L'Alchechingero o Fisalide, è una radice serpeggiante, perenne dei boschi d'Italia e di Germania. Da maggio ad agosto à fiori bianchi, viene in piena terra, in esposizione ombrosa. Se ne conoscono 14 varietà. La specie, coltivata anche da noi, che proviene dal Perù, si chiama physalis-pubescens o peruviana a caule più alto e ramoso, è pianta erbacea perenne, da serra perchè non resiste sempre ai geli. Ama terra sostanziosa e leggera, dà bacche giallognole dolci-acidule, della grossezza d' un lazzeruolo, ravvolte in un calice vescicolare, pure gialliccio, e si mangia come frutta da tavola. Il suo nome di physalis, dal greco physa, vescica, perchè il frutto o bacca glandulosa e biloculare, è chiuso in un calice gonfio e vescicoloso. Il seme à virtù produttiva per 8 anni. L'infelice Carlotta, imperatrice del Messico, ne era ghiottissima. In medicina sono diuretiche, rinfrescative, eccellenti nella nefrite, idropisia, ritenzione d'orina. Vogliono concilii il sonno. Nel linguaggio dei fiori: Errore. I Romani la chiamavano herba vescicatoria. La Phisalis-Alkikingivescicaria, a palloncini, produce bacche ritenute narcotiche, ma che pure, coltivata, sono bonissime a mangiarsi. È pianta erbacea perenne dei luoghi sassosi. Più narcotica è la corteccia della sua varietà Physalis somnífera, volgarmente: Solatro sonnifero.
peruviana a caule più alto e ramoso, è pianta erbacea perenne, da serra perchè non resiste sempre ai geli. Ama terra sostanziosa e leggera, dà bacche
È pianta erbacea annuale, sta tra il popone e la zucca e si coltiva come questa. Teme l'asciutta, ma la troppa acqua la rende ancora più insipida. La maturanza incomincia in luglio e continua a tutto agosto. Si propaga per seme che à virtù fino a 6 anni. Dal seme fresco nascono piante più grandi, ma da quello di due o tre anni, si ànno piante più fruttifere. Nel linguaggio dei fiori: Sei insipido. À frutto e carne zuccherata ed alquanto acidula, rinfrescante, frigida, estingue la sete. Ve ne sono varie qualità: la nostrana a semi neri, la napolitana a semi bianchi, dà frutto più piccino della nostrana, è di buccia più sottile e trasparente, à sapore più squisito, quanto più rossa ne è la polpa. V' è pure la specie moscatella, l'ovale, la gialla, ecc. L'anguria, o più propriamente cocumero (da Cucumis derivante pure dal celtico cucce, vaso, desunto dalla sua forma) non confà a tutti gli stomachi, è indigesta e dicono che regali quei casi di colera, che viene denominato sporadico. Alcuni medici vogliono che sia lassativo, rinfrescante, ma è certo che è frutto insipido, che mangiandone bisogna unirvi del rhum o qualche liquore, e che bisogna mangiarne poco. Negli Stati Uniti l'anguria è coltivata su vasta scala. A conoscere l'anguria quando sia matura, c' è il proverbio:
È pianta erbacea annuale, sta tra il popone e la zucca e si coltiva come questa. Teme l'asciutta, ma la troppa acqua la rende ancora più insipida. La
Nel linguaggio dei fiori: Generosità, Castità. È meno sensibile del limone, resiste a 4 gradi, ma ne soffre sempre. Ama terra buona, argillosa, fresca, esposizione di meriggio, riparata dal settentrione. Si riproduce per margotte, propagini, innesto e semina. Se ne contano 18 varietà dell'arancio dolce e 7 di quello amaro o selvatico. Dà frutto nel quinto anno nei climi favorevoli, si raccoglie in varie epoche. La pianta dell'arancio à vita secolare. Qui è pianta da serra, ma è coltivata in tutta Italia, da Malta e dalla Sicilia al Lago di Garda. A Salò dicesi Portogallo l'arancio a frutto dolce, e arancio quello a frutti amari, coi quali si fa l'acqua distillata. Il così detto napolino, che viene adoperato esclusivamente dal confetturiere, è detto Citrus bigaradia sinensis e chinotto in italiano, chinois o chinettier in francese. In China ve ne sono infinite varietà. Sono chiamati Kiu-Kù, ossia frutti d' oro. Il mandarino è detto Kan, cioè profumo. Anche là si candisce e se ne fa confetture. In Oceania e nelle Isole Fiji, l'arancio raggiunge un'enorme grossezza. La bellezza, il profumo e la dolcezza degli aranci ricordano i pomi dei mitologici orti esperidi, per cui, alla specie di questa famiglia, alcuni diedero il nome di esperidee e il frutto chiamarono espiridio. Eccettuate le radici, tutte le parti dell'arancio sono corroboranti, stomatiche, cordiali, antisettiche. I fiori e le foglie servono al distillatore, al credenziere. I fiori si colgono in maggio e giugno, nè subito dopo la pioggia, nè prima che sia scomparsa la rugiada. Dalle prime, anche la farmacia ne estrae un decotto antispasmodico, antiepilettico. Dai fiori, l'acqua distillata chiamata acqua nanfa, calmante, e un olio essenziale detto: essenza di nèroli. I fiori candidi servono di aureola verginale alle spose. I frutti si confettano con zuccaro, si candiscono, si compongono in mostarda. Mitigano la sete dei febbricitanti, principalmente quando la bocca è affetta da afte, da difterite, da stomacace, malattie contro le quali è particolarmente indicato il sugo d'arancio. La corteccia è tonica, stomatica. Anche colla radice si fanno pallottole di cauteri, le quali ànno il pregio di facilmente rammollirsi e gonfiarsi. A mascherare il cattivo odore e spiacevole sapore di certe medicine, fa ottimo effetto il masticare la scorza od una foglia d'arancio. L'arancio entra nella ricetta della famosa Acqua di Colonia.
dolce e 7 di quello amaro o selvatico. Dà frutto nel quinto anno nei climi favorevoli, si raccoglie in varie epoche. La pianta dell'arancio à vita
L'Asparago, chiamato pure dagli Ateniesi Asparagus e dagli altri Greci Asparagon, trae il suo nome dalla parola greca sparasso (lacerare) stante che qualche specie è munita di spine laceranti. Il seme à virtù geminatrice per 5 anni. È pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È spontanea nei terreni sabbiosi d'Europa. Tre le varietà principali: — il bianco, precoce e molto produttivo, verde all'estremità, che è quello d'Olanda e del Belgio — il violetto, più grosso di colore violetto o rossiccio all'estremità, che è quello di Ulma, Polonia-Darmstadt — e il verde, meno grosso del precedente, ma più saporito, verde e tenero in tutta la sua lunghezza, che è quello di Piemonte (celebri quelli di Cilavegna). L'asparago di Praga è il medesimo. Si moltiplica per mezzo delle radici, dette occhi, ma egualmente, e forse meglio, si ànno asparagiaie colla semina. Durano le radici dai 20 ai 30 anni e più. Se ne mangiano i talli in primavera. Gli asparagi, costituiscono una verdura saporitissima, di facile digestione, gradevole, ma poco nutritiva. Servono a moltissimi usi in cucina. Si fanno cocere senz'acqua in tegame di terra o fortiera, chiusi a foco lento, ove cocendo col proprio vapore, sono più saporiti, devono essere poco cotti altrimenti perdono del loro sapore, dieci o quindici minuti tutt' al più. Si condiscono con burro od olio. Si mangiano in insalata con olio, pepe e limone. Si friggono col pesce infarinati, s' accompagnano alle ova, al riso, agli stufati, nei ragouts e nei potaggi.
qualche specie è munita di spine laceranti. Il seme à virtù geminatrice per 5 anni. È pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È
La Borragine da Borra per la ruvida pelosità di tutta la pianta. È una pianticella graziosa, indigena, annuale, che dall'aprile a settembre dà fiori di un bell'azzurro. Nel linguaggio dei fiori: Burbanza, Energia. Ve ne à 10 varietà. I semi germinano fino agli 8 anni. Le foglie si mangiano in minestra, nelle zuppe, maritate coll'ovo. I ramoscelli più teneri impastati e fritti, regalati di zuccaro, sono un ornamento presto, comodo e gustoso per l'arrosto sì di grasso che di magro, i fiori in frittata e coll'insalata. Secondo Raspail, possono dare anche una bevanda sana quanto il the. «Se il ricco, dice esso, conoscesse la saporosa fragranza di quest'erba, io credo, che per il gusto, egli preferirebbe questa infusione delle foglie di borragine, unite a qualche foglia d' arancio, al the, che costosamente si fa venire dalla China.»
La Borragine da Borra per la ruvida pelosità di tutta la pianta. È una pianticella graziosa, indigena, annuale, che dall'aprile a settembre dà fiori
Pianta di circa quindici piedi d'altezza, sempre verde, dell'America tropicale, somiglia al limone. Dà fiori piccoli, giallognoli. Si coltiva come il caffè. Nel linguaggio delle piante: Salute. I frutti bislunghi di questa pianta, simili a piccoli citrioli, racchiudono in una poltiglia agro dolce molti semi bianchi (fino a 40), a foggia di mandorle. Questi semi o grani, divenuti di color bruno, grazie ad una specie di fermentazione, sono quelli che in commercio, vengono sotto il nome di grani, semi o fave di cacao, e che torrefatti od abbrustoliti convenientemente si mangiano e servono a preparare confetture, e misti collo zuccaro e droghe, massime vaniglia e canella, servono pure alla fabbricazione della Cioccolatta. I grani del cacao si raccolgono a perfetta maturanza in giugno e dicembre, e in tale stato la polpa che avviluppa i semi è morbida, addotta, piacevole, molto rinfrescante e salubre, che gli indigeni trasformano in liquore vinoso, bevanda graditissima. Anche nel nord della Francia, nel Belgio e in Olanda colle corteccie del cacao si prepara una bibita salubre e piacente. Gli involucri e i germi si utilizzano dagli indigeni per nutrizione dei montoni e come ingrasso. Inoltre dalle sementi si cava un olio che ha la consistenza del burro e si chiama burro di cacao, che è un eccellente cosmetico. Si amministra internamente negli organi della digestione, respirazione e dell'apparato orinario, esternamente nell'intestino retto, perstitichezza, emorroidi, screpolature delle labbra, mammelle, ecc., e viene spesso falsificato con sego, midollo e cera. Del Theobroma se ne conoscono da 15 a 18 specie, delle quali le principali sono: la Bicolor, la Guajanense, la Cacao e la Speciosum. Dalla Cacao e Guajanense se ne cava il cacao del commercio. Le regioni che danno il cacao migliore sono Soconusco nel Messico, i cui grani di scarto servono per moneta, ed Esmeralda nella Repubblica dell'Equatore, ma diffìcilmente quel cacao arriva fino a noi. Dopo viene il Caracca, delle Antille, S. Domingo, Giammaica. Nel 1518 all'epoca della conquista del Messico, il cacao era la principale alimentazione del popolo Messicano. Il suo nome di Theobroma, dal greco — da Theos, Dio, e da broo per brosco, mangiare — Cibo divino. Fu Linneo che lo chiamò cosi — alcuni dicono perla sua passione alla cioccolatta, altri per deferenza al suo confessore, altri ancora per galanteria, essendo stata una regina, Anna d'Austria, che per la prima la introdusse in Francia.
Pianta di circa quindici piedi d'altezza, sempre verde, dell'America tropicale, somiglia al limone. Dà fiori piccoli, giallognoli. Si coltiva come il
La Coffea Arabica è un grazioso arboscello, ramosissimo, sempre verde, originario dall'Arabia e particolarmente dall'Abissinia Galla e Kaffa, dove anche oggi si trova allo stato selvaggio. Dà fiori candidi, olezzanti in luglio ed agosto, simili a quelli del gelsomino di Spagna. Ai fiori succedono bacche rosse come le ciliege, che maturano 4 mesi dopo la fioritura e che racchiudono due grani o semi che sono quelli che tosti[mo, e che ci danno la deliziosa bevanda del caffè. Questi semi quando sono verdi e maturi sono circondati da una polpa dolcigna bona a mangiarsi. Si propaga per seme. Da noi è pianta di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e piante: Allegria. Numerose le varietà del caffè, che prendono il loro nome non solo dalla differenza specifica, ma dalla provenienza commerciale e geografica. Generalmente tutte queste varietà si riferiscono a tre tipi: Molta, Borbone e Martinica, che da noi è sostituito col Porto Rico. Il migliore caffè è quello che proviene dalla sua patria primitiva, ma rarissimamente giunge in Europa. Il Moka, o Levante (dal nome del suo antico porto di esportazione) è un prodotto del Yemen montuoso, il suo colore ricorda quello del the e questo pure rarissimamente ci perviene. È consumato quasi interamente in Turchia, in Asia, in Persia ed in Egitto. Quello che perviene a noi sotto il nome di Moka, è Moka di Zanzibar, di Aden e di Giava, a piccoli grani, accuratamente scelto.
noi è pianta di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e piante: Allegria. Numerose le varietà del caffè, che prendono il loro nome non solo dalla
Il Cardone, da Cardo, punta, pianta provvista di aculei, è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori: Austerità. Fa una panocchia spinosa, non mangiabile, le cui punte rigide alquanto ricurvate servivano a cardare e garzare le saie e i panni, onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo, aprile e maggio in luna vecchia; assai raro, si sarchia; s'irriga, se c'è l'asciutta. Il seme à produzione fino a sette anni. Si taglia in novembre e si riseppellisce nel terreno, perchè diventi bianco e tenero e si salvi dal gelo. Del cardo si cibano le coste delle foglie, in inverno. È delicatissimo cotto al burro con cacio parmigiano, se tenero anche crudo con olio, sale e pepe od in insalata. Dà alimento leggero e poco nutriente. Àvvene parecchie varietà: le più pregiate sono quelle del cardo bianco, o cardo di Milano e quella di Spagna senza spine. Anticamente era un prodotto della sola Sicilia. Oribasio nel libro 3 al Capo: Della Bontà et malitia dei cibi, dice, che chi cerca viver lungamente sano, deve fuggire l'uso dei cardi. Alcuni frati adoperavano i fusti colle foglie dei cardi per flagellarsi.
Il Cardone, da Cardo, punta, pianta provvista di aculei, è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori
E eminentemente farinosa, dà una sana ed abbondante nutrizione. La lessata è più digeribile, irroratela di vino generoso, se non confà al vostro stomaco non ditene male. Mille le maniere di far cocere le castagne. A lesso dette succiole o Ballotte, cotte in poca acqua, sale, finocchio, anice, o con una pianta di sedano. Lessate monde (peladei o pest) sbucciate e cotte con o senza la loro peluria in acqua, sale ed erba bona. Anseri o Vecchioni (Bellegott) quando cotte a lesso, si fanno disseccare al fumo nel serbatoio, sotto la cappa del camino (agraa). Il nome di Bellegott viene da bei e cott (belli e cotti). Bruciate (Boroeul) cotte nella padella a fiamma. Biscotti (Bescott) varietà dei Vecchioni, si mettono a seccare col guscio e poi si tengono alcun tempo nel mosto. A questi appartengono i cuni, da Cuneo, loro provenienza, cotte in forno spruzzate di vin bianco, serbevoli per molti mesi, delicatissime. Le Veronesi (Veronès) così dette perchè tale maniera di cocerle, ci venne dal Veronese — e si cociono nel forno o nella stufa spruzzate di vino, o con poco di burro in casserola. I marroni si fanno anche candire nello zuccaro dopo essere stati arrostiti e si chiamano marrons glacès — è confettura da dessert. La castagna forma l'alimento principale dei montanari. Nel Sienese se ne fa polenta, che nutrisce i più strenui faticatori, i quali, non avendo che acqua da bere, dicono scherzando che vivono: del pane dei boschi e del vino delle nuvole. Il Castagnaccio è una specie di pane, fatto con farina di castagna, pinocchi e uva. Fino dalla più remota epoca le castagne tennero il primato fra tutte le sorta di ghiande. Ateo, insigne medico di Antiochia, che le chiama Sardinias glandes perchè le migliori qualità venivano dalla Sardegna, non si perita a rilasciar loro il brevetto di
una pianta di sedano. Lessate monde (peladei o pest) sbucciate e cotte con o senza la loro peluria in acqua, sale ed erba bona. Anseri o Vecchioni
Avvi un'altra castagna, detta acquatica, frutto d'una pianta annua, che cresce negli stagni e che richiede almeno 20 pollici d' acqua. Si avvicina alla castagna usuale, è però acre ed astringente. Gli abitanti della Carinzia e del Limosino (Francia) ne fanno anche pane. Dall'Asia, ci pervenne portata da Clusio, verso la metà del secolo XVI un'altra castagna detta d'India, o Ippocastano, cioè castagna cavallina. È la pianta dei pubblici passeggi, e dà frutti che somigliano le castagne, ma più grosse ed amarissime — vengono mangiate da alcuni animali: — nell'Annover si dà ai cavalli per cibo e nella Turchia a quelli affetti di bolsaggine e per rimedio. I chimici ne traggono un succedaneo della china. La sua corteccia gode virtù tonica febbrifuga. Se ne fa infuso vinoso, tintura ed amido. Raspate nell'acqua, servono assai bene ad imbiancare pannolini e nettare tessuti di lana. Se ne cava eccellente colla, che per la sua amarezza à la proprietà di allontanare gli insetti. Ridotte in farina se ne può far pasta cosmetica da toilette — rende la pelle netta e liscia. Il chimico Mousaint à trovato modo mercè una serie di bagni in acqua purissima, di spogliare questa castagna del suo principio amaro, e disseccata al forno, la sua farina è assai nutritiva e si presta a molti usi alimentari. L'Ippocastano fu portato a Vienna nel 1588 e a Parigi fu conosciuto solamente nel 1615.
Avvi un'altra castagna, detta acquatica, frutto d'una pianta annua, che cresce negli stagni e che richiede almeno 20 pollici d' acqua. Si avvicina
Il suo nome viene da chairon, giocoso, allegro e da phyllon foglia. Pianta erbacea, annuale, originaria di Sparta, che si avvicina al prezzemolo, à però foglie più larghe e ricciute. Si trova spontaneo nella Valtellina e si può seminare tutto l'anno in terreno fresco e ombroso. Il seme produce dai 2 ai 6 anni. Tutta la pianticella à odore aromatico e gradevole, sapore anisato che cresce col crescere della pianta, che perde col disseccarsi. Si coltiva per uso culinario e si adopera come condimento nei brodi, nelle vivande e nei legumi, massime nell'insalata. I semi vengono usati in distilleria e per confetteria. L'odore del cerfoglio allontana le formiche, e l'ombrella del cerfoglio sylvestre dà una tinta gialla. Nel linguaggio dei fiori: Assenza.
Il suo nome viene da chairon, giocoso, allegro e da phyllon foglia. Pianta erbacea, annuale, originaria di Sparta, che si avvicina al prezzemolo, à
Questa pianta aromatica gode fama medicinale. Facilita le funzioni digerenti, è antitisica e antierpetica. Secondo Biett giova nelle malattie di fegato, e secondo Beval in quelle degli occhi. Plinio ci assicura che i semi del cerfoglio erano molto in uso ad Atene — ed il commediografo Aristofane fece ridere, tutta la platea ed il lobbione, accusando la madre di Euripide, che a quanto pare era un'ortolana, di scamottare altre erbe col cerfoglio. Dovrebbe essere odiato dai professori perchè è una delle ghiottonerie degli asini.
Questa pianta aromatica gode fama medicinale. Facilita le funzioni digerenti, è antitisica e antierpetica. Secondo Biett giova nelle malattie di
Nel linguaggio dei fiori: Temperanza. Il suo nome forse dall'arabo chikouryk. Il Tanara dice che il nome di cicoria viene dal greco cio, vado — e chorion, campo, vale a dire: cresco e mi trovo nei campi; Pianta erbacea, annuale e bisannuale, originaria dell'Europa, Barberia e Indie Orientali. Si semina da febbraio a settembre. Vuole terreno soleggiato e ricco. Ve ne ànno due specie — a foglie lunghe amarognola, e la cicoria scariola a garzuolo o grumolo (sciroeu). a foglie quasi tonde di sapore leggermente amaro; il
chorion, campo, vale a dire: cresco e mi trovo nei campi; Pianta erbacea, annuale e bisannuale, originaria dell'Europa, Barberia e Indie Orientali. Si
così nel suo rapporto. Per i bambini se ne prepara ancora uno sciroppo disostruente. Nell'Olanda, nella Fiandra e in alcuni dipartimenti francesi viene coltivata in grande, onde colle radici torrefatte, fabbricarne quella porcheria che si chiama caffè cicoria, che à invaso tutto il mondo. Chevallier dice che la sola Francia ne consuma annualmente sei milioni di chili. Le prime fabbriche di caffè di cicoria furono fondate in Olanda nel 1772. Anche questo viene falsificato con fondi di caffè, con terra, fave torrefatte, ecc. Dalla pianta della cicoria se ne cava una tintura gialla. Uno scrittore francese del 600 ci tramanda che le signore nobili ne bevevano il decotto onde diventar belle e di colore allegro. Due ricette di Dumas:
. Anche questo viene falsificato con fondi di caffè, con terra, fave torrefatte, ecc. Dalla pianta della cicoria se ne cava una tintura gialla. Uno
, cioè che desumono il nome dalla forma. Nel linguaggio dei fiori: Goffaggine. È pianta annale originaria dall'Oriente o meglio dalle Indie. Ama bon terreno a mezzodì, larghe lrrigazioni, i semi durano fino a 10 anni. Ad ottenere grossi frutti si svetta la pianta dopo fiorita. La semente
, cioè che desumono il nome dalla forma. Nel linguaggio dei fiori: Goffaggine. È pianta annale originaria dall'Oriente o meglio dalle Indie. Ama bon
Erba perenne, originaria dalla Giudea e dall'Egitto, vuole terra buona, esposizione solare. In estate dà fiori gialli. Nel linguaggio dei fiori: Mi rallegri. Se ne ànno quattro varietà. I semi durano due anni ma si propaga in primavera separandone le radici. Impedendo la pianta di fiorire, si prolunga fino all'autunno la produzione delle foglie, e del loro gusto primitivo. Le foglie di quest'erba si mettono nelle frittate e le rende più digeribili e gustose, si mescolano ad altre verdure e si fanno cocere. Coltivasi nei giardini. In Egitto è usata come tonico, à virtù vermifuga. Dioscoride, Teofrasto e Plinio ne fanno menzione.
rallegri. Se ne ànno quattro varietà. I semi durano due anni ma si propaga in primavera separandone le radici. Impedendo la pianta di fiorire, si
, però soggiunge che fa venire la pancia obesa e cita ad esempio i custodi delle vigne, gli ortolani, onde forse l'altro proverbio: salvare la pancia per i fichi. Gli Ateniesi ne tenevano sacra la pianta, che fu loro portata da Naxio Dionisio. Filippo, padre di Perseo, in Asia cibò il suo esercito coi fichi, e Plinio difatti racconta che in molti luoghi il fico teneva luogo di pane. In Sicilia fu portato da Titano Oxilon, figlio di Osio. Dai Greci si mangiavano pure in insalata e il volgo li faceva essicare salati al sole. I Persiani ed i Greci erano ghiottissimi del fico secco. Lo cocevano colla maggiorana, l'issopo ed il pepe, e lo davano anche ai malati. Gli atleti si rinvigorivano coi fichi a prepararsi alla lotta. Si vuole che Mitridate, a sicurezza del veleno che prendeva, mangiasse fichi secchi con ruta e sale, quale antidoto. Se ne faceva pure un liquore vinoso, che chiamavano Sycites o catorchites. Fu sotto il fico che furono trovati i due fondatori di Roma, mentre erano allattati dalla lupa, che dal nome del fico, Ruminal, presero il nome di Romolo e Remo. Svetonio ci riferisce, che ad Augusto piacevano sommamente i fichi freschi, e che li mangiava anche prima di cena:
per i fichi. Gli Ateniesi ne tenevano sacra la pianta, che fu loro portata da Naxio Dionisio. Filippo, padre di Perseo, in Asia cibò il suo esercito
. Cioè, di bergli sopra del vino, tutto all'apposto del nostro proverbio: al fico l'acqua ed alla pera il vino. La tradizione vuole che la calata dei Normanni si debba al fico, che erano golosissimi di provarne la tanto decantata bontà. Tramanda la storia romana, che il 7 luglio, una fantesca, salita su di un fico selvatico, s'accorse che i Galli, che assediavano Roma, erano ubbriachi ed immersi nel sonno e ne avvertì i Romani, che li sorpresero e ne fecero macello. Dopo di che, in onore di Giunone, sotto le ficaie selvatiche, celebraronsi dalle schiave e dalle libere unitamente le None Caprotine, o feste delle serve. Scrive infine il Simonetta, che al suo tempo, in Padova, un garzone mangiò 40 libbre di fichi al padrone, et poi si morì ethico. Castor Durante fece un poema sul fico nel 1617. La tradizione vuole che Giuda si appiccasse ad una pianta di fico.
ethico. Castor Durante fece un poema sul fico nel 1617. La tradizione vuole che Giuda si appiccasse ad una pianta di fico.
. Plinio li chiama: gulae novissima irritamento. Difilo, filosofo, li commenda, ma li chiama cibo sospetto. Cardano li teneva come pianta nemica dell'uomo. Ne morirono avvelenati il figlio e la moglie di Euripide, il papa Clemente VII e Carlo VII.
. Plinio li chiama: gulae novissima irritamento. Difilo, filosofo, li commenda, ma li chiama cibo sospetto. Cardano li teneva come pianta nemica dell
Plinio dice al libro XXV, cap. 2: Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. Non traduco la sentenza di Plinio per rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Reg. IX). I Giudei ricinsero d'issopo la spugna colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'issopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro issopo sia quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'issopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse proprietà. La massaia lo taglia in autunno, lo fa seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma, giusta il detto della Salernitana, colorisce graziosamente la faccia e dà buon umore.
quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'issopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un
. Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di sofà ad un'anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fe' passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al chilogrammo la farina di lenti che valeva 20 centesimi. Poi dai Du-Barry disputatisi coi Warton nel 1854 il privilegio di gabbare il mondo, ne venne la Revalenta o Revalescère, la famosa Revalenta arabica che guarisce da tutti i mali. Sottoposta dal Consiglio di Sanità di Londra e dall'illustre Payen di Parigi a coscienziosa analisi risultò composta per la massima parte di farina di lenti scorticate, coll'aggiunta in varie proporzioni di quella di piselli, di melica, sorgo, avena, orzo e una centesima parte di sale di cucina. Pure il Du-Barry continua l'allegro commercio con le più belle trovate di ciarlataneria.
famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fe' passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al
Il luppolo è una pianticella indigena arrampicante, le cui radici sono perenni, ma gli steli annuali. Nel linguaggio dei fiori: Ingiustizia. Fiorisce in giugno e luglio, trovasi nei luoghi umidi e boschivi. I semi ànno virtù, germinanti per 2 anni. Il suo nome dal latino humus, terra umidiccia. Coltivata, dura dai 20 ai 40 anni e più. I giovani getti si mangiano precisamente come gli asparagi, tanto conditi che in minestra, sono tenerissimi e di gradevole gusto. È verdura che si trova in maggio presso le ortolane e che in Lombardia si chiamano Lovertìs. Questa pianta è molto coltivata in Germania, il cui fiore, o cono, serve quale principale ingrediente della birra, uso conosciuto fino dagli antichi Egizi. Il luppolo è anche pianta eminentemente medicinale, se ne fanno decotti, infusi, ecc. Il luppolo è utile per chi soffre d'inappetenza, e condito con salsa è cibo gradito dai convalescenti. Si volle dare al luppolo virtù soporifera, analoga a quella dell'oppio, ma pare una delle tante cantonate degli scienziati. Da esso abbiamo il lupolino. Nella Svezia si usano i suoi rami lunghi e flessibili quale materia tessile per grossi cordami.
gradevole gusto. È verdura che si trova in maggio presso le ortolane e che in Lombardia si chiamano Lovertìs. Questa pianta è molto coltivata in
quelli di Salerno e di Tivoli. Il Sangiorgio scrive: «Ho veduto una pianta altissima di granato nel cortile di un oste in Vall'Intelvi sul lago di Como, che non era meno grossa di una pianta di noce.»
quelli di Salerno e di Tivoli. Il Sangiorgio scrive: «Ho veduto una pianta altissima di granato nel cortile di un oste in Vall'Intelvi sul lago di
Pianta annua dell'Asia, Africa ed America, il cui frutto è bislungo, cilindrico, color pavonazzo, giallo o bruno, a norma delle varietà. È detto anche ovo vegetale. Il seme germoglia fino agli 8 anni. Si semina in aprile e maggio, si coglie in agosto e settembre. L'Ovigerum, varietà a frutto bianco, à la forma dell'uovo, e dai Milanesi è detto Œuf de pola. Vuole buon terreno, molto sole e frequenti irrigazioni. Gli ovali sono i più delicati. La polpa della melanzana è bianca e succosa. Levata la sua innata amarezza mediante infusione nell'acqua, costituisce un cibo abbastanza grato, nutritivo e di facile digestione. Conviene spogliarla dalla buccia. Concilia il sonno, nel linguaggio delle piante significa appunto: mi fai venir sonno. Si taglia a fette per le zuppe e minestre. Nei paesi caldi, immatura, si mangia in insalata e cruda coll'olio e pepe, e cotte si mettono in aceto. In Egitto si coce sotto cenere. Nel genovesato si riempie come le zucchette. Altrove, pelata, si taglia a fette, si triffola, si imborag[gia] coll'ovo e farina e si frigge. Pelata e bollita in acqua per due minuti, si secca al forno e si conserva per l'inverno. Colle foglie si fanno decotti, cataplasmi, e questi anche colla polpa del frutto. Il suo nome Melanzana, dal latino Mela insana, perchè la dicevano di diffìcile cottura e digestione. I Greci, al dire di Galeno, la usavano pochissimo. Dioscoride ne predica il gusto innocente. Teofrasto lo accusa di essere di nessun nutrimento. Il Durante le dedica un verso calunnioso e bugiardo:
Pianta annua dell'Asia, Africa ed America, il cui frutto è bislungo, cilindrico, color pavonazzo, giallo o bruno, a norma delle varietà. È detto
Pianta erbacea perenne, originaria dall'Inghilterra coltivata in tutta Europa. Nel linguaggio dei fiori: Calore, forza di sentimento. Se ne conoscono 15 varietà: e tra queste la crespa, la romana e la peperita, quale è la migliore e la più usitata ed è il vegetale più caldo dei climi freddi. La varietà mentapulegium pulex irritans, serve ad allontanare le pulci ed è contro la golosità. Nel linguaggio dei fiori: Virtù. À odore piacevole, piccante, sapore amarognolo alquanto di canfora, della quale è ricca, eccita dapprima un calore alla bocca, su di che segue un grato fresco. Si coltiva negli orti e nei giardini. Vuole terreno sostanzioso e umido. Si moltiplica per semi e meglio per radici in primavera ed autunno. Fiorisce in estate. È coltivata in grande nella China, nell'Inghilterra e nell'America del Nord per farne essenza. Quella inglese è la più pre[giata,]
Pianta erbacea perenne, originaria dall'Inghilterra coltivata in tutta Europa. Nel linguaggio dei fiori: Calore, forza di sentimento. Se ne conoscono
Il Nasturzio, o Lepidio, è pianticella annuale indigena, conosciuta e coltivata nei giardini e negli orti pei suoi fiori giallo-scuri e rossi. Nel linguaggio dei fiori: Mi importuni. Si moltiplica seminando i suoi frutti a primavera, fiorisce fino all'Ottobre, ama terreno grasso e inaffiamenti. I semi germogliano fino ai 5 anni. Avvi una varietà a larghe foglie (lepidium latifolium) che si coltiva come la precedente. Il nome di lepidio, da lepis squama, perchè si usava a rimedio delle impettigini squamose. Anche presso di noi il volgo lo usò molto tempo per distruggere i vermi ai ragazzi. La pianta è diuretica, i fiori si mangiano colla insalata, che rendono più allegra e saporita per un certo acre tra il rafano e la senape che le comunica. I semi possono supplire ai capperi, conservansi verdi nell'aceto e se ne fa salse. I Greci lo chiamavano Hardamon e lo mangiavano principalmente colla lattuga. Egineta e Zenofonte asseriscono che serviva di companatico ai Persiani. I Latini lo chiamarono Nasturtium, a nasi tormento, oppure da nasus tortus, dice Plinio, perchè fa arricciare il naso od eccita le papille nasali come la senape. Ne dissero mirabilia Dioscoride, Galeno, Avicenna. Gli antichi gli assegnarono la virtù di infondere coraggio, e di chiarificare le idee, onde il precetto:
pianta è diuretica, i fiori si mangiano colla insalata, che rendono più allegra e saporita per un certo acre tra il rafano e la senape che le comunica
Il nèspolo è pianta indigena europea, a foglia caduca. Cresce spontaneo allo stato selvatico nei boschi anche dei climi freddi, ama però quello temperato, esposizione poco soleggiata. In qualunque terreno si propaga per innesto sul lazzeruolo, spino bianco, castagno e pero. Nel linguaggio delle piante: Selvatichezza. Il frutto è malinconico, aspro, acidulo, color
Il nèspolo è pianta indigena europea, a foglia caduca. Cresce spontaneo allo stato selvatico nei boschi anche dei climi freddi, ama però quello
Il noce fu sempre pianta divinatoria, l'albero delle streghe, dei sabbati e della mezzanotte nel medio evo. Gli antichi, dalla sua abbondante o scarsa fioritura, presagivano il futuro raccolto. (Vedi in Virgilio, Georg., Lib. I, v. 187 e seg.). Le noci si spargevano alle nozze come da noi ora i confetti per tripudio e bon augurio (Virgilio, Egl, 8, v. 29 e 30).
Il noce fu sempre pianta divinatoria, l'albero delle streghe, dei sabbati e della mezzanotte nel medio evo. Gli antichi, dalla sua abbondante o
Anche Cassiodoro, di poco posteriore, fa menzione dell'olivo del lago di Como. I Greci tennero quest'albero in molta onoranza, principalmente gli Ateniesi che lo avevano consacrato a Minerva. Correva presso loro questa storiella: Allorchè venne fondata Atene, Nettuno e Minerva si disputarono il privilegio di assegnarle il nome. E fu stabilito da tutti gli Dei, riuniti in Parlamento, che quello dei due che creasse li per lì la cosa più bella, dovesse avere quest'onore. Nettuno battè col suo tridente e fece saltar fuori dal bussolotto un bel cavallo, che fu poi il famoso Pegaso. Minerva colla sua lancia fe sortire dalla terra una pianta d'olivo fiorita, e tutti gli Dei, decisero in favore di Minerva. E Minerva chiamò la loro città Atene. Proverbi sull'oliva:
sua lancia fe sortire dalla terra una pianta d'olivo fiorita, e tutti gli Dei, decisero in favore di Minerva. E Minerva chiamò la loro città Atene
La patata, o pomo di terra, o solano (dal latino solarium, sollievo), nel linguaggio dei fiori: Beneficenza, è una radice tuberosa originaria dall'America e precisamente dal Chili e dal Perù, dove si trova ancora allo stato selvaggio. Fu importata colla Dalia, e, curioso ! questa per il tubero, la patata per il fiore. Propriamente il nome di patata appartiene ad altra pianta, la vera patata ipomea o convolvulus patata, che viene solo nei climi caldi. Vuole terreno pingue, vegeta in tutti i climi, nelle più basse pianure come a 4000 metri sopra il mare (nell'America e nella Svizzera), sotto l'Equatore (Quinto) come nella Siberia. Da noi si raccolgono i tuberi dall'agosto al settembre, à fiori bianchi e violetti. Si propaga per seme o meglio si piantano i così detti occhi, che sono le parti della patata accennanti al germoglio, cessato il gelo da metà marzo in avanti. Si conservano per tutto inverno, ma al caldo fioriscono, all'umido marciscono, al freddo gelano, e temono la luce. Fu portata in Europa dagli Spagnuoli. Pedro Cicca fu il primo a parlarne nel 1553, e nel memedesimo anno Fiorentino Fiaschi ne scriveva da Venezuela a suo fratello. Il Cardano ne fa menzione nel 1557. Nel 1565 fu portata in Irlanda da Hawkins e poi introdotta in Francia. Prima che Releigh e Drake dalla Virginia la trasportassero in Inghilterra, era coltivata in Toscana, ne fa fede il frate Magazzini, e il Redi che nel 1067 ne mangiava in Firenze alla corte di Cosimo II. Le patate in Italia dapprincipio si chiamavano tartuffoli. Nella Germania s'introdusse nel 1710 e dovunque nel 1772 era coltivato negli orti botanici e nei giardini come pianta di lusso. Ma la sua diffusione, come tubero alimentare, fu lenta e contrastata. I codini d'allora, la avversarono come pianta sospetta, venefica. Ai codini si unirono i medici più celebri, che la incolparono della degradazione fisica e morale delle popolazioni, e fomite di tutte le malattie. Ai codini ed ai medici fecero coro anche i frati ed i parroci che dai pulpiti la chiamarono radice del diavolo. Figuratevi il popolo! Anche oggi la coltura della patata è interdetta in Corea. Non fu che sulla fine del secolo passato che potè trionfare. Gli sforzi fatti da Parmantier per convincere gli ostinati sono incredibili. Il 25 agosto 1785, proprio nel giorno della sua festa, Luigi XVI lo ammise alla mensa reale e Maria Antonietta, al ballo della medesima sera, ne ornò i suoi biondi capelli.
patata per il fiore. Propriamente il nome di patata appartiene ad altra pianta, la vera patata ipomea o convolvulus patata, che viene solo nei climi
Alla patata si può accoppiare il pero di terra (Heliantus tuberosus), detta pure patata americana, tartufo bianco, tartufo di canna. Franc.: Topinanbour, poir de terre, du Bresil; Ted.: Endbirn; Ingl.: Jerusalem artichoke. Radice tuberosa, simile alla pianta del girasole, con fiori gialli in settembre ed ottobre, originaria del Brasile e del Messico. Nel linguaggio dei fiori: Adorazione, falsa ricchezza. Vuol terreno ricco, si propaga, dividendone le radici in primavera. Resiste al freddo e venne coltivato in Europa prima della patata, e non è farinaceo come questa, si può lasciarla in terra anche l'inverno e lo si raccoglie al bisogno. Si usa fresco, e lavato va messo subito nell'acqua fresca, perchè non perda il suo colore. Lo si coce, gettandolo in acqua bollente e salata, in 30 o 40 minuti. Troppo cotto diventa duro e legnoso. Lo si condisce con salse, lo si frigge impannato, lo si fa in guazzetto, in insalata, ma è molto più indigesto della patata. Si vuole che l'Haliantus tuberosus possegga una particolare attività depurativa dell'aria ed aspiri una grande quantità di ossigeno a guisa dell'Eucalyptus.
.: Topinanbour, poir de terre, du Bresil; Ted.: Endbirn; Ingl.: Jerusalem artichoke. Radice tuberosa, simile alla pianta del girasole, con fiori gialli in
Il pepe, quale lo conosciamo, è il frutto secco, immaturo del piper nigrum, pianta vivace che cresce spontaneamente sulle coste del Malabar, Indostan, Malaca, Ceylan. Nella state à fiori senza calice in grappoli lunghi, bianchi, frutti a foggia di bacche, da principio verdi, poi rossi, e finalmente gialli. Raccolgonsi prima che siano completamente maturi, e vengono essiccati al sole o al foco, ciò che imparte alla superficie della bacca le rugosità ed il colore bruno-nero. Maturi, perdono il loro sapore bruciante. Da noi, il pepe è pianta da serra ed anche potendo allignare nelle nostre parti meridionali, darebbe frutti di nessuna forza. Il suo nome, dal greco pepto, digerire, cocere, che à virtù stomatica, riscaldante. Nel linguaggio delle piante: Rabbia. Fu per molto tempo ritenuto che il pepe bianco fosse una varietà del nero. Ma il pepe bianco non è altro che il pepe nero lasciato maturare, poi fatto macerare per due settimane nell'acqua di mare e di calce, e spogliato, mercè questa macerazione, delle parti esterne del pericarpio, dopo di averlo fatto essiccare, cosi che il suo sapore è meno piccante e meno aromatico, e la sua azione meno attiva. Il migliore pepe bianco è quello di Tellicherry, sulla costa del Malabar, ed il migliore pepe nero deve avere grani sferici, regolari, oscuri, non galeggianti sull'acqua.
Il pepe, quale lo conosciamo, è il frutto secco, immaturo del piper nigrum, pianta vivace che cresce spontaneamente sulle coste del Malabar, Indostan
Il pesco è pianta a foglia caduca, indigena, originaria dall'Asia e, più propriamente, come lo indica il suo nome, della Persia. Cresce in terreni buoni, caldi, ad esposizioni meridionali, difese dai venti. Vive anche nei climi freddi, ma non dà frutti. Si moltiplica per seme ed innesto sul màndorlo, sul pruno e sul cotogno. Vuolsi che dia frutti migliori e più belli piantando la pesca intera colla sua polpa. Cresce rapidamente dopo due o tre anni dà frutto, ma presto invecchia deperisce; pochi peschi passano i 20 anni. Si allunga la loro vita innestandoli sul màndorlo. À fiori rosei prima delle foglie, che sono distrutti facilmente dalle brine e dalle forti pioggie primaverili. Dà frutti maturi da luglio ad ottobre, a seconda della varietà, che sono assai numerose. I botanici dividono il pesco in due famiglie, quello a frutto coperto di pelurie, a quello a frutto liscio; ambedue suddividonsi, alla lor volta, in frutto a polpa e carne succosa, spiccaciola, che facilmente abbandona il nocciolo, e in frutto a polpa consistente, duracina (franc, pavies), che non si stacca dal nocciolo.
Il pesco è pianta a foglia caduca, indigena, originaria dall'Asia e, più propriamente, come lo indica il suo nome, della Persia. Cresce in terreni
Il cotogno è pianta indigena, a foglia caduca, originaria dalla Grecia. Vuol terreno sciolto, fresco, clima caldo, teme il vento. Si propaga per barbatelle, semi, tallee. Conta poche varietà: il comune, o cotogno di China (Cydonia Sinensis)a frutto piriforme ed oblungo molto grosso ed il cotogno di Portogallo (C. lusitania), che è il migliore. In aprile e maggio dà grandi fiori bianchi o di un rosso pallido. Frutti gialli in ottobre. Nel linguaggio delle piante: Fastidioso. Il suo nome Cydonia, da Cydon, città dell'isola di Creta, fondata da Cidone, figlio di Apollione, da dove venne in Italia. I Greci lo chiamavano: Crysomela, Catone:cortonea, Virgilio: mela aurea, perchè maturando acquista color giallo dorato (Buc, Egl. III, n. 73): aurea mala decem misi, cras altera mittam. Evvi chi vuole che il suo nome venga da coctognus, il che si potrebbe spiegare da ciò, che si mangia coctus, perchè crudo è insipido. La cotogna è frutto grosso come una mela ordinaria, carnoso, giallo anche nella polpa, di odore penetrante, che facilmente comunica agli oggetti vicini e si forte che non si può, senza incomodo, tenerlo nelle camere d' abitazione. À sapore sì astringente ed agro, che è impossibile mangiarlo crudo, lo perde però colla stagionatura, coll'essiccazione, colla cottura, ed
Il cotogno è pianta indigena, a foglia caduca, originaria dalla Grecia. Vuol terreno sciolto, fresco, clima caldo, teme il vento. Si propaga per
Il popone, volgarmente detto melon, è una pianta erbacea, annua, indigena, originaria dall'Asia. Depone, dal greco pepo, che significa maturo. Vuol terreno sciolto, lavorato profondamente, grasso, fresco. Per la coltura forzata, si semina su letto caldo in gennaio, febbraio, marzo: solo in aprile e maggio all'aperto si trapianta. Ama la mezz'ombra e la pulitezza, il troppo umido gli è dannoso. Si svetta, a farlo più prolifico e ad impedirne una soverchia vegetazione. I semi del popone germinano fino ai 5 anni. È maturo quando il suo peduncolo è corto, grosso, à sapore amarognolo, e quando il frutto è pesante e resistente alla pressione. L'odore non deve essere molto pronunciato. La troppa sonorità del frutto, battuto colle dita, è indizio d'immaturità. Il distico seguente ve lo insegna:
Il popone, volgarmente detto melon, è una pianta erbacea, annua, indigena, originaria dall'Asia. Depone, dal greco pepo, che significa maturo. Vuol
all'odore, perchè quest'ultima puzza tagliandola, e tramanda un odore disgustoso di sorcio. Tutta la pianta del prezzemolo à odore e sapore aromatico, rende i cibi più sani e più aggradevole eccita l'appetito e favorisce la digestione. Entra gradito ospite nelle minestre, nelle zuppe, pietanze, guazzetti e salse. Ercole, dopo aver ucciso il leone Nemeo, si cinse la tempia con una corona di prezzemolo, da qui la consuetudine d'incoronare i vincitori nei giuochi nemei. Plinio assicura che l'uso del prezzemolo dà bon odore al nostro corpo. À pure la proprietà di dissipare l'ubbriachezza e di aiutare l'immaginazione. I poeti si incoronavano di prezzemolo, onde Virgilio:
all'odore, perchè quest'ultima puzza tagliandola, e tramanda un odore disgustoso di sorcio. Tutta la pianta del prezzemolo à odore e sapore aromatico
Rafano, dal greco rha, sincopato di rhadios, facilmente, e phaino, apparire, cioè che i semi germogliano in breve tempo. Pianta erbacea, perenne, indigena, dà grandi foglie, che servono d'ornamento ai giardini, e fiori piccoli bianchi in primavera. Cresce naturalmente nei luoghi umidi, ma si coltiva negli orti. Vuol terra
Rafano, dal greco rha, sincopato di rhadios, facilmente, e phaino, apparire, cioè che i semi germogliano in breve tempo. Pianta erbacea, perenne
Il suo nome, da ros, rugiada, e marinus, marina — rugiada di mare — nascendo spontaneo sulle rive di questo in tutta l'Europa meridionale. Nel linguaggio dei fiori: La tua presenza mi consola. È la pianta aromatica di tutti i poeti provenzali. Lo rosmarino, o ramerino, è un arboscello perenne, indigeno, originario dell'Oriente. Ama essere addossato ad un muro ad esposizione di meriggio e levante, terra leggera, piuttosto sabbiosa. Teme i venti e massime il freddo. Si moltiplica per divisioni diradici, per getti ed anche per via di margote. Varietà: l'augustifolius, l'argenteus, l'auratus e il latifolius. Tutta la pianta à odore forte aromatico e balsamico, sapore acre, amaretto. Il rosmarino si adopera in cucina a dar sapore agli arrosti, e alle carni che si mettono in fusione. In medicina, è stimato come stomatico, stimolante, emmenagogo. Se ne cava un olio essenziale, che nelle farmacie chiamasi Oleum Anthos. Dai cauli fioriti si compone l'acqua così detta della Regina d' Ungheria, contro l'isterismo. Il suo infuso dissipa le vertigini e l'isteralgia. Il dottor Comi dice che il suo decotto guarisce i tumori e le piaghe delle gambe, e ch' egli, mercè certe sue fasciature, ne à guarito 70,000 con infiltramento a ristagni umorali di tutte le forme, non esclusa l'elefantiasi degli Arabi e dei Greci. Settantamila! ma vi pajono poche? quante gambe! nè pensate che le abbia guarite a quattro a quattro. — Questo, il dottor Comi, ma un proverbio dice: Acqua di ramerino al corpo del bambino. In profumeria entra quale componente di varie acque odorose, tra le altre della famosa Acqua di Colonia. Dai Greci veniva chiamato Libantide Coronaria perchè tramanda, bruciando specialmente le radici, odore d'incenso, e perchè serviva ad intessere corone. Oltre i soliti scrittori di cose naturali ne fa cenno Virgilio:
linguaggio dei fiori: La tua presenza mi consola. È la pianta aromatica di tutti i poeti provenzali. Lo rosmarino, o ramerino, è un arboscello perenne
I medici francesi la battezzarono teriaca naturale. La salvia veniva creduta donare l'immortalità e serviva per imbalsamare i corpi e si portava addosso e si mangiava nelle battaglie. Servio ci tramanda che il cuoco di Mecenate faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api, dai suoi fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e agli avvocati di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra domestica. Coi fiori della salvia si prepara una conserva deliziosa. Le foglie secche si fumano come tabacco, quale rimedio antispasmodico contro la cefalalgia nervosa e l'asma. I Chinesi ne sono ghiottissimi e si stupiscono come gli Europei vadino a cercare il the nei loro paesi, mentre possedono una pianta.
Satureja, santoreggia, savoreggia, coniella, peverella, erba acciuga è la medesima pianticella annuale, originaria della Spagna, vaga per la sua fioritura bianco-porporina. Si risemina da sè abbondantemente, e nasce facilmente dovunque, il suo seme germina fino a' tre anni. Nel linguaggio dei fiori: Ingenuità. Ve ne sono 8 varietà, tutta la pianta è aromatica. I cuochi la ricercano per rendere più grato il sapore delle fave, delle lenti, dei piselli secchi e degli altri legumi, ai quali si unisce assai bene come in tutte le salse. I Tedeschi la mettono nel loro Sauer-Kraut. Fu chiamata la salsa dei poveri. È utile in medicina, come stomatica, la sua decozione è buona per gargarismi e spruzzata nelle orecchie per le otiti, da qui forse il suo nome popolare di santoreggia, giova nelle affezioni vaporose. Colla satureja se ne profumano le abitazioni in tempo di epidemia e le stalle quando regnano le epizoozie. Il suo nome satureja, dall'antico satyreja, perchè di questa erba se ne cibavano volentieri i satiri, certi uomini che c' erano una volta e che avevano le corna e i piedi di capra. Era detta dai Romani cunila e coniza (da qui l'altro nome popolare di coniella), che il volgo chiamava anche pulicaria, perchè serviva a scacciare le pulci, virtù che conserva anche oggidì, emula della maggiorana. Sulle infinite virtù di questa erba, Strabone ebbe a dire:
: Ingenuità. Ve ne sono 8 varietà, tutta la pianta è aromatica. I cuochi la ricercano per rendere più grato il sapore delle fave, delle lenti, dei
Il sesamo, detto anche giuggiolena, è pianticella annuale. Si propaga per semi, vuol terra sciolta e pingue e viene sotto l'azione del gran caldo e dell'umido. Nel linguaggio dei fiori significa: Indifferenza. Ve ne sono 5 varietà. L'orientale, cresce spontaneamente nei terreni secchi ed aridi dell'India, del Ceylan, del Malabar, e s'accomoda facilmente nei suoli fertili. Fornisce un fusto alto un metro, diritto, erbaceo, quasi cilindrico, assai ramoso, foglie verdi, fiori bianchi o color rosa in giugno. I semi di esso col calore e colla pressione forniscono il 48 per cento di olio che è cosi limpido e gustoso da rivaleggiare colle migliori qualità dell'olivo, per le quali viene sovente venduto, essendo l'olio di sesamo riconoscibile solo per contenere meno sostanza. Inoltre l'olio di sesamo à il merito di non mai irrancidire. Il vantaggio dell'olivo su questa pianta, è quello di poter allignare anche in luoghi erti
per contenere meno sostanza. Inoltre l'olio di sesamo à il merito di non mai irrancidire. Il vantaggio dell'olivo su questa pianta, è quello di poter
Essiccazione delle susine. — Nel mezzodì della Francia si essiccano in tre modi diversi, due per quelle che maturano d'estate, l'altro per quelle che maturano più tardi: 1.° Ad Agen si aspetta che le susine cadano da sè e non si scote che leggermente la pianta se non quando la stagione è di già avanzata. Si raccolgono ogni giorno, si lavano se non sono pulite, si espongono al sole disposte su dei graticci di vimini per due giorni, rivoltandole frequentemente, e si termina l'essiccamento al forno, introducendole in esso per tre volte, ed aumentando gradatamente la temperatura, perchè il frutto non si screpoli. Se l'operazione è ben fatta, le susine presentano una consistenza alquanto elastica e la buccia lucente e ricoperta del fioretto, che è una specie di materia cerosa. Così preparate si conservano in luogo secco e s'incassano pel commercio. 2.° A Brignolles si raccolgono alla fine di luglio od in agosto, si pelano coll'unghia, s'infilzano su sottili rametti per modo che non si tocchino e si espongono al sole ogni giorno ritirandole la sera. Quando sono essiccate si toglie loro il nocciolo, si comprimono e si rimettono al sole. In commercio vanno col nome di pistoles. 3.° L'ultimo sistema è quello di tuffare i canestri contenenti le susine, nell'aqua bollente, farle poi asciugare al coperto, indi esporle al sole.
maturano più tardi: 1.° Ad Agen si aspetta che le susine cadano da sè e non si scote che leggermente la pianta se non quando la stagione è di già
Timo, dal greco timos, animo, perchè si dava nei deliqui — altri, lo vuole da (thio, sacrificare, perchè si usava nei sacrifici agli dei. Piccolo arbusto perenne, indigeno, originario della Palestina. Nel linguaggio, dei fiori significa: Attività. Ve ne sono ben venti varietà. Si propaga per semi in primavera e meglio per divisione di radici. Il seme à virtù germinatrice per tre anni. Lo si semina per bordure nei giardini, ama bona esposizione, terreno magro ed asciutto. Il timo, detto anche Pepolino, Sermolino, Piperella (Serpyllum), dà piccoli fiori porporini e rosei nella state. Cresce naturalmente nei pascoli, nelle siepi e prati montuosi, à grato profumo, che si marita assai bene a quello delle rose. Il suo nome da Thymiama, profumo, citato in molti luoghi anche della Bibbia. Presso i Greci era l'emblema della forza e del coraggio, teste Dioscoride. Si adopera in cucina per dare aroma alle carni, agli intingoli, ai legumi. È antispasmodico, leggermente riscaldante ed eccitante. Serve nella distilleria per liquori ed aque da toilette. Contiene molta copia d'olio etereo giallo, dal quale si estrasse recentemente un acido detto acido timico, che è preferibile per disinfezioni al fenico, conservando nel suo stato di acido l'aroma della pianta. Il timo è amato dalle capre e dalle api, lo dice Virgilio nell'Egloga 3a:
fenico, conservando nel suo stato di acido l'aroma della pianta. Il timo è amato dalle capre e dalle api, lo dice Virgilio nell'Egloga 3a:
La parola zafferano è d'origine araba. Lo zafferano è pianta perenne, bulbosa, originaria dell'Asia Minore, dove è indigena. I suoi fiori, che dà in autunno sono ordinariamente di un colore violetto porporino, gli stimmi di un rosso aurora molto odorosi. Nel linguaggio dei fiori: Sfacciataggine. Ama terreno asciutto, forte, ben esposto e sostanzioso. Si raccolgono i fiori per levarne i pistilli rossi fragrantissimi. Si moltiplica per bulbilli, che formansi tutti gli anni attorno al bulbo madre, e si piantano in agosto. Varietà: il Crocus vernus, il Crocus multiflorus e lungiflorus, che nasce selvaggio in Sicilia. Coltivasi un di presso come l'aglio e le cipolle. Vegeta anche nel nord, ma teme i freddi rigorosi, e perisce sotto il 15°. Lo zafferano à sapore piccante ed amaro, odore forte particolare. Il suo nome crocus, da crochè, filo, per gli stilli filiformi che costituiscono il suo fiore.
La parola zafferano è d'origine araba. Lo zafferano è pianta perenne, bulbosa, originaria dell'Asia Minore, dove è indigena. I suoi fiori, che dà in
A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese, oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il bulbo è amato dai topi, gli steli dalle lepri. Quantunque originario dei paesi del mezzodì, è coltivato oramai in quasi tutta Europa, perfino in Inghilterra. In Italia tale coltura è antica, specialmente in Sicilia e nel Napoletano, e propriamente nella provincia di Aquila, che per aroma e qualità tintoria, dà lo zafferano migliore del mondo. Il suo prezzo medio è di L. 150 al kgr. Lo zafferano si usa dai tintori, dai caffettieri, dai pasticcieri, dai profumieri, dai pittori, pizzicagnoli, maniscalchi, farmacisti e cuochi. Per la cucina si dovrebbe provvederlo in fili e non in polvere, onde evitare la falsificazione. La frode più innocente è quella di esporlo per qualche tempo in luogo umido, affinchè cresca di peso. Lo si falsifica benissimo coi fiori dello Zaffranone o falso zafferano (carthamus tintorius), che dà un colore scarlatto, con l'Oricella (rocella tinctoria), che dà pure un color porpora, col Sommaco (rhus coriara), ecc. I vapori che sparge lo zafferano nei luoghi chiusi ove non si possano con facilità dissipare, sono all'uomo malsani e talvolta micidiali, perchè à virtù eminentemente narcotica, ed in medicina passa come rimedio stimolante, analogo all'oppio. La scoperta dello zafferano si perde nella nebbia dei tempi. La mitologia vuole che abbia avuto origine da un giovinetto chiamato Croco, che, innamoratosi perdutamente di una ninfa, chiamata Smilace, nè piacendo a Barba Giove tale matrimonio, fu da lui cambiato nella pianta dello zafferano; da qui il suo nome di Crocus. Et in parvos versum cum Smilace flores, et Crocon (Ovidio, 4.a Metam.). Dioscoride lo raccomanda come eccellente condimento e ne suggeriva un unguento, tanto che Properzio lodecanta:
perdutamente di una ninfa, chiamata Smilace, nè piacendo a Barba Giove tale matrimonio, fu da lui cambiato nella pianta dello zafferano; da qui il suo
La Zucca è pianta erbacea, indigena, annua, appartiene alla famiglia dei meloni, dei citrioli e delle angurie, e com' essi si coltiva. Cucurbita, dal vocabolo celtico cucce, vaso. Questo ampolloso frutto di verdura è originario dalle Indie, e ve ne anno mille varietà, per forma, qualità, colore, sostanza carnosa e bizzarria.
La Zucca è pianta erbacea, indigena, annua, appartiene alla famiglia dei meloni, dei citrioli e delle angurie, e com' essi si coltiva. Cucurbita, dal