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19 risultati per romani
Dottor Antonio
Il frutteto a tavola ed in dispensa
188634 1887 , Milano , Guigoni 19 occorrenze

conquiste, le emigrazioni ed il comercio ne estesero l'uso ai Greci e poi ai Romani. Aristotile e il suo discepolo Teofrasto, tre secoli avanti l'êra

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deserto e delle sabbie. Dev'essere di quest'ultima specie il tartufo cucinato dai Romani che serviva a dar sapore alla salamoja e ad altre

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II tartufo com'era cibo ghiotto dei Greci e dei Romani, lo divenne al tempo delle crociate nelle Corti di Spagna, Toscana e in quella Papale di

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i Romani chiamavano sapa, che si ottiene riducendo il mosto a due terzi od a metà mediante lenta ebollizione ed evaporazione. Distillando il vino e le

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. Anche i Romani adoperavano la castagna per farne la farina e pane, come si fa ancora oggidì presso alcune popolazioni. La castagna è da fuggirsi da chi

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misto ad aceto serviva per conservare le carni nell'estate presso i Romani. La manna degli Ebrei somigliava al seme bianco del coriandolo del quale ne

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appetebat vescebaturque ante cenam. Cap. 7. I fichi presso i Romani erano impiegati a provocare lo sviluppo del fegato nei volatili. Fra i piatti, che

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calabates. Anche loro furono sempre ghiotti dei funghi — e chi à potuto far capolino nel tablinum dei Romani, vi avrebbe veduto i loro senatori

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cap. 25, e Marco Paolo Veneziano al 120 lib. c. 38. Presso i Romani serviva anche a dar bon alito alla bocca. Da noi lo si unisce alla frutta in

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grato sapore che lascia in bocca. Dai Romani era chiamata Mora Vaticana, Sorella del Fambros è,

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e affaticati dal caldo e della strada. Plinio dice che sono rinfrescanti. I Romani la mangiavano dopo il pranzo.

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, di preservare dall'ubbriachezza, e fu sempre tenuta come medicina, piuttosto che frutta alimentare. I Romani ne facevano del vino, ce ne informa

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. In Grecia avevano vanto le noci di Thaso in Tracia, e presso i Romani quelle di guscio fragile di Tarento, onde si chiamavano noci tarentinœ. È

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dai Greci e dai Romani. Avicenna antico medico Arabo (n. 980+1037) la conosceva e dice che gli Arabi la chiamavano Jausiband, cioè noce bandese, e

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citata nell'Esodo (cap. 27. 20) e nel Levitico (cap. 24. 2). Dal frutto verde immaturo i Romani estraevano un olio viscoso, brumastro chiamato omphacium

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cui lo spagnolo albaricoque e il nostro italiano albicocca. I Romani lo chiamavano: mela armeniaca. Ne parlarono Dioscoride e Plinio, commendandone l

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, ritenzione d'orina. Vogliono concilii il sonno. Nel linguaggio dei fiori: Errore I Romani la chiamavano herba vescicatoria. La Phiralis-Alkikingi

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e ne insegnò a spremerne il succo nel vino. Erano celebri le pesche della Sabinia. I Romani amavano la specie duracina e la chiamavano pomo di Persia

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, era detto Falacer e vi aveva un apposito sacerdote col relativo santuario. I romani li facevano cocere nel vapore dell'acqua o sotto la cenere. L

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