. Dopo di che, in onore di Giunone, sotto le ficaie selvatiche, celebraronsi dalle schiave e dalle libere unitamente le None Caprotine, o feste delle serve. Scrive infine il Simonetta, che al suo tempo, in Padova, un garzone mangiò 40 libbre di fichi al padrone, et poi si morì ethico. Castor Durante fece un poema sul fico nel 1617. La tradizione vuole che Giuda si appiccasse ad una pianta di fico.
Caprotine, o feste delle serve. Scrive infine il Simonetta, che al suo tempo, in Padova, un garzone mangiò 40 libbre di fichi al padrone, et poi si morì
Capisco la satira. Trattandosi di zucche, ti sei rivolto ad un professore. Ebbene, non ti sei male apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo mondo possono elevarsi alla più alta aristocrazia non solo di censo e di gradi sociali, ma altresì alla più alta aristocrazia culinaria. Tu potresti apprestare a' tuoi amici un abbondante, gustoso e variato pranzo quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d'ogni specie e fresche secche. La si fa cocere nel brodo, nell'aqua e burro, ovvero nel latte. Se ne rileva il sapore con erbuccie, ova, spezie e collo zuccaro. La polpa delle zucche ed anche i fiori si mangiano fritte, ripiene, accomodate, triffolate, in fracassèe, in stufato ed in polpette. Se ne fanno torte, pasticci e perfino salami. Colle, piccole zucchette lessate o cotte alla brage, o colle tenere ci-, me delle piante bollite nell'aqua, si fa dell'insalata che si condisce coll'olio degli stessi semi della zucca. Il sugo di essa, fermentato, può fornire l'aceto. Colla zucca confettata con miele ed aromi, si provvede al dessert di saporite mostarde e confetture, che si rende ancor più vago abbellendole con piccole zucchettine imitanti le pera, le poma, gli aranci. Il pane si forma colla zucca ben cotta, impastata con la terza parte di farina. Finalmente coi semi di zucca puoi comporre orzate e simili gustose bevande. Che se questo simposio, vuoi prepararlo a' tuoi amici all'aria aperta, lo potrai gentilmente offrire sotto un pergolato coperto colle foglie di una pianta di zucca. Che ne dirò poi delle zucche vuote ? Colla scorza di esse puoi farne bottiglie, bicchieri, piatti, cucchiai, forcine, coltelli, mestole, saliere, lucerne ove arda l'olio del seme suo, recipienti d'aqua, di vino, di liquori, tabacchiere, pipe e quello che vuoi. Le zucche vuote poi servono mirabilmente a sorreggere i mal pratici o novizi nuotatori. A questo proposito, vo' narrarti un aneddoto di Bellavitis e faccio punto. Bellavitis, mio illustre e celebre collega dell'Università di Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente perchè gli fosse propizio nell'esame: Veda, professore, insisteva lo studente, se io non passo questo benedetto esame, ò l'inferno in casa mia! Sarei costretto a buttarmi in Brenta. Al che Bellavitis: Oh no xe pericolo per lu, perchè el sa che le zucche ì galleggia! Insomma, io non mi perito a chiamare la zucca la più utile delle verdure ed è ingiusto adoperare il suo nome per insultare alle teste umane. Rispetta dunque le zucche e cava loro tanto di cappello. Lo cavi a tante nullità coperte coi galloni di prefetto, di senatore, di generale ! Un bacio e vale.
Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente perchè gli fosse propizio nell'esame: Veda, professore, insisteva lo studente, se io