L'Endivia è sorella germana della cicoria; con lei divide la patria e la maniera di essere coltivata. È caratterizzata dalle foglie più o meno frastagliate e ricciute e dalla loro radice grossa e breve in confronto della cicoria. Nel linguaggio dei fiori: Non sono sola. S'imbianca, quando è giunta ad una certa altezza, legando le foglie intorno al gambo. Si conserva anche d'inverno ricoprendola con stuoje, ecc. Si mangia cruda in insalata ed anche cotta a modo degli spinacci, ecc. (Vedi ricetta in Cicoria).
anche cotta a modo degli spinacci, ecc. (Vedi ricetta in Cicoria).
I semi di tutti i grani danno, per mezzo del macinamento, una polvere che è la farina, la quale si separa dalla crusca, che è l'involucro del grano, per mezzo del frullone o del buratto. Le farine usuali che entrono nella cucina sono quelle di frumento, segale, orzo, frumentone, riso, alle quali va aggiunta la fecola di patata. (Vedi ciascuno di questi prodotti). La farina per conservarsi dev'essere di bon grano e sano, dev'essere asciutta, chiusa in luogo fresco d'estate e tepido d'inverno. Gioverà che sia bene compressa, o moverla di tanto in tanto. La farina stacciata si conserva meglio che quando è mescolata alla crusca, essendo questa soggetta ad inacidire. Dovendosi mescolare varie qualità di farina, lo si faccia all'atto, volta per volta. Se è passata per uno staccio sottile e fino, chiamasi fiore, per uno alquanto più largo, farina, indi il cruscatello detto rogiolo. Dell'uso culinario della farina dico a suo luogo. La macinazione del grano e la mescolanza delle farine è arte antichissima, presso tutti i popoli. Omettendo altre citazioni, ricordo Marziale, lib. 13, il quale amava le galline grasse:
aggiunta la fecola di patata. (Vedi ciascuno di questi prodotti). La farina per conservarsi dev'essere di bon grano e sano, dev'essere asciutta
Il noce fu sempre pianta divinatoria, l'albero delle streghe, dei sabbati e della mezzanotte nel medio evo. Gli antichi, dalla sua abbondante o scarsa fioritura, presagivano il futuro raccolto. (Vedi in Virgilio, Georg., Lib. I, v. 187 e seg.). Le noci si spargevano alle nozze come da noi ora i confetti per tripudio e bon augurio (Virgilio, Egl, 8, v. 29 e 30).
scarsa fioritura, presagivano il futuro raccolto. (Vedi in Virgilio, Georg., Lib. I, v. 187 e seg.). Le noci si spargevano alle nozze come da noi ora i
L'olivo è pianta indigena sempre verde. Ama esposizione asciutta, soleggiata, difesa dai venti, terreno buono, sabbioso, concimato. Teme il gelo (resiste fino a 7 gradi) e la grande siccità. Fiorisce lentamente, si moltiplica per semi, talee, polloni ed innesto. Comincia a produrre verso il quindicesimo anno di vita, e aumenta fino ai cinquanta — à vita secolare. Molte le varietà a seconda dei paesi. In Italia è coltivato lungo le costiere marittime. Abbonda nel Lucchese e nella Romagna, lo si trova sulle rive bene esposte del Lago Maggiore, di Garda, di Como. Era coltivato nel resto della Lombardia, ma il forte disboscamento delle Alpi lo distrusse. Nel linguaggio delle piante: Pace, Riposo, Sicurezza. I frutti dell'olivo non sarebbero perfettamente maturi che nel maggio seguente alla fioritura, quando ànno acquistato un color rosso nerastro, ma si colgono in novembre e dicembre, perchè non maturando tutti alla medesima epoca, il raccolto andrebbe perduto. Raccolte le olive si mettono in casse o tini perchè non vi penetri aria o succeda fermentazione e si coprono a garantirle dal freddo. Cosi si può ritardare l'estrazione dell'olio fino a primavera e ottenerne una maggior quantità. Appartiene alla famiglia dell'olivo, l'olea fragrans, che dà i fiorellini cosi soavemente profumati. L'olio che si cava dalle bache è vergine quando è fatto col frutto maturo a pressione e si distingue dall'altro che si ottiene colla bollitura. Il primo è assai migliore. L'olio, d'oliva fino dev'essere insaporo. Gode del primato in Italia quello di Lucca. È facilmente adulterato con quello di semi di cotone, di sesamo (vedi in Sesamo), di arachide e d'altri semi. È alimentare per eccellenza, e venne sempre usato come condimento alle carni, agli ortaggi e persino alle frutta. Nè solo condire, ma serve pure a conservare in vari modi le vivande e a bruciare. L'olio d'olivo è il più antico dei rimedi che si conoscono; lo si adopera internamente ed esternamente, freddo e caldo: è la base della maggior parte degli unguenti e degli oli medicinali. L'olio cotto non gela. L'arte di cavar olio dall'oliva è antichissima. La si trova citata nell'Esodo (cap. 27, 20) e nel Levitico (cap. 24, 2). Dal frutto verde immaturo i Romani estraevano un olio viscoso, brumasto, chiamato omphacium. Gli atleti se ne ungevano il corpo, poi, dopo la lotta, misto al sudore ed al sangue, lo si raschiava dal corpo con una specie di coltello detto strigili, e lo si conservava come preziosissimo contro una infinità di malattie, principalmente la scabbia e l'alopacia (caduta dei capelli). Gli antichi ne facevano molto uso igienico per frizioni. L'imperatore Augusto domandò a Pollione come avesse saputo toccare i cento anni, e questi rispose: «curandomi col vino di dentro e con l'olio di fuori.»
'essere insaporo. Gode del primato in Italia quello di Lucca. È facilmente adulterato con quello di semi di cotone, di sesamo (vedi in Sesamo), di
(Ezech.). Di tale opinione è pure S. Gerolamo (vedi In Isaiam) dove pure ci dice che i cinque pani coi quali il Redentore saziò la turba, erano d'orzo. Lo stesso S. Gerolamo asserisce, aver visto in Siria un'eremita che visse trent'anni con orzo ed acqua sporca. Galeno ne scrisse lungamente in un libro tutto dedicato al decotto: De Phtisana hordacea. Il parroco bavarese Kneipp lo regala al prossimo come eccellente caffè. Che bon prossimo !
(Ezech.). Di tale opinione è pure S. Gerolamo (vedi In Isaiam) dove pure ci dice che i cinque pani coi quali il Redentore saziò la turba, erano d
Il pepe lungo (piper lungum, macro piper), nasce nel Bengala e nelle isole Molucche, à gettini lunghi un pollice circa, grossi come una piccola penna da scrivere, di color cenere. Il loro sapore è più acre e meno grato del pepe nero e di un odore perfettamente, simile. Entra nella composizione di alcuni elettuari, ma il consumo maggiore si fa dagli acetai, i quali lo infondono nell'aceto debole per renderlo acre. Gli Indiani poveri lo macerano nell'acqua, e così reputano renderla stomatica. Ne mettono pure in conserva i racemi immaturi nella salamoia, e serve loro a tavola e nelle insalate. Venne pure chiamato pepe lungo il nostro peperone. Il pepe della Giammaica, o pimento degli Inglesi, o pepe garofanato, è della grossezza di un pisello, di color grigio-rossastro, rugoso. À odore aromatico analogo a quello della canella e del garofano, sapore piccante quanto il pepe. Questa droga è di gran uso nei paesi caldi, in Germania ed in Inghilterra per condire le vivande, ed è uno dei principali ingredienti per la composizione delle spezie. Quello che si usa sotto il nome di pepe di Cajenna (Vedi Peperone), non è altro che il seme e la capsula seminale di una pianta selvaggia del Sud dell'America, che è coltivata nelle Indie e che si chiama Capsicum baccatum, annuum et fructescens. Poche sostanze, fino dai tempi remotissimi, furono oggetto di tante falsificazioni quanto il pepe. Una buona regola, è quella di comperar sempre pepe in grana e di polverizzarvelo da voi a norma del bisogno, valendosi di quei piccoli macinatoi di pepe, oggi molto diffusi. Per falsificare il pepe nero servono farine d'ogni genere, segatura di legno, panelli oleosi, terre, gesso, ecc. Il pepe bianco si usa renderlo più pesante stacciandolo insieme a gomma, amido, calce, gesso, biacca, ecc. Nè solo si falsifica in polvere, ma pure in grani, e ciò abilmente con semi, argilla, gesso e polvere di pimento, in Inghilterra, in Germania e in Francia. A Parigi, lo afferma Chevallier, v'è una fabbrica che produce annualmente 1500 chilogrammi di una miscela che si vende unicamente per adulterare il pepe. Riesce facile riconoscere il falso pepe in grana, mettendolo nell'acqua, che allora i falsi grani vanno prontamente al fondo e si sciolgono in poltiglia. Il pepe è un aroma potente e popolare che condisce la minestra del povero e rende pizzicanti gli intingoli del ricco. Eccita la salivazione, favorisce la digestione, ma irrita, preso smodatamente, gli intestini delicati.
. Quello che si usa sotto il nome di pepe di Cajenna (Vedi Peperone), non è altro che il seme e la capsula seminale di una pianta selvaggia del Sud
sostanzioso ed aromatico del secondo, il quale è pure molto astringente. La proporzione è di 20 grammi di tè ih un litro d'aqua bollente. Migliore l'aqua delle sorgenti e la piovana. L'aggiunta di alcune goccie di sugo di limone od altro acido vegetale, rende il tè più pie. cante e profumato. Nella Tartaria chinese e nel Cachemire e in altri paesi dell'Asia si mangiano le foglie del tè cotte in diverso modo, con burro, farina, ecc., e la loro ricchezza in albumina ne spiega il valore nutritivo. Il tè, come il caffè, è soggetto ad alterarsi sia per cattiva preparazione, che per cattiva conservazione. Il profumo del tè è volatile, non deve essere quindi esposto nè all'aria, nè alla luce: conservatelo in vasi chiusi ed opachi. Il tè s'impregna assai facilmente degli odori anche i più deboli: non mettetelo a contatto con sostanze odorose, anche quando l'odore di queste è gradevole. Troppo vecchio perde, è passato; troppo fresco è acre ed amaro. I Chinesi non se ne servono che stagionato di un anno. Aquista ad essere trasportato per mare, come il vino. La falsificazione del tè, è antichissima ed incomincia in China e nel Giappone per essere perfezionata in Europa dagli Inglesi. Si falsifica, coll'addizione di materie minerali, per aumentarne peso e volume, colla colorazione artificiale, colla rivivificazione dei tè esauriti, cioè già spogliati dei loro principi solubili: è industria tutta inglese. A Londra lo si raccoglie già usato nei caffè, negli alberghi, nei mucchi di lordure dei più sporchi quartieri di Shang-Hai. Nel 1843 a Londra vi erano otto fabbriche che lo falsificavano con sostituzione di foglie straniere, frassino, pioppo nero, platano, quercia, faggio, olmo, spinobianco, alloro, sambuco, ecc. Del resto molte piante danno foglie che possono surrogare benissimo il tè. A Sumatra si servono delle foglie del caffè. Nell'America del Sud e nel Paraguay sostituiscono al tè il mute, che chiamano tè mate (Ilex Paraguayensis). Nel bacino delle Amazzoni col guaranà (Paullinia sorbillis), nella Bolivia colla coca (Erytroxylon coca), che venne messa in musica su tutti i toni dal maestro Mantegazza. Volgarmente il tè viene denominato, dalla sua immediata provenienza, tè d'Olanda, di Russia, ecc. La storia del tè non è antica. Fu introdotto dagli Olandesi verso il 1610 che lo ricevevano dai Ghinesi in cambio della salvia. (Vedi in Salvia). Il tè nei Paesi Bassi serviva a designare i fautori del principe d'Orange e degli Inglesi, che lo preferivano al caffè. Un medico asserisce che l'uso del tè impedisce la formazione della pietra nella vescica (1).
è antica. Fu introdotto dagli Olandesi verso il 1610 che lo ricevevano dai Ghinesi in cambio della salvia. (Vedi in Salvia). Il tè nei Paesi Bassi