Riprende inesorabile l'imponente sfilata dei camerieri che portano ora le «Isole alimentari» di Fillìa, squisita unione di pesce, banana, ciliegia, fico, uova, pomodoro e spinaci.
Gli sia invece servito un pranzo di puri elementi gastronomici: una zuppiera di buona salsa di pomodoro, una grande polenta gialla, un mucchio d'insalata, verde non condita e fuori piatto, una fondina piena d'olio d'oliva, una fondina piena di aceto forte, una fondina piena di miele, un grosso mazzo di ravanelli rossi, un mucchio di rose bianche con relativi gambi spinosi.
Gli sia invece servito un pranzo di puri elementi gastronomici: una zuppiera di buona salsa di pomodoro, una grande polenta gialla, un mucchio d
2) «Fattaccio campestre»: melanzane cotte nel pomodoro, poi imbottite di acciughe e servite sopra un letto per metà formato di poltiglia di spinaci e per metà di poltiglia di lenticchie.
2) «Fattaccio campestre»: melanzane cotte nel pomodoro, poi imbottite di acciughe e servite sopra un letto per metà formato di poltiglia di spinaci e
Nella grande carlinga di un Trimotore, fra le aerosculture di metalli applicati dei futuristi Mino Rosso e Thayaht, i commensali prepareranno una pasta di fecola di patate, cipolline, uova, polpa di gamberi, pezzi di sogliola, pomodoro e polpa di aragosta, pandispagna e gallette tritate, zucchero semolato e profumato alla vaniglia, frutta candite e formaggio gruyère, inaffiata abbondantemente con Vin Santo toscano.
pasta di fecola di patate, cipolline, uova, polpa di gamberi, pezzi di sogliola, pomodoro e polpa di aragosta, pandispagna e gallette tritate, zucchero
Torta di frutta varia che poggia sopra un disco di cioccolata. La torta è ricoperta da due strati di poltiglia che la taglia a metà: il primo fatto di salsa di pomodoro e il secondo di spinaci.
Preparate un buon risotto allo zafferano o al pomodoro, avendo cura di toglierlo dal fuoco non al dente, ma piuttosto cotto, e fatelo raffreddare. (Non deve essere al dente perchè i grani del riso possano aderire l'uno all'altro).
Preparate un buon risotto allo zafferano o al pomodoro, avendo cura di toglierlo dal fuoco non al dente, ma piuttosto cotto, e fatelo raffreddare
Sopra un piattello di alluminio, equidistanti: un mucchietto di mandorle tostate, fette di banana, acciughe, caffè tostato, fette di pomodoro, fette di formaggio parmigiano. Nel centro del piattello, un bicchiere contenente: vermouth, cognac, strega. Dentro: fette di banana.
Sopra un piattello di alluminio, equidistanti: un mucchietto di mandorle tostate, fette di banana, acciughe, caffè tostato, fette di pomodoro, fette
Riso cotto normalmente. Sugo preparato con soffritto di poca cipolla e burro, al quale si aggiungerà: ventresca di tonno a pezzetti e pomodoro in minima quantità. Condito il risotto, aggiungere e mescolare qualche oliva verde e guernire con spicchi ben puliti di mandarini.
Riso cotto normalmente. Sugo preparato con soffritto di poca cipolla e burro, al quale si aggiungerà: ventresca di tonno a pezzetti e pomodoro in
Cotolette di vitello cotte al burro e tagliate a forma di un telaio di racchetta: al momento di servire, spalmarle con un sottile strato di pasta (fatta di mascarpone impastato con noci tritate), sul quale sono tracciate alcune linee con salsa di pomodoro mescolata con rhum. A formare il manico della racchetta, un'acciuga con sopra una striscia di banana.
(fatta di mascarpone impastato con noci tritate), sul quale sono tracciate alcune linee con salsa di pomodoro mescolata con rhum. A formare il manico
Sopra una crema di piselli disporre una cotoletta di sanato cotta al burro. Versare sulla cotoletta della salsa di pomodoro e aggiungere un anello di mela, una fetta di prosciutto e un frutto candito.
Sopra una crema di piselli disporre una cotoletta di sanato cotta al burro. Versare sulla cotoletta della salsa di pomodoro e aggiungere un anello di
Altre inchieste, pro e contro la pastasciutta, furono fatte dal «Giornale della Domenica» di Roma e da altri giornali italiani. Il Duca di Bovino, Podestà di Napoli, rispondendo ad una di queste inchieste, dichiarò che «gli Angeli, in Paradiso, non mangiano che vermicelli al pomodoro», consacrando con ciò la monotonia poco attraente del Paradiso e della vita degli Angeli.
, Podestà di Napoli, rispondendo ad una di queste inchieste, dichiarò che «gli Angeli, in Paradiso, non mangiano che vermicelli al pomodoro», consacrando
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di là dell'Alpi, qualche metafora indecorosa. Si diceva, un tempo, che gli spaghetti noi li mangiassimo con le mani: e forse il senso della maldicenza era che non potessero, da una siffatta golosità, andare disgiunte sciatteria e sudiciume. Poi ci concessero le forchette, forse per avere il diritto di dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in tutta Europa quante porzioni ne mangi Primo Carnera, come nel 1894 si sapeva quante ne divorasse Francesco Crispi. L'italiano delle allegorie ha pur sempre l'avida bocca spalancata su un piatto di tagliatelle, quando non sia di vermicelli colanti sugo lungo le bramose canne. Ed è un'immagine offensiva: buffa, deforme, brutta. Vorrebbe insegnare la vanità di quel nostro appetito, insieme alla sua irruenza bestiale. In fondo, la pasta asciutta non nutre. Riempie: non risangua. La sua sostanza è minima in confronto al suo volume. Ma è appunto, vorrebbero dire le allegorie maligne, un vero cibo italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle protese, in quel voluttuoso impippiarsene, in quell'aderenza totale della pasta al palato e alle viscere, in quel sentirsi tutt'uno con lei, appallottolati e rifusi. Ma è un gusto porcino. Ma è un gaudio da poco. Inghiottiti che siano, gli spaghetti infestano e pesano. E ci sentiamo, subito, impiombati come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno dentro l'altro, si confondono, s'imbrogliano come i vermicelli assorbiti. Le parole s'appallottolano allo stesso modo. Il poco sugo che portano alle labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l'argomentazione è impossibile, interrotta com'è dai sussulti delle budella. Si sa che i peccati di gola sono i più rapidamente puniti dal Signore Iddio. Quello della pasta asciutta viene espiato all'istante. È la pancia che si gonfia a spese se del cervello. È l'incatenamento, o l'esilio, di tutti gli spiriti, concettosi od amorosi. Provatevi dunque, dopo una strippata di tagliatelle, a partire per una polemica. Oppure per Citera. Vi giuro che resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l
Era tempo di finirla, perdio, con una pietanza barbara che viveva a scrocco nella nostra civiltà ultramoderna: parlo dei maccheroni al sugo, al pomodoro o come meglio v'aggrada. Questo piatto, pur tra gli altri bestiali, ci faceva la figura di uno scimpanzè femmina in un salotto di dame sentimentali: e solo per un errato rispetto della tradizione si continuava a sopportare il suo lezzo plebeo. Il nome stesso ricordava il popolo, rozzo e oleoso di lordume, in mezzo al quale era nato: maccheroni. Qualche buona pasta di cuoco, discepolo ed emulo di Brillat-Savarin, s'era ultimamente indaffarato a ingentilirlo, a togliergli di dosso quel tango di canagliume: l'aveva piegato a non accompagnarsi a certe tronfie e sguaiate cipolle, adipose come belle da marinaio, a certi agli sbiancati e consunti da morbi nascosti, all'olio rancido e caprigno. Ma sotto le nuove spoglie aveva i modi e le volgarità del villan rifatto e a nulla gli valeva la continua frequenza con quell'aggraziato ed epicureo messere che si chiama burro. Ebbe sempre la medesima pancia, tumultuosa e invadente: e dovunque entrasse, nella casa del povero e del ricco, volgeva gli occhi intorno come per imporre rispetto e reverenza, quasi discendesse da troppo magnanimi lombi per non dover stimare men che nulla le restanti creature gastronomiche.
pomodoro o come meglio v'aggrada. Questo piatto, pur tra gli altri bestiali, ci faceva la figura di uno scimpanzè femmina in un salotto di dame