Il pesce va mangiato freschissimo o per lo meno perfettamente conservato con mezzi tecnici modernissimi; caso contrario non solo perde le sue doti nutritive e il suo squisito sapore, ma può arrecare gravi disturbi. Parlando di pesce conservato intendiamo però accennare a quella breve conservazione che permette al pesce di giungere da lontani punti di pesca ai mercati delle città non marittima, essendo noi, per la lunga esperienza fattane, contrari alle lunghe conservazioni in frigorifero, le quali tolgono al pesce qualsiasi sapore quando non sono causa di altre sorprese.
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nutritive e il suo squisito sapore, ma può arrecare gravi disturbi. Parlando di pesce conservato intendiamo però accennare a quella breve conservazione
La carne di manzo di buona qualità viene caratterizzata specialmente dal grasso. Un animale vecchio o mal nutrito ne è generalmente privo o se del grasso esiste, questo si presenta di un colore giallastro carico. Una buona costata ad esempio, non solo dovrà avere un ampio involucro di un grasso bianco leggermente rosato, ma dovrà avere la carne come marmorizzata da una finissima rete di grasso. Un animale di qualità scadente mancherà quasi certo di questa rete di grasso che è indizio infallibile di carne tenera e saporita.
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bianco leggermente rosato, ma dovrà avere la carne come marmorizzata da una finissima rete di grasso. Un animale di qualità scadente mancherà quasi certo
Per riconoscere il pesce un primo avvertimento, che può sembrare un paradosso: è, cioè, non affidarsi all'odorato. Un pesce anche freschissimo può tramandare un odore poco rassicurante se si sia cibato di speciali erbe marine o di qualche alimento impuro. Ma questo odore si perde immediatamente non appena il pesce sia sventrato e accuratamente lavato; mentre un pesce pescato da un mese e più, sepolto tutte le sere nel ghiaccio, dissepolto tutte le mattine e copiosamente annaffiato durante le poche ore che rimane esposto al pubblico in attesa del disgraziato che se lo porti a casa, non tramanderà, se odorato, niente di sgradevole, ma alla cottura avrà un saporaccio, le carni saranno molli, e quel che è peggio costituirà un alimento malsano, niente affatto nutriente e difficilmente digeribile. Quindi per non sbagliare quasi mai bisogna affidarsi, completamente alla vista. Quando un pesce sarà bello, novantanove volte su cento sarà anche buono.
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tramandare un odore poco rassicurante se si sia cibato di speciali erbe marine o di qualche alimento impuro. Ma questo odore si perde immediatamente non
Se la meticolosità è necessaria nell'acquisto del pesce, questa meticolosità deve essere spinta agli estremi limiti quando si tratta di crostacei e di molluschi. Aragoste, gamberi, granchi, e i frutti di mare a conchiglia come telline, vongole, ostriche ecc., vanno adoperati vivi, poichè se cucinati dopo la loro lunghissima agonia non valgono più nulla, non solo, ma possono cagionare disturbi gastrici punto desiderabili. Al contrario cotti vivi e messi poi in luogo fresco, si possono conservare ottimamente per qualche giorno senza che il loro sapore e la loro composizione venga a essere alterata. Un abilissimo gastronomo, asseriva che avrebbe più volentieri mangiato una aragosta cotta viva e poi conservata in ghiacciaia per otto giorni, anzichè una appena cotta, ma morta dopo lunga agonia. La prima infatti conserverà la carni fresche e sode, mentre la seconda presenterà una carne grigia e flaccida, alla superficie della quale si potranno talvolta osservare delle sfumature nerastre. Procuratevi quindi sempre aragoste vive, rifiutando quelle morte. Nè lasciatevi allettare dalle grossissime aragoste, perchè le loro carni sono spesso coriacee e in proporzioni misere rispetto alla mole della loro carcassa.
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cucinati dopo la loro lunghissima agonia non valgono più nulla, non solo, ma possono cagionare disturbi gastrici punto desiderabili. Al contrario cotti vivi
Il caramello — purchè non se ne abusi — non comunica sapore amaro, ed è un colorante potente e assolutamente innocuo. Esso non solamente serve per ravvivare il tono del «consommé», delle gelatine e di qualche salsa, ma è assai impiegato anche in liquoreria per la bella colorazione rosso-bruno che comunica a certi liquori.
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ravvivare il tono del «consommé», delle gelatine e di qualche salsa, ma è assai impiegato anche in liquoreria per la bella colorazione rosso-bruno che
E dopo aver fatto questo magnifico ragionamento qualcuno mette a cuocere la povera bestia, la estrae dal forno e la lascia inseccolire nella credenza. E i convitati avranno un pollo duro e senza alcun profumo. Ma allora voi direte: «Non si deve mai mangiare il pollo freddo?» Certo tra un vaso di fiori che vi piova sulla testa dal quarto piano e un pollo freddo è preferibile quest'ultimo; ma il pollo freddo dovrà soltanto essere servito occasionalmente, come ad esempio in un buffet di ballo, in una cena fredda, in un pique-nique, in una gita in mare. Però tutte le volte che si potrà servire caldo e cotto a regola d'arte non si dovrà avere la più piccola esitazione.
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. E i convitati avranno un pollo duro e senza alcun profumo. Ma allora voi direte: «Non si deve mai mangiare il pollo freddo?» Certo tra un vaso di
E non in fondo alla padella solo, ma in fondo alla teglia e in fondo alla casseruola. E che ci si trova dunque? Un piccolo tesoro che generalmente viene gettato via. Dopo aver cotto delle fettine in padella o delle «escaloppes» in teglia o anche dopo aver fatto dell'arrosto in casseruola, generalmente si ha la cattiva abitudine di rovesciare la carne sul piatto con tutto il grasso della cottura, il quale grasso il più delle volte è eccessivo e condisce in modo nauseabondo la carne preparata. Avrete osservato che nel fondo della padella o della teglia o della casseruola restano come dei piccoli grumi nerastri ai quali nessuno fa caso e che la donna di cucina lava e spreca. Ora proprio quei piccoli grumi nerastri rappresentano la parte veramente saporosa, con la quale voi potrete preparare una magnifica salsetta. Procedete dunque così: Cotta la carne, scolate via tutto il grasso e questo grasso non mandatelo in tavola, ma raccoglietelo in un tegamino, per utilizzarlo poi in qualche altra preparazione e versate nella padella o teglia o casseruola qualche cucchiaiata di brodo o d'acqua. Rimettete il recipiente sul fuoco, e con un cucchiaio di legno staccate bene i piccoli grumi. Vedrete che si scioglieranno facilmente e vi daranno un liquido nerastro che è appunto formato da una parte dei succhi della carne che si sono solidificati nel fondo durante la cottura. Se volete migliorare questo sugo potrete aggiungerci un piccolissimo pezzo di burro e un nonnulla di marsala. Ma, comunque, avrete arricchito la carne di una salsetta saporita, la quale non è certo da paragonarsi a quel lago di grasso, fatale allo stomaco, con cui molti portano in tavola la carne. Sono piccole cose, ma utili a sapersi: dei nonnulla che non vanno trascurati.
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E non in fondo alla padella solo, ma in fondo alla teglia e in fondo alla casseruola. E che ci si trova dunque? Un piccolo tesoro che generalmente
Le proporzioni e il procedimento sono uguali a quelli descritti per la farcia di pollo. Naturalmente in luogo di carne di pollame di adopererà del pesce. La qualità generalmente usata è il merluzzo, ma si può confezionare la farcia con qualsiasi altra qualità di pesce come luccio, salmone, spigola, sogliola, ecc. ecc. Anche in questo caso la rettificazione della farcia va fatta con crema di latte o con salsa besciamella fredda.
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pesce. La qualità generalmente usata è il merluzzo, ma si può confezionare la farcia con qualsiasi altra qualità di pesce come luccio, salmone, spigola
Lasciate bollire per circa un quarto d'ora finchè la zuppa sia ben ristretta e bene insaporita. Guardate allora se c'è bisogno di mettere un po' di sale, in quanto che la carne in scatola è di già per sè sufficientemente salata. Aggiungete un bel pezzetto di burro e mescolate ancora affinchè il burro si amalgami bene al pane. Tirate indietro la casseruola e condite la zuppa con due o tre cucchiaiate di parmigiano grattato, e se credete, completatela con un uovo intiero sbattuto leggermente, aggiunta che è utilissima ma non strettamente necessaria. Mescolate di nuovo affinchè tutti gli elementi si fondano in un'unica nota profumata e promettente, e scodellate la vostra zuppa. Come vedete si tratta di una cosa sbrigativa, gustosa, nutriente, che, per sopra mercato, costa molto ma molto meno della solita minestra in brodo, la quale spesso è talmente insipida da far rimpiangere i molti quattrini che costa.
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, completatela con un uovo intiero sbattuto leggermente, aggiunta che è utilissima ma non strettamente necessaria. Mescolate di nuovo affinchè tutti gli
Per sei persone sbucciate e fate in pezzi un chilogrammo di patate, mettetele in una pentola, copritele abbondantemente d'acqua e fatele cuocere. Quando saranno cotte passatele dal setaccio per rimetterle poi nella stessa acqua in cui hanno bollito. Intanto si sarà preparato un battutino con mezza cipolla, un pezzetto d'aglio, prezzemolo, un po' di sedano e un po' di carota gialla. Si insaporiscono i legumi con burro (la terza parte di un ettogrammo) sale e pepe, e quando sono appassiti si uniscono alla purè di patate. Verificate la densità e la sapidità della purè, la quale dovrà essere sufficientemente legata, ma non troppo. Nel caso fosse troppo densa si diluisca con acqua o meglio ancora con latte. Il latte è facoltativo, ma sarebbe bene aggiungerne sempre un mezzo bicchiere. In mancanza di burro si può adoperare olio o strutto, ma col burro si ottiene un risultato più fine e una minestra più profumata, la quale è anche adattatissima per i bambini. Al momento di andare in tavola si uniscono alla purè dei dadini di pane fritto.
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sufficientemente legata, ma non troppo. Nel caso fosse troppo densa si diluisca con acqua o meglio ancora con latte. Il latte è facoltativo, ma sarebbe
Questo «blanc-manger» non ha niente o quasi niente in comune con il notissimo dolce dello stesso nome. Il seguente «blanc-manger» non è propriamente un dolce ma una composizione delicatissima e nutriente, specialmente adatta per convalescenti o per bambini.
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un dolce ma una composizione delicatissima e nutriente, specialmente adatta per convalescenti o per bambini.
Nella provincia di Siviglia si aggiungono anche delle uova affogate. II «gafpacho» è molto apprezzato dai buongustai, ma — avvertiva maliziosamente Elvira de Hidalgo — può procurare una sicura indigestione ai non iniziati...
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Nella provincia di Siviglia si aggiungono anche delle uova affogate. II «gafpacho» è molto apprezzato dai buongustai, ma — avvertiva maliziosamente
Il cuscussù è un celebre piatto orientale, penetrato nei nostri paesi a traverso la cucina ebraica, di cui rappresenta anche una delle famose preparazioni. Paul e Victor Margueritte dopo un loro viaggio in Algeria scrissero brillantemente di questa tipica pietanza esotica, affermando che il cuscussù anche se preparato sapientemente, ha, portato fuori del suo ambiente caratteristico, delle inevitabili manchevolezze poichè difetterà ad esso l'ombra ospitale della ricca tenda, il fruscio dei palmizi e la nenia delle donne arabe intente a lavorare fra le dita lo speciale semolino destinato al cuscussù. Certamente i fratelli Margueritte vedono — ed è naturale —la cosa da un punto di vista piuttosto poetico; ma noi siamo d'avviso che anche facendo a meno della suggestione del paesaggio orientale, la pietanza possa ugualmente gustarsi a Parigi, a Roma o dovunque sia, senza che essa perda nulla del suo speciale carattere gastronomico. Ma questo è il punto, bisogna saperla preparare. L'Artusi con quella invidiabile disinvoltura di dilettante altrettanto inabile quanto presuntuoso che lo distingueva, ha nel suo volume accolto anche una ricetta di cuscussù ipotetico; e naturalmente questa ricetta, come tutte le altre, è assolutamente sbagliata ed empirica. E fosse solo empirica, ma è così arruffata, oscura e cervellotica che noi sfidiamo chiunque ad eseguirla con le indicazioni da lui date. Affrontiamo per Voi, la descrizione particolareggiata di questo piatto straordinario, confidando di riuscire come al solito chiari, precisi, e scrupolosi in ogni più piccolo particolare, così da mettere in grado chiunque che non abbia mai sentito parlare del cuscussù di eseguirlo alla prima e con piena sicurezza di riuscita. Come accennavamo poc'anzi, da noi il cuscussù è specialità della cucina ebraica; ma noi crediamo che esso possa con successo diffondersi anche fuori dell'ambito di questa cucina speciale, poichè si tratta in realtà di una preparazione ricca, sana e assolutamente caratteristica. Il cuscussù dovrebbe farsi con una speciale qualità di grano duro grossolanamente macinato: ciò che è in commercio col nome di farro o farricello. Ma anche nelle famiglie israelite più fedeli alle tradizioni si ricorre spesso, in mancanza dello speciale grano, al semolino a grani grossi, quello che viene distinto col nome di semolino granito. Avvertiamo però che la preparazione è indubbiamente superiore se eseguita con la prima qualità di grano da noi indicata. Per sei persone ci vorranno da tre a quattrocento grammi di semolino. Mettete il semolino in una insalatiera, dopo averlo mondato come fareste per il riso. Su questo semolino versate a poco a poco un dito d'olio e prendendo il semolino tra le mani, stropicciatelo a lungo, in modo da scioglierlo e da fargli assorbire l'olio il quale, ripetiamo, va messo in due o tre riprese. Quando ne avrete stropicciato fra le mani una piccola quantità lasciatela cadere e prendete dell'altro semolino dalla terrina, in modo che tutto riceva lo stesso trattamento.
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cuscussù. Certamente i fratelli Margueritte vedono — ed è naturale —la cosa da un punto di vista piuttosto poetico; ma noi siamo d'avviso che anche
Dopo una diecina di minuti aggiungete, sempre un po' alla volta, un dito d'acqua e una pizzicata di sale, e continuate a lavorare il semolino tra le palme, senza mai smettere, fino ad ottenerlo completamente sciolto e leggermente gonfiato. Non devono esserci grumi, ma deve risultare fluido come della rena grossolana. Questa operazione preliminare richiede almeno una mezz'ora, e, se bene eseguita, costituirà uno dei coefficienti per la riuscita della pietanza. Preparato il semolino prendete una grossa pentola. In talune città, dove l'elemento ebraico predomina, si trovano delle speciali pentole per preparare il cuscussù, dette appunto cuscussiere; e diciamo subito la ragione per la quale si richiede uno speciale utensile. Il semolino del cuscussù, infatti, non deve cuocere nell'acqua o nel brodo, ma in una pentola ermeticamente chiusa al di sopra dell'acqua o del brodo in ebollizione in modo che la cottura si faccia solo col vapore. Appunto per questo ci sono delle speciali pentole piuttosto alte, le quali nella parte superiore hanno una specie di colabrodo nel quale si mette il semolino, che poi si ricopre col coperchio della pignatta.
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palme, senza mai smettere, fino ad ottenerlo completamente sciolto e leggermente gonfiato. Non devono esserci grumi, ma deve risultare fluido come
«Prendete — è proprio Ermete Novelli che detta — moltissima cipolla, e tritatela in minutissimi pezzi. Poi ponete questa cipolla in una padella con pochissimo olio. Quando la cipolla è rosea, ben cotta, ma — per carità — non bruciata, contate due acciughe per ciascuna persona, e mettetele a soffriggere insieme alla cipolla, avendo cura, con un cucchiaio di legno, di schiacciare ben bene le acciughe.
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pochissimo olio. Quando la cipolla è rosea, ben cotta, ma — per carità — non bruciata, contate due acciughe per ciascuna persona, e mettetele a
Gli spaghetti alla amatriciana, nonostante il loro titolo provinciale, sono invece un piatto caratteristico della cucina romana, specialità ricercata di molte osterie e trattorie di Roma. Niente di più semplice. Per un Kg. di spaghetti tritate sul tagliere una cipolla con un ettogrammo di guanciale e mettete il pesto in un tegame, con una cucchiaiata di strutto. Quando il guanciale e la cipolla saranno rosolati ma non troppo, unite nel tegame mezzo chilogrammo di pomodori spellati, tagliati a pezzi e privati dei semi. Condite con sale e pepe — regolatevi col sale, che il guanciale è alquanto salato — e conducete la cottura a fuoco brillante, durante pochi minuti, fino a che il pomodoro sia cotto, ma non sfatto. Intanto mettete giù gli spaghetti, e appena arrivati di cottura, conditeli con la salsa preparata e un ettogrammo di pecorino romano grattato. La ricetta tradizionale esige il pecorino. Ma a chi non piacesse il gusto troppo piccante di questo formaggio, può usare metà pecorino e metà parmigiano, o tutto parmigiano. Il pepe deve dominare in questi spaghetti.
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e mettete il pesto in un tegame, con una cucchiaiata di strutto. Quando il guanciale e la cipolla saranno rosolati ma non troppo, unite nel tegame
Molti credono che questo tradizionale piatto napolitano sia esclusiva specialità dei «pizzaioli» e che si debba mangiarlo soltanto da loro. È un errore. La pizza alla napolitana si può fare benissimo in casa dove riesce buona come nella più accreditata pizzeria. La vera pizza alla napolitana va cotta nel forno da pane, in mezzo ad una fiamma vivace di sarmenti; ma non è detto che non si possa ottenerla anche nei nostri fornetti domestici. Per una pizza sufficiente a sei persone occorrono circa 400 grammi di pasta da pane. Chi vuol comprarla bella e pronta dal fornaio può farlo, ma noi consigliamo di confezionare la pasta in casa: ciò è molto meglio. Prendete 350 grammi di farina, disponetela a corona sulla tavola, metteteci dentro 10 grammi di lievito di birra, aggiungete un pizzico di sale, stemperate il lievito con un pochino d'acqua tiepida e impastate con altra acqua tiepida; in tutto un bicchiere. Lavorate energicamente la pasta affinchè risulti ben liscia, elastica e relativamente morbida. Poi fatene una palla e mettetela in una terrinetta, nel cui fondo avrete spolverato un po' di farina. Coprite la terrinetta e mettetela in luogo tiepido perchè la pasta possa lievitare.
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cotta nel forno da pane, in mezzo ad una fiamma vivace di sarmenti; ma non è detto che non si possa ottenerla anche nei nostri fornetti domestici. Per
Nel fritto scelto si fa invece un'accurata selezione dei vari elementi, limitandosi generalmente ad animelle, cervelli, schienali e carciofi, il tutto infarinato e poi passato nell'uovo sbattuto. Il fritto alla romana dovrebbe friggersi, per tradizione, nello strutto, ma, come abbiamo detto nel capitolo delle nozioni fondamentali, è assai preferibile friggere nell'olio, che permette di ottenere una frittura più croccante e meno grassa.
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tutto infarinato e poi passato nell'uovo sbattuto. Il fritto alla romana dovrebbe friggersi, per tradizione, nello strutto, ma, come abbiamo detto nel
Sono preparazioni facilissime, ma che pure non tutti sanno fare a dovere. Qualità indispensabile per queste preparazioni è la freschezza delle uova. Le uova fritte si possono fare con lo strutto e con l'olio; quest'ultimo è preferibile. Molte cuoche, per sbrigarsi, usano friggere più uova alla volta. È un errore, perchè facendo così il risultato viene ad
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Sono preparazioni facilissime, ma che pure non tutti sanno fare a dovere. Qualità indispensabile per queste preparazioni è la freschezza delle uova
Per sei persone prendete un chilogrammo di piselli e 700 grammi di palombo. I piselli li sbuccerete, e il palombo lo taglierete in fette di circa un dito di spessore. Non c'è bisogno di dire che il palombo va scelto freschissimo e che dev'essere completamente spellato. Mettete nella casseruola o in un tegame un poco d'olio, un poco di cipolla tagliata sottilmente e del prezzemolo, e quando la cipolla sarà bionda aggiungete i piselli, una cucchiaiata di salsa di pomodoro e acqua a sufficienza: tanta da coprire completamente i piselli. Quando questi saranno cotti aggiungete il palombo che avrete lavato ed asciugato in un tovagliolo, condite con sale ed abbondante pepe e fate bollire pianissimo e per pochi minuti perchè il palombo cuoce subito. Generalmente non c'è bisogno di aggiungere acqua perchè il palombo, contenendo ancora dell'umidità, diluisce di per sè la salsa. Ad ogni modo regolatevi, ma non mettete troppa acqua, perchè la caratteristica di questo piatto è quella di non avere una salsa eccessivamente diluita, ma densa e saporita.
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regolatevi, ma non mettete troppa acqua, perchè la caratteristica di questo piatto è quella di non avere una salsa eccessivamente diluita, ma densa e
Mettete a rinvenire in acqua fresca una piccola manata di funghi secchi, nettateli bene, e poi tritateli sul tagliere. Fateli cuocere in un pochino d'olio in cui avrete fatto soffriggere uno spicchio d'aglio, bagnandoli di quando in quando con una cucchiaiata di acqua. Conditeli con sale, pepe, e un bel ciuffo di prezzemolo trito e appena cotti metteteli a freddare in un piatto. Quando saranno freddi unite loro una o due fettine di prosciutto tagliate in pezzettini. Avrete intanto nettato le triglie, che dovranno essere piuttosto grosse, e le avrete messe ad asciugare in una salvietta. Preparate tanti fogli di carta bianca pesante per quante sono le triglie e ritagliateli con le forbici, dando ad essi la forma di cuore ma un pochino più stretta. Ungete questi fogli con olio o burro e dentro ognuno mettete un pochino di funghi e prosciutto, una triglia leggermente untata d'olio e spruzzata di sale e sopra la triglia un altro po' di funghi. Ripiegate la papillote, chiudetela pieghettandola, e continuate così per tutte le triglie. Per il modo di confezionare la papillote e di chiuderla riferitevi a quanto è detto nel capitolo delle carni, per le costolette di vitello nella papillote. Vi troverete anche un disegno esplicativo. Poco prima del pranzo allineate le papillotes in una teglia — anche la teglia va leggermente unta — e lasciate cuocere le triglie a fuoco non troppo violento per un quarto d'ora. Se avete un po' di sugo di carne, ma senza pomodoro, ne potrete mettere un mezzo cucchiaino su ogni triglia prima di chiudere la papillote. È un'aggiunta non proprio necessaria ma che comunica al pesce una maggiore finezza e una più grande sapidità. Queste triglie vanno servite in un piatto con salvietta e con il loro involucro di carta.
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. Preparate tanti fogli di carta bianca pesante per quante sono le triglie e ritagliateli con le forbici, dando ad essi la forma di cuore ma un pochino più
Il piatto classico francese è l'homard à l'americaine; ma come da noi sono più abbondanti le aragoste che i «leoni di mare» (homard), e senza dubbio più saporite, si può efficacemente adattare alle aragoste la ricetta classica. Condizione essenziale perchè la pietanza possa ben riuscire è di avere l'aragosta viva, e di spaccarla viva, per quanto questa operazione barbara ispiri una giustificabile ripugnanza. Nel prologo della sua ricetta in versi il poeta Achille Ozanne si esprime nettamente su ciò:
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Il piatto classico francese è l'homard à l'americaine; ma come da noi sono più abbondanti le aragoste che i «leoni di mare» (homard), e senza dubbio
Come le nostre lettrici sanno, vengono dette «ciriole» delle piccole anguille del Tevere, le quali hanno in Roma ammiratori fanatici. Le abbonate non romane potranno eseguire la ricetta con qualsiasi altra qualità di anguille, ma certo non otterranno il caratteristico piatto caro a molti buongustai romani.
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romane potranno eseguire la ricetta con qualsiasi altra qualità di anguille, ma certo non otterranno il caratteristico piatto caro a molti buongustai
Molti hanno la consuetudine di cuocere le seppie in un soffritto fatto di aglio pesto, prezzemolo, un'acciuga e mezzo bicchiere di vino rosso, e di aggiungere poi della conserva di pomodoro. Il sistema non è disprezzabile. Ma nel modo da noi descritto il risultato è assai più fine.
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aggiungere poi della conserva di pomodoro. Il sistema non è disprezzabile. Ma nel modo da noi descritto il risultato è assai più fine.
Qual'è il miglior taglio per l'arrosto ? quale il miglior sistema per confezionarlo ? Il miglior taglio di porco per l'arrosto è, senza dubbio, la lombata, la quale ha, sul prosciutto il pregio indiscutibile di una maggior finezza. In quanto al modo migliore per eseguire questo arrosto è questione di gusti. Ma, secondo noi, si devono bandire dalla carne ogni sorta di aromi e preparare la lombata disossandola. L'arista, è senza dubbio gustosa, ma certo l'aggiunta degli aromi come il rosmarino, l'aglio ecc. non sono fatti per conferire finezza all'arrosto. Quella di maiale è una carne così saporita, che non ha bisogno di nessun artifizio di condimenti. Disossate dunque un pezzo di lombata — per sei persone ne occorreranno circa 600 grammi — facendo passare il coltello accanto accanto alle ossa. Queste ossa rimaste, essendo ancora utilizzabili, perchè non completamente spolpate, potranno essere ottime per preparare minestroni. Legate la carne con dello spago affinchè cuocendo non si deformi, mettetela in una piccola teglia, dove vada esattamente, con un po' di strutto, sale e pepe, e cuocetela nel forno per circa un'ora. Da mangiarsi preferibilmente calda, ma buonissima anche fredda. In quanto ai contorni possono essere: una purè di patate, una purè di castagne o meglio ancora una purè di mele.
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di gusti. Ma, secondo noi, si devono bandire dalla carne ogni sorta di aromi e preparare la lombata disossandola. L'arista, è senza dubbio gustosa, ma
Del resto sembra che non arrivassero soltanto qui le bizzarrie di questo fastoso originale. Ma si vuole che la finissima biancheria da tavola portasse, artisticamente intrecciate, code di maiale, e che sulle preziose porcellane del servizio si profilasse sonnolenta e grassoccia una bella testa di porco. E non basta, chè nei giorni di gala, un autentico porco vivo, affidato alla scrupolosa cura di un domestico, unicamente incaricato della sua «persona» prendeva posto a tavola alla destra di Grimod, su uno sgabello in legno di rosa. — Troppo onore, forse — soleva dire il suo padrone — per un mangiatore di ghiande, ma non abbastanza per un cercatore di tartufi!
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Del resto sembra che non arrivassero soltanto qui le bizzarrie di questo fastoso originale. Ma si vuole che la finissima biancheria da tavola
Se credete, potrete anche cuocerli al forno, ma il primo metodo è preferibile. Quando i tordi saranno cotti (ricordatevi che la cacciagione non va cotta eccessivamente) e la panatura ben dorata, accomodate l'arrosto in un piatto, guarnendolo con delle fettine di limone e qualche ciuffo di crescione.
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Se credete, potrete anche cuocerli al forno, ma il primo metodo è preferibile. Quando i tordi saranno cotti (ricordatevi che la cacciagione non va
A quasi tutti riesce graditissimo il pollo alla diavola, il quale, a dispetto del suo nome infernale, è molto buono e si lascia mangiare senza la più piccola protesta. Sarà preferibile scegliere dei polli non troppo grossi, ma bene in carne e teneri. Dopo avere ben fiammeggiato il pollo per liberarlo dalla peluria, si mette sul tagliere con la groppa in alto, e con un coltello a punta si fende in lungo tutta la groppa. Si apre il pollo, si libera dalle interiora, ai lava e si asciuga. Fatto questo si rimette sul tagliere con la groppa tagliata in giù, e con la mano si preme sul petto, in modo da schiacciare il pollo senza tuttavia deformarlo. Si prepara un piatto con olio, sale e pepe, e con quest'olio preparato si unge bene il pollo, che si mette poi sulla gratella a fuoco piuttosto vivace. Si volta di quando in quando, e lo si unge spesso. Se il pollo è giovine, una mezz'ora di cottura è più che sufficiente. Si mette il pollo nel piatto e si guarnisce con qualche spicchio di limone. Nelle cucine di restaurant o di albergo si usa per questa preparazione una doppia gratella, nella quale il pollo rimane stretto, sì che non si volta il pollo, ma la gratella. Ma trattandosi di cucina di famiglia può bastare una semplice gratella da bistecche. Il pollo viene bene ugualmente.
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piccola protesta. Sarà preferibile scegliere dei polli non troppo grossi, ma bene in carne e teneri. Dopo avere ben fiammeggiato il pollo per
Mettete un poco di olio o di strutto in una padella e in esso fate imbiondire leggermente una cipolla di media grandezza, tagliata sottilmente. Portate la cottura su fuoco debole per impedire che la cipolla bruci senza cuocersi. Quando la cipolla è quasi cotta, aggiungete nella padella un ettogrammo di lardo tagliato in dadini. Guardate che il lardo deve diventare trasparente, ma non abbrustolirsi. Aggiungete allora un chilogrammo di patate crude tagliate in spicchi, e condite con sale e pepe, spargendo sulle patate una mezza cucchiaiata di farina. Mescolate e poi bagnate abbondantemente con del brodo, coprite e lasciate cuocere dolcemente. Regolatevi che rimanga una salsa densa, ma non eccessivamente, nel qual caso la allungherete con un altro po' di brodo. Accomodate le patate in un piatto e prima di mandarle in tavola metteteci su una buona cucchiaiata di prezzemolo trito.
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ettogrammo di lardo tagliato in dadini. Guardate che il lardo deve diventare trasparente, ma non abbrustolirsi. Aggiungete allora un chilogrammo di patate
I funghi sono certo un alimento squisito e si prestano ad un'infinità di preparazioni, una migliore dell'altra; ma, come in tutte le cose del mondo ogni medaglia ha il suo rovescio, anche per i funghi c'è un rovescio non indifferente: quello della loro tossicità, che consiglia a molti di astenersene. È vero che quasi tutte le qualità di funghi mangerecci hanno disgraziatamente un equivalente venefico; ma limitandosi alle qualità più conosciute, come gli ovoli e i porcini, e acquistando i funghi in città, dove hanno subito una verifica, si può essere tranquilli e allietare la propria mensa di un piattino di funghi, che riesce sempre tanto gradito.
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I funghi sono certo un alimento squisito e si prestano ad un'infinità di preparazioni, una migliore dell'altra; ma, come in tutte le cose del mondo
Questa torta finissima è una specialità della pasticceria viennese e prende, dalla ditta fabbricante, il nome di Sacker Tort. Naturalmente la ricetta che vi offriamo oggi è una imitazione di quella originale, ma è tra le limitazioni migliori: cosi da costituire un dolce di una finezza singolare. È la vera torta aristocratica, destinata ai palati eletti; e a questo proposito conviene aggiungere che è relativamente costosa e di un rendimento piuttosto mediocre: ma... è una cosa squisita che potrete eseguire di quando in quando allorchè avrete il desiderio di gustare o di far gustare alle vostre amiche una ghiottoneria di prima classe. Per questo genere di pasticceria il mediocre va inesorabilmente bandito; quindi tutti i componenti della torta dovranno essere sceltissimi: dal burro alla farina, dalle uova al cioccolato. La dose che stabiliamo è per una torta sufficiente a dodici porzioni regolari, tenuto conto del valore nutritivo della torta della quale sarebbe inopportuno abusare.
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che vi offriamo oggi è una imitazione di quella originale, ma è tra le limitazioni migliori: cosi da costituire un dolce di una finezza singolare. È
Per dare a questo dolce la sua caratteristica forma bisognerebbe cuocerlo in una stampa rettangolare della capacità di circa un litro e mezzo, ma non è detto che non si possa fare in una teglia della stessa capacità. La stampa va imburrata senza essere infarinata e il cake deve cuocere a forno moderato per circa tre quarti d'ora.
Il talismano della felicità
Per dare a questo dolce la sua caratteristica forma bisognerebbe cuocerlo in una stampa rettangolare della capacità di circa un litro e mezzo, ma non
Fate delle lingue di gatto, come precedentemente, ma lunghe una quindicina di centimetri, e infornatele. Appena cotte prendetene sollecitamente una alla volta e, così bollenti come sono, avvoltolatele a spirale attorno a un bastoncino un po' più grosso di un dito. I biscotti prendono facilmente la forma e possono subito essere tolti dal bastone per venire rimpiazzati da altri. Operate sollecitamente perchè se i biscotti si freddano, con tutta probabilità vi si spezzeranno.
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Fate delle lingue di gatto, come precedentemente, ma lunghe una quindicina di centimetri, e infornatele. Appena cotte prendetene sollecitamente una
Cuccete in un polsonetto 150 grammi di zucchero, fino al grado della caramella. Togliete allora il polsonetto dal fuoco e presto presto, ma con molta attenzione, perchè vi potreste scottare, per mezzo di una forchetta immergete ad uno ad uno in questo zucchero i frutti preparati e metteteli ad asciugare su una griglia da pasticceria o uno staccio di ferro. Se lo zucchero è stato cotto bene si asciugherà immediatamente formando sulle frutta una copertura lucente e croccante.
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Cuccete in un polsonetto 150 grammi di zucchero, fino al grado della caramella. Togliete allora il polsonetto dal fuoco e presto presto, ma con molta
Per fare questi zuccherini sarebbe necessario uno speciale polsonetto con becco acuminato; ma chi non deve produrne una gran quantità può utilizzare qualsiasi casseruolina, purchè ben netta. Mettete dunque in un piccolo recipiente sei cucchiaiate di zucchero in polvere, e una cucchiaiata o due di acqua. Mescolate e fate scaldare su fuoco moderato in modo che lo zucchero non debba liquefarsi completamente ma diventare appena colante. Levate allora la casseruolina dal fuoco, mettete nello zucchero tre o quattro goccie di essenza di menta, mischiate, e servendovi di un cucchiaio da tavola fate cadere sul marmo del tavolo di cucina, bene asciutto, lo zucchero a goccie regolari della grandezza di due centesimi. Quando, dopo qualche ora, queste pastiglie si saranno solidificate, staccatele con garbo con una lama di coltello, e serbatele in una scatola di latta chiusa e in luogo asciutto. Questi zuccherini possono aromatizzarsi con qualche altra essenza, e colorirsi con colori innocui da pasticceria.
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Per fare questi zuccherini sarebbe necessario uno speciale polsonetto con becco acuminato; ma chi non deve produrne una gran quantità può utilizzare
Parecchi sono i sistemi per fare lo zabaione, ma il miglior metodo, purchè trattisi di piccole quantità, è sempre quello antico, del frullo di legno. Prendete un «bagnomaria per salse», o, in mancanza di questo, un secchietto comune da latte, e per ogni rosso d'uovo metteteci un cucchiaio di zucchero e due di marsala o di vino bianco. Dovendo fare uno zabaione col frullino è consigliabile di non fare più di tre o quattro rossi d'uovo alla volta. Per maggiori quantità è meglio adoperare una frusta in fil di ferro. Si mette il recipiente in un altro recipiente più grande che contenga acqua calda. Si porta ogni cosa sul fuoco e girando il frullino fra le mani s'incomincia a lavorare lo zabaione. Per l'azione del fuoco e del frullo, l'uovo diventa dapprima spumoso, poi monta e finalmente si rapprende in una massa soffice e leggera. Non avendo il frullino potrete servirvi di una piccola frusta di fil di ferro. In questo caso è necessario lavorare in un recipiente più largo, ma sempre immerso nell'acqua calda. C'è chi fa anche lo zabaione a fuoco nudo, lavorandolo direttamente sulla brace, ma il bagnomaria è preferibile. Lo zabaione può essere aromatizzato con vainiglia, liquori forti, corteccia di arancio e di limone grattate, ecc.
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Parecchi sono i sistemi per fare lo zabaione, ma il miglior metodo, purchè trattisi di piccole quantità, è sempre quello antico, del frullo di legno
d'ore affinchè abbia il tempo di freddarsi perfettamente. Al momento di mandarlo in tavola si appoggia il timballo d'argento o la coppa di cristallo su un piatto con salvietta e si fa servire. Questa crema Malakoff è, in sostanza, una specie di «zuppa inglese», ma raffinatissima, che può tener luogo del gelato.
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su un piatto con salvietta e si fa servire. Questa crema Malakoff è, in sostanza, una specie di «zuppa inglese», ma raffinatissima, che può tener
E conserviamogli pure il nome francese, anzichè tradurlo orribilmente, come taluni fanno, con «bianco mangiare». Del resto, per chi ci tenesse, il nome italiano potrebbe essere «latte di mandorle rappreso». Ma «bianco mangiare», proprio no!
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nome italiano potrebbe essere «latte di mandorle rappreso». Ma «bianco mangiare», proprio no!
La confezione del torrone altro non è se non una cosina di pazienza non presentando nessuna seria difficoltà. Ci vogliono un paio d'ore di lavoro, forse più che meno. Se ciò vi spaventa saltate a piedi pari questa ricetta, salvo a pentirvene poi; ma se dopo la lettura di quanto segue vorrete mettere a prova la forza della vostra volontà, seguiteci pure senza preoccupazioni, e vi assicuriamo avrete un successo trionfale. Ecco le proporzioni:
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, forse più che meno. Se ciò vi spaventa saltate a piedi pari questa ricetta, salvo a pentirvene poi; ma se dopo la lettura di quanto segue vorrete
Per la cotognata propriamente detta si adopera invece la polpa delle mele. La cotognata si può fare in due modi: o mantenendola morbida come una comune marmellata o confezionandola dura come quella che si vede nelle vetrine dei pasticcieri in pani quadrati o in forme svariate. Il procedimento non offre nessuna difficoltà. Cuccete le mele intiere o in spicchi, ma senza sbucciarle (il primo modo è preferibile) e appena le mele saranno cotte ma non sfatte estraetele dall'acqua, sbucciatele e passatele dal setaccio. Raccogliete tutta la polpa, pesatela, aggiungete un uguale peso di zucchero e cuocere su fuoco moderato, sempre mescolando fino a che la marmellata abbia raggiunto il giusto grado di cottura. Ultimata la marmellata si può, secondo i gusti, aromatizzarla con qualche goccia di sugo di limone.
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offre nessuna difficoltà. Cuccete le mele intiere o in spicchi, ma senza sbucciarle (il primo modo è preferibile) e appena le mele saranno cotte ma non
Questa ricetta, che può anche essere ridotta in proporzione, necessita forse un impiego considerevole di zucchero; ma il risultato che si ottiene è veramente notevole: anche dal punto di vista della conservazione, così dello sciroppo, come della confettura.
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Questa ricetta, che può anche essere ridotta in proporzione, necessita forse un impiego considerevole di zucchero; ma il risultato che si ottiene è
Conservazione pneumatica. — La conservazione pneumatica sarebbe certo la più razionale se potesse essere alla portata di tutti. Visto che è proprio il contatto dell'aria quello che fa putrefare le uova, si è pensato di conservare queste in recipienti di cristallo o di terraglia, nei quali si fa il vuoto per mezzo della macchina pneumatica. Questo processo è usato dai grandi negozianti dell'America e dell'Inghilterra, ma non è certo praticabile nelle famiglie o in piccole aziende.
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vuoto per mezzo della macchina pneumatica. Questo processo è usato dai grandi negozianti dell'America e dell'Inghilterra, ma non è certo praticabile
I funghi migliori da scegliersi per questa preparazione sono gli ovoli, i quali dovranno essere freschissimi, sodi e intieramente chiusi. Nettate i funghi, risciacquateli, asciugateli e poi ritagliateli in grossi spicchi. Mettete una pentola di terraglia sul fuoco con sufficiente aceto bianco e abbondante sale. Appena l'aceto bollirà mettete giù i funghi e fateli bollire per cinque minuti. Trascorso questo tempo togliete la pentola dal fuoco e gettateci dentro un pizzico di pepe in granelli, un pezzetto di cannella, due spicchi d'aglio, un paio di foglie di lauro e quattro o cinque chiodini di garofani. Coprite la pentola e lasciate ogni cosa in riposo per mezz'ora. Scolate allora tutto l'aceto, che potrete destinare ad altri usi, ma che non serve più per la nostra preparazione. Accomodate i funghi in un vaso di vetro o di terraglia togliendo i due spicchi d'aglio e le due foglie d'alloro, ma lasciando il pepe, la cannella e i garofani. Ricoprite con nuovo aceto freddo, chiudete il vaso e riponetelo in dispensa.
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di garofani. Coprite la pentola e lasciate ogni cosa in riposo per mezz'ora. Scolate allora tutto l'aceto, che potrete destinare ad altri usi, ma che
È un sottaceto poco comune, ma eccellente col lesso e con l'arresto. Ed ha anche il vantaggio di potersi preparare con la massima facilità. Scegliete delle visciole di bella qualità, togliete loro il gambo, mettetele in vasetti di vetro, e ricopritele di buon aceto. Chiudete il vasetto col suo tappo e aspettate almeno un mese prima di mangiare le visciole.
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È un sottaceto poco comune, ma eccellente col lesso e con l'arresto. Ed ha anche il vantaggio di potersi preparare con la massima facilità. Scegliete
Per sponsali non si usa generalmente fare un lungo e ingombrante pranzo, ma semplicemente una colazione elegante, composta di pochi piatti sceltissimi.
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Per sponsali non si usa generalmente fare un lungo e ingombrante pranzo, ma semplicemente una colazione elegante, composta di pochi piatti
La cameriera vestirà in nero con un piccolo elegante grembiule bianco. Alcuni preferiscono che la cameriera sia coiffée di una capricciosa cuffietta a trine, ma ciò dipende dalle tradizioni della casa e — perchè no? — anche dalla figura della cameriera stessa, che quello che può dar grazia ad una figurina giovine ed armoniosa sarebbe ridicolo in una vecchia goffa. La toletta è generalmente completata da un paio di guanti di filo bianchissimi e nettissimi.
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a trine, ma ciò dipende dalle tradizioni della casa e — perchè no? — anche dalla figura della cameriera stessa, che quello che può dar grazia ad una
Queste, in linea generale, le norme da seguirsi, ma sarà la padrona di casa che, volta per volta, giudicherà sul modo migliore di predisporre il servizio. Certo se alla riuscita di un pranzo molto concorre il lavoro della cuoca, anche quello di una cameriera gentile e intelligente è un coefficiente non trascurabile di successo.
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Queste, in linea generale, le norme da seguirsi, ma sarà la padrona di casa che, volta per volta, giudicherà sul modo migliore di predisporre il
Stufatino. — I tagli sono: la «Polpa di stinco» e il «Pulcio». Il primo taglio dà uno stufatino nervoso: il secondo, no, ed è molto migliore. I macellai, generalmente non fanno, in pratica, questa distinzione, ma i due tagli sono ben diversi uno dall'altro.
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macellai, generalmente non fanno, in pratica, questa distinzione, ma i due tagli sono ben diversi uno dall'altro.