Pianticella annuale gramignacea, aquatica, originaria della China e delle Indie Orientali, che dà il grano da tutti conosciuto. Il suo nome, riso, dal greco Oryza, derivato anch'esso dall'arabo Eruz. Dopo il frumento è l'alimento più sano e nutritivo. Il riso nasce, vegeta e matura nell'acqua, ed ama tutta la pompa del sole: non può vivere senz'acqua e senza sole. Nel linguaggio dei fiori: Ricchezza. Si coltiva dappertutto. Il riso per essere bono, dev'essere novo, ben mondato, ben netto, grosso, bianco, che non sappia di polvere nè d' altri odori. Il riso di più difficile cottura è il più saporito. Col riso si fa pane, il quale è assai bianco e di bon gusto, ma non s'inzuppa bagnandolo. Ma l'uso principale del riso è nella cucina. Nazioni intere se ne fanno il loro nutrimento quotidiano. Il Pilao dei Cinesi non è che il riso. Si coce da noi ogni giorno in minestra, al grasso, al magro, col burro, col latte, coll'olio. Si mescola con ogni sorta di legumi, erbaggi e carnami, se ne fanno torte, pasticci, frittelli, tortelli. Universalmente lo si fa cocere sino all'intero disfacimento, solo da noi si mangia, come si dice, al dente. Sarà forse per effetto di assuefazione, ma da noi lo si trova più saporito così. La cucina milanese, à dato al mondo col riso quel capolavoro che si chiama Risotto, il vero monopolio del quale, per quanto si sia fatto, non si è ancor tolto dalle mani dei veri Milanesi. Alcuni asseriscono che da noi il riso venne introdotto nel secolo XVI, ma è certo che in Italia invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia
intere se ne fanno il loro nutrimento quotidiano. Il Pilao dei Cinesi non è che il riso. Si coce da noi ogni giorno in minestra, al grasso, al magro
tartufo una ballata, perchè avendone mangiato troppo gli produssero una colica. Ancora nel 780 era raro a Parigi. Nel secolo XVI l'uso del tartufo era frequente in tutta Italia. Il Mattiolo ne parla come di un piatto prelibato di grandi case. Platina, l'istoriografo dei Papi, vanta quelli di Norcia nell'Umbria, dove nella vicina Bevagna doveva nascere di lì a poco Alfonso Ceccarelli, celebre autore dell'opuscolo sui tartufi. E il tartufo che era già comparso ai fins soupers de la Regence e del Direttorio, diventa ospite pressochè quotidiano alle mense dei marescialli dell'impero e trova in Brillat-Savarin il suo corifeo ed il suo poeta. Egli lo chiama il Diamante della cucina, Dumas s'inchina profondamente davanti al tartufo, lo adora, e nella sua adorazione non può che ripetere che il tartufo è il sacrum sacrorum. Invano i suoi nemici, la medicina ed i casisti, lo combattono. Avicenna dice che occasiona l'apoplessia e la paralisi — altri che genera la melancolia e la lebbra — altri, che è uno stimolante afrodisiaco. Il tartufo s'impone come cibo salubre, nutriente ed eccitante la digestione, quando è preso in debita misura. «Che ne pensate voi del tartufo?» domandava un giorno Luigi XVIII al suo medico Portal. «Scommetto che voi lo proibite ai vostri malati!» — «Sire, io lo credo un poco indigesto,» mormorò Portai. — «Il tartufo, dottore, non è ciò che pensa il volgo,» soggiunge il re e ne fe' sparire un bel piatto. Talleyrand intratteneva spesso Napoleone sui modi migliori di cucinarli. Byron li adorava, li mangiava sempre coi maccheroni e il grande poeta diceva di non voler mangiare i maccheroni coi tartufi, ma i tartufi coi maccheroni. George Sand chiamò il tartufo, che stimava assai, la pomme de terre fèerique. Rossini, da quel ghiottone ch'era, ne andava pazzo; è a lui che si deve l'invenzione della salade aux truffes. Il tartufo ammuffito produce vomiti ed acute coliche con altri malori cagionati dal parassita che vi nasce. Il tartufo à solo due difetti, di essere indigesto se se ne mangia troppo, e di essere caro. Michele Savonarola raccomanda agli intemperanti in fatto di tartufi, di temer Dio se non temono la colica: consiglio che agli epicurei non à mai fruttato un corno.
già comparso ai fins soupers de la Regence e del Direttorio, diventa ospite pressochè quotidiano alle mense dei marescialli dell'impero e trova in