Prendete mele grosse, di buona qualità, non troppo mature; levatene il torsolo col cannello di latta fatto a quest'uso, che lascia il buco in mezzo, sbucciatele e tagliatele a fette grosse poco meno di un centimetro. Mettetele nella pastella N. 100 quando siete per friggerle e se non vi dispiace l'odor degli anaci, che qui sta bene, mettetene un pizzico.
Ponete il latte al fuoco col burro e lo zucchero e quando comincia a bollire versate il semolino a poco a poco girando in pari tempo il mestolo. Salatelo e scocciategli dentro l'uovo; mescolate e quando l'uovo si è incorporato levatelo dal fuoco e distendetelo sopra a un vassoio unto col burro o sulla spianatoia all'altezza di un dito. Tagliatelo a mandorle e mettetelo prima nell'uovo sbattuto poi nel pangrattato fine e friggetelo. Spolverizzatelo di zucchero a velo, se lo desiderate più dolce, e servitelo solo o, meglio, per contorno a un fritto di carne.
Proviamoci di descrivere il piatto che porta questo nome di tedescheria ed andiamo pure in cerca del buono e del bello in qualunque luogo si trovino; ma per decoro di noi stessi e della patria nostra non imitiamo mai ciecamente le altre nazioni per solo spirito di stranieromania.
Mettete al fuoco il latte col burro e lo zucchero e quando comincia a bollire versate il semolino a poco a poco onde non abbia a far bozzoli. Tenetelo sul fuoco fino a che non sia ben sodo, agitandolo sempre col mestolo perchè non si attacchi al fondo. Ritiratelo dal fuoco, salatelo e subito scocciate entro al medesimo il primo uovo, poi gli altri due quando comincia a freddare, lavorandolo sempre e molto col mestolo. Aggiungete l'odore di scorza di limone e lasciatelo in riposo fino all'ora di friggerlo. Quando lo gettate in padella dategli la forma di pallottole le quali rigonfieranno per divenir bombe leggerissime che vanno spolverizzate di zucchero a velo, perduto che abbiano il primo bollore. Delle due ultime uova meglio è montare le chiare una alla volta, poco prima di friggere. Usate fuoco leggiero e dimenate la padella.
Montate a mezzo la chiara di un uovo, chè uno solo basta per due carciofi, poi nella chiara mescolate il torlo e salatelo. Mettete i carciofi in un vagliettino per scuoterne la farina superflua e dopo passateli nell'uovo, mescolate e lasciateveli qualche poco onde l'uovo s'incorpori. Gettate i pezzi a uno a uno in padella coll'unto a bollore e quando avranno preso un bel colore dorato levateli e mandateli in tavola con spicchi di limone perchè, come ognun sa, l'agro sui fritti che non sono dolci, dà sempre grazia, ed eccitamento al buon bere. Se desiderate che i carciofi restino bianchi, è meglio friggerli nell'olio e strizzare mezzo limone nell'acqua quando li mettete in molle.
Formatene un intriso nè troppo sodo, nè troppo morbido, lavoratelo molto colle mani sulla spianatoia e tiratene una sfoglia della grossezza di uno scudo. Tagliatela a piccole mandorle, friggetela nel lardo o nell'olio, e la vedrete gonfiare, riuscendo tenera e delicata al gusto. Così avrete le donzelline che vanno spolverizzate con zucchero a velo, quando non saranno più bollenti.
Perchè si chiamino crescioni e non piuttosto tortelli di spinaci, vattel'a pesca. So che si lessano degli spinaci secondo l'uso comune, cioè senz'acqua e, strizzati bene, si mettono così interi in umido con un soffritto di olio, aglio, prezzemolo, sale e pepe: poi si aggraziano con un poco di sapa e con uva secca a cui sieno stati levati i semi. In mancanza della sapa e dell'uva secca si supplisce collo zucchero e l'uva passolina. Poi questi spinaci, così conditi, si chiudono nella pasta matta N. 97 intrisa con qualche goccia d'olio, tirata a sfoglia sottile e tagliata con un disco all'incirca come quello disegnato nella pagina precedente. Questi dischi si piegano in due per far prender loro la forma di mezza luna e si friggono nell'olio.
Il pollo si taglia a piccoli pezzi, si mette in padella così naturale con sufficiente quantità di lardo, condendolo con sale e pepe. Quando è cotto si scola dell'unto superfluo e vi si gettano i pomodori a pezzetti dopo averne tolti i semi. Si rimesta continuamente finchè i pomodori siensi quasi strutti e si manda in tavola.
Se invece di fumetto vi servirete di cognac o di acquavite, il che sembra lo stesso, vi prevengo che non ottenete il medesimo effetto e che rigonfieranno poco.
Collocate la polenta in una teglia o in un vassoio che regga al fuoco, conditela a suoli con parmigiano, queste salsicce e qualche pezzetto di burro sparso qua e là, poi mettetela fra due fuochi e quando sarà ben calda servitela, specialmente per primo piatto di una colazione alla forchetta. La detta polenta si può fare anche dura per tagliarla a fette.
Preparato così il vassoio colla sua colma ponetelo sotto il forno da campagna per rosolare la polenta e servitela calda per tramesso in un pranzo durante l'autunno e l'inverno. Se vi vien bene sentirete lodarla per la sua delicatezza.
Prendete maccheroni lunghi alla napoletana e cuoceteli per due terzi nell'acqua salata. Levateli asciutti e rimetteteli al fuoco con un pezzetto di burro e quando l'avranno assorbito aggiungete tanto latte che finisca di cuocerli a moderato calore. Preparate intanto una balsamella come al N. 89 e quando non sarà più a bollore legatela con un rosso d'uovo e poi versatela sui maccheroni insieme con parmigiano grattato in proporzione. Maccheroni così preparati sono molto opportuni per contorno a un pezzo di stracotto o a un pezzo di vitella di latte in fricandò. Potete in questo caso prendere un vassoio che regga al fuoco, collocarvi una forma di latta in mezzo e i maccheroni all'ingiro. Ponete il vassoio nel forno di campagna o sotto a un coperchio di ferro col fuoco sopra e quando i maccheroni saranno leggermente rosolati, ritirateli dal fuoco e, levata la forma di latta, ponete nel suo posto la carne e serviteli. Potete anche mandarli in tavola separati, ma sempre leggermente rosolati al di sopra per più bellezza; badate che restino sugosi.
Allora aggiungetevi il resto del burro e il parmigiano grattato; versateli poi in un vassoio che regga al fuoco e sul quale facciano la colma e copriteli tutti di pangrattato.
Fate una balsamella sodettina e nella medesima gettate presciutto e lingua salata a piccolissimi dadi, un pizzico di parmigiano, una presa di noce moscata e un tartufo a pezzettini oppure funghi secchi rammolliti e tritati, e mettete anche questo composto da parte perchè diacci bene.
Anche qui non posso frenarmi dal declamare contro la poca inclinazione che abbiamo noi Italiani all'industria. In alcune provincie d'Italia non si conosce per nulla la farina di castagne e credo che nessuno abbia mai tentato d'introdurne l'uso; eppure pel popolo e per chi non ha paura della ventosità, è un alimento poco costoso, sano e nutriente. Interrogai in proposito una rivendugliola descrivendole questo migliaccio e le dimandai perchè non tentava di guadagnare qualche soldo con questo commercio. — Che vuole, mi rispose, è roba troppo dolce, non la mangerebbe nessuno. — O le cottarone che voi vendete non sono dolci? eppure hanno dello smercio, diss'io. Provatevi, almeno, soggiunsi; da principio volgetevi ai ragazzi, datene loro qualche pezzo in regalo per vedere se cominciassero a gustarlo e poi dietro ad essi è probabile che a poco a poco si accostino i grandi. — Ebbi un bel dire; fu lo stesso che parlare al muro.
Bucate le salsiccie colle punte di una forchetta e mettetele in tegame così intere con un poco di lardo o burro. Quando saranno cotte unite l'uva, non in quantità, a chicchi interi e fatela bollire finchè si strugga a metà. La salsiccia sola poi anziché in gratella può cuocersi intera in un tegame, con un gocciolo d'acqua.
Mettete al fuoco ogni cosa insieme e condite con sale e pepe. Voltate la carne spesso e, quando sarà rosolata, spargete sulla medesima un pizzico di farina, annaffiatela con sugo di pomodoro o conserva e tiratela a cottura con acqua versata a poco per volta. La farina serve per legare il sugo e per dargli un po' di colore; ma badate ch'essa non bruci chè altrimenti gli comunicherebbe un ingrato sapore e un colore quasi nero che il sugo non deve avere. Passatelo, e se gli darete odore con alcuni pezzetti di funghi secchi non farete che bene.
Se trattasi di riso cuocete questo nell'acqua versandola a poco per volta e a mezza cottura aggiungete il sugo e un pezzetto di burro e, prima di levarlo, un pizzico di parmigiano.
Prendete un pezzo di vitella di latte tutto unito, levato dalla coscia, e lardellatelo con presciutto grasso e magro. Legate il pezzo e salatelo poco o meglio punto perchè il troppo salato è il peggior difetto delle vivande. Steccate una cipolla con due garofani e fate un mazzetto con carota, tagliata a striscie, sedano e prezzemolo. Mettete ogni cosa in una cazzaruola con un pezzetto di burro, fate rosolare la carne e poi tiratela a cottura col brodo. Quando è cotta gettate via la cipolla e il mazzetto, passate il sugo, digrassatelo e restringetelo a parte fino a ridurlo una gelatina colla quale accompagnerete il fricandò quando lo mandate in tavola.