Per impedire che le Ostriche si aprino, e perdino l'acqua marina racchiusa nella loro conchiglia, la quale nè forma tutto il pregio, devesi tenere legate ben strette entro un sacchetto, o una stoja con un peso sopra, se è possibile.
Per impedire che le Ostriche si aprino, e perdino l'acqua marina racchiusa nella loro conchiglia, la quale nè forma tutto il pregio, devesi tenere
Per impedire che le Ostriche si aprino, e perdino l'acqua marina racchiusa nella loro conchiglia, la quale nè forma tutto il pregio, devesi tenere legate ben strette entro un sacchetto, o una stoja con un peso sopra, se è possibile.
Per impedire che le Ostriche si aprino, e perdino l'acqua marina racchiusa nella loro conchiglia, la quale nè forma tutto il pregio, devesi tenere
Il vero risotto alla milanese è semplicissimo e molto buono, ma pochi, fuori di Milano, lo sanno fare, poichè quasi tutti vi gabellano per risotto alla milanese le più strane fantasie e i più strani miscugli, che non hanno proprio niente a vedere col tradizionale risotto di Milano. Tagliate in fette sottili una mezzo cipolla, racchiudetela in un angolo di un tovagliolo bagnato e strizzatela per toglierle il sapore troppo forte. Mettetela poi in una casseruola con una cucchiaiata di burro e un pezzo di midollo di bue, grosso come un uovo, ben tritato sul tagliere. Fate cuocere adagio la cipolla senza che prenda colore, e poi mettete giù mezzo chilogrammo di riso accuratamente mondato. Mescolate con un cucchiaio di legno affinchè il riso non s'attacchi, e poi bagnatelo man mano con brodo bollente, senza pomodoro, o con acqua se non avete brodo disponibile. Condite con sale e un pizzico di pepe e conducete la cottura piuttosto con vivacità, rinfondendo sempre acqua bollente man mano che il riso si gonfia. A metà cottura, versate nella casseruola il contenuto di una di quelle scatoline di zafferano, che si trovano in vendita da tutti i pizzicagnoli e salsamentari, o meglio una leggera pizzicata di fili di zafferano. Se adoperate lo zafferano in fili, regolatevi, perchè ha un aroma intenso, e una piccolissima quantità è più che sufficiente per aromatizzare il risotto. Lasciate che il riso finisca di cuocere e poi conditelo con dell'altro burro — circa mezzo panino — e mezzo ettogrammo di parmigiano grattato. Tra il burro da adoperarsi per il principio della cottura e quello che si adopera per condire in fine, non si deve impiegarne più di un panino. Versate il riso in un piatto e mangiatelo subito affinchè non si scuocia. Alcuni cuochi milanesi vi diranno che per fare il vero risotto ci vuole la cervellata, che è una specie di salsiccia giallastra racchiusa in budella tenui di vitello. Ma prima di tutto la cervellata non si trova sempre, e poi essa non è altro che un composto di grasso di bue e grasso di maiale aromatizzato con zafferano, spezie e parmigiano, composto dove il cervello non entra menomamente. Quindi poichè tutti gli elementi della cervellata entrano lo stesso nel risotto, è inutile questo duplicato, tanto più che quella specie di pomata racchiusa negl'intestini del vitello può non presentare efficaci condizioni di freschezza e d'igiene.
vero risotto ci vuole la cervellata, che è una specie di salsiccia giallastra racchiusa in budella tenui di vitello. Ma prima di tutto la cervellata non
Sul modo di cucinare le aragoste, generalmente non si ha in famiglia una grande ricchezza di idee, perchè ci si limita per lo più all'eterna aragosta lessa, con la salsa maionese di rito. Certo questa maniera di rendere funebri onoranze al saporoso crostaceo non è da disprezzare, visto che il dolciastro della aragosta lega a meraviglia coll'untuosità della salsa maionese. Ma quando avrete gustato la aragosta arrosto, così come noi ve la insegnamo, al suo confronto troverete ben scipita la tradizionale aragosta lessa. Della aragosta non si deve abusare poichè la sua carne riesce piuttosto greve allo stomaco. Per quattro persone sarà sufficiente un'aragosta di mezzo chilogrammo. A differenza della aragosta lessa, questa da prepararsi arrosto va spaccata viva. Comprendiamo: non è una morte molto piacevole che si fa fare alla povera bestia, ma tra l'essere aperta viva o l'essere tuffata in un bagno d'acqua bollente, crediamo che l'aragosta non abbia predilezioni. Prendete dunque la aragosta, mettetela sul tagliere coricata sul ventre, poi tenendola ferma per il busto con la mano sinistra, infilate il coltello nel mezzo del dorso e dividetela in due nel senso della lunghezza. Angosciosi e brevi sono gli istanti! come canta Gioconda a Laura, e poi più nulla. Il crostaceo è passato rapidamente a miglior vita, portando forse seco un nostalgico ricordo di alighe verdi e di solitudini marine. Togliete con attenzione il budellino terroso che va dall'estremità della coda al busto, e poi ponete i due pezzi in una piccola teglia avvertendo che, naturalmente, la parte carnosa rimanga di sopra. Mettete in un piatto una mezza cucchiaiata di senape inglese, un pizzico di pepe, un po' di prezzemolo trito, una pizzicata d'origano e un pochino di sale. Sciogliete tutto ciò con un paio di cucchiaiate di olio, aggiungendo in ultimo un pezzo di burro, come una grossa noce sciolto in un tegamino. Stendete questa composizione sulla carne dell'aragosta, e ricopritela con della mollica di pane fresco grattata. Pigiate leggermente con la lama di un coltello la mollica, affinchè aderisca, sgocciolate su tutto un altro pochino d'olio e mettete la aragosta in forno piuttosto vivace per un quarto d'ora. Accomodate l'aragosta in un piatto e fatela portare subito in tavola, insieme con un piattino di spicchi di limone. E sarete piacevolmente sorprese del profumo e del sapore di questa aragosta racchiusa nel suo guscio, a cui il forno ha dato una colorazione fiammante.
aragosta racchiusa nel suo guscio, a cui il forno ha dato una colorazione fiammante.
Le olive che si vogliono conciare per i bisogni della tavola e della cucina si devono scegliere di bella qualità, fra le più grosse e carnose, ed esser raccolte alcuni giorni prima che abbiamo raggiunta una completa maturità. La prima operazione che si deve fare è di tenerle per ventiquatt'ore in una forte lisciva, per toglier loro l'asprezza del sapore; il ranno dei tintori e de' saponaj è il migliore ed insieme il più facile a procurarsi con tenue spesa. Si mettono le olive in un vaso e vi si versa tanto ranno da ricoprirle, però per impedire che esse vengano a galla ed obbligarle a rimanere intieramente immerse, è bene allargarvi sopra un fascetto di scopa e sovrapporre a questo un leggiero peso. Il giorno dopo si cola tutto il ranno, e ad esso si costituisce acqua fresca, che bisogna cambiare successivamente più volte, finchè le olive siano purgate d'ogni traccia o resto del ranno stesso. Si abbrevia questa seconda operazione mettendo le olive sotto ad una fontana o in un'acqua corrente racchiusa in fìtta rete; perchè il continuo rinnovarsi dell'acqua permetterà di lasciarvi le olive non più di dodici ore.
stesso. Si abbrevia questa seconda operazione mettendo le olive sotto ad una fontana o in un'acqua corrente racchiusa in fìtta rete; perchè il continuo