Abbiamo già accennato ai frutti di mare. Essi debbono essere consumati vivi e possibilmente appena pescati, specie se si desidera mangiarli crudi con un po' di limone e pepe. Aperte col coltello, queste conchiglie debbono lasciar cadere acqua di mare in abbondanza e se messe sul fuoco debbono aprirsi di scatto perdendo anche in questo caso copiosa acqua. Del resto anche senza ricorrere a questi, che potremmo definire i grandi mezzi, i frutti di mare si conoscono anche all'esame visivo. Infatti se lasciate in disparte per un po' di tempo un cesto di frutti di mare, essi, se saranno vivi, si apriranno leggermente. Toccandoli appena o provocando un rumore insolito, i frutti di mare si ritireranno repentinamente nella loro casetta, chiudendo ermeticamente le due conchiglie che rappresentano la loro unica difesa.
un po' di limone e pepe. Aperte col coltello, queste conchiglie debbono lasciar cadere acqua di mare in abbondanza e se messe sul fuoco debbono
Due sono i metodi per ottenere dell'arrosto: lo spiede o il forno. Dei due metodi, il primo è senza dubbio il migliore. Sarebbe quindi opportuno che in ogni famiglia ci fosse un girarrosto completo: composto cioè della grande conchiglia in ghisa dove si mette il carbone e qualche pezzetto di legna secca, del girarrosto propriamente detto, e della leccarda, sulla quale andranno a cadere i grassi che sgocciolano durante la cottura. Così senza fumo, senza cattivi odori e con una notevole economia di tempo si ottiene un arrosto ben colorito, succoso e profumato. Per questo genere di cottura dovete ricordare che l'intensità della sorgente calorifica deve essere proporzionata ai volume della carne da arrostire, affinchè la cottura della carne e la sua colorazione procedano di pari passo. Ricordate anche di ungere spesso la carne che sta arrostendo. Per l'arrosto al forno deve egualmente osservarsi lo stesso principio, che cioè cottura e colorazione procedano insieme. Mettete sempre le carni da cuocere nel forno già riscaldato, sia esso il forno della cucina a gas o il fornetto a lamiera, detto forno di campagna. Questa precauzione è necessaria per solidificare subito un leggerissimo strato all'esterno e racchiudere così i succhi che altrimenti andrebbero dispersi. Mantenete una giusta intensità di calore al forno, perchè in caso contrario l'arrosto vi risulterebbe insipido e molle come un pezzo di carne lessata.
secca, del girarrosto propriamente detto, e della leccarda, sulla quale andranno a cadere i grassi che sgocciolano durante la cottura. Così senza fumo
Minestra leggera, nutriente, molto adatta per stomachi delicati. Di più, se eseguita con cura, è elegantissima. Provatevi a farla; non è costosa, e con un uovo potrete ottenere una quantità di minestra sufficiente a quattro persone. Mettete un uovo intero in una tazza da caffè e latte, conditelo con un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata, e aggiungeteci una cucchiaiata ben colma — una trentina di grammi — di farina, passata da un setaccio piuttosto fine. Con una forchetta o con un cucchiaino sbattete energicamente, come si trattasse di sbattere un uovo con lo zucchero, procurando che farina e uovo si amalgamino perfettamente, e continuate così per tre o quattro minuti fino ad avere un composto vellutato ed elastico. Questa specie di pastella non deve essere ne eccessivamente dura, nè troppo liquida. Deve avere la consistenza di una crema densa, e staccarsi piuttosto lentamente, in un nastro continuo, dal cucchiaino o dai denti della forchetta. Passate il brodo necessario, mettendolo preferibilmente in un recipiente più largo che alto: un tegame o una teglia a bordi alti rispondono assai bene allo scopo. Appena il brodo avrà alzato il bollore, tirate il recipiente sull'angolo del fornello in modo che l'ebollizione continui lentissima e procedete alla confezione della minestra. Con un foglio di carta da lettere, o meglio con un foglio protocollo fate un cartoccino ben chiuso nella punta, e in esso travasate l'uovo preparato. Chiudete bene il cartoccio, e poi con le forbici spuntatene leggermente l'estremità, in modo da ottenere un forellino della larghezza di una testa di spilla. Fatto ciò, incominciate a premere la parte superiore del cartoccio, così che dalla parte spuntata esca l'uovo in un filo regolare, e fate cadere questo filo continuo nel brodo. Spostate il cartoccio qua e là in modo che il filo non cada mai sull'uovo già filato, e continuate così fino ad avere spremuto tutto il contenuto del cartoccio. Appena l'uovo tocca il brodo, si solidifica e forma una specie di capellino leggero e lunghissimo, da cui il nome di «uovo filato» dato alla minestra. Quando avrete spremuto tutto il contenuto del cartoccino fate dare ancora un bollo alla minestra e poi fatela servire accompagnandola con del parmigiano grattato. Molti usano mettere una cucchiaiata di parmigiano nel composto. Noi siamo contrari a ciò, perchè spesso il parmigiano — specie se fresco — si sbriciola; e una briciola, ostruendo la piccolissima apertura del cartoccio, può compromettere la riuscita dell'operazione. È per questo che si consiglia di passare la farina da un setaccio fine. Questa minestra non presenta difficoltà. Solo bisogna che il composto di uovo e farina sia elastico e sostenuto, altrimenti, appena in contatto col brodo, il filo d'uovo invece di solidificarsi si liquefarebbe; e voi otterreste invece di una minestra d'uova filate una pura e semplice stracciatella.
la parte superiore del cartoccio, così che dalla parte spuntata esca l'uovo in un filo regolare, e fate cadere questo filo continuo nel brodo
Per quattro persone mettete a liquefare in un tegamino mezzo ettogrammo di burro. Fate l'operazione in un angolo del fornello affinchè il burro non abbia a soffriggere. Appena disciolto travasatelo in una piccola insalatiera rotonda e con un cucchiaio di legno incominciate a mescolarlo. Man mano il burro si rassoderà e nello stesso tempo monterà. Quando lo avrete ridotto come una bella crema morbida, aggiungeteci un uovo intiero e poi, quando il primo sarà almagamato, un secondo uovo. Aggiungete ancora, poco alla volta, tre cucchiaiate di farina e quando anche questa sarà bene unita mettete nell'impasto un paio di cucchiaiate di formaggio grattato, un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata. Mescolate ancora per unire tutti gli ingredienti e poi versate questa pasta, che deve risultare non eccessivamente dura, sopra un coperchio di casseruola piuttosto largo. Avrete intanto messo a bollire dell'acqua leggermente salata in un recipiente più largo che alto — una teglia serve benissimo al caso e quando l'acqua bollirà tirate la teglia sull'angolo del fornello in modo che l'acqua continui a bollire insensibilmente e poi, tenendo nella mano sinistra il manico del coperchio della casseruola, lasciate cadere nell'acqua dei pezzettini di pasta grossi come nocciole servendovi di un coltello e procurando di dare alla pasta una forma possibilmente sferica. Questo si ottiene facilmente prendendo un pezzetto di pasta e rimpastandolo sollecitamente sull'orlo del coperchio, adoperando la lama del coltello. È un lavoro molto facile che si fa anche presto. Fate cadere i pezzetti di pasta procurando di non gettarli uno sull'altro e quando avrete esaurito il composto coprite la teglia e lasciate bollire pian piano ancora per un paio di minuti. Nell'acqua le pallottoline si rassodano e gonfiano. Avrete intanto passato il brodo occorrente per la colazione e quando sarà ben caldo tirate su le pallottoline dall'acqua servendovi di una larga cucchiaia bucata, lasciatele sgocciolare bene e passatele nel brodo. Tenetele in caldo ancora per un minuto o due, e poi fate servire la minestra.
casseruola, lasciate cadere nell'acqua dei pezzettini di pasta grossi come nocciole servendovi di un coltello e procurando di dare alla pasta una
Il cuscussù è un celebre piatto orientale, penetrato nei nostri paesi a traverso la cucina ebraica, di cui rappresenta anche una delle famose preparazioni. Paul e Victor Margueritte dopo un loro viaggio in Algeria scrissero brillantemente di questa tipica pietanza esotica, affermando che il cuscussù anche se preparato sapientemente, ha, portato fuori del suo ambiente caratteristico, delle inevitabili manchevolezze poichè difetterà ad esso l'ombra ospitale della ricca tenda, il fruscio dei palmizi e la nenia delle donne arabe intente a lavorare fra le dita lo speciale semolino destinato al cuscussù. Certamente i fratelli Margueritte vedono — ed è naturale —la cosa da un punto di vista piuttosto poetico; ma noi siamo d'avviso che anche facendo a meno della suggestione del paesaggio orientale, la pietanza possa ugualmente gustarsi a Parigi, a Roma o dovunque sia, senza che essa perda nulla del suo speciale carattere gastronomico. Ma questo è il punto, bisogna saperla preparare. L'Artusi con quella invidiabile disinvoltura di dilettante altrettanto inabile quanto presuntuoso che lo distingueva, ha nel suo volume accolto anche una ricetta di cuscussù ipotetico; e naturalmente questa ricetta, come tutte le altre, è assolutamente sbagliata ed empirica. E fosse solo empirica, ma è così arruffata, oscura e cervellotica che noi sfidiamo chiunque ad eseguirla con le indicazioni da lui date. Affrontiamo per Voi, la descrizione particolareggiata di questo piatto straordinario, confidando di riuscire come al solito chiari, precisi, e scrupolosi in ogni più piccolo particolare, così da mettere in grado chiunque che non abbia mai sentito parlare del cuscussù di eseguirlo alla prima e con piena sicurezza di riuscita. Come accennavamo poc'anzi, da noi il cuscussù è specialità della cucina ebraica; ma noi crediamo che esso possa con successo diffondersi anche fuori dell'ambito di questa cucina speciale, poichè si tratta in realtà di una preparazione ricca, sana e assolutamente caratteristica. Il cuscussù dovrebbe farsi con una speciale qualità di grano duro grossolanamente macinato: ciò che è in commercio col nome di farro o farricello. Ma anche nelle famiglie israelite più fedeli alle tradizioni si ricorre spesso, in mancanza dello speciale grano, al semolino a grani grossi, quello che viene distinto col nome di semolino granito. Avvertiamo però che la preparazione è indubbiamente superiore se eseguita con la prima qualità di grano da noi indicata. Per sei persone ci vorranno da tre a quattrocento grammi di semolino. Mettete il semolino in una insalatiera, dopo averlo mondato come fareste per il riso. Su questo semolino versate a poco a poco un dito d'olio e prendendo il semolino tra le mani, stropicciatelo a lungo, in modo da scioglierlo e da fargli assorbire l'olio il quale, ripetiamo, va messo in due o tre riprese. Quando ne avrete stropicciato fra le mani una piccola quantità lasciatela cadere e prendete dell'altro semolino dalla terrina, in modo che tutto riceva lo stesso trattamento.
riprese. Quando ne avrete stropicciato fra le mani una piccola quantità lasciatela cadere e prendete dell'altro semolino dalla terrina, in modo che tutto
La polenta, cibo eminentemente invernale trova buone accoglienze non solo nelle umili mense, ma, prestandosi a svariate preparazioni, è bene accetta anche ai palati più fini. Servita naturalmente, col sugo, con gli uccellini, fritta ecc. potrà di quando in quando contribuire alla varietà dei menù quotidiani. Uno dei modi migliori e più signorili per cucinare la polenta è costituito da questi gnocchetti, da servirsi come primo piatto in una colazione. Il modo di cuocere la polenta è noto a tutti. Si mette sul fuoco un piccolo caldaio con acqua e sale e quando l'acqua sta per bollire si comincia a versare la polenta nel caldaio lasciandola cadere a pioggia, mentre con l'altra mano si mescolerà sempre con un cucchiaio di legno, affinchè non si formino grumi. Dosi esattissime di acqua e di polenta non se ne possono dare perchè può darsi il caso che una qualità di farina gialla assorba più acqua e un'altra meno. Al buon senso di chi cucina il giudicare se sia il caso di aggiungere qualche cucchiaiata in più o in meno di polenta, tanto più che queste variazioni non portano nessun pregiudizio nel risultato finale.
comincia a versare la polenta nel caldaio lasciandola cadere a pioggia, mentre con l'altra mano si mescolerà sempre con un cucchiaio di legno, affinchè non
Per sei persone mettete sul fuoco una casseruola con un bicchiere di latte, un pizzico di sale, un nonnulla di noce moscata, e cinquanta grammi di burro. Appena il latte leverà il bollore tirate indietro la casseruola, e gettateci d'un colpo 125 grammi di farina (quattro cucchiaiate molto colme). Mescolate con un cucchiaio di legno, rimettete a fuoco sempre mescolando, e lavorate la pasta per due o tre minuti fino a che si staccherà dal cucchiaio e dalle pareti del recipiente. Togliete dal fuoco e lasciate freddare. Quando il composto sarà freddo uniteci tre uova, avvertendo di mettere un uovo alla volta e di non aggiungerne un altro se il precedente non si è bene amalgamato alla massa. Lavorate energicamente la pasta — come si trattase di fare delle bignè — e quando vedrete che è diventata liscia e vellutata, e fa qua e là delle bolle, copritela e lasciatela riposare un pochino. Preparate intanto una salsa besciamella con un bicchiere e mezzo di latte, un pezzo di burro come una grossa noce e un cucchiaio scarso di farina. Conditela con sale e noce moscata, e quando sarà cotta — deve essere piuttosto liquida — finitela fuori del fuoco con un paio di cucchiaiate di parmigiano grattato. Mettete sul fuoco una grande casseruola con acqua e sale, e allorchè l'acqua bollirà prendete dei pezzi di pasta grossi come una noce e lasciateli cadere nell'acqua. L'operazione si fa assai facilmente prendendo la pasta con un cucchiaino e spingendola via col dito. Tirate la casseruola sull'angolo del fornello e fate sobollire dolcemente i gnocchi. Man mano che saliranno alla superficie e diventeranno elastici al tatto, tirateli su e metteteli a sgocciolare su una salvietta o uno strofinaccio. Spalmate con un po' di salsa un piatto resistente al forno o una teglia, accomodateci i gnocchi, ricopriteli di salsa, spolverizzateli di formaggio, innaffiateli con un altro po' di burro e metteteli in forno fino a che avranno fatto una leggera crosticina dorata
lasciateli cadere nell'acqua. L'operazione si fa assai facilmente prendendo la pasta con un cucchiaino e spingendola via col dito. Tirate la casseruola sull
I ramequins appartengono all'antica cucina. In sostanza sono una varietà di bignè in cui lo zucchero viene sostituito dal formaggio. Quindi si servono generalmente per colazione; o soli, o come contorno di carne e di uova, o infine come varietà in un piatto di fritto misto. Le dosi sono le seguenti: sei cucchiaiate colme di farina — un bicchiere d'acqua — cinque uova intere — un pezzo di burro o di strutto come una noce — un pizzico di sale — una cucchiaiata di prosciutto in piccolissimi pezzi — una cucchiaiata colma di parmigiano grattato. Mettete a bollire in una casseruola l'acqua con il burro, lo strutto e il sale, e appena il liquido bollirà, tirate indietro la casseruola e gittateci d'un colpo tutta la farina, che terrete vicina a voi. Mescolate con un cucchiaio di legno e rimettete la casseruola sul fuoco. Farina, grasso e acqua avranno subito formato una pasta che voi lavorerete sempre. Ben presto la pasta formerà come una palla che si staccherà dal cucchiaio di legno e dalle pareti della casseruola. Lavorate ancora un poco, e quando sentirete che essa farà un leggero rumore, come se friggesse, la pasta sarà fatta. Levate la casseruola dal fuoco e lasciate raffreddare. Quando la pasta avrà perduto il suo calore, rompete nella casseruola un uovo alla volta, lavorando energicamente col cucchiaio di legno e facendo attenzione di non mettere un altro uovo se il precedente non s'è amalgamato alla massa. Non vi stancate di lavorare la pasta, poichè, come per le bignè, dipende principalmente da questo la buona riuscita dei ramequins. Quando la pasta sarà ben vellutata e farà qua e là delle bolle, unite il prosciutto tritato, il parmigiano e un nonnulla di noce moscata grattata. Mescolate un poco per unire anche questi ultimi ingredienti, poi coprite la pasta e lasciatela riposare un pochino in luogo fresco. Preparate una padella con abbondante olio o strutto, e quando il liquido sarà appena tiepido, fate cadere nella padella dei pezzi di pasta come nocciole, procurando di dar loro forma arrotondata. Potrete servirvi efficacemente di due cucchiaini da caffè che terrete uno per mano. Con uno di essi prenderete la pasta dalla casseruola e con l'altro la staccherete e la farete cadere nella padella. Friggete da prima a fuoco moderato, poi, man mano che i ramequins gonfiano, aumentate il calore agitando la padella in senso circolare. Se c'è sufficiente liquido le pallottoline si voliteranno da sè. Quando saranno di un bel colore biondo prendetele con una cucchiaia bucata, lasciatele sgocciolare e toglietele dalla padella. Lasciate che lo strutto o l'olio si freddino un pochino e poi ricominciate, avvertendo di non mettere troppe pallottole per volta. I ramequins dovranno riuscire leggerissimi, vuoti e gustosi e di grandezza un pochino inferiore a quella delle bignè. Con questa dose potrete ottenerne oltre una cinquantina. Nell'antica cucina si usava unire insieme col prosciutto una cucchiaiata di provatura o di qualche altro formaggio fresco tagliato in dadini. Noi l'abbiamo soppresso definitivamente perchè la provatura in contatto della frittura salda si liquefa, si attacca alla padella, brucia e nuoce alla riuscita di queste gustose frittelline rigonfie.
lasciatela riposare un pochino in luogo fresco. Preparate una padella con abbondante olio o strutto, e quando il liquido sarà appena tiepido, fate cadere
Travasate le ostriche nella pastella con tutto il loro condimento, mescolatele con una forchetta affinchè si rivestano bene della pastella preparata e poi friggetele nell'olio ben caldo facendole cadere nella padella una ad una in modo che non abbiano ad attaccarsi fra loro. Fritte di bel color biondo accomodatele in un piatto con salviettina e contornatele con ciuffi di prezzemolo e spicchi di limone alternati.
e poi friggetele nell'olio ben caldo facendole cadere nella padella una ad una in modo che non abbiano ad attaccarsi fra loro. Fritte di bel color
Quando la pasta sarà ben lievitata battetela leggermente col palmo della mano per sgonfiarla. Stendete su una parte della tavola di cucina un abbondante strato di farina; poi con la mano infarinata prendete dalla terrinetta dei pezzi di pasta della grossezza di un uovo e lasciateli cadere sulla farina. Mettete intanto sul fuoco una padella con abbondante olio. Con le mani infarinate prendete un pezzo di pasta alla volta, giratelo tra le dita tirandolo ed assottigliandolo in modo da farne un disco il più largo e il più sottile possibile, poi sollecitamente lasciatelo cadere nella padella, che deve essere caldissima. Dopo qualche istante voltate con garbo la pizzetta e nel centro di essa stendete con un cucchiaio una cucchiaiata del composto preparato, poi con la schiumarola da frittura mandate pian piano sulla pizzetta l'olio bollente, innaffiandola. Ciò servirà a facilitare il fondersi della mozzarella. Un altro poco, e togliete via dal fuoco la pizzetta, che dovrà essere bionda e croccante; lasciatela sgocciolare e tenetela in caldo. Ripetete l'operazione fino ad avere esaurito tutta la pasta. Siccome le pizzette cuociono prestissimo e siccome vanno mangiate molto calde sarà bene essere in due persone: una friggerà e l'altra aprirà ed assottiglierà la pasta adagiandola nella padella. Per non avere sorprese sarà anche bene dividere il composto in tanti mucchietti per quante saranno i pezzi di pasta. Così ogni pizzetta avrà la sua quantità esatta di condimento. Queste pizzette così confezionate sono gustosissime. È però necessario, ripetiamo, che siano mangiate caldissime.
abbondante strato di farina; poi con la mano infarinata prendete dalla terrinetta dei pezzi di pasta della grossezza di un uovo e lasciateli cadere sulla
Per quattro persone prendete mezzo chilogrammo di vongole, risciacquatele abbondantemente, scolatele e poi mettetele sul fuoco in una padella con un nonnulla d'olio. Quando, per il calore, tutte le vongole saranno aperte estraetele dal guscio e raccoglietele in una scodella. Travasate in un tegamino il sugo delle vongole badando di non far cadere anche la parte terrosa che è rimasta nel fondo della padella. Mettete intanto sul fuoco una padellina con un pochino d'olio e fate soffriggere in esso uno spicchio d'aglio che leverete appena imbiondito. Mettete nell'olio un paio di cucchiaiate di salsa di pomodoro che diluirete col sugo delle vongole e farete addensare. Pochi minuti prima di mangiare rompete otto uova in una terrinetta, conditele con un pizzico di sale e sbattetele bene. Prendete una grande padella con dell'olio e versateci le uova. Appena la frittata sarà rassodata, ma non troppo, metteteci nell'interno le vongole alle quali aggiungerete un po' di salsa di pomodoro e una cucchiaiata di prezzemolo. Ripiegate sollecitamente la frittata in due e rovesciatela su un piatto ovale. Ricopritela con la salsa di pomodoro densa, circondatela con un cordoncino di prezzemolo trito, ultimatela con un pizzico di pepe e mandatela in tavola.
tegamino il sugo delle vongole badando di non far cadere anche la parte terrosa che è rimasta nel fondo della padella. Mettete intanto sul fuoco una
Potrete calcolare un uovo o due uova a persona. Mettete dunque le uova in una casseruola, ricopritele di acqua fredda, e fatele bollire, contando sette minuti dal momento in cui si produrrà l'ebollizione. Dopo i sette minuti passate le uova in acqua fredda e lasciatele freddare bene. Sgusciatele, spaccatele in due e separate i bianchi dai gialli. Tagliate i bianchi in dadini regolari e passateli in una besciamella che avrete fatto con una grossa noce di burro, un cucchiaio scarso di farina e un bicchiere scarso di latte (questa dose è per sei uova; se le uova saranno dodici raddoppiatela). Disponete questi dadini di bianco d'uovo mescolati con la besciamella in un piatto proporzionato di porcellana resistente al fuoco. Mettete poi i gialli d'uovo cotti sopra un setaccio in fil di ferro, e forzando con un cucchiaio di legno, fateli cadere sul piatto dove già sono i dadini di bianco d'uovo. Il giallo cadrà sotto la forma di piccoli vermicelli che avrete l'accortezza di lasciar cadere da per tutto in modo da coprire i bianchi. Quel che rimane attaccato al setaccio lo staccherete con la punta di un coltellino. Innaffiate il tutto con qualche cucchiaiata di burro fuso e mettete il piatto in forno dove lo lascerete per cinque o sei minuti.
d'uovo cotti sopra un setaccio in fil di ferro, e forzando con un cucchiaio di legno, fateli cadere sul piatto dove già sono i dadini di bianco d
Per sei persone prendete mezzo chilogrammo di sarde. Togliete loro la testa, nettatele, risciacquatele in più acque e mettetele ad asciugare in uno strofinaccio. Prendete poi una teglia di rame o di ferro stagnato della grandezza sufficiente perchè le sarde vi possano stare allineate in un solo strato, e versateci un po' d'olio in modo che tutto il fondo ne rimanga bagnato. Accomodateci le sarde. Conditele con sale e pepe piuttosto in abbondanza, prezzemolo trito, una forte pizzicata di origano secco e disponete qua e là una diecina di filetti di pomodoro, ai quali avrete tolto la buccia e i semi. Fate cadere ancora sulle sarde un filo d'olio e mettete la teglia su fuoco piuttosto vivace. Dopo due o tre minuti voltate con precauzione le sarde e dopo pochi altri minuti servitele ben calde, nella stessa tarderà.
semi. Fate cadere ancora sulle sarde un filo d'olio e mettete la teglia su fuoco piuttosto vivace. Dopo due o tre minuti voltate con precauzione le
Calcolate una sogliola a persona. Togliete via la pelle nera, infarinate le sogliole e cuocetele nel burro. Intanto cuocete delle tagliatelle all'uovo (calcolando un uovo e un centinaio di grammi di farina per ogni sei persone) e conditele con burro e parmigiano. Lesserete anche un mazzo di sparagi grossi di giardino, ai quali taglierete le punte alla lunghezza di un paio di centimetri. Queste punte le passerete un momento in una padellina con un po' di burro e un pizzico di sale. E finalmente fate un pochino di salsa besciamella piuttosto liquida, con un pezzetto di burro, un cucchiaino di farina e mezzo bicchiere di latte. Mettete nel mezzo del piatto le tagliatelle disposte a cupola, sulle tagliatelle le punte di asparagi e intorno intorno le sogliole sulle quali verserete un pochino di salsa. Fate cadere su tutto delle fettine di tartufo nero e mandate in tavola.
intorno le sogliole sulle quali verserete un pochino di salsa. Fate cadere su tutto delle fettine di tartufo nero e mandate in tavola.
Per sei persone occorrono 300 grammi di riso. Mettete a soffriggere mezza cipolla con un pochino d'olio, e quando sarà imbiondita aggiungete una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro. Mescolate, bagnate con un pochino d'acqua e quando la salsa sarà cotta mettete giù il riso, conditelo con sale e pepe, bagnatelo con acqua e fatelo cuocere, ma non troppo. Togliete via la casseruola dal fuoco, mischiate nel riso un uovo sbattuto, mescolate e travasate il riso in un piatto grande per lasciarlo freddare. Prendete adesso 300 grammi di pesce spada, tagliatelo in fette spesse un dito e ritagliate le fette in tanti dadi piuttosto grossi. Fate una salsetta densa con un po' d'olio, uno spicchio d'aglio (che poi toglierete via) e un po' di pomodoro; e in essa cuocete i dadi di pesce spada, che condirete con sale e pepe. Dopo pochi minuti il pesce sarà cotto, e potrete anche metterlo a freddare. Se vorrete rendere il budino ancor più elegante e gustoso potrete cuocere anche un pugno di funghi secchi, o meglio ancora due o trecento grammi di funghi porcini freschi, che preparerete, come al solito, con aglio, olio e pochissimo pomodoro, sale e pepe. Avendo pronti tutti questi ingredienti prendete una stampa da budino liscia, senza buco in mezzo e della capacità di un paio di litri. In mancanza della stampa può servire una casseruola. Imburrate abbondantemente la stampa e versateci dentro un pugno di pane pestato molto fino. Girate la stampa in tutti i versi affinchè il pane si attacchi da per tutto, e poi rovesciatela per far cadere il superfluo del pane. Sbattete un uovo, versatelo nella stampa e girandola nuovamente fate che l'uovo vada a bagnare tutto il pane. Fatto ciò, mettete ancora del pane pesto ripetendo l'impanatura. Preparata così la stampa, mettete giù il riso freddo, a cucchiaiate; e con un cucchiaio di legno disponete il riso sul fondo e intorno intorno alla parete in modo da lasciare un vuoto nell'interno. In questo vuoto metterete il pesce spada con la sua salsa che — ripetiamo — deve essere molto densa, i funghi (se li averete adoperati) e qualche ciuffetto di prezzemolo. Battete pian piano la stampa sopra uno strofinaccio ripiegato affinchè il budino possa aderire perfettamente alle pareti della stampa stessa senza lasciare vuoti, e con un po' di riso, che avrete lasciato da parte, fate il coperchio al budino. Spolverizzateci sopra un po' di pane grattato, mettete tre o quattro pezzettini di burro, e cuocete in forno di calore moderato per circa tre quarti d'ora, per dar modo al pane di fare una bella crosta dorata. Levate il budino dal forno, lasciatelo riposare per cinque minuti, e poi sformatelo sopra un piatto rotondo. Lo troverete eccellente.
per tutto, e poi rovesciatela per far cadere il superfluo del pane. Sbattete un uovo, versatelo nella stampa e girandola nuovamente fate che l'uovo
Provvedetevi di una diecina di fegatini di pollo, e fateli rosolare in un tegamino con un po' di burro. Cotti che siano, tritateli sul tagliere aggiungendo un paio di fette di lardo, due fette di prosciutto magro, cinque o sei bacche di ginepro, Un pugno di prezzemolo e un paio di foglie di salvia, sale e pepe. Tritate bene tutti questi ingredienti, in modo che vi risulti un pesto molto fino e impastatelo con un uovo intero, un cucchiaio di marsala e un cucchiaino d'aceto. Prendete in seguito dodici fettine di vitello o anche di manzo, nel qual caso sarebbe bene adoperare del filetto; battetele per spianarle, conditele con un pochino di sale, pepe e spezie, stendetevi sopra un poco del pesto fatto, avvolgetele su se stesse, e infilzatele a due a due su uno stecchino, intramezzandole con una fettina di lardo, e magari avvolgendole con qualche passata di filo, affinchè non abbiano a sfarsi durante la cottura. Mettete un pezzo di burro in un tegame, adagiatevi gli involtini e fateli cuocere fino a che siano bene rosolati. Mentre cuociono preparate dei piccoli crostini di pane fritto, della grandezza, su per giù, di ognuno degli involtini. Quando gli involtini saranno cotti, spolverateli con un buon pizzico di farina, bagnateli con un dito di marsala o di vino, e quando il liquido sarà quasi evaporato, levate gli involtini dal tegame, liberateli dal filo e dagli stecchini, appoggiateli sui crostini, accomodandoli in un piatto. Rimettete il tegame sul fuoco, staccate il fondo della cottura, bagnandolo con un ramaiuolo di brodo o d'acqua, mescolate bene, e quando la salsa sarà leggermente addensata, fatela cadere sugli involtini e sui crostini.
della cottura, bagnandolo con un ramaiuolo di brodo o d'acqua, mescolate bene, e quando la salsa sarà leggermente addensata, fatela cadere sugli
Mettete in una terrinetta un ettogrammo di burro e con un mestolo di legno lavoratelo a lungo finchè sarà diventato soffice. A questo punto aggiungeteci un uovo intero e quando quest'uovo sarà amalgamato aggiungete ancora un rosso. Tritate sul tagliere 100 gr. di prosciutto cotto, solo magro. Finalmente mettete sul setaccio di fil di ferro 100 gr. di mollica di pane fresca, già grattata alla grattugia e forzando con le mani, passatela. È una operazione che si fa facilmente. Mettete il prosciutto e la mollica grattata nel composto di burro e uova, aggiungete un cucchiaio colmo di farina e mescolate ancora per incorporare ogni cosa. Prendete un recipiente più largo che alto, ad esempio una teglia, riempitela d'acqua e mettetela sul fuoco. Quando l'acqua bollirà tirate il recipiente sull'angolo del fornello e provate un pezzettino di composto formandone una pallina e facendola cadere nell'acqua bollente. Se questo composto fosse troppo molle e non si rassodasse perfettamente aggiungeteci ancora un po' di farina mescolandola con delicatezza; se invece la pallottolina risultasse troppo dura dovreste aggiungere un altro pochino di mollica di pane grattata. Quando avrete verificato la consistenza del composto, con un cucchiaino bagnato nell'acqua calda prendetene una quantità come una grossa noce, e con un altro cucchiaino anche bagnato in acqua calda o con una lama di coltello date bella forma alla chenella in modo che prenda la forma di un piccolo uovo, e poi immergete il cucchiaino nell'acqua che dovrà essere caldissima ma non bollire. Vedrete che la chenella si staccherà subito dal cucchiaio. Procedete così fino ad esaurire il composto e quando avrete fatto tutte le chenelle, lasciatele ancora qualche minuto nell'acqua bollente (cinque o sei minuti) poi estraetele con una cucchiaia bucata, lasciatele ben sgocciolare e accomodatele nel piatto di servizio. Al momento di mandarle in tavola innaffiatele con un po' di burro che avrete fatto friggere a color nocciola in una padellina.
. Quando l'acqua bollirà tirate il recipiente sull'angolo del fornello e provate un pezzettino di composto formandone una pallina e facendola cadere nell
Prendete una gallina tenera e bene in carne — o un bel pollo — e dopo averla, ben nettata, mettetela in una casseruola, copritela di brodo, aggiungete qualche aroma, un po' di sale se è necessario, e lasciate cuocere adagio fino a cottura completa, per la quale si richiederà circa un'ora. Estraete la gallina e lasciatela raffreddare. Dividetela allora in pezzi regolari, e cioè le cosce suddivise ancora in due pezzi, le due ali, alle quali lascerete aderenti i filetti del petto, il pezzo centrale del petto, nonchè la cassa, ben pareggiata col coltello e tagliata in due pezzi. Immergete ogni pezzo in una salsa, chaudfroid, fredda ma non rappresa, e disponete man mano i pezzi su una teglia, senza che abbiano a toccarsi. Decorateli, se credete, con qualche fettina di tartufo nero e innaffiateli con della gelatina di carne appena liquefatta che farete cadere sui pezzi di gallina per mezzo di un cucchiaio. Portate la teglia in luogo fresco o mettetela un momento sul ghiaccio, affinchè la salsa e la gelatina possano rapprendersi e quest'ultima possa dare il lucido ai vari pezzi di gallina. Prendete ora una piccola stampa da bordura di una ventina di centimetri di diametro, riempitela di gelatina fusa e mettetela a gelare. Giunta l'ora del pranzo sformate la bordura di gelatina su un piatto rotondo preferibilmente d'argento, e nella bordura disponete con garbo i pezzi di gallina sovrapponendoli in piramide. Finite con una asticciola d'argento e fate servire.
, con qualche fettina di tartufo nero e innaffiateli con della gelatina di carne appena liquefatta che farete cadere sui pezzi di gallina per mezzo di
Scegliete delle belle animelle di vitello e mettetele in un recipiente con acqua appena tiepida che rinnoverete quando sarà diventata fredda. Scopo di questo bagno, che va prolungato per circa un'ora, è di far perdere alle animelle la parte sanguigna così da farle rimanere bianchissime. Mettete una casseruola sul fuoco con acqua a sufficienza, e quando l'acqua bollirà immergeteci le animelle che farete cuocere per un paio di minuti. Toglietele allora dal fuoco e passatele in acqua fredda. Quando dopo pochi minuti le animelle si saranno freddate estraetele, asciugatele leggermente e togliete loro qualche pellicola. Preparate un'altra casseruola, mettetela al fuoco con un pezzetto di burro, e quando questo sarà sciolto aggiungete una cucchiaiata o due di cipolla tagliata finissima e altrettanto prosciutto in listerelle, grasso e magro. Fate soffriggere un poco, mettete giù le animelle, condite con sale e pepe, coprite il recipiente e lasciate cuocere adagio, voltando di quando in quando le animelle affinchè possano colorirsi da tutte le parti. Mentre cuociono le bagnerete prima con un po' di marsala e poi, a intervalli, con un po' di brodo o acqua. Per la cottura occorreranno circa tre quarti d'ora. Appena cotte estraete le animelle, mettetele sul tagliere, e tagliatele in fette, pur conservando all'animella la sua forma. Con una larga lama di coltello trasportate l'animella affettata dal tagliere al piatto e ricomponetela bene come se fosse intera. Mettete intanto un po' di brodo o d'acqua nella casseruola dove cossero le animelle e con un cucchiaio di legno staccate bene la cottura. Fate restringere la salsetta, aggiungete un altro pezzetto di burro e passandola da un setaccio, fate cadere la salsa sulle animelle. Intorno alle animelle, o in un piatto a parte, inviate in tavola dei pisellini al prosciutto. Ottime sono anche le animelle coi funghi: freschi o secchi.
, aggiungete un altro pezzetto di burro e passandola da un setaccio, fate cadere la salsa sulle animelle. Intorno alle animelle, o in un piatto a parte, inviate
Uno dei modi migliori e più eleganti per preparare gli spinaci rimane sempre il budino, il quale può fare bella mostra di sè in qualunque menù. Molti credono che per fare il budino di spinaci bisogna ricorrere poco meno che alla scienza; ed infatti ci sono molte cuoche che elencano questo piatto tra le loro commendatizie, quasi si trattasse di superare difficoltà eccezionali. Niente di più falso, in quanto che preparare un buon budino di spinaci è affare da nulla. Mettete a lessare un mazzo di spinaci e cotto che sia rinfrescatelo in acqua fredda e poi spremetelo tra le mani per estrarne tutta l'acqua. Dosi esatte di spinaci non se ne possono dare, poichè i mazzi variano secondo il capriccio di chi li confeziona. Potrete tener presente che per un budino sufficiente a sei persone occorreranno due palle di spinaci, lessati e spremuti, grandi ognuna come una grossa arancia. Passate questi spinaci dal setaccio, oppure tritateli finemente sul tagliere. È preferibile però passarli dal setaccio, perchè si ottiene un risultato migliore. Mettete intanto in una casseruola la quarta parte di un panino di burro, e quando il burro sarà liquefatto, aggiungete due cucchiaiate di farina, fate cuocere un poco, mescolando, e poi bagnate con un bicchiere di latte. Sciogliete la salsa col mestolo e fatela addensare sul fuoco fino a che abbia acquistato una notevole consistenza. Togliete la casseruola dal fuoco, condite con sale, pepe e noce moscata, una cucchiaiata di parmigiano grattato, e poi mescolateci un uovo intiero e un rosso, sbattuti come per frittata. Aggiungete gli spinaci, passati o tritati, mescolate tutto in modo da amalgamare bene i vari ingredienti, sentite se il composto sta bene di sale, correggendo al bisogno, e poi versatelo in una stampa da budino della capacità di circa mezzo litro, stampa che avrete unto con burro, e poi infarinata. Ricordatevi dopo che avrete infarinata la stampa, di capovolgerla, e batterla leggermente sulla tavola per far cadere il superfluo della farina. Mettete il budino in una casseruola piuttosto grande con acqua calda, avvertendo che l'acqua giunga soltanto a un paio di dita sotto l'orlo della stampa e fate cuocere a bagnomaria per circa un'ora, per dar modo al budino di rassodarsi.
leggermente sulla tavola per far cadere il superfluo della farina. Mettete il budino in una casseruola piuttosto grande con acqua calda, avvertendo che l
Per quattro persone prendete quattro zucchine di media grandezza, tagliatene le estremità, vuotatele col vuota zucchine e poi tagliatele in due per lungo in modo da ottenere otto piccole barchette che getterete in acqua bollente e farete cuocere fino a metà cottura. Estraetele dall'acqua e lasciatele freddare un po'. Mettete in una casseruolina un pezzo di burro come una noce e quando il burro si sarà sciolto aggiungete un cucchiaio e mezzo di farina. Fate cuocere un pochino, mescolando, e poi bagnate con mezzo bicchiere di latte. Sciogliete la salsa mescolandola affinchè riesca liscia e molto densa, e in ultimo, fuori del fuoco, uniteci la metà di un uovo sbattuto. Mescolate ancora e poi mettete questa crema densa in un cartoccio di carta spessa. Chiudete il cartoccio, spuntatene l'estremità, e poi, premendo con la mano destra sulla sommità del cartoccio, fate uscire la crema in forma di un grosso maccherone, che andrà ad occupare il vuoto delle barchette di zucchine. Con l'uovo sbattuto che vi è rimasto indorate la superficie delle zucchine e il cordone di crema. Ungete di burro o di strutto una teglia, accomodate in essa le zucchine riempite, e cuocetele in forno moderato per circa tre quarti d'ora, fino a che la crema abbia preso una bella colorazione dorata. Queste zucchine sono buone tanto calde che fredde. Se avete un po' di pratica nel maneggio del cartoccio, invece di lasciar cadere un grosso cannello di crema nelle zucchine potrete, muovendo opportunamente il cartoccio, ottenere una specie di cordone a zig-zag, che darà migliore aspetto alla vostra preparazione. Con un poco di pazienza vedrete che non è cosa difficile. L'apertura del cartoccio deve essere grande circa come due centesimi.
' di pratica nel maneggio del cartoccio, invece di lasciar cadere un grosso cannello di crema nelle zucchine potrete, muovendo opportunamente il
Scegliete una dozzina di funghi porcini, possibilmente tutti eguali e di una grandezza media di circa cinque centimetri di diametro. Occorrerà inoltre un altro fungo grandetto che servirà per il pesto. Togliete il gambo ai dodici funghi scelti, nettateli bene, lavateli in più acque, asciugateli con leggerezza e metteteli per cinque minuti in forno, in una teglia con un filo d'olio, affinchè perdano l'umidità. Nettate accuratamente i gambi tolti ai funghi e tagliateli finissimi, aggiungendo anche il fungo tenuto da parte, che sarà anch'esso tagliato in piccolissimi pezzi. Mettete una casseruolina sul fuoco, con un pochino d'olio, una cipolla finemente tagliata, un pezzettino d'aglio trito, due acciughe lavate, spinate e fate a pezzetti e una cucchiaiata colma di prezzemolo trito. Fate soffriggere un momento, aggiungete i funghi tritati, condite con sale e pepe e fate scottare a fuoco forte per cinque minuti. Togliete la casseruola dal fuoco, aggiungete nel ripieno una mollica di pane grossa come un uovo, tenuta in bagno in un po' d'acqua e poi spremuta, e un uovo intero. Mescolate ogni cosa, in modo da avere un impasto liscio ed omogeneo, e con questo riempite i funghi (si capisce nella parte interna) in modo che rimangano ben bombati. Seminate su ogni fungo ripiena del pane pesto finissimo e accomodateli man mano nella teglia, nel cui fondo avrete messo qualche cucchiaiata di olio. Fate cadere ancora un leggerissimo filo d'olio sui funghi e date loro una ventina di minuti di forno piuttosto forte, affinchè, insieme col compimento della cottura, il pane abbia il tempo di gratinarsi. All'uscita dei funghi dal forno spremete su essi un po' di sugo di limone e fateli portare in tavola.
, nel cui fondo avrete messo qualche cucchiaiata di olio. Fate cadere ancora un leggerissimo filo d'olio sui funghi e date loro una ventina di minuti di
Abbrustolite sulla brace dei bei peperoni gialli onde poterli spellare più facilmente. Apriteli, liberateli dai semi, tagliateli in liste e conditeli con olio, capperi, olive nere di Gaeta — alle quali avrete tolto il nocciolo — un pugno di pane grattato, qualche acciuga in pezzetti, sale e pepe. Ungete adesso con olio una teglia di rame stagnata, e in essa accomodate i peperoni preparati, con tutto il loro condimento. Su essi seminate ancora del pane grattato, aggiungendo qualche altra oliva, e finalmente fate cadere sul pane un filo d'olio. Ponete la teglia su fuoco leggerissimo, copritela con un coperchio, e su esso mettete un po' di brace. Fate cuocere lentamente. Ottimi anche se mangiati freddi.
del pane grattato, aggiungendo qualche altra oliva, e finalmente fate cadere sul pane un filo d'olio. Ponete la teglia su fuoco leggerissimo, copritela
Mondate un cavolfiore ben fresco, dividete il fiore in tante cimette, risciacquatele bene e fatele cuocere in acqua e sale. Non c'è bisogno di ricordarvi che metterete giù i pezzi di cavolfiore quando l'acqua avrà levato il bollore. Appena cotto, ma non troppo, sgocciolate il cavolfiore, mettetelo in una legumiera tenuta precedentemente in caldo e conditelo con qualche cucchiaiata di burro liquefatto e del parmigiano grattato. Avrete anche preparato circa mezzo ettogrammo di lingua allo scarlatto che avrete ritagliato in piccolissimi dadini, come pure avrete fatto imbiondire in un po' di burro tre o quattro cucchiaiate di mollica di pane grattato. Finalmente avrete fatto anche indurire due uova, di cui adopererete soltanto i torli. Quando avrete condito il cavolfiore con burro e parmigiano versateci sopra la mollica di pane abbrustolita nel burro, su questa mollica di pane seminate i dadini di lingua e da ultimo passate dal setaccio i due torli di uovo sodi facendo cadere il passato sul piatto del cavolfiore, in modo che questo ne risulti come coperto da una pioggia d'oro.
dadini di lingua e da ultimo passate dal setaccio i due torli di uovo sodi facendo cadere il passato sul piatto del cavolfiore, in modo che questo ne
Si leva il torsolo alle melanzane e se ne taglia via una calotta di un paio di dita che si lascia da parte. Si vuotano con un coltellino in modo da estrarne la polpa, la quale si spreme con le mani e si mette nell'acqua fresca. Si fa un sugo con olio, aglio, pomodori a pezzi, senza pelle e senza semi, ci si unisce la polpa tritata, sale, pepe, basilico, prezzemolo, e un pizzico di zucchero. E quando questa polpa è cotta vi si mescola un po' di mollica di pane grattata. Col composto ottenuto si riempiono le melanzane, e si ricoprono con i coperchi tenuti in serbo, si mettono ben strette in una casseruola o in un tegame (cuocendo diminuiscono assai di volume e potrebbero cadere e vuotarsi). Si versano nella casseruola due dita di acqua e un po' di olio, vi si aggiungono pomodori a pezzi in abbondanza, e si cuociono le melanzane a fuoco lento. A metà cottura si mette un po' di fuoco anche sul coperchio.
casseruola o in un tegame (cuocendo diminuiscono assai di volume e potrebbero cadere e vuotarsi). Si versano nella casseruola due dita di acqua e un
Le dosi sono: Farina di prima qualità gr. 180; burro gr. 125; lievito di birra gr. 25; uvetta secca gr. 60; uova intere n. 3; un pizzico di sale; una cucchiaiata di zucchero in polvere. Stacciate la farina, e prendetene la quarta parte che scioglierete in una tazza con il lievito e circa due dita d'acqua appena tiepida, in modo da avere una pasta piuttosto liquida, coprite la tazza e mettetela in luogo tiepido, ma non troppo vicino al fuoco. Questa precauzione è indispensabile, perchè se il lievito sente troppo calore si brucia e perde tutta la sua efficacia. Dopo circa un quarto d'ora il lievito avrà raddoppiato il suo volume. Versatelo allora in una terrinetta dove avrete messo il resto della farina, un pizzico di sale, le tre uova e il burro, di cui conserverete un pezzetto che vi servirà per imburrare la stampa. Impastate tutto con la mano, e poi lavorate con forza la pasta, sollevandola con le dita e sbattendola energicamente contro le pareti della terrina. Dopo cinque o sei minuti la pasta dovrà essere liscia, vellutata ed elastica, e dovrà staccarsi tutta intera. Aggiungete allora lo zucchero, lavorate un altro poco, e mettete in ultimo l'uvetta, che avrete accuratamente mondata e tenuta in bagno in un pochino d'acqua tiepida. Imburrate una stampa della capacità di un litro e mezzo circa. Preferite una stampa piuttosto alta, a disegno ampio, e vuota nel mezzo. Prendete la pasta a piccoli pezzi e fateli cadere nella stampa. La pasta dovrà occupare poco più di un terzo di essa. Mettete la stampa in luogo tiepido e lasciate lievitare. Guardate bene che non vi siano correnti d'aria, nè un eccessivo calore. Dopo un'ora e un quarto, o un'ora e mezzo, la pasta sarà salita fino all'orlo della stampa. Infornate allora il babà, tenendolo per una mezz'ora in forno moderato, così da averlo di un bel colore d'oro. Per assicurarvi della cottura potrete anche immergere nel dolce un lungo ago e vedere se vi rimane attaccata della pasta ancora cruda. Sformate il babà e versateci sopra a cucchiaiate uno sciroppo bollente al rhum, che avrete preparato così. Mettete al fuoco una casseruolina con mezzo bicchiere d'acqua e tre cucchiaiate di zucchero. Fate bollire, ritirate lo sciroppo dal fuoco e mescolatevi un bicchierino di rhum. Per rifinire il babà a perfetta regola d'arte conviene ora fare un piccolo lavoro accessorio, ultimando il dolce con una leggerissima copertura di zucchero detta «ghiaccia piangente». Quest'ultima parte dell'operazione non è, a rigor di termini, necessarissima; ma quando vi sarete abituate ad ultimare il babà in questo modo, continuerete a farlo così, poichè troverete che il lievissimo e semplice lavoro supplementare comunica al babà una finezza di gran lunga superiore. Mettete in una tazza da caffè e latte tre o quattro cucchiaiate di zucchero al velo. In mancanza di questo supplirete con dello zucchero pestato finissimo e poi passato per un setaccino di velato. Inumidite lo zucchero con poca acqua e mescolate con un cucchiaino aggiungendo man mano altra acqua, fino ad avere la densità di una crema piuttosto colante. Regolatevi quindi nell'aggiungere acqua e non mettetene che la quantità strettamente necessaria per non essere costrette ad aggiungere altro zucchero. Preparato questo composto di zucchero spalmate di marmellata d'albicocca il babà già inzuppato, mettendone poca e dappertutto, e poi con un cucchiaio fate cadere dalla cupola in giù lo zucchero colante. Questa operazione è bene farla dopo aver messo il babà in una teglia. Se lo zucchero si spargesse sul fondo di essa Io riporterete sul dolce servendovi di una lama di coltello. Seminate sulla sommità del babà delle pizzicate di
alta, a disegno ampio, e vuota nel mezzo. Prendete la pasta a piccoli pezzi e fateli cadere nella stampa. La pasta dovrà occupare poco più di un terzo
Fissiamo anzitutto le dosi, che stabiliremo così: grammi 300 di farina, grammi 150 di burro, grammi 40 di zucchero in polvere, grammi 20 di lievito di birra, mezzo bicchiere di latte tiepido, due uova intiere e due torli, 25 grammi di uvetta sultanina e 25 grammi di scorzetta di cedro, un pizzico di sale, la raschiatura della corteccia di mezzo limone. Più, un ettogrammo di mandorle. Le mandorle vanno preparate prima. Non c'è bisogno di dire che dovete comperare mandorle secche già sbucciate. Mettete queste mandorle in una casseruolina con acqua fredda che porterete pian piano all'ebollizione. Appena l'acqua sarà per levare il bollore togliete la casseruolina dal fuoco, lasciate freddare un momento, e poi togliete la pellicola alle mandorle passandole man mano in una catinella con acqua fresca. Quando le avrete mondate tutte levatele dall'acqua, asciugatele bene in un salvietta e poi con un coltellino ritagliatele in filetti che farete asciugare in forno, senza colorire. Preparate queste mandorle, mettetele da parte. Pesate 300 gr. di farina, stacciatela e dalla quantità complessiva prendetene 75 gr. che metterete in una grande tazza da caffè è latte. Su questi 75 grammi di farina sgretolate 20 grammi di lievito di birra e con poca acqua appena tiepida, formate, mescolando con un cucchiaino, una pastella non troppo molle. Coprite la tazza e mettete a lievitare in luogo tiepido, ma non troppo vicino al fuoco. Il lievito dovrà raddoppiare il suo volume, per il che occorreranno una diecina di minuti. Prendete adesso una terrina molto ampia e metteteci i centocinquanta grammi di burro. In inverno questo burro dovrà essere ammorbidito, ma d'estate non ce ne sarà bisogno, essendo il burro già abbastanza molle di per sè. Con un cucchiaio di legno incominciate a montare il burro così da renderlo soffice e spumoso. Aggiungete allora lo zucchero, e dopo un poco incominciate col mettere un rosso d'uovo, mescolate e poi aggiungete due o tre cucchiaiate di farina, poi sempre mescolando, ancora un rosso, indi altre due o tre cucchiaiate di farina e finalmente le due uova intiere alternandole sempre con un po' di farina. Man mano che lavorate l'impasto aggiungete anche, a piccole quantità, del latte tiepido fino alla quantità complessiva di mezzo bicchiere scarso, aggiungete anche il sale e finalmente il lievito che come vi abbiamo detto dovrà aver raddoppiato il suo volume. Togliete allora il cucchiaio e con la mano incominciate a sbattere la pasta come se si trattasse di lavorare un babà. Quando la pasta sarà elastica e lucida e si staccherà in un sol pezzo dalla terrina completatela con l'uvetta sultanina, la scorzetta di cedro ritagliata in listerelle e la raschiatura del limone. Lavorate un altro pochino, poi coprite la terrina con un panno ripiegato in quattro e mettete nuovamente a lievitare in luogo tiepido per un paio d'ore. Prendete adesso una stampa della capacità di un paio di litri e col buco in mezzo. Questa stampa potrà essere a pareti liscie o meglio a grosse scanalature verticali ciò che caratterizza la speciale forma del Kugelhupf. Ungete abbondantemente di burro tutto l'interno della stampa e poi metteteci dentro i filetti di mandorle che, girando opportunamente la stampa in tutti i versi, farete aderire allo strato di burro. Per intenderci, tutto l'interno della stampa dovrà essere rivestito dai filetti di mandorle. Se ne avanzassero rovesciate la stampa per farne cadere l'eccesso. Trascorse le due ore prendete la pasta lievitata sgonfiatela battendola col palmo della mano, e poi fatela cadere, a pezzi, nella stampa. La pasta arriverà alla metà. Rimettete la stampa in luogo tiepido e lasciate che raggiunga, lievitando ancora, gli orli della stampa stessa. Infornate allora il dolce a forno di calore regolare e lasciate cuocere da venti a venticinque minuti, più o meno secondo la forza del forno, e quando la pasta si sarà ben dorata, togliete la stampa dal forno, lasciate riposare qualche minuto e finalmente sformate il dolce.
intenderci, tutto l'interno della stampa dovrà essere rivestito dai filetti di mandorle. Se ne avanzassero rovesciate la stampa per farne cadere l'eccesso
Continuate a sbattere fino a che immergendo un dito nel composto sentirete che è tiepido. (State attente a non cuocerlo ). Levate allora il caldaino dal fuoco e sbattete sempre fino a che la massa sarà fredda, soffice e spumosa. Deve avere di molto aumentato il suo volume e «fare il nastro»: cioè prendendone un poco con un cucchiaio e lasciandola cadere deve formare un nastro continuo, senza interruzioni. Levate via allora la frusta e prendete un mestolo di legno. Se ne dovrà tenere da parte sempre uno per i dolci. Fate cadere pian piano, a pioggia, sei cucchiaiate colme di farina (170 grammi) nel caldaino, e servendovi del cucchiaio di legno unite con garbo e leggerezza la farina al composto d'uova. Imburrate una teglia del diametro di circa 25 centimetri, spolverizzatela di farina, rovesciatela e battetela per far cadere l'eccesso della farina stessa, versateci il composto, e mettete in forno leggero per una quarantina di minuti. Quando la torta sarà cotta sformatela su una griglia da pasticceria o, in mancanza di questa, su un setaccio. Questa precauzione è necessaria: altrimenti la pasticceria resta umida e molle. Aspettate che la torta sia fredda e spolverizzatela di zucchero vainigliato. Se credete, quando avrete unito la farina alle uova sbattute, potrete sgocciolare nel composto mezzo ettogrammo di burro semplicemente fuso. Ma è un'addizione facoltativa.
prendendone un poco con un cucchiaio e lasciandola cadere deve formare un nastro continuo, senza interruzioni. Levate via allora la frusta e prendete
Mettete in una terrinetta due ettogrammi di burro — se fosse molto duro converrebbe prima scaldarlo un po' in una piccola casseruola a bagno-maria — e con un cucchiaio di legno lavoratelo per circa un quarto d'ora in modo da averlo bianco e soffice. Aggiungete allora un rosso d'uovo, e continuate a girare. Quando l'uovo si sarà amalgamato al burro aggiungetene un altro, e così di seguito sino a mettere in tutto cinque rossi. Torniamo a raccomandarvi di non aggiungere un altro uovo se il precedente non si è bene amalgamato. Le chiare le conserverete da parte in un piccolo caldaino per servirvene dopo. Senza smettere mai di girare aggiungete nel burro montato, una alla volta, sette cucchiaiate ben colme di zucchero in polvere (200 grammi), ed ognuna di queste cucchiaiate le farete cadere in pioggia, leggermente. Dopo lo zucchero mettete nella terrinetta venti grammi di lievito di birra sciolti in un dito d'acqua appena tiepida, un pizzico di sale, e finalmente cinque cucchiaiate di farina gialla (140 grammi). Il lievito potrete scioglierlo in un bicchiere, servendovi di un cucchiaino da caffè. La farina gialla va accuratamente setacciata. Lavorate ancora un altro pochino la massa e quando tutti gl'ingredienti saranno bene uniti versate nella terrinetta le cinque chiare montate in neve ben ferma. Mescolate adagio col cucchiaio di legno per non sciupare troppo i bianchi d'uovo, procurando tuttavia che si incorporino perfettamente al composto, ed in ultimo grattateci dentro con un pezzetto di vetro, la corteccia di un limone. Imburrate e infarinate una stampa liscia col buco e della capacità di circa un litro e mezzo, versateci il composto, mettete in forno di moderato calore e fate cuocere per una quarantina di minuti. Rovesciate poi il dolce su un setaccio, e quando sarà freddo accomodatelo in un piatto con salviettina, spolverizzandolo leggermente di zucchero al velo. Il composto non deve superare i due terzi della stampa, poichè cuocendo, per l'azione del lievito e dei bianchi d'uovo, salirà fino all'orlo della stampa stessa. Se non avete la stampa potrete anche cuocere questo dolce in una piccola fortiera di circa venti centimetri di diametro e a bordi piuttosto alti. Invece di averlo in forma di budino lo avrete in questo caso in forma di torta. Il risultato sarà ugualmente ottimo. È questo uno dei più fini dolci che si possono avere con la farina di meliga.
), ed ognuna di queste cucchiaiate le farete cadere in pioggia, leggermente. Dopo lo zucchero mettete nella terrinetta venti grammi di lievito di birra
Questa operazione dovrà durare per circa una mezz'ora, fino a che vedrete che i rossi d'uovo saranno ben montati, faranno qua e là delle bollicine e la massa spumosa, lasciata cadere dal cucchiaio, verrà giù morbidamente a nastro, senza spezzarsi. Montate allora in neve, con una frusta di ferro stagnato, le quattro chiare che avrete messo in una insalatiera. Sbattetele bene: esse dovranno divenire bianchissime e sostenute. A questo punto aggiungete nei rossi d'uovo un ettogrammo di fecola, mischiate bene, e in ultimo aggiungete le chiare montate. Fate attenzione di non mischiare il composto con molta forza, perchè sciupereste le chiare e la torta perderebbe molto della sua morbidezza. Dovrete unire le chiare leggermente, adoperando un cucchiaio di legno. Imburrate e infarinate con la fecola una teglia di rame del diametro di circa venti centimetri e dell'altezza di cinque o più centimetri, rovesciatela per farne uscire il di più della farina e metteteci il composto. Appena questo sarà nella teglia ponetelo subito in forno di giusto calore e lasciate cuocere la torta per una trentina di minuti. Sfornatela, toglietela dalla teglia, ponetela su un setaccio per farla asciugare e freddare, poi inzuccheratela. Questa torta può mantenersi per parecchi giorni. Conviene allora avvolgerla nella stagnuola. Come vedete è una delle tante imitazioni della famosa torta precedentemente descritta, che però non ha nulla a che vedere con la vera torta del paradiso.
la massa spumosa, lasciata cadere dal cucchiaio, verrà giù morbidamente a nastro, senza spezzarsi. Montate allora in neve, con una frusta di ferro
Questa torta, veramente squisita, si lavora a freddo. Mettete in una terrinetta sei rossi d'uovo con 200 grammi di zucchero al velo, e con un cucchiaio di legno girate il composto fino a che sia ben montato ed appaia bianco, leggero e spumoso. Prendendone una cucchiaiata e lasciandola ricadere, l'uovo e lo zucchero devono formare un nastro continuo. A questo punto montate in neve, con una frusta, le sei chiare che avrete messo da parte in un piccolo caldaio; e procurate che riescano ben sostenute. Mescolate allora le chiare in neve all'uovo, unite adagio adagio col cucchiaio e versateci su a pioggia 180 grammi di farina di patate. Unite con garbo la fecola di patate, e, se credete, sgocciolate nel composto un ettogrammo di burro, appena fuso — ciò che però è facoltativo. Potrete aggiungere anche un po' di corteccia di limone grattata, che comunicherà un piacevole aroma alla torta. Imburrate una teglia del diametro di circa 25 centimetri; spolverizzatela di fecola, rovesciatela e battetela leggermente per far cadere il superfluo della farina, versateci il composto e infornate subito la vostra torta, che dovrà cuocere a fuoco moderato per una mezz'ora circa. Quando sarà cotta sformatela su un setaccio e lasciatela raffreddare così; poichè, se metteste la torta ancora calda sul piatto si rammollirebbe. Spolverizzatela poi di zucchero vainigliato.
. Imburrate una teglia del diametro di circa 25 centimetri; spolverizzatela di fecola, rovesciatela e battetela leggermente per far cadere il superfluo della
Mettete in una insalatiera 200 grammi di farina passata dal setaccio, 250 grammi di zucchero in polvere, un ettogrammo di cacao in polvere non zuccherato, la raschiatura della buccia di un arancio (procurate di raschiare soltanto la parte gialla!) un buon pizzico (2 grammi) di cannella in polvere, 4 grammi di bicarbonato di soda e 4 grammi di cremore di tartaro. Diluite con un quarto di litro di latte e amalgamate tutti questi ingredienti, servendovi di un cucchiaio di legno, fino ad avere un composto senza grumi, liscio e vellutato come una crema, e, senza troppo lavorare l'impasto, travasatelo in una teglia a bordi alti, avente una ventina di centimetri di diametro. Il lavoro dell'impasto si fa rapidamente: bastano al massimo tre o quattro minuti. La teglia va imburrata e poi spolverata di pane finemente grattato. Girate la teglia in tutti i versi, affinchè il pane copra bene le pareti della teglia e poi rovesciatela per far cadere il pane superfluo. Messo giù il composto, passate la teglia in forno piuttosto caldo e lasciate cuocere la torta per una, mezz'ora: forse meno che più. Non deve riuscire molto dura,,quindi estratela dal forno senza farla troppo prosciugare, e quando cioè constaterete al tatto che la pasta, pure essendo ben cotta, conserva una certa morbidezza. Sformate la torta su una griglia da pasticceria o su un largo setaccio e quando sarà fredda accomodatela in un piatto.
pareti della teglia e poi rovesciatela per far cadere il pane superfluo. Messo giù il composto, passate la teglia in forno piuttosto caldo e lasciate
Per sei persone mettete in una terrinetta 75 grammi di burro, lavoratelo un poco con un cucchiaio di legno, uniteci uno alla volta tre rossi d'uovo, e quando anche questi saranno amalgamati, 140 grammi di zucchero in polvere, pari a circa cinque cucchiaiate piuttosto colme. Mescolate sempre, continuando a montare per circa un quarto d'ora e poi aggiungete alla massa, una alla volta, cinque cucchiaiate di latte. Unito anche il latte, aggiungete le tre chiare che avrete sbattuto in neve ben ferma. Mettete ora 185 grammi di farina su un setaccio a maglie non troppo strette e fatela cadere a pioggia nella terrinetta, mentre adagio adagio e con grande delicatezza mescolerete. Unite finalmente mezzo ettogrammo di mandorle dolci sgusciate, spellate e tritate col coltello e ultimate la preparazione con nove grammi di cremore e quattro grammi di bicarbonato di soda. Date un'ultima mescolata, imburrate una stampa a pareti alte e senza buco in mezzo, della capacità di un litro abbondante, versatevi il composto e cuocete il dolce in forno moderato per oltre mezz'ora. Quando sarà cotto, e avrà assunto un bel colore d'oro scuro, sformatelo su un setaccio o su una griglia da pasticceria lasciatelo freddare e poi accomodatelo in un piatto.
le tre chiare che avrete sbattuto in neve ben ferma. Mettete ora 185 grammi di farina su un setaccio a maglie non troppo strette e fatela cadere a
Mettete in una terrinetta quattro rossi d'uovo con 100 grammi di zucchero in polvere e una puntina di vainiglina e con un cucchiaio di legno lavorate a lungo le uova affinchè montino bene. Quando le uova saranno ben spumose uniteci le quattro chiare montate in neve molto ferma. Ultimate il dolce con 73 grammi di cioccolata grattata, 50 grammi di farina e 15 grammi di fecola di patate. Mescolate delicatamente per unire tutti gli ingredienti, poi imburrate una teglia di una ventina di centimetri di diametro, spolverizzatela di zucchero in polvere, rovesciate la teglia per far cadere lo zucchero superfluo, e in questa teglia così preparata versate il composto, che metterete a cuocere subito, in forno di calore moderato, per una mezz'ora abbondante. È una specie di fine e squisito pan di Spagna al cioccolato, che vi raccomandiamo per la facilità della preparazione e per il suo buon gusto.
imburrate una teglia di una ventina di centimetri di diametro, spolverizzatela di zucchero in polvere, rovesciate la teglia per far cadere lo zucchero
La base principale di questo dolce è costituita da una farina di mandorle che si ottiene pestando nel mortaio delle mandorle secche e dello zucchero. Preparate in due piatti separati, un ettogrammo di mandorle secche (s'intende sgusciate) e un ettogrammo e mezzo di zucchero in pezzi. Mettete nel mortaio un po' di mandorle alla volta con un pochino di zucchero e pestate col pestello per ridurre le mandorle in polvere. Le mandorle vanno pestate così come sono, senza toglier loro la buccia. Man mano che avrete pestato un po' di mandorle con lo zucchero passate questa farina da un setaccino di fil di ferro a maglie non troppo sottili. La farina che passerà la raccoglierete in un grande foglio di carta e i frantumi di mandorle che rimarranno sul setaccio li pesterete nuovamente insieme con altre mandorle e nuovo zucchero, finchè avrete esaurito tutte le mandorle e tutto lo zucchero. Badate di non adoperare troppo zucchero in principio perchè correreste il rischio di esaurire presto la dose messa da parte e di dover poi pestare le mandorle sole, col pericolo di far cavar loro l'olio. Ottenuta questa farina di mandorle zuccherata mettetela sulla tavola di marmo della cucina o sulla spianatoia di legno ed unitele due cucchiaiate colmissime di farina (65 grammi), due cucchiaini da caffè di cannella in polvere, un pezzo di burro come una grossa noce, un uovo intiero e la corteccia raschiata di mezzo limone. Da principio vi sembrerà che tutti questi ingredienti stentino ad unirsi, ma pian piano, impastando con pazienza otterrete una pasta omogenea. Guardatevi dall'aggiungere la più piccola quantità d'acqua che non ve n'è affatto bisogno. Ungete di burro una teglia piuttosto grande e velatela con un po' di farina capovolgendo e battendo poi la teglia per farne cadere l'eccesso. Rotolate la pasta con le mani leggermente infarinate e fatene un cilindro come un grosso maccherone che taglierete in tanti pezzetti come grosse nocciole. Schiacciate con le dita queste nocciole all'altezza di mezzo centimetro, dando loro una forma leggermente ovale, la forma presso a poco delle fave, e allineatele nella teglia, lasciando tra l'una e l'altra una piccola distanza, affinchè cuocendo e allargandosi un poco non si attacchino fra loro. Mettete la teglia in forno di calore moderato e date alle fave una ventina di minuti di cottura fino a che saranno diventate di un bel colore biondo. Staccatele con garbo dalla teglia, lasciatele asciugare su un setaccio grande e quando saranno fredde riponetele in una scatola chiusa, se volete che si conservino croccanti. Crediamo opportuno avvertirvi che all'uscita dal forno le fave sono molli e che solo col freddarsi acquistano quel croccante così piacevole. Con questa dose otterrete una cinquantina di fave, equivalenti in peso a due ettogrammi e mezzo e più.
bisogno. Ungete di burro una teglia piuttosto grande e velatela con un po' di farina capovolgendo e battendo poi la teglia per farne cadere l'eccesso
Lavorate in una terrinetta con un cucchiaio di legno, mezzo panino di burro finchè sia ben soffice, aggiungete due cucchiaiate di zucchero al velo, poi, lavorando sempre, due cucchiaiate colme di farina, poi ancora la raschiatura di un po' di corteccia di limone e finalmente due chiare d'uovo. Mescolate per amalgamar bene ogni cosa, ma non lavorate troppo le chiare perchè non ce n'è bisogno. Fate un cartoccio di carta resistente, metteteci il composto, chiudetelo bene; poi spuntate con le forbici l'estremità inferiore in modo da lasciare un'apertura del diametro di mezzo centimetro circa, e premendo con le dita al disopra del cartoccio, fate uscire dal disotto questa specie di pasta molle. Avrete leggermente unto di burro una teglia, e su questa, premendo il cartoccio, farete cadere il composto nella grossezza di un lapis e nella lunghezza di una diecina di centimetri, badando che questi bastoncini non siano troppo vicini gli uni agli altri perchè, cuocendo, si spianano e allora si attaccherebbero tra loro. Infornate i biscotti a forno roventissimo e quando dopo pochi minuti avranno leggermente dorato gli orli, pur rimanendo bianchi, levateli dal forno e lasciateli freddare.
questa, premendo il cartoccio, farete cadere il composto nella grossezza di un lapis e nella lunghezza di una diecina di centimetri, badando che
Questi biscotti, che hanno nella pasticceria tante utili applicazioni, sono in particolar modo adatti per i bambini. Per una quindicina di savoiardi occorrono le seguenti proporzioni: zucchero in polvere gr. 40, farina gr. 20, farina di patate gr. 20, uova n. 2, un pizzico di sale. E per chi non avesse la bilancia: un paio di cucchiaiate di zucchero, un cucchiaio di farina, uno di fecola, avvertendo che queste cucchiaiate non siano troppo colme. Separate i bianchi dai rossi. I bianchi li metterete da parte, i rossi li passerete in una terrinetta con lo zucchero in polvere. Non occorre lavorarli molto, basteranno tre o quattro minuti: il tempo cioè di ben mescolare zucchero ed uova. Unite allora al composto le due farine, e lasciate riposare. Fatto ciò, montate le chiare in neve, servendovi di una frusta in ferro stagnato; ma guardate che le chiare sieno sostenutissime, perchè è da questo che dipende la buona riuscita dei biscotti. Quindi non vi stancate di sbattere. Quando le chiare saranno montate unitele delicatamente ai rossi, servendovi di un cucchiaio di legno e sollevando il composto affinchè i bianchi non si sciupino troppo. Prendete due fogli di carta spessa; ungete leggermente di burro l'uno, e fate un cartoccio con l'altro. Mettete il composto nel cartoccio, chiudete questo e spuntatene l'estremità in modo da lasciare un'apertura di un centimetro di diametro. Premendo delicatamente sulla sommità del cartoccio, fate uscire sul foglio di carta unto, tanti bastoncini grossi come un dito e lunghi una diecina di centimetri, facendo attenzione di non farli troppo vicini uno all'altro. Quando avrete esaurito la pasta mettete il foglio di carta sopra una teglia e spolverizzate i biscotti con zucchero al velo. Lo zucchero dovrà essere messo sui biscotti o con uno spolverizzatore, o facendolo cadere da un setaccino.
spolverizzatore, o facendolo cadere da un setaccino.
composto tende talvolta a imbizzarrirsi e rovesciarsi dal recipiente. In questo caso siate pronte a togliere per pochi istanti il polsonetto dal fornello affinchè la massa liquida possa discendere. La cottura del composto si può provare sia con le dita bagnate, secondo il sistema da noi insegnato per la cottura dello zucchero o con uno stecchino. Quindi asportate in un modo o nell'altro, una piccola quantità del composto e lasciatela cadere nella scodella con acqua fredda. Da prima queste goccie si dissolveranno o quasi, ma, procedendo nella cottura, si raccoglieranno nel fondo della scodella in piccole masse morbide, sino a che otterrete delle palline dure. Le caramelle sono allora arrivate al loro punto di cottura. Se voi, come non dubitiamo, desiderate fare delle cose a modo, fatevi costruire dallo stagnaio un piccolo ed economico utensile: un nastro di latta alto un centimetro [immagine e didascalia: Quadrato di latta per colare le caramelle “mous”] e mezzo e disposto a quadrato, di cui ogni lato misurerà diciassette centimetri. Per spiegarci meglio una specie di scatola di latta senza fondo e senza coperchio. Questo quadrato di latta si imburra leggermente e si appoggia sul tavolo di marmo di cucina, anche leggermente imburrato. In questo recinto si cola il composto bollente che va ad occupare lo spazio, rimanendo in perfetta forma. Appena questa massa bruna si sarà rassodata togliete il nastro di latta e appoggiando un lungo coltello su questo quadrato imprimeteci tante linee equidistanti in modo da dividerlo in otto parti; imprimete tante linee perpendicolari alle prime ed avrete ottenuto sessantaquattro quadratini di circa due centimetri di lato, grandezza obbligatoria delle caramelle «mous». Adesso lasciate che il composto si raffreddi completamente e poi, servendovi del coltello, staccate le caramelle con dei leggeri colpi secchi. Allineate le caramelle in un piatto, e se doveste conservarle per più giorni avvolgetele ad una ad una in una carta paraffinata. Le troverete squisite. Se poi voleste accontentarvi di un lavoro alla buona e non adoperare il quadrato di latta, versate il composto sopra una parte del tavolo di cucina imburrato. Ma in questo caso non salverete i diritti dell'estetica perchè la massa anzichè rapprendersi in un quadrato perfetto, si spargerà per il marmo in un disco ineguale e più sottile.
per la cottura dello zucchero o con uno stecchino. Quindi asportate in un modo o nell'altro, una piccola quantità del composto e lasciatela cadere
Per fare questi zuccherini sarebbe necessario uno speciale polsonetto con becco acuminato; ma chi non deve produrne una gran quantità può utilizzare qualsiasi casseruolina, purchè ben netta. Mettete dunque in un piccolo recipiente sei cucchiaiate di zucchero in polvere, e una cucchiaiata o due di acqua. Mescolate e fate scaldare su fuoco moderato in modo che lo zucchero non debba liquefarsi completamente ma diventare appena colante. Levate allora la casseruolina dal fuoco, mettete nello zucchero tre o quattro goccie di essenza di menta, mischiate, e servendovi di un cucchiaio da tavola fate cadere sul marmo del tavolo di cucina, bene asciutto, lo zucchero a goccie regolari della grandezza di due centesimi. Quando, dopo qualche ora, queste pastiglie si saranno solidificate, staccatele con garbo con una lama di coltello, e serbatele in una scatola di latta chiusa e in luogo asciutto. Questi zuccherini possono aromatizzarsi con qualche altra essenza, e colorirsi con colori innocui da pasticceria.
cadere sul marmo del tavolo di cucina, bene asciutto, lo zucchero a goccie regolari della grandezza di due centesimi. Quando, dopo qualche ora, queste
È un'altra omelette dolce. Per sei persone rompete in una terrinetta quattro uova, conditele con una piccola presina di sale, una cucchiaiata di zucchero in polvere e la raschiatura di un limone, e sbattete energicamente. Prendete adesso una padella piuttosto grande, metteteci un pezzo di burro come una grossa noce, e quando la padella sarà ben calda versateci le uova. Quando la frittata sarà appena rassodata tirate indietro la padella e mettete sulla frittata una cucchiaiata di scorzetta di arancio candita e tagliata in filettini, o della frutta sciroppata, come ciliege e visciole intiere, pesche o albicocche in dadini. Rimettete la padella sul fuoco, ripiegate la frittata su sè stessa in modo da darle una forma allungata e, senza farla cuocere troppo, rovesciatela in un piatto lungo di metallo o di porcellana resistente al fuoco, piatto che avrete in antecedenza leggermente imburrato. Lasciate la frittata così, e intanto sbattete in neve ben ferma due chiare d'uovo. Sbattete con una piccola frusta di fil di ferro con movimento cadenzato, fino a che, sollevando con la frusta un poco di chiara montata, questa rimarrà diritta, senza piegare. Togliete via la frusta e mettete su un setaccino tre cucchiaiate colme di zucchero in polvere che farete cadere pian piano a pioggia sulle chiare d'uovo montate, mescolando leggermente con un cucchiaio di legno per non sciupare il composto, che come sapete si chiama meringa. Fatto questo, prendete un po' di marmellata preferibilmente d'albicocca, e stendetene in strato regolare una o due cucchiaiate su tutta l'omelette. Prendete adesso un po' della meringa e ricopritene l'omelette. Quella che vi sarà rimasta la metterete in una tasca di tela con la sua bocchetta di latta o, in mancanza di questa, in un grosso cartoccio, fatto con della carta pesante. Spuntate l'estremità del cartoccio, chiudetelo, e poi, premendo, fate sulla omelette una piccola decorazione a vostro gusto, circondandola, ad esempio, con tante palline di meringa e facendo poi sopra all'omelette una piccola inferriata, o qualsiasi altra decorazione a vostra scelta, regolandovi come se doveste decorare una zuppa inglese. Potrete anche, se credete, fare un altro cartoccio, ma molto piccolo, mettervi un cucchiaio di marmellata, spuntarlo in modo da fargli un'apertura grossa come una capocchia di spillone, e fare qua e là sulla meringa qualche altra piccola decorazione con anellini, perline o dei piccoli zig-zag. Fatto questo, mettete un'altra cucchiaiata di zucchero sul setaccio e fate cadere lo zucchero a pioggia sull'omelette ultimata. Passate il piatto in forno leggerissimo per una diecina di minuti, fino a che la meringa si sia rassodata ed abbia preso una leggerissima tinta d'un oro pallido. Questa omelette può anche mangiarsi fredda, ma è preferibile mangiarla calda, per gustarla in tutto il suo signorile profumo.
setaccino tre cucchiaiate colme di zucchero in polvere che farete cadere pian piano a pioggia sulle chiare d'uovo montate, mescolando leggermente con
È uno dei tanti dolci per il quale si possono utilizzare delle chiare d'uovo avanzate in cucina; e crediamo che tra i tanti modi di utilizzare le chiare, questo sia tra i migliori. Calcolate una chiara a persona. Raccogliete le chiare in una terrinetta o in un piccolo caldaio e con una frusta di filo di ferro montate energicamente le chiare, in neve ben ferma. Ricordate che le chiare sono montate a punto quando, sollevandone un pochino con la frusta, la punta che si forma rimane diritta senza piegare affatto. Quando le chiare saranno montate alla perfezione fate cadere a pioggia e pian piano su di esse 50 grammi di zucchero in polvere per ogni chiara impiegata. Se non avete la comodità della bilancia calcolate un paio di cucchiaiate da tavola di zucchero per ogni chiara. Unite dolcemente le chiare allo zucchero, servendovi di un cucchiaio di legno, e mescolate adagio adagio affinchè le chiare non si sciupino. Prendete adesso una stampa da budino di capacità tale che il composto di chiare e zucchero possa arrivare appena ai due terzi e incamiciate questa stampa con dello zucchero al caramello. Mettete dunque dello zucchero (due o tre cucchiaiate colme) in un polsonetto, inumidite lo zucchero con una cucchiaiata d'acqua e fatelo cuocere sul fuoco, fino a che avrà preso una tinta bionda. Intanto scaldate leggermente la stampa da budino, travasateci lo zucchero caramellato e, girando la stampa in tutti i versi, fate che lo zucchero ricopra come di un velo tutta la parete intema della stampa. Aspettate che la stampa e lo zucchero siano diventati freddi, e poi mettete nella stampa il composto di chiara e zucchero. Battete leggermente la stampa sulla tavola, affinchè non rimangano vuoti nell'interno e mettete a cuocere la mousseline a bagno-maria, avvertendo che l'acqua del recipiente in cui è posta la stampa, pur essendo bollentissima, non levi mai un bollore dichiarato. Fate cuocere per un'ora fino a che la meringa sia bene rassodata. Togliete allora la stampa dal fuoco e lasciatela raffreddare completamente. Soltanto allora sformate con attenzione il soffice budino, su cui lo zucchero caramellato formerà una gustosa ed attraente salsetta. Questo dolce è ottimo così. Se voleste poi servirlo in modo più ricco, potrete accompagnarlo con una salsa di crema all'inglese, che si fa molto semplicemente, sbattendo in una casseruola un rosso d'uovo con una cucchiaiata di zucchero, stemperando con un bicchiere scarso di latte e facendo rapprendere il tutto su fuoco leggerissimo, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Questa crema va poi freddata e servita a parte in una salsiera. Ma, ripetiamo, è un complemento non necessario, essendo la mousseline buonissima anche semplice.
frusta, la punta che si forma rimane diritta senza piegare affatto. Quando le chiare saranno montate alla perfezione fate cadere a pioggia e pian piano
Per dieci persone, mettete in una terrinetta otto rossi d'uovo con 150 grammi di zucchero e con un cucchiaio di legno montate il tutto fino a che avrete ottenuto un composto soffice e rigonfio che si staccherà dal cucchiaio in un lungo nastro ininterrotto. Aggiungete allora 125 grammi di burro fuso, avvertendo che questo burro sia appena tiepido e non caldo, che in questo caso sciupereste le uova montate. Mescolate per unire il burro alle uova e poi fate cadere a pioggia sul composto 80 grammi di farina che unirete anche alla massa. Montate in neve molto ferma le otto chiare rimaste e unitele con grande delicatezza al rimanente, ultimando con un pizzico di vainiglina.
poi fate cadere a pioggia sul composto 80 grammi di farina che unirete anche alla massa. Montate in neve molto ferma le otto chiare rimaste e unitele
Mettete sul fuoco in una casseruolina un bicchiere abbondante d'acqua, e quando l'acqua bollirà fateci cadere, piano piano, a pioggia, tre cucchiaiate di semolino fino, mescolando con un cucchiaio di legno affinchè non si formino grumi. Ben presto il composto diventerà molto denso. Tenetelo al fuoco per un paio di minuti, sempre mescolando, e poi versatelo in un piatto. Stendetelo col cucchiaio e lasciate che si freddi. Passate dal setaccio quattro ettogrammi di ricotta, oppure lavoratela in una terrina con un cucchiaio di legno per scioglierla bene. Unite alla ricotta quattro cucchiaiate colme di zucchero in polvere, un uovo intiero, un rosso, una cucchiaiata di scorzetta di cedro e arancio candite, una cucchiaiata di uvetta sultanina, e, se credete, un mezzo bicchierino di rhum. Mescolate ogni cosa, aggiungete il semolino freddo, e in ultimo la chiara d'uovo che avrete messo da parte e montata in neve. Ungete di burro una stampa liscia, della capacità di un litro e mezzo; metteteci un pugno di pane pesto finissimo, girate in tutti i versi la stampa affinchè il pane si attacchi da per tutto, poi rovesciatela per farne cadere l'eccesso. Imburrata e impanata la stampa, versateci il composto di ricotta, facendo attenzione che arrivi soltanto ai due terzi, perchè cuocendo cresce un poco.
Mettete sul fuoco in una casseruolina un bicchiere abbondante d'acqua, e quando l'acqua bollirà fateci cadere, piano piano, a pioggia, tre
Bisogna tener presente che le fragole, a contatto dello stagno o della latta, perdono il loro bel colore rosso per assumere una colorazione violacea sporca, di pessimo effetto. Occorrerà dunque, confezionando questa bavarese, adoperare solamente: un setaccino di crine rosso (che è generalmente il più adatto per pasticceria) un recipiente di maiolica o di terraglia per raccogliere il passato di fragole e, finalmente, una stampa di ferro smaltato o di rame non stagnato per condensare la bavarese. Premessi questi piccoli avvertimenti, procediamo nel nostro lavoro. Prendete mezzo chilogrammo di fragole piccole e passatele dal setaccio di crine rosso, raccogliendo la purè in una terrinetta di porcellana. Su questa purè grattate, con un pezzo di vetro o con una piccola grattugia, la scorza di un limone, avvertendo di grattare soltanto la parte gialla e non la bianca che comunicherebbe un sapore amarognolo al composto. Spremete sulle fragole il sugo della metà del limone, e aggiungete nella terrinetta 200 grammi di zucchero al velo. Avrete intanto messo in acqua fresca 25 grammi di gelatina marca oro — circa 12 fogli — e dopo una diecina di minuti, quando la gelatina sarà ben rammollita, prendetela su con le mani, strizzatela e e mettetela in una casseruolina con tre o quattro cucchiaiate d'acqua. Tenete la casseruolina sull'angolo del fornello e fate liquefare la gelatina a calore dolce. Quando la gelatina sarà ben liquefatta passatela dal setaccino raccogliendola nello stesso recipiente dove è già la purè di fragole. Mescolate bene ogni cosa, e mettete la terrinetta su un po' di ghiaccio per raffreddare il composto. Quando vedrete che incomincia a divenire spesso, mischiatevi adagio adagio un quarto di litro di panna di latte montata (chantilly). Prendete una stampa da budino — che, come vi abbiamo già detto, dovrà essere di ferro smaltato o di rame non stagnato — e ungetela leggermente di olio d'olivo o meglio di olio di mandorle dolci. L'oleatura della stampa dovrà essere fatta con parsimonia e dopo che si sarà passato un velo d'olio dappertutto si capovolgerà la stampa tenendola così per qualche minuto allo scopo di far cadere tutto l'olio superfluo. In questa stampa oleata mettete il composto a cucchiaiate. Battete leggermente la stampa su uno strofinaccio affinchè non restino vuoti e finalmente mettete a congelare la bavarese sul ghiaccio lasciandovela per circa un'ora, fino a che si sarà ben rappresa.
stampa tenendola così per qualche minuto allo scopo di far cadere tutto l'olio superfluo. In questa stampa oleata mettete il composto a cucchiaiate
Dopo pochi minuti di bollore si prova la cottura dello zucchero e quando si otterrà una specie di pallottolina morbida, sarà arrivato al punto giusto. Si toglie subito dal fuoco e si fa cadere in filo sottile sulla chiara montata, mentre con l'altra mano si mescola pian piano. Quando tutto lo zucchero è unito alla chiara la meringa cotta è fatta. L'operazione è molto più lunga a dirsi che a farsi. Mescolate questa meringa cotta nello zabaione procedendo con garbo e poi versate il tutto nella stampa preparata con la carta e i biscotti. Coprite la stampa e mettetela sul ghiaccio per circa un'ora, fino a che il dolce si sarà ben rassodato. Al momento di mangiare capovolgete la stampa su un piatto con salvietta, levate la carta e avrete ottenuto il vostro squisitissimo biscuit. Questa dose può bastare anche a sei persone. Nel caso voleste adoperare la chiara cruda, montatela in neve ed unitela al composto procedendo in tutto come già si è datto. Se non voleste adoperare biscotti, nè pan di Spagna, oleate la stampa.
. Si toglie subito dal fuoco e si fa cadere in filo sottile sulla chiara montata, mentre con l'altra mano si mescola pian piano. Quando tutto lo
Mettete in un piccolo caldaio centoventicinque grammi di zucchero in polvere (cinque cucchiaiate piuttosto colme) con sette rossi d'uovo e un uovo intiero. Mettete il caldaio su delle ceneri calde e sbattete le uova con la frusta, fino a che il composto, inteso col dito, sia tiepido. Continuate allora a sbattere fuori del fuoco, fino a che l'apparecchio sia diventato freddo, rigonfio e spumoso; aggiungete allora due cucchiaiate di zucchero vainigliato, e con un cucchiaio di legno unite delicatamente alla massa un bicchiere e mezzo (tre decilitri) di panna montata. Foderate di carta il fondo e la parete interna di una stampa da gelato di capacità adatta. Nel nostro caso si richiederà una stampa di circa tre quarti di litro. Versate nella stampa il composto preparato, copritelo con un altro tondo di carta, mettete a posto il coperchio e, per precauzione, stuccate l'apertura del coperchio con un pochino di burro o di grasso, in modo che l'acqua non possa penetrarvi. Mettete la stampa sotto ghiaccio e sale per tre ore, e al momento di servire estraete la stampa, lavatela in acqua fresca, levate il coperchio, fate cadere il gelato sul piatto, portate via la carta e mandate subito in tavola.
servire estraete la stampa, lavatela in acqua fresca, levate il coperchio, fate cadere il gelato sul piatto, portate via la carta e mandate subito in
Provvedetevi di mezzo litro di panna montata (chantilly), scegliete due ettogrammi di albicocche molto mature e profumate, e passatele dal setaccio. Raccogliete la purè di albicocche in una terrinetta e adagio adagio unitevi la panna montata e 125 grammi (cinque cucchiaiate) di zucchero al velo che farete cadere a pioggia mescolando con grande delicatezza. Travasate questo composto in una stampa da spumone in modo che non restino vuoti, e che il composto stesso arrivi fino all'orlo della stampa. Coprite con un foglio di carta bianca, mettete il coperchio, e per maggiore precauzione stuccatelo con un pochino di burro. Avrete preparato intanto in un secchio o in un altro recipiente profondo del ghiaccio grossolanamente pestato, nel quale avrete mescolato del sale grosso, in ragione di un paio di pugni di sale per ogni chilogrammo di ghiaccio. Incastrate la vostra stampa nel ghiaccio, ricopritela con altro ghiaccio, e ponete sulla secchia un grosso strofinaccio ripiegato. Lasciate così per un paio d'ore. Al momento di servire lo spumone estraete la stampa dal ghiaccio, risciacquatela in acqua fresca, togliete via il coperchio e sformate lo spumone in un piatto. Per facilitare l'uscita dello spumone dalla stampa si può, se è necessario, immergere questa per pochi secondi in acqua salda.
farete cadere a pioggia mescolando con grande delicatezza. Travasate questo composto in una stampa da spumone in modo che non restino vuoti, e che il
Questo metodo di preparare la gelatina d'uva, esperimentato numerose volte con vero successo, differisce dai consueti metodi in quanto non si adopera punto zucchero. Per ottenere questa gelatina è necessaria una grande quantità di uva, che durante la cottura, la gelatina diminuisce assai. L'operazione è facilissima. Si lavano molto accuratamente i grappoli di uva — è bene adoperare uva bianca — si sgranano e si mettono in un caldaio nel quale, con le mani, si dà ai chicchi una prima pigiata sommaria. Fatto questo, si mette il recipiente sul fuoco e si fa bollire l'uva per una diecina di minuti, dopo di che si rovescia su un largo setaccio e si spreme energicamente, raccogliendo il sugo in una terrina o in una insalatiera. Quando sul setaccio non saranno rimaste che le buccie ben spremute e i semi, si travasa nuovamente il sugo nel caldaio e si mette a bollire su fuoco moderato. Questa seconda bollitura dalla quale dipende la buona riuscita della gelatina, dovrà prolungarsi per un tempo che varia dalle due alle tre ore. Bisogna di quando in quando mescolare con un cucchiaio di legno, specie verso la fine dell'operazione. Quando vedrete che la gelatina vela abbondantemente il cucchiaio e che lasciandone cadere qualche goccia su un piatto, queste goccie si rapprendono facilmente, l'operazione sarà terminata. Bisogna fare attenzione di sorvegliare la cottura e di non passarne il limite, altri menti la gelatina prenderebbe uno sgradevole sapore di bruciato. Aspettate che la gelatina perda gran parte del suo calore, e poi colatela in piccoli barattoli di vetro. Il giorno dopo mettete su ogni vasetto a contatto con la gelatina un dischetto di carta bagnato d'alcool, e poi chiudete i vasi col loro coperchio o con carta pergamena, e diponeteli in dispensa.
cucchiaio e che lasciandone cadere qualche goccia su un piatto, queste goccie si rapprendono facilmente, l'operazione sarà terminata. Bisogna fare
Prendete una dozzina di aranci, preferendo quelli a buccia sottile che sono i più sugosi, tagliateli in due e spremetene il sugo in una terrinetta. Per ogni bicchiere di sugo calcolerete sei cucchiaiate di zucchero. Passate il sugo da un colabrodo o a traverso un velo, e raccoglietelo in una casseruola, o, meglio, in un polsonetto. Badate che il colabrodo e la casseruola non abbiano la più piccola traccia di grasso che comunicherebbe alla preparazione un detestabile sapore. Aggiungete nel sugo lo zucchero preparato e mettete il recipiente sul fuoco mescolando con un cucchiaio di legno per facilitare la fusione dello zucchero. È buona norma tenere un cucchiaio di legno esclusivamente per i composti dolci, per evitare l'inconveniente al quale abbiamo accennato più sopra: che cioè le creme o le marmellate acquistino sapore di grasso. Togliete accuratamente la schiuma giallastra che si formerà non appena la gelatina avrà raggiunto l'ebollizione: schiuma che nuocerebbe alla limpidità della gelatina stessa. Fate cuocere a fuoco brillante. Il sugo d'arancio contiene una buona parte acquosa che deve evaporare per giungere alla necessaria condensazione. Vi raccomandiamo di sorvegliare la casseruola e di tenervi pronte ad alzarla od a toglierla momentaneamente dal fuoco perchè il sugo d'arancio, bollendo, tenta spesso di traboccare dal recipiente e andare a passeggio per il camino. Pian piano l'ebollizione si farà più calma e la cottura si avvicinerà al punto preciso. Questo punto si riconosce facilmente quando la gelatina non scorrerà più come se fosse acqua, ma avrà acquistato un po' di consistenza e lascerà sul cucchiaio un leggero velo. Potrete anche lasciarne cadere qualche goccia su un piatto e osservare se queste goccie freddandosi si rapprendono. Cotta a punto, togliete la casseruola dal fuoco e versate con attenzione la gelatina nei vasetti di vetro. Lasciatela freddare così, e il giorno dopo mettete sulla bocca di ogni vasetto un disco di carta bagnata d'alcool e poi chiudete i vasetti col loro coperchio o con carta pergamenata e spago.
leggero velo. Potrete anche lasciarne cadere qualche goccia su un piatto e osservare se queste goccie freddandosi si rapprendono. Cotta a punto, togliete
asciutta, passatela dal setaccio. Otterrete circa quattrocento gr. di pasta di castagne, che raccoglierete in una terrinetta. Mettete adesso sul fuoco in un polsonetto di rame non stagnato 300 grammi di zucchero, inumiditelo con un poco d'acqua e poi cuocetelo alla «caramella». Appena lo zucchero è giunto a questo punto di cottura, fatelo cadere subito, in un filo continuo, sulla pasta di castagne, mentre con l'altra mano mescolerete la massa per unirla sollecitamente. Quando avrete versato tutto lo zucchero, mescolate ancora un poco per lisciare sempre meglio la marmellata: finitela con una puntina di vainiglina, e, appena tiepida, versatela nei vasetti. Quando la marmellata sarà completamente fredda, si copre con un dischetto di carta pergamena bagnata nell'alcool puro e poi si chiude il vasetto col suo coperchio. Aggiungendo lo zucchero vedrete che la marmellata vi sembrerà piuttosto colante, ma raffreddandosi tornerà ad una densità giusta. Questa marmellata è squisita e ricorda assai da vicino il gusto dei «marrons glacés». Con queste dosi otterrete circa due vasetti di marmellata.
giunto a questo punto di cottura, fatelo cadere subito, in un filo continuo, sulla pasta di castagne, mentre con l'altra mano mescolerete la massa