Il suo nome dal greco Daucus che vuol dire bruciare, perchè i semi della carota si ritenevano molto riscaldanti. Vuolsi originaria dalle sponde del Mar Rosso. Nel linguaggio dei fiori: bontà. È una radice indigena annuale succosa, carnosa. Oltre la selvatica, abbiamo la varietà bianca, rossa, violacea e gialla. Da noi specialmente si coltiva la rossa e la gialla, ma la più stimata di tutte è la bianca o moscatella, che sembra essere lo Staphylinos di Galeno e di Dioscoride. vuole terreno grasso e lavorato. Si semina alla fine di marzo, e il seme à virtù produttiva fino ai 5 anni e più. In ottobre e novembre si raccolgono le radici e si custodiscono entro la sabbia per gli usi domestici, oppure si lasciano nel terreno, purchè ben esposto e difeso dal gelo. Nella seguente primavera si ottiene la semente. In Inghilterra e nel napoletano si coltiva in grande anche per foraggio ai cavalli. La carota è una verdura ricca di amido e di zuccaro, che dà un cibo sano ed aromatico, che ingrassa. Piccola o grossa, fresca o conservata, la carota è sempre sana, agisce direttamente sul fegato ed è di aiuto a conservare la bella ciera. Il Tanara, vuole che la parola carota venga dal latino caro optala, o da caro radix, perchè cotta in brodo nutrisce come la carne. Si fa cuocere colle carni per dar loro sapore, si mescola in molti intingoli, allegra la busecca milanese, serve di letto alle salsiccie, è la sorella, direi quasi la gemella, del Sedano: dove va l'uno, va quasi sempre anche l'altra. Si fa cuocere in acqua e brodo, tagliata a fettuccie, si condisce col burro ed è eccellente piatto di verdura, si mangia in insalata. Colla sua polpa se ne fanno puree e torte, entra in molte salse. Le foglie verdi servono ad allontanare le cimici, mettendole nel pagliericcio o strofinando con esse le lettiere. La carota infusa nell'alcool dà un liquore nominato Olio di Venere. Se ne può cavare un'acquavite migliore di quella dei cereali. I suoi semi sono aromatici e lievemente stimolanti. In Inghilterra se ne fa un grato infuso teiforme. Nel nord della Germania sono usati nella fabbricazione della birra, le danno maggior grazia e forza. Gli Arabi li adoperano per fare buon alito e ritengono che il loro aroma rafforzi le gengive. Plinio e Dioscoride dicono che la carota mette appetito. Fin dall'antichità si dava ai convalescenti. Areteo lo consigliava nell'elefantiasi. Più tardi ne usarono i medici contro il cancro e le ulceri, nell'asma, nella bronchite, fino nella tisi. È rimedio volgare nelle scottature. Esternamente, la polpa si usa raschiata cruda: internamente, il roob, lo sciroppo. In Turchia se ne preparano col suo succo biscotti e pane in polvere per i bambini.
, allegra la busecca milanese, serve di letto alle salsiccie, è la sorella, direi quasi la gemella, del Sedano: dove va l'uno, va quasi sempre anche l
Phaseolus dal greco Phaselos, navicella, alla cui torma s'avvicina il fagiolo. Il Tanara, dice che la parola fagiolo è dal latino phaseolus, perchè pervenne da Phaso, un'isola di Grecia. Pianticella annuale fecondissima e originaria dalle Indie Orientali, che dà il legume indigeno del fagiolo. Prospera nei terreni freschi e sostanziosi, ma viene quasi dovunque. Teme il freddo e perciò si semina tardi in aprile, e, nei terreni forti, anche in maggio. Sono tre le varietà principali: l'arrampicante, il nano ed il fagiolo dell'occhio. La varietà di Spagna (Phaseolus multiflorus) arrampicante, à grossissimi frutti violetti o bianchi saporitissimi, si può seminare da metà luglio a metà agosto, produce fino ai primi geli. Fra i nani, avvi il primaticcio (Phaseolus nanus), eccellente. Pregiato e saporito è anche il tondo (Phaseolus sphaericus), detto da noi borlott. La prima brina uccide il fagiolo. Dei fagioli si mangiano i semi freschi e secchi, e l'involucro loro, quando sono immaturi, che sono i cornetti (fagiolini). Questo legume nutriente, fornisce grande tributo alla cucina, ma è più o meno flatulento a seconda della qualità, quantità e degli stomachi. Vuol essere ben cotto, e cocetelo in acqua piovana o mettetevi della cenere. I migliori sono i verdi e teneri. Colla farina del fagiolo, si tentò farne del pane, mescolandola a quella di frumento, ma riesce pesante, compatto, indigesto. Cotto il fagiolo, passato allo staccio e liberato dalla buccia, è digeribile assai, perchè è la buccia la parte indigesta. Il fagiolo accompagna il riso, e fa l'allegria del minestrone, è d'ornamento gratissimo alle salsiccie, ai piatti d'umido, se ne fa eccellenti flan, punto indigesti. Il fagiolo non ama molto condimento, perchè secondo il parere della Cuciniera di M. Francisque Sarcey, porte son beurre avec lui. L'insalata di fagioli è per gli stomachi robustissimi. I cornetti si mangiano cotti con burro, panna e insalata. Si mettono in aceto come i citrioli. I cornetti si devono scegliere teneri, piccoli, senza grani già formati. i fagioli sono conservati nello stato di loro squisita succolenza, se vengono colti pri ma della loro perfetta maturità e se si fanno essicare all'ombra, nel loro guscio ed al sicuro d'ogni umidità. Virgilio nella Georgica,I, lo mette fra i cibi da villano:
la buccia la parte indigesta. Il fagiolo accompagna il riso, e fa l'allegria del minestrone, è d'ornamento gratissimo alle salsiccie, ai piatti d
Il lauro, o alloro, è un albero sempre verde, il solo della numerosa famiglia dei Lauri che sia indigeno in Europa. Nasce spontaneo sui nostri colli e allieta le amene sponde dei nostri laghi. Si moltiplica per palloni e semi, vuol terreno fresco e grasso. Del lauro se ne contano ben 32 varietà. L'origine del suo nome è celtica, e significa verde. Nel linguaggio delle piante è: Gloria, Trionfo. Le foglie anno uso speciale nell'igiene alimentare, servendo ad aromatizzare vivande, frutta, carni, specialmente di pesce, da conservare essicati. Si innestano agli uccelletti invece della salvia, si unisce all'anguilla, alle salsiccie. Servono a dar sapore ai marinati di pesce e alla gelatina d'animale. Sopra le foglie d'alloro si pone la cotognata ed un ramoscello d'alloro acceso e messo entro lo strutto bollente gli porge aroma e lo toglie dal pericolo d'irrancidire. Conserva pure i fichi secchi ai quali s'inframmette. Il decotto d'alloro sparso in terra, scaccia i tafani e le foglie messe tra i libri, di quei letterati che non li aprono, li difendono dal tarlo — tale il precetto di un conservatore di Biblioteca. Le foglie, e più sfregandole, anno odore forte, piacevole,, canforato, sapore aromatico-amaro. Ardono schioppettando con fiamma viva, con fumo denso, diffondendo grata fragranza. Contengono olio etereo ed una materia estrattiva amara] sono perciò toniche, eccitanti, sudorifere, emmeaagoghe, e si vantano contro l'atonia dello stomaco, le flatulenze intestinali, i catarri cronici, le paralisi e l'idrope. Le bacche sono più attive delle foglie. Se ne fecero tisane, decotti, polveri e pillole allo stesso scopo. Ma il prodotto più importante è l'olio laurino che se ne estrae ad uso principalmente veterinario. All'uomo si applica esternamente per paralisi, reumatismi. Ammaccando le bacche grossolanamente se ne fa un decotto saturo per pediluvi contro i sudori estivi e giova assai per quelli che hanno i pee dolz, cioè per quelli ai quali torna molesto il camminare. L'alloro, onor d'imperatori e di poeti, godeva anticamente un concetto quasi religioso e superstizioso. Era consacrato ad Apollo, dio sempre giovane, biondo ed imberbe. Dai Greci veniva chiamato Dafne, perchè una certa Dafoe, una crestaina di quei tempi, essendo perseguitata da Apollo, si rivolse agli Dei chiedendo protezione, ed essi, non potendo far altro, la cambiarono in lauro, che poi essendosi accorto Apollo, se la mise in forma di corona sulla sua bionda parrucca e ne recinse pure le sue famose nove pettegole di Muse. Porfirio, filosofo, asserisce che gli antichi traevano i presagi del lauro se abbruciando crepitava assai era buon augurio e portava felicità — se no — brutto segno ! Per cui Tibullo (lib. II, Eleg. V) dice:
unisce all'anguilla, alle salsiccie. Servono a dar sapore ai marinati di pesce e alla gelatina d'animale. Sopra le foglie d'alloro si pone la