282. Fagiani. La carne dei fagiano non è veramente apprezzata dagli amatori, se non quando è sufficientemente frolla. Occorre perciò lasciare il fagiano colle sue penne per alquanti giorni, secondo la stagione e consultando la temperatura, perocchè, se da un lato la giusta frollatura di questo animale rende più saporita la sua carne, bisogna dall'altro convenire che il principio di putrefazione, che pure fa andare in solluchero alquanti ghiottoni, non va a genio di tutti; e noi crediamo che un fagiano sia del pari degnissimo di comparire ad una mensa, se non avremo aspettato che avesse il ventre completamente azzurrognolo e verde. Ordinariamente sono necessarii dai 4 agli 8 giorni acciò che il fagiano si renda convenientemente frollo.
animale rende più saporita la sua carne, bisogna dall'altro convenire che il principio di putrefazione, che pure fa andare in solluchero alquanti
338. Arselle. Per ben assicurarsi della buona qualità delle arselle, bisogna sceglierle assai pesanti e che sieno fortemente chiuse; rigettando quelle leggiere e socchiuse. Innanzi di farle cuocere, si immergono in un catino d'acqua, vi si agitano dentro onde ben lavarle, ed occorrendo si rinnuova l'acqua.
338. Arselle. Per ben assicurarsi della buona qualità delle arselle, bisogna sceglierle assai pesanti e che sieno fortemente chiuse; rigettando
349. Gamberi d'acqua dolce. Sono molto più grossi di quelli di mare. Bisogna scegliere quelli che sono d'un color verde chiaro a preferenza di quelli nericci. Dopo averli ben lavati, prendeteli ad uno ad uno, stringete la pinna che è in mezzo della coda, tiratela pian piano, e traetene un budellino nero, il quale, se non fosse tolto, darebbe un sapore amaro all'interno del gambero. Ponete in una casseruola un pezzo di burro, del prezzemolo, timo, lauro, una cipolla trinciata, carote a fette, pepe, sale e vin bianco a sufficienza, ed in mancanza di questo adoprerete acqua acidulata con poco aceto. Fate bollire sopra un buon fuoco per alcuni minuti. Ritirate indi la casseruola, ed aggiungetevi i gamberi dopo averli bene sgocciolati. Riponete la casseruola al fuoco per 10 o 12 minuti; agitate tratto tratto i gamberi, poscia ritirateli, fateli sgocciolare, e serviteli.
349. Gamberi d'acqua dolce. Sono molto più grossi di quelli di mare. Bisogna scegliere quelli che sono d'un color verde chiaro a preferenza di quelli
Fate di prenderne dei più belli e grossi, e mondateli in due o tre acque, avendo l'attenzione di levarne colla punta del coltello la terra che potrebbe rimanere nelle piccole cavità. Quando sono ben lavati e rasciutti, poneteli in una casseruola con un poco di burro o di lardo grattugiato, del vino bianco vecchio, una foglia di lauro e del sale. Non bisogna che sieno coperti dagli ingredienti nè dal liquido: mescolateli di tempo in tempo, poi coprite la casseruola e fateli bollire per circa venti minuti. Estrateli fuori asciutti, e serviteli quindi sopra una salvietta.
bianco vecchio, una foglia di lauro e del sale. Non bisogna che sieno coperti dagli ingredienti nè dal liquido: mescolateli di tempo in tempo, poi
446. Uova affrittellate. Mettete un pezzo di burro nella padella, fatelo struggere e lasciategli prendere un colore dorato; allora gettate nella padella il solo tuorlo dell'uovo, e subito sopra la sua chiara che avrete ben montata avanti con un poco di sale. Avendo parecchie uova bisogna prima romperle tutte e mettere i tuorli intieri in un piatto in modo che non si rompano, e le chiare in una scodella, dove le monterete con una forchetta o con un mazzetto di fuscelli; poi, quando il burro è al punto di cottura indicato sopra, vi si mette un tuorlo d'uovo che si prende dal piatto con un cucchiajo operando delicatamente a fine di non romperlo, e subito dopo vi si mette sopra con un grosso cucchiajo una proporzionata dose di chiara montata, ricoprendo il tuorlo. Appena cotto l'uovo levatelo con una mestola forata di latta, e seguitate a cuocere una ad una le altre uova finchè ne avete, mantenendole ben calde. Servitele con una salsa piccante di vostro gusto.
padella il solo tuorlo dell'uovo, e subito sopra la sua chiara che avrete ben montata avanti con un poco di sale. Avendo parecchie uova bisogna prima
Bisogna guardarsi dal salare le bifteks durante la cottura: è questo un errore assai comune di cui dobbiamo far conoscere le conseguenze. Il sale, che sul fuoco diventa un dissolvente, fa sanguinare la carne, e le toglie il suo succo, che è la qualità più preziosa d' una buona biftek. Osserverete infatti che la brace su cui vien cotta la carne si trova tutta asparsa del succo di questa; ed è ciò che fece nascere l'idea d'inventare delle graticole inclinate, con uno scolatojo destinato a ricevere il succo ed il grasso proveniente dalla cottura. Questa invenzione può essere un mezzo per evitare il fumo, ma non ha alcun effetto per la cottura, che non deve essere praticata altrimenti da quella che abbiamo indicata.
Bisogna guardarsi dal salare le bifteks durante la cottura: è questo un errore assai comune di cui dobbiamo far conoscere le conseguenze. Il sale
469. Castrato. La coscia del castrato dà un eccellente arrosto, ma bisogna che sia molto stagionata e frolla. Si deve perciò conservare il più lungo tempo possibile, tenendo però calcolo della temperatura e della stagione: così, nell'inverno, con un tempo asciutto e bello, si può conservarla dai 5 agli 8 giorni, nella estate, invece, solo due o tre giorni. L'osservazione e l'esperienza poi, devono bastarvi per giudicare il momento più favorevole per arrostire la carne di castrato. Essendo adunque frollata la carne a dovere, infilzatela nello spiede e fatela arrostire a gran fuoco in maniera che ne sia invasa da ogni parte, e possa per tal modo conservare tutto il suo succo. Basta solo un'ora di cottura, e l'indizio che fa conoscere facilmente che la coscia è cotta al suo punto consiste in quei sbuffi di fumo che n'escono, e in alcune gocce di succo che incominciano a cadere nella sottoposta ghiotta.
469. Castrato. La coscia del castrato dà un eccellente arrosto, ma bisogna che sia molto stagionata e frolla. Si deve perciò conservare il più lungo
1. Scelta delle farine. Non si deve mai far macinare una grande quantità di frumento in una volta; perchè massime durante i forti calori della state, il grano si conserva sempre meglio della farina. Allorquando, per fare il pane in casa, si deve comperare la farina, bisogna sceglierla assai molle al tatto, lievemente tinta di un giallo chiaro, aderente al dito quando vi s'immerge, rimanendo come in pallottoline senza polverizzarsi immediatamente quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano; questi sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di seconda qualità è meno bianca, ed offre una tinta di giallo sporco, cadendo in polvere quando si comprime fra le dita. Nella farina di qualità affatto infima, si distingue una certa quantità come di puntini grigi. La farina di segale, più ancora di quella di frumento, dev'essere scelta quando è di recente macinata, il che si rileva dall'odore che le è proprio e che ricorda quello delle viole; invecchiando perde quell'odore. Nei paesi dove il frumento non è ad un prezzo tanto elevato, si fa il pane per le famiglie colla farina di frumento senza miscuglio; mail più sovente questo pane è fatto con un miscuglio di farine di frumento e di segale; le proporzioni ordinarie variano da un quarto ad un terzo di farina di segale. Ben lungi dal guastare il pane, una dose moderata di farina di segale ne migliora la qualità; lo fa men bianco e di un sapore più gradevole, senza fargli perdere nessuna delle sue proprietà nutritive. Soltanto non conviene, come ciò accade spesso, far macinare insieme il frumento colla segale: il pane di queste due farine lievita meglio ed è più buono allorquando, nell'impastarlo, vengono separatamente gramolate.
, il grano si conserva sempre meglio della farina. Allorquando, per fare il pane in casa, si deve comperare la farina, bisogna sceglierla assai molle
2. Scelta dell'acqua, dose del sale. Non bisogna servirsi, per la fabbricazione del pane, che di acqua limpidissima, esente da qualsiasi cattivo sapore; quella di sorgente o di fiume, nota sotto il nome di acqua viva, è la migliore di tutte; dovunque si possa procurarsene, sarà opportuno preferirla. Il sale si adopera diluito nell'acqua con cui la pasta viene maciullata o gramolata; la dose varia secondo i gusti e gli usi locali. In alcuni luoghi, per esempio, si sala molto il pane; in altri se ne introduce appena la metà. La prima acqua con cui s'impasta la farina non dev'essere salata, poichè il sale impedirebbe la pasta di alzarsi convenientemente; ma si aggiunge soltanto in fine dell'operazione.
2. Scelta dell'acqua, dose del sale. Non bisogna servirsi, per la fabbricazione del pane, che di acqua limpidissima, esente da qualsiasi cattivo
541. Polpa di frutta. Per conservare la polpa delle frutta, come fragole, lamponi, albicocche, susine, ecc., bisogna raccoglierla, dopo averla passata a forza per uno staccio; unirvi e mescolarvi diligentemente un ettogr. di zucchero bianco in polvere per ogni sei ettogr. di polpa di frutta ottenuta; indi versarla in bottiglie, chiuder queste ermeticamente, e passarle al bagnomaria come abbiam detto sopra (n. 540).
541. Polpa di frutta. Per conservare la polpa delle frutta, come fragole, lamponi, albicocche, susine, ecc., bisogna raccoglierla, dopo averla
594. Cottura dello zucchero. Chiarito che sia lo zucchero, bisogna dargli il grado di cottura richiesto dalla preparazione a cui si vuol destinarlo. I confettieri distinguono questi gradi di cottura coi nomi che noi anderemo qui in appresso additando mentre ne indicheremo i segni a cui si riconoscono.
594. Cottura dello zucchero. Chiarito che sia lo zucchero, bisogna dargli il grado di cottura richiesto dalla preparazione a cui si vuol destinarlo
Qualunque poi sia la cottura che avrete a dare allo zucchero, dovete por mente di non lasciarvi mai immersa la schiumarola, dopo la chiarificazione, nè dopo che avrete tolta la schiuma. Bisogna anche aver cura di non rimestare, perchè lo zucchero diminuirebbe sensibilmente.
, nè dopo che avrete tolta la schiuma. Bisogna anche aver cura di non rimestare, perchè lo zucchero diminuirebbe sensibilmente.
595. Chiarificazione del miele. Se volete adoperare il miele invece dello zucchero, dovete prima chiarificarlo nel medesimo modo (n. 593). Quando è bianco e puro, basta farlo sciogliere in un poco d'acqua a lento calore, e indi schiumarlo. Se la schiuma prosegue a formarsi, bisogna aggiungervi altr'acqua e chiarificarlo coll'albumina come abbiam detto per lo zucchero. Tuttavia non bisogna dimenticare in quest'operazione, che più si fa cuocere il miele, e più esso perde del suo zucchero, diventa nero, amaro ed agro. Quand'è schiumato, sarebbe pertanto miglior partito, invece di chiarificarlo coll'albumina, gettarvi dentro carboni accesi, ritirarli in capo a cinque minuti, e passare il miele allo staccio o per pannolino.
bianco e puro, basta farlo sciogliere in un poco d'acqua a lento calore, e indi schiumarlo. Se la schiuma prosegue a formarsi, bisogna aggiungervi altr
596. Istruzioni generali sui sciroppi. Quando si è fatto disciogliere lo zucchero in una certa quantità d'acqua, si è schiumato e chiarificato, e finalmente cotto sino a che il liquido abbia una consistenza tale che scoli lentamente, si è ottenuto il sciroppo più semplice, vale a dire il giulebbe di zucchero. Se invece di acqua pura, si adopera per disciogliere lo zucchero un'acqua saturata di certi principii, come succo di frutta e simili, si avrà il sciroppo della sostanza adoperata. La preparazione dei sciroppi, pertanto, ha per iscopo la conservazione dei succhi di parecchie frutta od aromi, mantenendo a questi l'odore, il sapore, e talvolta il colore loro proprio. Volendo adoperare una decozione, un'infusione o un succo già ben chiarificato, basta sciogliervi zucchero bianchissimo a bagnomaria, che il sciroppo sarà fatto senza altra cottura nè chiarificazione. Il più sovente però si fa cuocere dopo avere sbattuto nel liquido freddo una o più chiare d'uova, e si schiuma durante la cottura. I sciroppi debbono rimanere meno tempo che sia possibile sul fuoco, perchè vi prendono colore. Le bottiglie in cui si serbano i sciroppi debbono essere sempre piene e ben turate; perocchè lasciandole sceme ed aperte, il sciroppo potrebbe fermentare con facilità, nonchè, evaporandone la parte acquosa, si candirebbe, ossia si cristallizzerebbe lo zucchero. I sciroppi si alterano così facilmente quando non sono abbastanza cotti, come quando lo sono troppo; bisogna quindi procurare di raggiungere il grado conveniente di cottura senza oltrepassarlo: molti sono i segni che indicano questo grado, ma il più semplice e più sicuro consiste nella densità del giulebbe. Versandolo dall'alto, esso deve filare come un olio fino, cadere senza spruzzare, formarsi in gocce rotonde, le quali, collocate le une presso alle altre in un piatto, non si ravvicinano che lentamente; infine, soffiando sulla superficie, vi si deve formare una pellicola rugosa. La regola da tenersi per la dose dello zucchero di cui si deve far uso in ciascun sciroppo, sarebbe di mettervene tanto quanto può scioglierne il liquido o succo che si adopera. I succhi acidi ne disciolgono circa 160 gramme per ogni ettogr.; le decozioni e le infusioni ne possono disciogliere un poco più; ma in generale ve ne vuole sempre un po' meno del doppio in peso dei liquidi che si adoprano.
cristallizzerebbe lo zucchero. I sciroppi si alterano così facilmente quando non sono abbastanza cotti, come quando lo sono troppo; bisogna quindi procurare di
5. Cottura del Pane. Il forno deve essere in precedenza riscaldato durante la manipolazione della pasta. Bisogna, come dicono le brave massaie, che il forno aspetti la pasta, non mai che la pasta abbia ad aspettare il forno. Quando si ha riscaldato il forno una o due volte, si conosce per esperienza la quantità di legna che occorre bruciare onde prenda il grado di calore ch'è necessario alla cottura del pane. Non si deve ardere nel forno che legna ben seccata, la quale mandi una fiamma limpida e nessun fumo, o poco; lo spazio del forno deve essere nettato con cura innanzi che il pane vi sia introdotto, e le brace devono disporsi ammonticchiate, parte a destra, parte a sinistra, dai due lati dell'apertura del forno.
5. Cottura del Pane. Il forno deve essere in precedenza riscaldato durante la manipolazione della pasta. Bisogna, come dicono le brave massaie, che
Per preparare buoni ratafià, bisogna adoperare solamente sostanze di buona qualità e recenti. I fiori di fresco raccolti hanno più aroma; le frutta mature, senza esserlo di troppo, e le più fresche, i semi raccolti recentemente sono le sostanze migliori; perocchè il succo delle une è più abbondante, ed il gusto degli altri è più pronunciato.
Per preparare buoni ratafià, bisogna adoperare solamente sostanze di buona qualità e recenti. I fiori di fresco raccolti hanno più aroma; le frutta
649. Istruzioni generali. I ratafià sono liquori gustosissimi che si preparano coll'infusione, ordinariamente a freddo, di fiori, frutta, semi, noccioli, e simili nell'acquavite o nello spirito di vino: di sovente si aggiunge qualche aroma; lo zucchero però è sempre indispensabile. Il tempo dell'infusione può essere più o meno prolungato; ma quando sarà creduto sufficiente bisogna filtrare il ratafià.
'infusione può essere più o meno prolungato; ma quando sarà creduto sufficiente bisogna filtrare il ratafià.
Il tempo dell'infusione varia secondo ciascun ratafià: il più sovente però non vi ha nessuno inconveniente a prolungarlo al di là del prescritto. In generale si lascia infondere da 15 a 30 giorni; ma vi hanno dei ratafià pe' quali bastino solo 8 giorni, mentre alcuni altri esigono parecchi mesi, L'infusione può essere abbreviata se si avrà cura di agitare sovente il vaso, onde il liquido s'impregni più prontamente dei principii attivi delle sostanze che vi sono immerse. Sarà pure buon partito il collocare il recipiente in luogo la cui temperatura sia alquanto elevata, o al sole, quando si tratta di frutta poco odorifere, come le ciriege, il ribes, le cotogne. Quanto poi alle sostanze d'odore pronunciato, come i fiori d'arancio, le scorze aromatiche e simili, bisogna farle macerare in luogo fresco, onde l'aroma non venga a perdersi per l'effetto del calore. In questi ultimi casi, in cui si vuole estrarre il solo odore dalle sostanze adoperate per aromatizzarne il liquore, non si deve far macerare che per poco tempo, e spesso un giorno basta, affinchè il ratafià non si saturi di principii acri, amari e spiacevoli.
aromatiche e simili, bisogna farle macerare in luogo fresco, onde l'aroma non venga a perdersi per l'effetto del calore. In questi ultimi casi, in cui
Bisogna premurosamente evitare, nella preparazione dei ratafià, di far uso di alcun vaso di metallo, come a dire di rame, di stagno, ecc. Gli alberelli, di terraglia o di vetro, le pentole ben verniciate ed i vasi di majolica o di vetro d'ogni specie sono quelli di cui dobbiamo servirci.
Bisogna premurosamente evitare, nella preparazione dei ratafià, di far uso di alcun vaso di metallo, come a dire di rame, di stagno, ecc. Gli
Per il pollame, pei selvatici, per le lepri e pei conigli il processo migliore, di facile esecuzione, e praticabile dovunque, è quello del carbon di legna: si sceglie all'uopo del carbone secco, e che facilmente si spezzi. Volendo conservare con questo metodo ogni specie di carne, bisogna ricoprire di uno strato di polvere del detto carbone il fondo del vaso che si vuole adoprare; questo può essere di vetro, di terra o di legno: ma l'ultimo è fra tutti il meno buono per l'uso indicato. Si pone la carne su questo stratto di carbone: si riempie il vaso di detta polvere in modo che il carbone non permetta alla carne di toccare le pareti in alcun modo, quindi si chiude ermeticamente e si pone in luogo ben secco. Con questo processo si possono conservare per più di un mese le carni senza che soffrano. Quando queste carni si vogliono adoperare per la cucina, si debbono lavare diligentemente per toglierne tutta la polvere che vi resta aderente.
legna: si sceglie all'uopo del carbone secco, e che facilmente si spezzi. Volendo conservare con questo metodo ogni specie di carne, bisogna ricoprire
657. Ratafià di cotogne. Grattate delle cotogne sino al torsolo; fate macerare questa raschiatura senza i semi per lo spazio di tre o quattro giorni in poca quantità d'acqua, che vi verserete sopra tiepida; indi spremetela fortemente con un pannolino per estrarne il succo, che peserete ed unirete ad una quantità, eguale in peso, di acquavite insieme con 180 gram. di zucchero per ogni litro del miscuglio, ed alcune mandorle amare, con un po' di cannella, garofani e coriandoli. Lasciate infondere il tutto per due mesi; indi filtrate e versate il liquore in bottiglie. Perchè questo ratafià sia buono, bisogna lasciarlo invecchiare, e beverlo soltanto dopo un anno.
buono, bisogna lasciarlo invecchiare, e beverlo soltanto dopo un anno.
Volendo conservare con questo processo il pollame e la cacciagione, non bisogna togliere le penne o il pelo, ma vuotarli delle interiora e del gozzo, e lavarli con molta diligenza, poscia riempirli perfettamente di detta polvere pezzo per pezzo, e rinchiuderli in un vaso in maniera di sopra indicata.
Volendo conservare con questo processo il pollame e la cacciagione, non bisogna togliere le penne o il pelo, ma vuotarli delle interiora e del gozzo
693. Caffè, tostatura, infusione. La principale cura che debbesi avere per ottenere un eccellente caffè, oltre alla scelta della sua qualità, consiste nel farne bene abbrustolire o tostare i chicchi; perocchè se troppo abbrustolito, il caffè si carbonizza e perde tutto il suo olio essenziale, che è l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare il caffè, ed il quale consiste in un cilindro di lamiera attraversato nel suo asse da una bacchetta di ferro, le cui estremità posano su due forcelle fermate ai lati opposti d'un apposito fornello, sul quale il detto cilindro può per tal modo girare su sè stesso per il movimento che gli vien dato mediante un manubrio disposto ad una delle estremità della bacchetta di ferro che lo attraversa. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che la bacchetta di ferro che l'attraversa non ne sia coperta, e che il caffè, gonfiandosi per l'effetto del calore, non rimanga troppo pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo: allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per scuoterlo ed agitarlo in ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa lucido e come untuoso, di color cannella bruno, e spande un gradevole profumo: è questo il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio, che si continua a girare e ad agitare fuori del fuoco per alcuni altri minuti. Si apre allora il cilindro, si versa il caffè sur una tavola, vi si distende uniformemente, e dopo che si è alquanto raffreddato si passa a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà ben mondato il caffè prima di tostarlo. Il tempo che ordinariamente il caffè deve stare sul fuoco per giungere al punto giusto di tostatura, trattandosi d'una media quantità, varia da' 40 ai 50 minuti, a seconda del fuoco più o meno ardente che è nel fornello. Il caffè tostato con cura ed al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo quest'operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire il quinto circa del suo peso.
bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà
694. Infusione di tè. Vi sono molte specie di tè le quali tutte possono ridursi a due classi principali: il tè verde, ed il tè nero. Quello verde è fortissimo e agisce sui nervi; il nero è più dolcificante. Coloro che fanno molto uso di tè, sogliono mescolare metà del verde con metà del nero; ma l'uso esclusivo dei tè neri è sempre preferibile. L'infusione di questi è più leggiera, più delicata, e il profumo n'è più soave. Sono i tè neri quelli che generalmente si adoprano per le colazioni, e specialmente il tè Souchong, misto col tè Pecco a punte bianche. Per ottenere un buon risultato nell'infusione dei tè, occorrono certe condizioni. È importante dapprima non servirsi che di un vaso esclusivamente destinato a tal uopo, e quelli di metallo inglese sono preferibili a qualunque altro. Questo metallo, che congiunge alla solidità la lucidezza dell'argento, conserva più lungamente il calore dell'acqua al suo più alto grado. Quanto alla quantità di tè da infondere è generalmente di un cucchiajo da caffè per ogni tazza che si voglia apparecchiare. Prima di porre il tè nel vaso, bisogna aver cura di riscaldar questo con acqua bollente che vi si lascia per alcuni minuti: giova del pari far altrettanto colle tazze nelle quali deve essere versata l'infusione. Dopo ben sgocciolato il vaso, vi si pone la quantità conveniente di tè, nella proporzione sopra indicata. Quando l'acqua è bollente, se ne versa la metà sul tè per facilitarne lo svolgimento della fogliuzza incartocciata: si lascia infondere per alcuni minuti, si aggiunge l'altra quantità d'acqua, sempre mantenuta in stato bollente, poi si versa l'infusione sullo zucchero nelle tazze, mescolandovi, se si vuole, per ogni tazza alquanto fior di latte freddo, ovvero un liquore spiritoso, come del rum o del kirsch-wasser.
apparecchiare. Prima di porre il tè nel vaso, bisogna aver cura di riscaldar questo con acqua bollente che vi si lascia per alcuni minuti: giova del pari
Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo mezzo di conservarlo in tutta la sua purezza è quello di custodirlo entro un recipiente intonacato di piombo.
Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo
695. Cioccolata. Non si può provvedersi di buona cioccolata che pagandola a carissimo prezzo, perchè la materia prima, il caccao, è per sè medesima assai cara, quando sia di perfetta qualità. Bisogna considerare che la cioccolata venduta a vil prezzo è quasi sempre falsificata, vale a dire che si è prima levato il burro al caccao o la materia grassa che contiene, per sostituirvi olio di oliva o di mandorle dolci, e vi si mischiano anche farine o fecole. La cioccolata di buona qualità ha un grato odore di caccao; è untuosa sotto i denti; il sapore n' è fresco e gradevole; nel frangerla è bruna e granellosa; cotta nell'acqua o nel latte, non assume che una leggiera consistenza. Se all'opposto, si condensa troppo cuocendosi, e specialmente se alla prima bollitura esala un odore come di colla, questo è segno certo che v'ha mescolanza di materie farinose: la sua rancidezza denota la presenza di sementi emulsive ed oleose.
assai cara, quando sia di perfetta qualità. Bisogna considerare che la cioccolata venduta a vil prezzo è quasi sempre falsificata, vale a dire che si è
La cioccolata dev'essere conservata in un sito molto asciutto, non bisogna riporla neppure a fianco di altre provvisioni, per esempio frutta, erbaggi od altro che potrebbero alterarne il sapore.
La cioccolata dev'essere conservata in un sito molto asciutto, non bisogna riporla neppure a fianco di altre provvisioni, per esempio frutta, erbaggi
Durante quest'operazione devesi aver cura di far gocciolare di quando in quando, dal buco apposito di cui abbiamo parlato sopra, l'acqua che si sarà raccolta sul fondo del secchio, riponendo in sua vece nel secchio stesso altrettanto ghiaccio e sale. Quando il gelato è perfetto, si distribuisce in bicchieri o piattini adattati per servirlo. Se non devesi servire all'istante, bisogna lasciarlo nella sorbettiera, seguitando ogni tanto a rimestare, affinchè non si formino diacciuoli. Volendo dare ai gelati la forma d'un frutto o d'altro, si pongono in forme di latta o di stagno, le quali poi si chiudono e si mettono nel ghiaccio. Allorchè si vogliono servire tali gelati, s'immerge la forma nell'acqua calda, la si ritira prontamente perchè il gelato non si fonda, si asciuga con un pannolino, si apre e si rovescia sopra un piattino, lasciandovi cadere il gelato per servirlo all'istante.
bicchieri o piattini adattati per servirlo. Se non devesi servire all'istante, bisogna lasciarlo nella sorbettiera, seguitando ogni tanto a rimestare
710. Gelato alla pesca. Si prepara come il precedente; soltanto che se le pesche sono ben mature e succulenti, si può fare a meno di cuocerle prima di passarle attraverso lo staccio. Però bisogna avvertire che occorre doppia dose di zucchero per lo stesso numero di pesche.
di passarle attraverso lo staccio. Però bisogna avvertire che occorre doppia dose di zucchero per lo stesso numero di pesche.
13. Della conservazione del latte. Per conservare al latte tutte le qualità di cui gode quando è recente, bisogna metterlo in un vaso, tenerlo immerso nell'acqua, e ricoprirlo con una tela che sia sempre bagnata. Si può conservare in tal modo ventiquattro ore.
13. Della conservazione del latte. Per conservare al latte tutte le qualità di cui gode quando è recente, bisogna metterlo in un vaso, tenerlo
Si conserva anche bene, tenendolo sempre inviluppato in un pannolino bianco, inzuppato d'acqua fresca, dopo avervi levato tutto il latte che abbiamo indicato di sopra. Bisogna avere però l'avvertenza che il pannolino sia sempre bagnato, poichè cosi l'acqua rendendo più denso il suo tessuto, garantisce il burro dal contatto dell'aria, nel tempo stesso che lo mantiene fresco mediante l'evaporazione.
indicato di sopra. Bisogna avere però l'avvertenza che il pannolino sia sempre bagnato, poichè cosi l'acqua rendendo più denso il suo tessuto
Quando si adopera il sale per la conservazione de' vegetabili, bisogna porlo in abbondanza, ed aver cura che i vegetabili siano sempre coperti dalla salamoja, la quale si compone di un ettogr. di sale per ogni litro d'acqua. I vasi si turano coll'intonaco o ponendo uno strato d'olio sulla saiamoja.
Quando si adopera il sale per la conservazione de' vegetabili, bisogna porlo in abbondanza, ed aver cura che i vegetabili siano sempre coperti dalla
23. Pomidoro. Si può semplicemente conservare i pomidoro nella salamoja, Bisogna coglierli nella loro perfetta maturità, collocarli interi e senza premerli entro vasi di terra che si empiono intieramente di salamoja, in modo che i pomidoro vi sieno totalmente immersi, e si mantengono in tal guisa mediante un piccolo scodellino che entri agevolmente nel vaso, che sarà poi tappato con un largo turacciolo di sughero.
23. Pomidoro. Si può semplicemente conservare i pomidoro nella salamoja, Bisogna coglierli nella loro perfetta maturità, collocarli interi e senza
24. Saur-kraut. È così chiamato in tedesco il cavolo preparato colla salamoja, e significa cavolo acido. Si fa uso ordinariamente del cavolo cappuccio, le cui foglie sieno serrate e bianche; si levano a questi cavoli le foglie verdi col gambo, si tagliano in strisce sottili, e queste si distendono sopra una tela affinchè asciughino. Per preparare il saur-kraut si adopera un barile. Se ha già servito pel vino o per l'acquavite riesce migliore; ma se ha servito per altro uso bisogna lavarlo diligentemente con acqua di calce bollente, onde togliergli l'odore che acquista restando vuoto. Lo stesso si pratica se il barile è nuovo.
se ha servito per altro uso bisogna lavarlo diligentemente con acqua di calce bollente, onde togliergli l'odore che acquista restando vuoto. Lo
Ecco il processo. Si pone del sale bianco pesto sottilmente nel fondo del barile o del vaso di terra, e sopra di questo si pone uno strato di cavoli tagliati come si è detto, si comprimono con un coperchio di quercia di tre pollici di spessezza, fabbricato in modo da servire come di strettojo, e ciò finchè i cavoli si sono ridotti a metà di volume. Al di sopra si forma un altro strato di sale ed in seguito un altro di cavoli, da comprimersi come il primo, e così si continua finchè il vaso sia pieno sino a qualche centimetro dall'orlo, avendo cura di aggiungere ad ogni strato di cavoli del pepe in grani e dei semi di cardi o di ginepro. L'ultimo strato dev'essere di sale, sopra cui si collocano alcune foglie fresche intere, poi il coperchio, o il fondo del barile, e su questo dei pesi, o alcune grosse pietre che impediscano al cavolo di sollevarsi durante la fermentazione. Tosto che questa incomincia, formasi un'acqua verdastra e fetida che sornuota, e che bisogna gettar via ogni quattro o cinque giorni nei primi momenti, per sostituirla con una quantità di nuova salamoja, in maniera che i cappucci ne sieno sempre coperti di qualche centimetro.
questa incomincia, formasi un'acqua verdastra e fetida che sornuota, e che bisogna gettar via ogni quattro o cinque giorni nei primi momenti, per
I vasi che contengono questa preparazione debbono essere conservati in luogo dove non penetri il gelo. I cavoli così preparati sono buoni da mangiarsi in capo a sei settimane o due mesi. Quando si estrae dal barile la quantità che si vuol adoperare, non bisogna dimenticare di ricoprire il barile col suo coperchio e riporvi sopra il medesimo peso.
mangiarsi in capo a sei settimane o due mesi. Quando si estrae dal barile la quantità che si vuol adoperare, non bisogna dimenticare di ricoprire il barile
110. Farinata di granturco. Si fa questa pure nella stessa guisa della precedente (n. 109), ma bisogna osservare di ristacciare la farina con istaccio molto fitto, giacchè questa contiene una gran quantità di semola pesante per lo stomaco. Per render molto buona questa farinata, più delicata e più salubre, conviene aggiungervi una buona quantità di farina bianca.
110. Farinata di granturco. Si fa questa pure nella stessa guisa della precedente (n. 109), ma bisogna osservare di ristacciare la farina con
159. Sugo d'agresto. Sgranate l'agresto e pestatelo; rinvoltatelo in un pannolino forte, spremetene il sugo e filtratelo perchè sia limpido; aggiungetevi 25 gram. di sale per ogni litro di sugo: per conservarlo bisogna metterlo in bottiglie solforate; senza di ciò la fermentazione romperebbe la bottiglia. Per solforare la bottiglia potrete servirvi di un filo di ferro che in fondo abbia una specie di gancio, ove attaccherete un pezzetto di zolfo, e dandogli fuoco lo calerete nel mezzo della bottiglia, tenendolo in tal guisa sospeso acciocchè non tocchi nessuna delle pareti; quando la bottiglia è piena di vapore, tirate fuori il fil di ferro, tappate la bottiglia, e pochi momenti dopo riapritela, versatevi l'agresto e chiudetela bene.
; aggiungetevi 25 gram. di sale per ogni litro di sugo: per conservarlo bisogna metterlo in bottiglie solforate; senza di ciò la fermentazione romperebbe la
A queste istruzioni per chi dirige le mense, aggiungeremo che bisogna destinare al servizio di esse persone pronte e rispettose, capaci di porgere le pietanze, cambiare i piatti e le posate, ed attente a tutto ciò che può occorrere o che è desiderato dai convitati.
A queste istruzioni per chi dirige le mense, aggiungeremo che bisogna destinare al servizio di esse persone pronte e rispettose, capaci di porgere le
201. Lessi d'erbe. Cavoli d'ogni specie, cicoria, barbebietole tenerine con radica e foglie, talli di rape, rape tenerine con la loro erba, fagiolini, zucchini, spinaci, carciofi, sparagi, carote, cardoni, radiche di Genova, pastinache, ogni specie d'insalate, tutti questi erbaggi sono soggetti a diversi gradi di cottura, la quale si giudica comprimendoli fra due dita. Vi sono alcuni erbaggi che hanno bisogno di essere gettati in acqua fresca dopo cotti, dipoi spremuti bene e un poco trinciati, come le rape, i talli, gli spinaci, le bietole. Quelli che non hanno d'uopo d'essere gettati nell'acqua fresca, nè dipoi molto scolati, sono i cardoni, i sedani ed i carciofi. Quelli che devono essere un poco spremuti a cesto per cesto, sono i cavoletti e l'insalata. Per le carote e le radiche di Genova, bisogna toglier loro l'anima. I fagiuolini, gli zucchini e sparagi non hanno altro bisogno che di essere bene scolati. Condirete con olio, sale, pepe, ed agro di limone od aceto secondo i gusti. Si possono pure questi erbaggi condire con butirro strutto, e spruzzare con parmigiano grattato, e sale. Sotto i cavoli stanno molto bene i crostini di pane arrostiti, fregati con aglio ed inzuppati appena nell'acqua ove gli stessi cavoli sono stati cotti. Vi è chi li condisce con l'agliata (n. 170).
cavoletti e l'insalata. Per le carote e le radiche di Genova, bisogna toglier loro l'anima. I fagiuolini, gli zucchini e sparagi non hanno altro bisogno