Il pepe, quale lo conosciamo, è il frutto secco, immaturo del piper nigrum, pianta vivace che cresce spontaneamente sulle coste del Malabar, Indostan, Malaca, Ceylan. Nella state à fiori senza calice in grappoli lunghi, bianchi, frutti a foggia di bacche, da principio verdi, poi rossi, e finalmente gialli. Raccolgonsi prima che siano completamente maturi, e vengono essiccati al sole o al foco, ciò che imparte alla superficie della bacca le rugosità ed il colore bruno-nero. Maturi, perdono il loro sapore bruciante. Da noi, il pepe è pianta da serra ed anche potendo allignare nelle nostre parti meridionali, darebbe frutti di nessuna forza. Il suo nome, dal greco pepto, digerire, cocere, che à virtù stomatica, riscaldante. Nel linguaggio delle piante: Rabbia. Fu per molto tempo ritenuto che il pepe bianco fosse una varietà del nero. Ma il pepe bianco non è altro che il pepe nero lasciato maturare, poi fatto macerare per due settimane nell'acqua di mare e di calce, e spogliato, mercè questa macerazione, delle parti esterne del pericarpio, dopo di averlo fatto essiccare, cosi che il suo sapore è meno piccante e meno aromatico, e la sua azione meno attiva. Il migliore pepe bianco è quello di Tellicherry, sulla costa del Malabar, ed il migliore pepe nero deve avere grani sferici, regolari, oscuri, non galeggianti sull'acqua.
delle piante: Rabbia. Fu per molto tempo ritenuto che il pepe bianco fosse una varietà del nero. Ma il pepe bianco non è altro che il pepe nero lasciato
Il nome di rosa dal greco rhodon, rosa, o dal celtico roag che significa rosso. La rosa è la regina dei fiori, la figlia del cielo, il sorriso della primavera, l'emblema dell'innocenza e della fugace bellezza femminile. Le sue varietà si contano a migliaia. Qui non dirò che della canina, la quale è la più semplice di tutte le altre. Fu detta rosa canina o rosa di cane, perchè fu creduto, fino dall'antichità, che la sua radice fosse efficace contro la rabbia del cane. Anche i Greci la chiamavano cinorrhodon, da don, cane e rodhon, rosa. Da noi si chiama anche Rovo. Nel linguaggio dei fiori, la rosa canina significa: Indipendenza. È un arboscello indigeno che viene lungo le siepi di montagna, nei luoghi aprichi, che dà in maggio una rosetta pallida, semplice, di cinque foglie. Ai fiori succedono alcune frutta ovali, bislunghe, rosse come il corallo nella loro maturità, la di cui scorza è carnosa, midollosa, d'un sapor dolce-aciduletto e che racchiude alcune semenze, inviluppate d'un pelo consistente, che attaccandosi alle dita penetra nella pelle e vi cagiona molestie. Tali semi posti nel letto ad alcuno per celia fecero sì che questo frutto prese il nome poco castigato di grattaculo. Un mio amico ingegnere mi assicura che tal nome viene da ciò, che i sullodati semi, producono a chi li mangia un lieve prurito, precisamente in una località indicata nella seconda parte di quel disgraziato vocabolo e vi richiama l'azione indicata pure nella prima parte del surriferito disgraziato vocabolo. Tale appellativo, non si vorrebbe mai pronunciare dalla gente pudibonda, ma che è pure registrato presso i più seri botanici; è costretta a ripeterla, colle gote vermiglie, anche la damigella sortita di collegio, se vuol dimandare di quel delizioso sciroppo che danno i prefati grattaculi. Il Cherubini nota che da alcuni viene chiamata salsa di ciappetti, ma è un eufemismo. Il quale eufemismo è una figura rettorica incaricata di stendere un velo si, ma trasparente, su
contro la rabbia del cane. Anche i Greci la chiamavano cinorrhodon, da don, cane e rodhon, rosa. Da noi si chiama anche Rovo. Nel linguaggio dei fiori, la