Juglans arbor proinde dieta est ac Jovis glans. Nam quia id arboris genus nuces habet, quae sunt suaviore sapore quam glans est: hunc fructum antiqui illi; qui egregium glandique similem, ipsamquem arborum Deo dignam existimabant, Jovis glandem appellaverunt, quae nunc litteris interlisis juglans nominatur.
Juglans arbor proinde dieta est ac Jovis glans. Nam quia id arboris genus nuces habet, quae sunt suaviore sapore quam glans est: hunc fructum antiqui
Emundat visum stomacumque confortat anisum, fa bello il viso e conforta lo stomaco, dice la Scuola salernitana. Avicenna, dice che corregge il cattivo alito: Oris halitum jucundiorem facit. Dioscoride osserva che i Sirii condivano coll'anice le zucche cotte nell'aceto, il che gli sembra bona cosa: quam rationem apparandi non incommodant puto.
È originario del Giappone ed à le stesse proprietà dell'altro. I semi mediante pressione danno un olio fitto molto odoroso, e colla distillazione somministrano una preziosissima essenza, nota sotto il nome di essenza di Badiana simile nei caratteri chimici e negli effetti terapeutici alle essenze più attive dalle ombrellifere nostrali. Infusi nell'acqua e fermentati se ne ottiene un liquore spiritoso, usato dagli Olandesi nella confezione di vari liquori. Sotto il medesimo nome fu conosciuto dai Greci e dai Latini. Pittagora lo pone fra i migliori condimenti tanto crudo che cotto. Emundat visum stomacumque confortat anisum, fa bello il viso e conforta lo stomaco, dice la Scuola Salernitana. Avicenna dice che corregge il cattivo alito: Orishalitum jucundiorem facit. Dioscoride osserva che i Sirii condivano coll'anice le zucche cotte nell'aceto, il che gli sembra bona cosa - quam rationem apparandi non incommodam puto. Nel 1560 le damine francesi che si dilettavano nell'arte pistoria combinavano certo pane col seme dell'anice che chiamavano Biscottum, dal quale i biscotti, i biscottini, le dame ed i cavalieri del Biscottino. Se non che, pare che il biscottinismo avesse un'origine più antica, perchè fino dai tempi di Pittagora i semi d'anice si mettevano sulla crosta del pane. Ciò non ostante alla nostra Suora Latina dobbiamo il merito della sua ristorazione.
: Orishalitum jucundiorem facit. Dioscoride osserva che i Sirii condivano coll'anice le zucche cotte nell'aceto, il che gli sembra bona cosa - quam rationem
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghi dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api. Pare che anche il cuoco di Giulio Cesare glieli apprestasse non molto stracotti, perch'egli ad esprimere la velocità d'alcun che soleva dire: citius quam asparagi coquantur. Mille sono le virtù ed i vizi che i medici assegnano agli asparagi. Sono diuretici in sommo grado, giovano nell'idrope, nelle affezioni cardiache, sono calmanti nell'orgasmo nervoso, nei dolori dei tisici, nell'insonnia, giovano contro il catarro polmonare, nella paralisi della vescica e perfino a detta del medico ateniese Chairetes contro l'idrofobia. All'incontro non sono convenienti agli isterici, agli ipocondriaci, ma sopratutto a quelli che patiscono la gotta. Albert suggerisce che mettendo la sera nel pot de chambre un paio di goccie d'aceto, colui che il giorno prima s'è fatto una scorpacciata d'asparagi si desta al mattino in un'atmosfera embaumè di violette. Altri invece assevera, che tale effetto si ottenga con un po' di essenza di trementina invece dell'aceto.
quam asparagi coquantur. Mille sono le virtù ed i vizi che i medici assegnano agli asparagi. Sono diuretici in sommo grado, giovano nell'idrope, nelle
Pianticella annuale gramignacea, acquatica, originaria della China e delle Indie Orientali, che dà il grano da tutti conosciuto. Il suo nome, riso dal greco Oryza, derivato anch'esso dall'arabo Eruz. Dopo il frumento è l'alimento più sano e nutritivo. Il riso nasce, vegeta e matura nell'acqua, ed ama tutta la pompa del sole: non può vivere senz'acqua e senza sole. Nel linguaggio dei fiori: Ricchezza. Si coltiva dappertutto. Il riso per esser buono, dev' essere novo, ben mondato, ben netto, grosso, bianco, che non sappia di polvere nè d'altri odori. Il riso di più difficile cottura è il più saporito. Col riso si fà pane, il quale è assai bianco e di bon gusto, ma non s'inzuppa bagnandolo. Ma l'uso principale del riso è nella cucina. Nazioni intere se ne fanno il loro pascolo quotidiano. Il Pilao dei Cinesi non è che il riso. Si cuoce da noi ogni giorno in minestra, al grasso, al magro, col burro, col latte, coll'olio. Si mescola con ogni sorta di legumi, erbaggi e carnami se ne fanno torte, pasticci, frittelli, tortelli. Universalmente lo si fà cuocere sino all'intero disfacimento, solo dai noi si mangia, come si dice al dente. Sarà forse per effetto di assuefazione, ma da noi lo si trova più saporito così. La cucina Milanese à dato al mondo col riso quel capolavoro, che si chiama Risotto, il vero monopolio del quale, per quanto si sia fatto, non si è ancor tolto dalle mani dei veri Milanesi. Alcuni asseriscono che da noi il riso venne introdotto nel secolo XVI, ma è certo che in Italia, invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia, «maxima est copia, (oryza) ubi ex ea phtisana fiebat,quam reliqui mortales ex hordeo conficiebant». Teofrasto, che lo chiama pure oryzon, attesta che ai suoi tempi era seme peregrino. Il Bolognese Crescenzio nel 1301 parlando del riso lo chiama tesoro delle paludi. Nel IX secolo era già coltivato in Sicilia. Nel 1481 il riso è annoverato fra i prodotti del Mantovano. Nel 1521 fra quelli di Novara e Vercelli. Da noi il migliore è il Milanese, il Novarese e quello delle Puglie. I medici gli danno virtù calmanti, astringenti, anti etiche. Gli Indiani ne cavano un liquore spiritoso che chiamano Arak, liquore che si fa anche in America sotto il medesimo nome. La paglia del riso serve a molte ingegnose manifatture. Se ne fa carta leggerissima e finissima anche per sigarette. L'acqua di riso fa diventar bianca e morbida la pelle. I Milanesi dicono che il riso nasce nell'acqua e deve morire nel vino. Il riso è la ricchezza dei nostri fittajoli: Fittavol de ris, fittavol de paradis, dice un proverbio.
che in Italia, invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia, «maxima est copia, (oryza) ubi ex ea phtisana fiebat, quam reliqui