Il pranzo, tra la più viva aspettazione dei presenti, molti dei quali si sentivano nelle cavità gastriche un certo tremito che non era del tutto imputabile all'appetito ma ad un certo ragionevole timore, si iniziò con un Timballo d'avviamento: una specie di antipasto forse troppo poetico per essere apprezzato a dovere dallo stomaco che, come ognun sa, è un grezzo materialista. Era composto, questo timballo, di testina di vitello natante, misera e sconcertata, in mezzo ad una profluvie di ananassi, di noci e di datteri: i quali datteri si rivelarono, all'assaggio dei denti, gravidi di una sorpresa quasi ciclopica: erano essi infatti accuratamente infarciti di acciughe sicché da questa innocente testina, da questi ananassi e con questi frutti africani complicati di pesce, sbocciò una specie di budino che lasciò ogni esofago ingorgato dalla ammirazione.
apprezzato a dovere dallo stomaco che, come ognun sa, è un grezzo materialista. Era composto, questo timballo, di testina di vitello natante, misera
Il sintetismo della tavola è evidente. Pochissima la roba visibile. I bicchieri sono i soliti, i piatti e le posate idem idem; ma i fiori mancano del tutto e vengono rimpiazzati da... patate crude, colorite all'ingrosso e artisticamente intagliate; e peggio per chi non sa distinguere fra la roba che serve al piacere dello stomaco e quella destinata alla gioia degli occhi. Altra trovata autentica: il pane. Niente rosette comuni, o bastoni di foggia francese, o kipfel viennesi, ma panini appositamente modellati, che riproducono la forma di un monoplano o di un'elica; e bisogna confessare che la forma si presta egregiamente a una cottura perfetta della pasta e alla sua biscottatura.
tutto e vengono rimpiazzati da... patate crude, colorite all'ingrosso e artisticamente intagliate; e peggio per chi non sa distinguere fra la roba
Bada che se tu dormi non riesci a fare un antipasto impareggiabile; chi dorme, si sa ben, non piglia pesci mentre nel caso nostro è indispensabile esser talmente sveglio, anzi sottile, da prendere perfin pesci in barile onde avere (pagandole salate) due aringhe al latte e non affumicate.
Bada che se tu dormi non riesci a fare un antipasto impareggiabile; chi dorme, si sa ben, non piglia pesci mentre nel caso nostro è indispensabile
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di là dell'Alpi, qualche metafora indecorosa. Si diceva, un tempo, che gli spaghetti noi li mangiassimo con le mani: e forse il senso della maldicenza era che non potessero, da una siffatta golosità, andare disgiunte sciatteria e sudiciume. Poi ci concessero le forchette, forse per avere il diritto di dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in tutta Europa quante porzioni ne mangi Primo Carnera, come nel 1894 si sapeva quante ne divorasse Francesco Crispi. L'italiano delle allegorie ha pur sempre l'avida bocca spalancata su un piatto di tagliatelle, quando non sia di vermicelli colanti sugo lungo le bramose canne. Ed è un'immagine offensiva: buffa, deforme, brutta. Vorrebbe insegnare la vanità di quel nostro appetito, insieme alla sua irruenza bestiale. In fondo, la pasta asciutta non nutre. Riempie: non risangua. La sua sostanza è minima in confronto al suo volume. Ma è appunto, vorrebbero dire le allegorie maligne, un vero cibo italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle protese, in quel voluttuoso impippiarsene, in quell'aderenza totale della pasta al palato e alle viscere, in quel sentirsi tutt'uno con lei, appallottolati e rifusi. Ma è un gusto porcino. Ma è un gaudio da poco. Inghiottiti che siano, gli spaghetti infestano e pesano. E ci sentiamo, subito, impiombati come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno dentro l'altro, si confondono, s'imbrogliano come i vermicelli assorbiti. Le parole s'appallottolano allo stesso modo. Il poco sugo che portano alle labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l'argomentazione è impossibile, interrotta com'è dai sussulti delle budella. Si sa che i peccati di gola sono i più rapidamente puniti dal Signore Iddio. Quello della pasta asciutta viene espiato all'istante. È la pancia che si gonfia a spese se del cervello. È l'incatenamento, o l'esilio, di tutti gli spiriti, concettosi od amorosi. Provatevi dunque, dopo una strippata di tagliatelle, a partire per una polemica. Oppure per Citera. Vi giuro che resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in