Preparazione — Si spremono in un pannolino di bucato, raccogliendone il succo, e gettando via i granelli che rimangono addietro. Per ogni libbra da gr. 12, di succo, occorrono gr. 14 di zucchero in pane ridotto a pezzetti. Tutt'assieme si pone in vaso di rame ben stagnato, e si mette a fuoco ardente di carboni sopra fornello, avvertendo di schiumare la miscela prima che bollisca. Si continuerà il bollore per mezzo quarto d'ora; indi ritirata dal fuoco la casseruola si dimena il composto con un cucchiaio d'argento o di legno sinchè abbia acquistato la temperatura del latte appena munto. Allora si mette in una bottiglia di vetro netta e bene asciutta, la quale poi si tura bene, e si conserva in luogo fresco ed asciutto. Esperimentato da me con'ottimo esito, eccone alcuni ulteriori dettagli per opportuna norma. Lamponi libbre grosse 4 da gr. 28, diedero libbre grosse due ed un quarto di succo limpido passato per pannolini, sicchè oncie 63. Calcolai dunque 5 libbre di succo, e vi posi libbre 6. di zucchero in pane a pezzetti il che dava approssimativamente la proporzione indicata di gr. 14 di succo per ogni oncie 12, di zucchero. In una zuppiera di terraglia lasciai la mistura sino all'indomani. Allora lo zucchero era soltanto nella maggior parte disciolto. Nondimeno posi la mistura in una casseruola ben pulita e stagnata, sopra fornello con fuoco vivo di carboni. Rimenando sempre, cominciò ad alzarsi una schiuma rossa, che levai di mano in mano con una schiumarola.
Preparazione — Si spremono in un pannolino di bucato, raccogliendone il succo, e gettando via i granelli che rimangono addietro. Per ogni libbra da
Fate cuocere i carciofi in acqua bollente dopo averli ben puliti all'interno togliendo ogni peluria. Quando sono cotti raschiate le foglie raccogliendone tutta la parte molle che passerete allo staccio insieme con i fondi. Amalgamate la polpa con la besciamella alla quale avrete aggiunto una noce di burro sbattendo fortemente con la frusta. Condite con sale, pepe e il formaggio grattugiato e servite con crostoni di pane fritti nel burro.
raccogliendone tutta la parte molle che passerete allo staccio insieme con i fondi. Amalgamate la polpa con la besciamella alla quale avrete aggiunto una noce
Schiacciate e passate a forza per istaccio un chilogr. e mezzo di fragole, raccogliendone in un sottoposto catino il succo e la polpa: unitevi indi il sugo di due limoni ed un chilogr. di zucchero in polvere; diluite il tutto con mezzo litro d'acqua, tramenando con un mestolo finchè lo zucchero siasi ben disciolto, e passate nuovamente per istaccio di crine il composto, adoprando però questa volta un tessuto più fitto, onde non passino anche i granellini del frutto. Finalmente versate nella sorbettiera e gelate come al solito.
Schiacciate e passate a forza per istaccio un chilogr. e mezzo di fragole, raccogliendone in un sottoposto catino il succo e la polpa: unitevi indi
Mettete un pochino d'olio in una casseruola insieme ad uno spicchio d'aglio schiacciato ed a una cucchiaiata di prezzemolo tagliuzzato grossolanamente. Fate soffriggere a gran fuoco, ma senza far prendere colore, poi gettate dentro le vongole ben lavate. Circa la quantità di vongole è questione di gusto e di mezzi; potrete metterne un kg. ed anche uno e mezzo. Fate soffriggere bene le vongole a fuoco forte, ed aggiungete due cucchiai di salsa di pomodoro fresco o in scatola, poco sale e pepe, ed allungate poi con un litro d'acqua. Dopo due minuti di bollore, scolate le vongole in una scolabrodo raccogliendone accuratamente il loro brodo, e togliendo a ciascuna di esse il frutto. Avrete preparato un bicchiere abbondante di salsa di pomodoro ed in essa porrete le vongole sbucciate, tenendole in caldo, ma senza però farle più bollire.
scolabrodo raccogliendone accuratamente il loro brodo, e togliendo a ciascuna di esse il frutto. Avrete preparato un bicchiere abbondante di salsa di pomodoro
I libri di cucina pubblicati fino ad oggi ammontano, senza dubbio, ad alcune centinaia. Ma chi volesse tra questa sovrabbondanza di pubblicazioni cercare il «vero» libro di cucina forse non lo troverebbe. Una sola grande eccezione: la «Guide culinaire», di Augusto Escoffier. Il Maestro ha edificato con questa opera un insigne monumento all'arte gastronomica, raccogliendone le più pure tradizioni e coordinandole con grandiosità di linee, demolendo inesorabilmente tutto il vecchiume per gettare le basi di una tecnica moderna perfetta, armoniosa e rispondente alla evoluzione del tempo e alle conquiste che, anche nel vastissimo campo avente con la cucina immediati o mediati riferimenti, si sono verificate. Questa mirabile opera è in lingua francese; ma se la questione della lingua può essere cosa trascurabile, un'altra e più seria difficoltà è presentata dal fatto che la «Guide culinaire» è scritta esclusivamente per i professionisti; e quindi in forma sintetica e con la speciale terminologia tecnica dell'alta cucina. Cosicchè questo trattato, di una preziosa utilità per chi è iniziato alla grande scuola non potrebbe essere consultato con eguale profitto ai fini della cucina domestica. Tra i libri italiani moderni sarebbe vano ricercare qualcosa di simile — un tentativo in grande stile fatto anni addietro dal dott. Cougnet con la collaborazione di professionisti ebbe esito infelicissimo — e d'altra parte è risaputo che i trattati professionali hanno sempre un interesse assai relativo per la limitata cerchia di persone alle quali necessariamente si rivolgono. Una vera pletora c'è invece in quel che riguarda la letteratura gastronomica ad uso delle famiglie. Se volessimo semplicemente enumerare i libri italiani di cucina antichi e moderni del genere, potremmo comporre un interminabile indice bibliografico. Non lo faremo, che è nostra consuetudine non perdere del tempo nè farlo perdere ad altri. Dai librai di lusso alle più modeste cartolerie, dai chioschi delle stazioni ferroviarie ai banchetti volanti che nelle strade o nelle piazze offrono libri d'occasione, troverete volumetti e volumi di cucina dai titoli più promettenti: Re dei cuochi, vero Re dei cuochi, Re dei Re dei cuochi, ecc.: una tale dovizia di cuochi coronati da permettere di estendere il regime monarchico su tutta la superficie di questo nostro vecchio pianeta. Ebbene, in così lussureggiante fiorire di pubblicazioni, non una che insegni a cucinare, perchè o compilate a scopo di bassa speculazione da empirici, che si sono accontentati di ritagliare con le forbici delle ricette senza avere la capacità di esercitare su esse il minimo controllo — vediamo infatti che questo genere di libri non porta quasi mai il nome dell'autore — o, nella migliore delle ipotesi, dovute a professionisti, i quali però avendo non solamente poca pratica con la grammatica e la sintassi, ma nessuna comunicativa, non sono riusciti a farsi comprendere e hanno avvolto le loro ricette in una fitta rete di spropositata nebulosità. Facendo un'accurata selezione di tutta la letteratura gastronomica italiana, rimangono quattro autori degni di considerazione: due antichi e due più vicini ai nostri tempi. I grandi trattati che portano ancora attorno la loro decrepita fastosità sono quelli del Vialardi, cuoco di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, e l'altro, di cui fu principale collaboratore il Nelli. Ambedue di ampia mole e dovuti a persone di indiscutibile competenza, poterono forse rappresentare al loro tempo una notevole affermazione. Ma purtroppo essi non rispondono più sia alla evoluzione della cucina, sia a quei principi di economia e di semplicità che, per forza di cose, si sono imposti alla mensa famigliare. Scorrendo le vecchie pagine, dove si parla di petti di fagiani o di pernici, di salse a base di tartufi, di leccornie d'ogni specie presentate su zoccoli monumentali o con difficoltose e dispendiosissime decorazioni, non si può a meno di sorridere, pensando che una sola di queste pietanze assorbirebbe tutto ciò che una famiglia di media fortuna spende in una settimana ed anche più. Rimangono dunque, questi trattati, semplice documentazione di un ciclo culinario esageratamente fastoso, ma oramai conchiuso per sempre. In tempi più recenti, gli autori che si sono divisi principalmente il favore del pubblico sono: Adolfo Giaquinto e Pellegrino Artusi. Il Giaquinto, reputato gastronomo, ha portato con le sue varie pubblicazioni un salutare risveglio nella pratica culinaria, ed è stato un fecondo volgarizzatore della gaia scienza nelle famiglie. Queste pubblicazioni però non sono recentissime, e risalgono ad epoche se non troppo lontane certo più fortunate, quando le famiglie non erano assillate dal problema del caro viveri; ed anche allora, dagli stessi suoi ammiratori, fu rimproverato all'autore una sensibile ed evidente tendenza alla ricchezza di preparazioni che caratterizzava appunto quella cucina di cui il Giaquinto è stato, senza dubbio, apprezzato campione. L'autore che riuscì invece a vendere stracci e orpelli per sete rare e oro fu Pellegrino Artusi, nume custode di tutte le famiglie dove non si sa cucinare. Per taluni tutto ciò che dice l'Artusi è vangelo, anche quando questo ineffabile autore scrive con olimpica indifferenza le sciocchezze più madornali. Anzitutto egli dichiara di essere un dilettante e di aver provato le sue ricette alla sazietà, fino a che gli riuscirono bene, o meglio sembrò a lui che riuscissero tali. Egli fa un edificante preambolo che suona presso a poco così: Guardate, io non so cucinare, tanto vero che i cuochi preparano le ricette che io insegno in un modo completamente diverso. Però dopo una serie di tentativi sono riuscito ad ottenere qualche risultato, ed anche voi, un po' con la mia guida (!), un po' con la vostra pazienza, può darsi che riusciate «ad annaspar qualche cosa». Ed allora vien voglia di chiedere a questo signor Artusi perchè mai, stan[...]
con questa opera un insigne monumento all'arte gastronomica, raccogliendone le più pure tradizioni e coordinandole con grandiosità di linee
Raschiate quindi con un cucchiaino d'argento tutte le foglie, raccogliendone la parte molle per poi passarla allo staccio. Mettete questa polpa in una catinella, mescolatevi della densa mayonnaise, diluite questa salsa con un po' di sugo di limone o con un po' di panna e versatela sui fondi che avrete collocati in una insalatiera.
Raschiate quindi con un cucchiaino d'argento tutte le foglie, raccogliendone la parte molle per poi passarla allo staccio. Mettete questa polpa in
« Si deve comperare mezzo chilo di fragole: lavarle (come sempre si deve fare) in un po' di vino bianco; e lasciarle poi bene scolare sopra uno staccio. Una trentina, fra le più belle e grosse, si mettono in una tazza e si coprono con un po' di quel tal liquore che, in ogni casa, si tiene sempre alla mano. Tutte l'altre si schiacciano invece su di uno staccio raccogliendone di mano in mano in una larga insalatiera il passato; a questo, si aggiungono due cucchiai di zucchero e un quarto di panna; indi (in ambiente freddo o circondando di ghiaccio l'insalatiera) si monta ben bene il tutto, per farlo diventare uno spumoso lattemiele. Si aggiungono, infine, due cucchiai di quel tal liquore e si mette il profumato piatto al freddo, perchè geli.
alla mano. Tutte l'altre si schiacciano invece su di uno staccio raccogliendone di mano in mano in una larga insalatiera il passato; a questo, si