Pane di lusso. Le persone ricche, le quali durante una parte dell'anno abitano in campagne lontane dai gran centri popolati, non possono procurarsi pane di lusso, e nemmeno qualche volta pane di buona qualità. Purchè si possa disporre in casa propria di un piccolo forno da pasticciere, è facile il far confezionare in casa propria ogni giorno pane così bianco e delicato come in qualunque città. Si disponga ammucchiandola sur una tavola certa quantità di farina della più bella qualità, per esempio, 3 chilogrammi, e nel mezzo si faccia un foro per introdurvi 60 grammi di lievito. Si stempera quindi coll'acqua tiepida, dandole presso a poco la consistenza, di una pasta da focaccie; si manipola bene aggiungendovi 60 grammi di fino sale diluito in un po' d'acqua tiepida. Si cuopre la pasta, tenendola in caldo perchè possa fermentarsi e lievare. Dopo averla lasciata in quello stato una o due ore, secondo la stagione, la s'impasta di nuovo, si copre, e si lascia riposare altre due ore. Nel frattempo si scalda il forno. Si divide quindi la pasta in tante parti quanti pani si vogliono, ai quali si dà la forma di biscotti o di ciambelle che si pongono poi entro il forno.
quindi coll'acqua tiepida, dandole presso a poco la consistenza, di una pasta da focaccie; si manipola bene aggiungendovi 60 grammi di fino sale diluito
meglio, in una composizione bone mescolata di sabbia bianca, di carbone polverizzato e di sale marino. Qualunque cura si abbia per conservare le uova con questo processo, quando si tratta di una grande quantità, non si deve già aspettarsi che si mantengano tutte eguali in buono stato, essendochè i gusci delle uova sono disuguali nello spessore; ve ne saranno sempre di quelle che vanno guasti. Il locale dove si tiene provvista di uova deve essere fresco, ma perfettamente al riparo dal freddo. Si può inoltre servirsi di un altro processo. Si fa stemperare nell'acqua piovana o di fiume una certa quantità di calce mediante una piccola porzione della stessa acqua; si agita più volte quel miscuglio, si lascia depositare, si decanta, poi si copre con quest'acqua di calce limpida le uova fresche poste in vasi di terra. La preparazione della calce da adoperarsi, avuto riguardo alla quantità d'acqua, è di un chilogrammo di calce per ogni dodici litri d'acqua. I vasi di terra sono deposti in cantina e si deve invigilare perchè le uova sieno sempre completamente coperte di acqua. Se, fra le uova che si vogliono conservare in tal modo, se ne trova alcune che sieno sporche, bisogna lavarle coll'acqua di calce innanzi di collocarle entro il vaso.
sempre completamente coperte di acqua. Se, fra le uova che si vogliono conservare in tal modo, se ne trova alcune che sieno sporche, bisogna lavarle coll
L'uso di liquefare il burro per conservarlo si perde d'anno in anno e deve finire coll'essere totalmente abbandonato; il burro liquefatto, anche quando l'operazione sia stata fatta con tutte le possibili cure, non è, per così dire, più burro; il suo sapore naturale è completamente cangiato; quel sapore che comunica a tutte le vivande in cui entra è così poco aggradevole, che molti trovano, per esempio, i legumi migliori se cotti semplicemente coll'acqua con un poco di sale, anzichè quando sono ammanniti con burro liquefatto. In una parola, egli è questo il più difettoso metodo di conservazione, in quanto che snatura più che ogni altro metodo le qualità del burro conservato.
L'uso di liquefare il burro per conservarlo si perde d'anno in anno e deve finire coll'essere totalmente abbandonato; il burro liquefatto, anche
in olî sopraffini con sapore come di frutti. Quelli di oliva, attesa l'incostanza del ricolto, sono soggetti a grande varietà di prezzi; negli anni in cui sono abbondanti e ad un prezzo conveniente, cioè in novembre e decembre, è opportuno il provvedersene per tutto l'anno e conservarlo fresco in giarre di terra inverniciate, ovvero in bottiglie di vetro ben tappate. L'olio di oliva però, essendo quello che ha più valore fra tutti gli olî commestibili, è scopo a frequenti adulterazioni, e in commercio ordinariamente non è facile il trovarlo proprio purissimo. In alcune contrade e piazze l'olio perfetto di oliva viene adulterato con quello di teste di papavero, però si giunge a scuoprire la frode, se non coll'assaggiarlo, sì agitando fortemente la bottiglia nella quale è contenuto. L'olio di oliva non dà mai la menoma spuma nè fa bollicelle, mentre quello adulterato forma, per così dire, una corona di bolle permanenti alla superficie, per cui si riconoscerà la quantità d'olio di papavero aggiunta a quello di olive dalla maggiore o minor quantità di bollicelle che quest'olio sviluppa.
'olio perfetto di oliva viene adulterato con quello di teste di papavero, però si giunge a scuoprire la frode, se non coll'assaggiarlo, sì agitando
Conservazione dei fagiuoli. Per conservare una data quantità di fagiuoli è sempre vantaggioso di approfittare dell'occasione in cui sono abbondanti e a buon mercato; bisogna che sieno teneri, fini e di fresco raccolti; si deve pure sciegliere le migliori specie e le più saporite. Fra i diversi processi di conservazione, daremo il seguente, che è semplicissimo. Si inondano dapprima i fagiuoli, e si gettano mano mano nell'acqua fresca: poi si lavano, si fanno sgocciolare e si pongono in una terrina con sale, onde levar loro, agitandoli, ogni asprezza. Allora si depongono strato per strato entro un vaso di terra, ponendo alternativamente un letto di fagiuoli ed uno di sale fino a che sia pieno il recipiente, in maniera però che il sale sia spalmato sulla superficie. Si lasciano così il solo tempo necessario per trasmutare il sale in acqua. Si cuoprono allora di burro liquefatto, e quando sia freddo vi si aggiunge superiormente alquanto olio di oliva, affinchè sieno completamente posti fuori di qualsiasi contatto coll'aria. Il vaso deve inoltre esser chiuso con un turacciolo ed una pergamena e posto in luogo bene asciutto. Quando si voglia servirsi dei fagiuoli si pongono nell'acqua fresca per levar loro il sale e si fanno cuocere entro un recipiente non istagnato.
sia freddo vi si aggiunge superiormente alquanto olio di oliva, affinchè sieno completamente posti fuori di qualsiasi contatto coll'aria. Il vaso deve
Zucchero in polvere vanigliato. Si prendano, per esempio, due bastoni di vaniglia e 125 grammi di zucchero. Si taglia la vaniglia in minutissimi pezzettini e si pesta in un mortajo di marmo, aggiungendovi una porzione di zucchero rotto in pezzetti. Quando questa mescolanza è ridotta in polvere si passa attraverso un setaccio, e si pesta di nuovo il residuo coll'ultima porzione di zucchero per passarlo parimenti pello staccio. Il nuovo residuo è parimenti pesto e poi passato, e finalmente si riuniscono queste varie porzioni di polvere in un solo miscuglio; lo zucchero e la vaniglia debbono essere così intimamente uniti che non si possa distinguere più l'uno dall'altro. Lo zucchero vanigliato si conserva in un recipiente ben turato, e se ne fa uso per condire la crema, le focaccie, il formaggio, quando queste pietanze vengano servite in tavola, ovvero si condisce il cioccolatte cotto nell'acqua e nel caffè.
passa attraverso un setaccio, e si pesta di nuovo il residuo coll'ultima porzione di zucchero per passarlo parimenti pello staccio. Il nuovo residuo è
Per far cuocere il cioccolatte coll'acqua o col latte se ne rammollisce prima una tavoletta entro due o tre cucchiaî d'acqua, e si diluisce nella cocoma mediante un bastoncino o frullo, si aggiunge quindi gradatamente la quantità conveniente d'acqua e di latte ( una misura o tazza per ogni tavoletta di cioccolatte); si fa bollire agitandola assiduamente col frullo, che si rotola colle mani, e quando è bene spumante si mesce il cioccolatte in una tazza. Se si brama più denso, si può aggiungervi un cucchiajo da tavola di farina di riso, si agita allo stesso modo, lasciandolo bollire per alcuni minuti, e si ottiene in tale modo un preparato di sapore gradevole, che ha l'aspetto di fiore di latte lievemente sbattuto.
Per far cuocere il cioccolatte coll'acqua o col latte se ne rammollisce prima una tavoletta entro due o tre cucchiaî d'acqua, e si diluisce nella
Mandorle tostate. Per 500 grammi di belle mandorle bisogna impiegare 500 di zucchero bianco e un mezzo litro d'acqua. La metà dello zucchero è posta in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata mediante una prolungata bollitura lo zucchero tornato allo stato di greggio o non raffinato e colorato in rosso chiaro si attacca alle mandorle, si ritirano dal fuoco e si dispongono entro un vaglio di tela metallica, affinchè lo zucchero che non è aderente si stacchi e possa sgocciolare. Si ponga allora nella casseruola l'altra metà dello zucchero con quello che si è staccato dalle mandorle, e si riduce solo, colla cottura, allo stato di non raffinato, aggiungendovi quel tanto d'acqua che basti per renderlo liquido in sulle prime. Si ripongono quindi le mandorle tostate onde finiscano di cuoprirsi di quello zucchero. In quello stato esse non sono, come dicesi, che polverizzate, rimane allora di congelarle o petrificarle, non solo per dar loro un'apparenza e un sapore più gradevole, ma affinchè lo zucchero che le ravvolge non si stacchi tanto facilmente dalla mandorla. Per indurare e pietrificare le mandorle tostate, si pongano in una catinella munita di due manichi, e vi si versi sopra, fino a che sono ancor calde, alcuni cucchiaî d'acqua distillata di rose, agitando e facendo saltare in aria le mandorle, in modo che vengano ad inumidirsi equabilmente. Finalmente si ritirano dal fuoco e si depongono sopra uno staccio onde si asciughino all'aria aperta.
in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata
Quando le vostre carni hanno emesso tutto il loro succo, che questo incomincia a circondare la vivanda, vale a dire, allorquando, coll'evaporazione delle parti umide che contenevano le carni o i legumi, non rimane più che la parte osmazomica della carne, che ne è la sostanza nutritiva, intendete come un crepitìo: è un leggiero rumore che si fa in quel momento, e che nel linguaggio del cuciniere si traduce col dire: il succo incomincia a cantare. Allora diminuite il fuoco, attenuate il calore del fornello con cenere, lasciate lievemente incrostarsi quelle sostanze sopra lo strato sottoposto delle cipolle. Da tale combinazione si formerà un gelatinoso, il cui aroma venendo a solleticare gradevolmente il vostro odorato, deve tenere desta la vostra attenzione sull'operazione che questi segni indicatori annunziano dover ben presto essere terminata.
Quando le vostre carni hanno emesso tutto il loro succo, che questo incomincia a circondare la vivanda, vale a dire, allorquando, coll'evaporazione
Le lingue di castrato e le code possono anche fornir materia ad ottimi antipasti. Cotte nel modo sopraddetto nella braciaiuola e poste in una salsa spagnuola coll'aggiunta di animella di vitello, di farcito di carni in pallottoline, di funghi e fondi di carciofi, se ne guarnisce sia un turbantino, sia un pasticcio caldo, ed è una vivanda del pari facile ad apparecchiarsi che gradevole al palato.
spagnuola coll'aggiunta di animella di vitello, di farcito di carni in pallottoline, di funghi e fondi di carciofi, se ne guarnisce sia un turbantino
Pollo alla Marengo. Prendete due polli ben grassi e carnuti; tagliatene li membri a quel modo con cui vi abbiamo indicato per la fricassea. Versate in una casseruola olio d'oliva; anzitutto ponetevi dentro le coscie sole per cinque o sei minuti, e poscia gli altri pezzi; poi condite di pepe e di sale. Fate in tal modo friggere il pollo sino a che abbia assunto un bel colore dorato. Quando vi sembrerà che quei pezzi sieno cotti, prendete due cipolline fresche, un poco di prezzemolo finamente tritato che porrete insieme col pollame. Stillate tosto fuori della casseruola l'olio onde non lasciare che il condimento bruci. Aggiungete un mezzo cucchiaio di salsa ristretta (purée) o di pomi d'oro, due cucchiaî di salsa spagnuola, un bicchierino di madera secco, un pezzetto di succo gelatinoso di carni onde rendere più untuosa la salsa, e un pizzico di zucchero per correggere l'acre, se mai vi fosse; ma bisogna che non s'abbia da sentire il sapore dello zucchero. Fate cuocere lentamente e con poco fuoco insieme ad alquanti funghi, tartufi tagliati in fette sottili e un poco di succo con cui avete cotti i tartufi. Legate insieme con un pezzo di burro fresco grosso come il pollice, non accostate più al fuoco, e aggiungetevi il succo di un limone. Ammannite in forma di piramide i pezzi di pollo sul tondo, dateci la salsa e attorniate la pietanza di croste di pane finissime ed uova fritte coll'olio.
pietanza di croste di pane finissime ed uova fritte coll'olio.
L'anitra selvatica e la farchetola, più piccola della prima e di carni più delicate, si apparecchiano allo stesso modo sia arrosto che per antipasto, coll'osservazione però, che ogni selvaggiume pennuto, di carni rossiccie, dev'essere cotto fresco, o tosto, come si voglia dire, che le carni cioè, nel tagliarle, sieno rubiconde alquanto e succose. È necessaria una certa esperienza ed attenzione per bene afferrare il momento di vera cottura; ma è duopo sempre che la selvaggina non languisca sullo spiedo, e per questo motivo il fuoco deve sempre essere molto intenso. Si può riconoscere che la selvaggina ha raggiunta la sua cottura allorquando si veggano cadere alquante stille di succo, e dalle carni emani qualche poco di fumo.
, coll'osservazione però, che ogni selvaggiume pennuto, di carni rossiccie, dev'essere cotto fresco, o tosto, come si voglia dire, che le carni cioè
Tutti questi uccelletti, che i cacciatori non classificano fra la selvaggina propriamente detta, vengono d'ordinario serviti arrosti allo spiedo. Non si deve sventrarli, ma sì cingerli di lardo, e porli sugli schidioncini assicurandoli al grosso spiedo coll'attenzione di non lacerarne le carni. Prendiamo ad esempio le allodolette. Si possono schidionare in un grosso ago da calzette, copiosamente lardellandole, in modo che il ferro o schidioncino passi contemporaneamente attraverso il lardo e l'uccello, sì che non torna necessario assicurare con filo il lardo come si pratica cogli uccelli più grossi. Bensì viene assicurato quest'ago sullo spiedo mediante spago, e si pongono sotto in una leccarda fette di pane, come fu detto per le beccaccie.
si deve sventrarli, ma sì cingerli di lardo, e porli sugli schidioncini assicurandoli al grosso spiedo coll'attenzione di non lacerarne le carni
Asparagi. Gli asparagi si adoperano nelle cucine per zuppa, per guarnimento, per sugo ristretto, e per frammesso specialmente. È questa un'eccellente vivanda. Se ne distinguono varie specie, ma è da osservarsi che il bianco è il più prematuro, ed ha un sapore dolce; quello color violetto è il più aromatico e diventa il più grosso degli altri; quello verde, il meno grosso di tutti, si mangia quasi intero, ed ha un sapore perfetto. Nulla di più bello che un frammesso d'asparagi assai grossi, cotti in punto con una salsa di burro. Se però si vogliano servire coll'olio, è duopo, tostochè sono cotti, porli a rinfrescare in acqua fredda, e si approntano sopra un tondo circolarmente, o colla salsa già sopra versata composta d'olio, aceto, pepe e sale, oppure in separata saliera, perchè ognuno si condisca come meglio gli piace.
bello che un frammesso d'asparagi assai grossi, cotti in punto con una salsa di burro. Se però si vogliano servire coll'olio, è duopo, tostochè sono
Tartufi sulla cenere. Quando i tartufi sono ben mondi, conditeli lievemente di pepe, sale e un pizzico di timo e lauro finamente triturati. Ravviluppateli in una fetta di lardo, poi fra quattro fogli di carta, che collocherete l'uno sopra l'altro ma in modo che l'uno sia all'opposto della congiunzione dell'altro, affinchè il tartufo conservi il suo condimento. Immergete lievemente ognuno di quegl'involucri nell'acqua fresca e poneteli poscia sotto le brace, come fareste colle patate o colle castagne; lasciateli cuocere un'ora. Levate i primi fogli di carta, e serviteli insieme coll'ultimo che deve essere mondo e non tocco dal fuoco nè dalla cenere.
sotto le brace, come fareste colle patate o colle castagne; lasciateli cuocere un'ora. Levate i primi fogli di carta, e serviteli insieme coll'ultimo che
Le frittate coll'acetosa, cogli spinacci, coi pomidoro, col sugo o purée di pollame o di selvaggina si fanno allo stesso modo; soltanto, innanzi di arrotondarle, si pone nell'interno della frittata un cucchiaio del sugo o purée, ovvero del legume di cui assume il nome.
Le frittate coll'acetosa, cogli spinacci, coi pomidoro, col sugo o purée di pollame o di selvaggina si fanno allo stesso modo; soltanto, innanzi di
Pasticcio di prosciutto. Prendete una libbra di prosciutto magro cotto, eguale quantità di vitello crudo cui leverete le pelli ed i nervi; triturate insieme l'uno e l'altro, aggiungetevi un chilogrammo di grasso di lardo, e pestate di nuovo il tutto. Ponete questo farcito in un mortajo, mescolandovi tre uova intere e un mezzo bicchiere d'acqua; condite di pepe, timo e lauro, meno però il sale, da cui vi asterrete. Per approntare questo pasticcio, tagliate poscia dei grossi pezzi quadrati di prosciutto, lardo, e condite come fu detto pel pasticcio di lepre. Stendete uno strato di farcito nel fondo del pasticcio, poi uno di lardo, di carne magra, di prosciutto e di lardo intercalalati uno coll'altro: un secondo strato di farcito , e così via via fino a che il pasticcio sia ripieno. Quando lo leverete dal forno, versatevi dentro un buon bicchiere di madera, e colmate il vuoto rimasto, se mai ve ne fosse, con gelatina. Abbiate in precedenza l'avvertenza di osservare come sono collocati i pezzi di lardo, onde non tagliarli allorquando verrà il momento di tagliare a fette il pasticcio.
fondo del pasticcio, poi uno di lardo, di carne magra, di prosciutto e di lardo intercalalati uno coll'altro: un secondo strato di farcito , e così via
Si possono profumare li marzapani, sia col maraschino, coll'essenza di rose, col caffè, colla vaniglia, sia con fragole, lamponi, ananas, cortecce grattugiate di limoni, oppure di aranci.
Si possono profumare li marzapani, sia col maraschino, coll'essenza di rose, col caffè, colla vaniglia, sia con fragole, lamponi, ananas, cortecce
Incorporate anche l'uva nella pasta ben bene premendola e impastandola per ogni verso, indi ponete in uno stampo, avendo però in quest'ultima operazione l'avvertenza di levare i grossi grani d'uva sporgenti che si attaccherebbero alla forma durante la cottura. Questa non deve mai oltrepassare l'ora, ma durar circa cinquanta minuti, e quando abbia assunto nella superficie un bel color biondo carico, versatela subito in apposito tondo e spalmatela con uno sciloppo di gradi 35, profumato coll'essenza di kirsch o di qualsivoglia altro aroma.
con uno sciloppo di gradi 35, profumato coll'essenza di kirsch o di qualsivoglia altro aroma.
Chicche di Verdun. Lavate 15 grammi di anici stellati, e fatti asciugare alla bocca del forno; sbattete poi cinque tuorli d'uovo con 125 grammi di zucchero in polvere per due minuti; sbattete pure i cinque albumi assai densamente e aggiungeteli ai tuorli insieme a 125 grammi di farina bene asciutta passata per lo staccio e coll'anici. Amalgamate prontamente il tutto, e versate questa pasta entro un recipiente apposito di carta a guisa di cassetto di 189 millimetri di larghezza sopra 268 di lunghezza. Ponete l'apparecchio in un forno di mediocre temperatura, e tre quarti d'ora dopo provate se la chicca sia dura al tatto; allora levatela fuori; e tosto che sia freddata separatene la carta, tagliate la crostata di 80 millimetri di lunghezza sopra 14 di larghezza, e riponetela ad asciugare nel forno, finchè sia affatto friabile.
passata per lo staccio e coll'anici. Amalgamate prontamente il tutto, e versate questa pasta entro un recipiente apposito di carta a guisa di
Stinchetti alla svizzera. Prendete un chilogrammo di zucchero fino, 875 grammi di farina, otto albumi d'uovo, e un po' d'acqua di fiore d'arancio. Disponete la pasta in maniera che facendo i vostri stinchetti non abbia a troppo dilatarsi, ma che nel cuocersi divenga alta e liscia. Tenete in pronto delle piastre leggermente unte. Conviene avere anche un sacchetto di tela che formi il cialdone, in capo del quale adatterete pure un cialdone in stampo di latta che abbia un foro della larghezza di un centesimo. Porrete dentro la pasta, e approntate gli stinchetti alla distanza di 21 millimetri l'uno dall'altro; poneteli quindi o sopra il forno od al calore della stufa, dove li lascerete fino all'indomani perchè siano ben sodi, del che vi accerterete passandovi sopra coll'unghia. Fateli allora cuocere ad un buon calore; quando saranno freddati, staccateli dalla piastra, perchè sono in ordine.
accerterete passandovi sopra coll'unghia. Fateli allora cuocere ad un buon calore; quando saranno freddati, staccateli dalla piastra, perchè sono in ordine.
Confetture di mandorle alla turca. Tagliate la pasta, che avrete prima distesa col cilindro, in altrettanti pezzi a forma di luna crescente, intingeteli coll'albume di uovo, e aspergeteli di zucchero finissimo colorato, sia in piccole zollette, sia in polvere finissima.
, intingeteli coll'albume di uovo, e aspergeteli di zucchero finissimo colorato, sia in piccole zollette, sia in polvere finissima.
Imitazioni varie. Se, come vogliamo supporre, il pasticciere sarà dotato d'immaginazione, di abilità e buon gusto, potrà imitare una quantità di oggetti la cui grazia e originalità attraggano, anche per la vista, i convitati e gli anfitrioni. Non v'ha palazzine, castelli, od almeno vivande di varie forme, legumi, frutta, fiori, istrumenti di musica, giuochi, pesci, insetti ecc. ecc., insomma non v'ha oggetto che non possa imitarsi colla pasta crostolata di mandorle, colla crostata all'italiana, colla pasta di mandorle spalmata coll'uovo, ecc. ecc., essendo gli zuccheri colorati e aromatizzati, e il cioccolatte la base della spalmatura che si dà alla superficie di ogni singolo pezzo, in unione, ben s'intende, all'albume d'uovo.
crostolata di mandorle, colla crostata all'italiana, colla pasta di mandorle spalmata coll'uovo, ecc. ecc., essendo gli zuccheri colorati e aromatizzati