Molte erbe mangerecce si possono mangiare anche allo stato naturale, oppure condite, come ognuno sa, con sale, olio ed aceto. Però, per uso militare, è più commendevole e più igienico l'uso di quell'erbe preparate mediante la cottura nell'acqua e somministrate come alimento aggiuntivo e complementare della carne o lessa o arrostita e della minestra, specialmente quando sia costituita di riso. La cottura migliora questi legumi erbacei rammollendoli, rendendoli più sapidi, sviluppandone l'aroma, spogliandoli di quei principii acri che possono contenere ed in molti casi distruggendovi le cause (insetti, germi, ecc.) che potrebbero ingenerare danno all'economia animale.
Molte erbe mangerecce si possono mangiare anche allo stato naturale, oppure condite, come ognuno sa, con sale, olio ed aceto. Però, per uso militare
puzzo (è, come suol dirsi, carne selvatica), resta ancora carne innocua e la si potrà adoperare in caso di necessità, molto più se prima di passarla alla cottura si cosperga di polvere di carbone e, dopo un po' di tempo, si lavi con aceto.
alla cottura si cosperga di polvere di carbone e, dopo un po' di tempo, si lavi con aceto.
La medicatura per sospendere l'invasione dell'acaro e degli altri insetti consisterà nella asportazione di quella parte della forma già attaccata dal parassita, nella spazzolatura accurata della superficie di abrasione ed unzione successiva con olio. Si suggeriscono anche come efficaci mezzi di cura la lavatura del cacio con aceto, con soluzione di ipoclorito di calce o di cloruro di sodio, con alcool; le fumigazioni di acido solforoso, oppure il forte riscaldamento a bagnomaria delle forme ammalate.
cura la lavatura del cacio con aceto, con soluzione di ipoclorito di calce o di cloruro di sodio, con alcool; le fumigazioni di acido solforoso, oppure
A rigore di termine, ogni liquido alcoolico che abbia subito la fermentazione acetica, nel quale cioè l'alcool, per influenza dell'ossigeno dell'aria e di un particolare fermento chiamato Mycoderma aceti (torula ulvina, fiori dell'aceto), si sia trasformato in acido acetico, può ritenersi un aceto, ed è per questo che si conoscono, oltre che l'aceto di vino, quello di birra, di sidro, di pere, quello d'acquavite, di patate, di graminacee, ecc. Si dà ancora il nome di aceto a certi prodotti ricchi di acido acetico, quali l'aceto di legno od acido pirolegnoso (ottenuto per la distillazione secca di vegetali legnosi), e l'aceto radicale o aceto di verdetto (che è un acido acetica) più o meno
e di un particolare fermento chiamato Mycoderma aceti (torula ulvina, fiori dell'aceto), si sia trasformato in acido acetico, può ritenersi un aceto
54. — Suo uso nell'esercito e suoi caratteri. L'aceto può essere adoperato nell'esercito per più e diversi scopi: prima di tutto come condimento, se non nella confezione delle comuni razioni militari, nella preparazione di quelle modificate con qualche alimento di sostituzione richiedente una conditura acidetta (legumi, baccalà ecc.); in secondo luogo quale temperante e correttivo dell'acqua, ed in special modo durante le marcie e le gravi fatiche militari nella calda stagione ed in luoghi malarici, perchè fino ab antiquo a questa bevanda (ossicrato de' soldati romani) si attribuì virtù ristorativa, dissetante efficacissima, ed azione preservativa contro l'influenza miasmatica; in terzo luogo infine come condimento e come rimedio, specialmente di uso esterno, negli ospedali militari.
54. — Suo uso nell'esercito e suoi caratteri. L'aceto può essere adoperato nell'esercito per più e diversi scopi: prima di tutto come condimento, se
[tabella] 55. — Forza dell'aceto. Acetimetria. Siccome la bontà dell'aceto sta in ragione diretta della quantità reale di acido acetico che contiene, occorre saperne misurare la forza o ricchezza in questo principio acido caratteristico.
[tabella] 55. — Forza dell'aceto. Acetimetria. Siccome la bontà dell'aceto sta in ragione diretta della quantità reale di acido acetico che contiene
Mentre questi due ultimi prodotti acetici possono essere impiegati, come vedremo, a falsificare l'aceto propriamente detto o di vino, gli aceti a questo congeneri (di birra, di sidro, di pere, ecc.) possono essere adoprati invece a sostituirlo fraudolentemente. Da qui la necessità di conoscere i caratteri dell'aceto di vino che, come il migliore degli aceti, è quello esclusivamente richiesto per uso militare.
Mentre questi due ultimi prodotti acetici possono essere impiegati, come vedremo, a falsificare l'aceto propriamente detto o di vino, gli aceti a
L'aceto di vino è un liquido bianco-giallastro o rosso, a seconda del colore del vino da cui deriva, di odore gradevole, acetico, leggermente etereo, di sapore francamente acido, senza però essere acre, nè allegare i denti; ha una densità fra 1,018 ed 1,020, ciò che corrisponde a 2°,50-2°,75 dell'areometro di Baumé.
L'aceto di vino è un liquido bianco-giallastro o rosso, a seconda del colore del vino da cui deriva, di odore gradevole, acetico, leggermente etereo
L'aceto di vino può considerarsi un vino in cui la massima parte dell'alcool fu trasformato in acido acetico. Esso si compone di acido acetico allungato, di alcool in piccolissima quantità, di bitartrato di potassa, di tartrato di calce, di materie estrattive, di materie coloranti, di solfato di potassa in debole proporzione, e di poco cloruro di sodio e di potassio.
L'aceto di vino può considerarsi un vino in cui la massima parte dell'alcool fu trasformato in acido acetico. Esso si compone di acido acetico
di 11 di ossido sodico puro sciolti nella quantità di acqua sufficiente per formare il volume di un litro di liquido che viene colorato in bleu col tornasole. 10 cc. di tale soluzione sono neutralizzati esattamente da 4 cc. di soluzione alcalimetrica, ossia di acido solforico normale del Gay-Lussac. Una bottiglia di questo liquore accompagna sempre l'apparecchio, e ciò può risparmiarne la preparazione non facile per chicchessia. Per operare il saggio, mediante l'apposita pipetta (vedi fig. 36, 6) che porta segnata in x la capacità di 4 cc., si introduce nell'acetimetro questo volume di aceto da esaminare, il quale vi occuperà esattamente tutto lo spazio compreso almdisotto del segno circolare rappresentante lo 0 della graduazione. Ciò fatto si verserà sopra l'aceto, a grado a grado, del liquore acetimetrico inazzurrito dal tornasole, il quale arrossirà per effetto dell'acido acetico con cui si troverà a contatto. Continuando l'aggiunta del liquido reattivo, si verrà ad un punto che l'alcaalinità del medesimo avrà saturato tutta l'acidità dell'acido contenuto nell'aceto, e la mescolanza di rossa tenderà nuovamente a farsi azzurra, passando prima per il colore rosso-vinoso. Ottenuta dunque questa intonazione di colore, che accenna alla compiuta saturazione dell'acidità dell'aceto, si cesserà Fig. 36. Acetimetro Reveil - a Acetimetro - b Pipetta per misurare esattamente i 4 cc. di aceto da mettere sotto esperimento. di aggiungere il reattivo, si leggerà di quante gradazioni salì la miscela nell'acetimetro, ed il numero di esse indicherà la ricchezza in acido acetico dell'aceto esaminato, vale a dire quanti pesi di acido acetico saranno contenuti su 100 pesi di aceto. Così, per esempio, essendo la miscela montata per 8 divisioni nell'acetimetro, se ne dedurrà che l'aceto sottoposto alla prova contiene l'8 % in peso di acido acetico puro (monoidrato). Qualora si abbia a che fare con aceto troppo carico di materia colorante, sarà necessario, per apprezzar bene la reazione, di decolorarlo anticipatamente col mescolarlo a carbone animale puro per qualche tempo e filtrarlo successivamente.
saggio, mediante l'apposita pipetta (vedi fig. 36, 6) che porta segnata in x la capacità di 4 cc., si introduce nell'acetimetro questo volume di aceto
2° Altra malattia gravissima dell'aceto è la presenza delle anguillule, specie di infusori che vi si moltiplicano con rapidità straordinaria e che, più avide ancora di ossigeno dello stesso mycoderma aceti, lo possono annientare completamente, interrompendo così la regolare acidificazione dell'aceto.
2° Altra malattia gravissima dell'aceto è la presenza delle anguillule, specie di infusori che vi si moltiplicano con rapidità straordinaria e che
Oltre a queste malattie principali, l'aceto, come il vino da cui deriva, può andar soggetto ad altre alterazioni accidentali che ricorderò a suo luogo (vedi 71).
Oltre a queste malattie principali, l'aceto, come il vino da cui deriva, può andar soggetto ad altre alterazioni accidentali che ricorderò a suo
1° Esso può intorbidarsi od indebolirsi straordinariamente e fino al punto di putrefare. Tale malattia dipende da ciò: quando tutto l'alcool vi fu convertito in acido acetico per opera del micoderma, questo, fino allora mantenutosi alla superficie del liquido a funzionare da fissatore dell'ossigeno dell'atmosfera necessario a quella trasformazione, cade al fondo del vaso e continua ad assorbire ossigeno, ma non più dall'aria con la, quale non trovasi altrimenti a contatto, bensì dall'acido acetico stesso dell'aceto, trasformandolo in acqua ed acido carbonico. Compiutasi anche questa trasformazione, l'aceto, che perse tutta la sua acidità, si fa sede di fermentazione putrida.
trovasi altrimenti a contatto, bensì dall'acido acetico stesso dell'aceto, trasformandolo in acqua ed acido carbonico. Compiutasi anche questa
6° L'aceto artificiale ottenuto mescolando all'acqua dell'acido pirolegnoso e colorando poi il liquido con zucchero caramelizzato, si riconoscerà dalla mancanza dell'odore di etere aceto-enantico proprio dell'aceto naturale, dalla scarsissima quantità di residuo bruno, amarognolo, di odore empireumatico che lascerà quando sia fatto evaporare a secchezza.
6° L'aceto artificiale ottenuto mescolando all'acqua dell'acido pirolegnoso e colorando poi il liquido con zucchero caramelizzato, si riconoscerà
5° Le sostanze acri, come il pepe, il pigmento, la senape, che talora vengono aggiunte all'aceto per simularne l'acidità e comunicargli un sapore piccante, si scuopriranno saturando l'acidità naturale dell'aceto sospetto con un carbonato alcalino; qualora l'aceto sia genuino, odore e sapore acido del medesimo spariranno, mentre, se si avrà a che fare con aceto adulterato, odore e sapore della sostanza acre impiegata nella frode rimarranno e si fa-ranno anche più evidenti dopo la saturazione.
5° Le sostanze acri, come il pepe, il pigmento, la senape, che talora vengono aggiunte all'aceto per simularne l'acidità e comunicargli un sapore
4° L'acido tartarico libero che può essere aggiunto ad un aceto indebolito, si riconoscerà con soluzione satura di cloruro di bario che farà precipitare assai sensibilmente l'aceto così adulterato.
4° L'acido tartarico libero che può essere aggiunto ad un aceto indebolito, si riconoscerà con soluzione satura di cloruro di bario che farà
2° Allo scopo di rinforzare l'aceto indebolito si usa talora aggiungervi dell'acido solforico. Questa frode nociva sarà svelata dalla proprietà che acquista l'aceto così artefatto di alleghire i denti in modo notabile, e dall'abbondante precipitato che esso darà con una soluzione di cloruro di bario. Però, anche l'aceto derivante da vino gessato o quello allungato con acqua solenitosa (ricca di solfato di calce) può offrire questa reazione.
2° Allo scopo di rinforzare l'aceto indebolito si usa talora aggiungervi dell'acido solforico. Questa frode nociva sarà svelata dalla proprietà che
3° Allo stesso scopo che sopra può essere adoprato anche l'acido cloridrico. Per riconoscere nell'aceto una tale falsificazione, occorre aver presente che l'aceto puro di vino non precipita, o s'intorbida appena, con una soluzione di nitrato d'argento, mentre precipiterà abbondantemente qualora sia adulterato con l'acido in questione.
3° Allo stesso scopo che sopra può essere adoprato anche l'acido cloridrico. Per riconoscere nell'aceto una tale falsificazione, occorre aver
1° L'aggiunta dell'acqua sarà rivelata dalla poca forza dell'aceto e dalla scarsità dell'estratto che esso lascierà dopo la sua evaporazione a secchezza operata in una capsula scaldata a + 100° C a bagno-maria.
1° L'aggiunta dell'acqua sarà rivelata dalla poca forza dell'aceto e dalla scarsità dell'estratto che esso lascierà dopo la sua evaporazione a
2° Inacidimento, acescenza od acidità del vino. I vini, specialmente già invasi dal Mycoderma vini, possono essere successivamente invasi dal Mycoderma aceti (fiori, o madre di aceto) il quale, operando in presenza dell'ossigeno dell'aria, distrugge quello e produce un eccesso di acido acetico nel vino per sopraossidazione dell'alcool.
Mycoderma aceti (fiori, o madre di aceto) il quale, operando in presenza dell'ossigeno dell'aria, distrugge quello e produce un eccesso di acido acetico nel
È originario del Giappone ed à le stesse proprietà dell'altro. I semi mediante pressione danno un olio fitto molto odoroso, e colla distillazione somministrano una preziosissima essenza, nota sotto il nome di essenza di Badiana simile nei caratteri chimici e negli effetti terapeutici alle essenze più attive dalle ombrellifere nostrali. Infusi nell'acqua e fermentati se ne ottiene un liquore spiritoso, usato dagli Olandesi nella confezione di vari liquori. Sotto il medesimo nome fu conosciuto dai Greci e dai Latini. Pittagora lo pone fra i migliori condimenti tanto crudo che cotto. Emundat visum stomacumque confortat anisum, fa bello il viso e conforta lo stomaco, dice la Scuola Salernitana. Avicenna dice che corregge il cattivo alito: Orishalitum jucundiorem facit. Dioscoride osserva che i Sirii condivano coll'anice le zucche cotte nell'aceto, il che gli sembra bona cosa - quam rationem apparandi non incommodam puto. Nel 1560 le damine francesi che si dilettavano nell'arte pistoria combinavano certo pane col seme dell'anice che chiamavano Biscottum, dal quale i biscotti, i biscottini, le dame ed i cavalieri del Biscottino. Se non che, pare che il biscottinismo avesse un'origine più antica, perchè fino dai tempi di Pittagora i semi d'anice si mettevano sulla crosta del pane. Ciò non ostante alla nostra Suora Latina dobbiamo il merito della sua ristorazione.
: Orishalitum jucundiorem facit. Dioscoride osserva che i Sirii condivano coll'anice le zucche cotte nell'aceto, il che gli sembra bona cosa - quam rationem
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghi dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api. Pare che anche il cuoco di Giulio Cesare glieli apprestasse non molto stracotti, perch'egli ad esprimere la velocità d'alcun che soleva dire: citius quam asparagi coquantur. Mille sono le virtù ed i vizi che i medici assegnano agli asparagi. Sono diuretici in sommo grado, giovano nell'idrope, nelle affezioni cardiache, sono calmanti nell'orgasmo nervoso, nei dolori dei tisici, nell'insonnia, giovano contro il catarro polmonare, nella paralisi della vescica e perfino a detta del medico ateniese Chairetes contro l'idrofobia. All'incontro non sono convenienti agli isterici, agli ipocondriaci, ma sopratutto a quelli che patiscono la gotta. Albert suggerisce che mettendo la sera nel pot de chambre un paio di goccie d'aceto, colui che il giorno prima s'è fatto una scorpacciata d'asparagi si desta al mattino in un'atmosfera embaumè di violette. Altri invece assevera, che tale effetto si ottenga con un po' di essenza di trementina invece dell'aceto.
sopratutto a quelli che patiscono la gotta. Albert suggerisce che mettendo la sera nel pot de chambre un paio di goccie d'aceto, colui che il giorno
In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine, si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. In Francia è usata nelle malattie flogistiche, nella nefrite, ecc. Se ne fa succo, decotto ed infuso, duello dei fiori è alquanto aromatico. Colà pure, dalla fermentazione del sugo se ne ottiene un liquido vinoso, di sapore gradevole, di colore bruno chiaro.
In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine, si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. In
Il Broccolo è della famiglia numerosa dei cavoli. Si seminano da Aprile fino a Giugno in luna vecchia. Vuole terreno lavorato e concimato, si trapianta ingrassato nuovamente in Settembre ed Ottobre. Bisogna guardarlo dal gelo. È cibo molto saporito, ma per taluni molto indigesto. Si mangia cotto in insalata o al burro, oppure con salsa au gratin con cacio parmigiano. E companatico del tempo quaresimale. Varietà, il Cavol-fiore (botrytis) e il Cavol-rapa (gongyloides). Del broccolo e del cavol-fiore se ne mangia il fiore ancora immaturo, e del cavol-rapa se ne mangia la radice. I migliori vengono in Romagna, Sicilia e Malta, da noi celebri quelli di Tremezzina sul Iago di Como. Dei broccoli in particolare la storia non ci tramanda nulla, e tutti li confondono coi cavoli. Ecco due maniere di mangiare i broccoli o cavoli-fiori. 1.° In salsa bianca. Fate cuocere i broccoli nell'acqua salata con un pizzico di farina, e lasciateli poi sgocciolare; disponeteli ancor caldi su d'un piatto e versatevi sopra la salsa seguente : — Fate fondere in una casseruola tanto come un uovo di burro con sale e pepe aggiungendovi un cucchiaio di farina, e poco per volta, rimestando sempre, un bicchiere d'acqua bollente. Cotta la farina, ritirate la salsa dal fuoco e legatela con un tuorlo d'uovo sbattuto prima con un filo di aceto oppure con una noce di burro senza più rimettere la salsa al fuoco. — 2.° In insalata. Bolliti nell'acqua salata e sgocciolati i broccoli e asciugati con una salvietta, disponeteli in un'insalattiera. Preparata a parte la salsa di olio, aceto, capperi, due o tre acciughe e prezzemolo triti, versatela sui broccoli. — Da noi corre questo detto :
'acqua bollente. Cotta la farina, ritirate la salsa dal fuoco e legatela con un tuorlo d'uovo sbattuto prima con un filo di aceto oppure con una noce
Il suo nome dall'arabo Kappar. Arboscello ramosissimo, perenne, originario dall'Asia che da Maggio a Luglio dà moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purché riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un'albero. Tutti conoscono l'uso dei capperi, che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali. Ai primi freddi si possono raccogliere anche le frondi, farle bollire alquanto all'acqua, acciò perdano l'amaro e ben asciutte accomodarle con aceto e sale e serbarle, come il frutto, per le insalate. Il cappero è rammentato dalla Bibbia nell'Ecclesiaste. Gli antichi gli assegnavano molte virtù e ne usavano per cucina gli Egiziani ed i Romani testi Dioscoride e Plinio. È stimolante e facilita la digestione. In medicina si usa la corteccia della radice e godette già riputazione specialmente nei mali di milza. In Algeria viene usato in decotto contro l'ischiade. Forse là il capparo vi è più attivo che da noi; aveva però già notato Dioscoride che bibitur utilissime in coxarum doloribus. Esternamente la radice contusa e cotta si applica come antisettica, cicatrizzante e stomachica. La scuola di Salerno ci raccomanda: Sit tibi cappàrus solidus rubeus subamarus.
frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne
Salsa di capperi cruda. La si fà con olio fino, capperi e sugo di limone — cotta stemperate dell'inchioda in olio e burro a fuoco indi ponetevi capperi, erborine trite ed aceto.
Sauer-Kraut. — Tagliate a liste sottili le verze o gambusi, poneteli in un vaso salandole bene per ogni strato e si comprimano con grosso peso lasciandole così per 24 ore almeno, indi levate e spremute bene, si mettono a cuocere in casseruola con buon sugo o brodo, e dopo mezz'ora di cottura, vi si aggiunga un po' d'aceto con qualche grano di ginepro e si termini lentamente la cottura che deve essere non meno di quattr'ore.
aggiunga un po' d'aceto con qualche grano di ginepro e si termini lentamente la cottura che deve essere non meno di quattr'ore.
Varrone dice che cucumis viene da cucumeres a curvitate dictos, quasi circumvimeres, cioè che desumono il nome della forma. Nel linguaggio dei fiori: goffaggine. È pianta annale originaria dall'Oriente o meglio dalle Indie. Ama bon terreno a mezzodì, larghe irrigazioni. Ad ottenere grossi frutti si svetta la pianta dopo fiorita. La semente si fa nascere su letto caldo e si trapianta in Aprile in luna vecchia. Avvene molte varietà: Il bianco grosso, da insalata, il piccolo, per aceto, il giallo precoce, il tondo a pelle ruggine ricamata, che à carne fina bianchissima, il verde lungo inglese, quello d'Atene, ecc. Il citriolo à odore suo proprio, raccogliesi il frutto acerbo o mal maturo e ridotto in fette si mangia in insalata con olio, aceto, sale e pepe. I piccoli si mettono in conserva nell'aceto, per mangiarli colla carne a lesso. I citrioli sono molti indigesti — cotti i citrioli non lo sono, e si fanno farciti come le zucche e servono come guarnizione. Dei citrioli tutti ne dissero male. Fu sempre reputato un cibo difficile a digerirsi. Galeno voleva che si abolisse dai cibi dell'uomo, come la più iniqua delle vivande, e Plinio asseriva che gli restava sullo stomaco fino al giorno dopo. Nerone ne era ghiottissimo e Tiberio ne mangiava ogni giorno, ma cotti. I milanesi per dire che una cosa val poco, ànno il proverbio: la var trii cocùmer e un peveron. E per dare dell'imbecille ad alcuno lo chiamano un cocùmer. I citrioli erano una delle dolci rimembranze egiziane degli Ebrei nel deserto. Num. 11.
grosso, da insalata, il piccolo, per aceto, il giallo precoce, il tondo a pelle ruggine ricamata, che à carne fina bianchissima, il verde lungo inglese
Artemisia da Artemos, sano, per le sue qualità medicinali. Arboscello indigeno. Vuolsi originario della Siberia, è perenne, ma ogni due o tre anni bisogna cambiarlo di posto, altrimenti intristisce e muore. À fiori piccolissimi e si propaga separandone le radici. Nel linguaggio dei fiori : Basto a me. Le foglie e l'estremità tenere dei rami si mischiano all'insalata e principalmente alla lattuga. Essendo molto aromatico e piccante dà pure sapore alle carni. Col dragone si aromatizza l'aceto, al quale comunica un grato sapore. Il dragone è sempre stato considerato un sano e gratissimo profumo culinario, Dioscoride ne parla e i Greci ne ornavano i loro orti. Eccita l'appetito, dissipa le flatulenze e provoca la salivazione.
alle carni. Col dragone si aromatizza l'aceto, al quale comunica un grato sapore. Il dragone è sempre stato considerato un sano e gratissimo profumo
Columella lo mette fra i migliori legumi. I sommi Sacerdoti dell'Egitto avevano proibito ai loro credenti questo cibo, e Pittagora, professore di filosofia, non voleva che i suoi scolari ne mangiassero onde avere il silenzio necessario nella scuola. Lionbruno, grammatico, nella sua Cronica, dice che Clorinda da Ello, Bresciana, fu la prima che cocesse fagioli freschi con la scorza aggiungendovi aglio, aceto e sedano.
che Clorinda da Ello, Bresciana, fu la prima che cocesse fagioli freschi con la scorza aggiungendovi aglio, aceto e sedano.
Cornetti allo zabajone acido. — Cotti in aqua salata i cornetti, già rimondati, lasciateli sgocciolare in un crivello e poi disponeteli sopra un piatto. Tirate intanto a densità in una casseruola a fuoco, due tuorli d'ova, con due cucchiaj di zuccaro, due gusci d'aceto e due di aqua, avvertendo che non si elevi il bollore. Versate questa specie di zabaione sui cornetti e serviteli ancor caldi. (Vedi avvertenza in Cece).
piatto. Tirate intanto a densità in una casseruola a fuoco, due tuorli d'ova, con due cucchiaj di zuccaro, due gusci d'aceto e due di aqua, avvertendo che
Il suo nome dall'ebraico Ezob. È una pianticella perenne, erbacea, semi-legnosa, originaria dalla Siria, che somiglia il timo, dal quale divide le proprietà e le virtù. Si conoscono 4 varietà. Ama terreno sostanzioso, ma leggiero — si moltiplica per semi, divisioni di radici e per getti. Bisogna rinnovarla e dividerla ogni due o tre anni, perchè invecchia — à fiori tutta la state, ordinariamente bleu, qualche volta rossi e bianchi. Nel linguaggio dei fiori: purezza. Le sue foglie e le estremità fiorite ànno sapore amarognolo, caldo, aromatico, odore fragrante gradevole. Serve in cucina a dar gratissimo sapore alle carni cotte in stufato, a quelle crude che si essicano, come lingue, coppe, ecc.; aromatizza l'aceto, lo si adopera per profumeria, per medicina. À virtù tonica, stomachica, espettorante, risolutiva, vermifuga.
gratissimo sapore alle carni cotte in stufato, a quelle crude che si essicano, come lingue, coppe, ecc.; aromatizza l'aceto, lo si adopera per
Plinio dice al lib. 25 cap. 2: « Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. » Non traduco la sentenza di Plinio per rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Regum,3). I Giudei ricinsero d'isopo la spugna colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'isopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro isopo sia quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'isopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse proprietà. La massaja lo taglia in autunno lo fà seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma giusta il detto della salernitana colorisce graziosamente la faccia e dà buon umore.
colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'isopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro isopo sia
Pianticella annua conosciutissima, originaria dall'America Meridionale e venuta tardi in Italia. La sua propagazione in Europa non conta più di due secoli. Cento anni fa era appena conosciuta da noi. Vuol terreno lavorato, piuttosto asciutto, non tanto pingue e molto soleggiato. Si semina in Febbraio su letto caldo e si trapiantano le pianticelle sviluppate quando non s' abbia più a temere il freddo e la brina. La troppa vegetazione è a scapito del frutto. Avvene molte varietà. Il rosso nano precoce, abbondantissimo di frutti grossi, succosi, saporiti, di lunga conservazione dopo colti. Il mostruoso conqueror, dà frutti enormi da un chilogrammo. À fusto arboreo, così detto perchè si mantiene dritto e robusto a mo' di un alberetto senza sostegno e produce frutti grossi di un rosso assai intenso e si possono conservare più di qualunque altra varietà a frutti grossi. Il piccolo, a forma di pera, che à frutti a grappoli, sono i migliori per mettere in aceto e si conservano sospesi all'asciutto anche nel verno. Il rosso liscio, o senza coste, rimarchevole per la sua bellezza e grossezza. Il pomodoro è un frutto bello ed allegro. Ànno ragione i francesi di chiamarlo Pomme d'amour. Ancor verde, a metà maturanza , se ne fa frittura aciduletta, si mangia in insalata, si mette nell'aceto per l'inverno. Maturo, rosso, se ne fa salsa gustosissima che oramai serve in cucina per pressochè tutti gli intingoli ed anche per confettura. Il pomodoro è meglio condimento che cibo, non dà alcun nutrimento. È salubre, benchè contenendo molto acido ossalico, il suo uso troppo generoso e smodato può disporre all'ossularia, produce vertigini, ronzío, gastralgie ed altri disturbi nervosi. Dalle foglie del pomodoro se ne cava una tintura ocracea.
pera, che à frutti a grappoli, sono i migliori per mettere in aceto e si conservano sospesi all'asciutto anche nel verno. Il rosso liscio, o senza
Salsa di prezzemolo. — Pestate nel mortajo una buona manciata di prezzemolo con della mollica di pane inzuppata nell'aceto e spremuta. Passate il pastume allo staccio, unitevi quanto basta di zuccaro per addolcirlo, una piccola presa di spezie, e dell'olio per renderlo liquido a modo di salsa. Questa si chiama salsa verde e serve per il manzo, il pollame ed il pesce in bianco.
Salsa di prezzemolo. — Pestate nel mortajo una buona manciata di prezzemolo con della mollica di pane inzuppata nell'aceto e spremuta. Passate il
Rumex da rumo, io succhio, perchè i fanciulli ne succhiano le foglie e le punte addette - nel linguaggio dei fiori - Asinaggine - è perenne, dura fino a 12 anni - si semina da Marzo a tutto Settembre - preferisce terreno umido - si moltiplica per mezzo di radici. Se ne contano 21 specie. Cresce anche nelle campagne, ma è da preferirsi quella coltivata nell'orto. Si mangia quando è verde. Preparasi in varie maniere come cibo: col burro e panna, come gli spinaci, colle ova, nelle frittate, nelle salse verdi, colla carne, nelle zuppe, negli intingoli; si mescola coll'insalata, massime alla lattuga - serve a togliere il puzzore alle carni, principalmente di pecora e castrato. Varietà: - la patientia, detta anche acetosa spinacio - (nel linguaggio dei fiori Pazienza) è indigena, si semina in Marzo e Aprile, dà fiori verdicci. Le acetose servono ad uso medicinale, in decotto e sono antiscorbutiche e contengono molto acido ossalico che fra tutti gli acidi vegetabili, è il più ricco di ossigeno — convengono in tutte la malattie infiammatorie. Dall'acetosella si prepara il noto sale di tal nome. L'acetosa, a' tempi andati fù detta anche erba alleluja, perchè fiorisce verso le feste pasquali. Impastata coll'aceto e seccata serve all'occorrenza per cambiare in poco tempo il vino in aceto — masticata scioglie i denti intorpiditi per aver mangiato frutte acerbe. La sua radice seccata e bollita dà una tinta rossa. Da noi si chiama erba brusca, pan cucch, pan mojn, de la Madonna.
pasquali. Impastata coll'aceto e seccata serve all'occorrenza per cambiare in poco tempo il vino in aceto — masticata scioglie i denti intorpiditi per aver
Salsa di Cren. — Si ottiene grattando semplicemente la radice e infondendola poscia in aceto. Volendola fare più elegante, appena grattato il cren si pone nella panna a bollire, con mandorle dolci piste e con zuccaro.
Salsa di Cren. — Si ottiene grattando semplicemente la radice e infondendola poscia in aceto. Volendola fare più elegante, appena grattato il cren si
Pianta erbacea, perenna, indigena, dà grandi foglie che servono d'ornamento ai giardini e fiori piccoli bianchi in primavera. Cresce naturalmente nei luoghi umidi, ma si coltiva negli orti. Vuol terra sostanziosa, compatta, fresca, ombrosa. Si propaga per le sue radici. È chiamato anche Barbaforte, dai Francesi Moutarde des capucins, senape dei Tedeschi e Rafano di Cavallo dagli Inglesi. La radice del cren è piccante assai ed acre, è gradevole ai sani. Gratucciata minutamente ed immersa nell'aceto è ottimo condimento per l'alesso, da sola può servire come la senape a condire certi manicaretti e a conciar l'insalata. I frati molto intelligenti di gastronomia e di salse, posero il cren sotto la protezione celeste e la chiamarono Salsa di S. Bernardo. In Francia se ne prepara vino, birra e una certa specie di sciroppo. I Romani lo chiamavano armoracea, nome che ancor conserva. Al dire di Plinio, i Greci lo chiamavano Pontici armon e gli Spartani Leucen. Era celebre il cren d'Arcadia. Il rafano selvatico è eminentemente anti scorbutico, diuretico, anti reumatico. Applicato esternameate è succedaneo ai viscicanti. Raschiato supplisce la senape nei pediluvi e nei senapismi. Dissecato non perde la sua virtù. Non ultima qualità del rafano è questa che raccomandasi specialmente alle signore e alle signorine: infusa la sua radice nel latte fa sparire le macchie dal volto.
ai sani. Gratucciata minutamente ed immersa nell'aceto è ottimo condimento per l'alesso, da sola può servire come la senape a condire certi manicaretti
L'etimologia del sambuco è a desumersi dal nome dell'istrumento a cui servì primamente. Il greco sambuke ed il latino sambuca era istrumento musicale fatto a triangolo, forse la synphonia biblica, citata dal Calmet; in sostanza, la cornamusa, la nostra tiorba fatta di cannuccie di sambuco, quella stessa che adoperava Orfeo, uno dei primi Sambuciarii, per far ballare i sassi. Onde Sambucistria la ballerina, e sambucam cothurno aptare, che era l'operetta d'allora. Anche oggi i ragazzi ciuffolano come Orfeo entro la canna del sambuco. Il sambuco è un arboscello perenne delle nostre siepi, che cresce in ogni terreno. Nel linguaggio dei fiori: Umiltà, riconoscenza. Dà fiori piccoli, bianchi, ad ombrella di odore delizioso, da noi chiamati panigada. La parola panigada alcuni vogliono venga dal greco pana gatos che vuol dire ottimo - altri da panis gaudium, per il gratissimo sapore che dona al pane. I fiori cedono il posto ai frutti a forma di bache verdi in principio, nere quando sono mature, grosse quanto i frutti del ginepro ed in gran numero. I suoi fiori servono al cuoco che li frigge, al fornajo che li mescola col pane, al pasticciere che ne aromatizza le leccornie, al cantiniere che con quelli dà un sapore di moscatello al vino, principalmente il bianco, e all'aceto. Con essi si aromatizzano altresì le acque. I frutti quando sono maturi e neri servono a tingere le acque e vini senza pericolo alcuno. La polvere stessa di essi frutti disseccati, comunica ai liquidi grato sapore. Le bacche nere si mangiano talora preparate con zuccaro e droghe. Il sambuco è adoperato in medicina in molti modi. Se ne prepara un roob diaforetico, un infuso teiforme. L'odore aromatico dei fiori finisce col diventare nauseoso e nocevole aspirandolo lungamente. Plinio dice: E Sambuco vertigines sonnusque profundus. - Dal Sambuco vertigini e sonno profondo. Colle bache nere fino da' suoi tempi, le donne usavano tingersi i capelli, forse con minore risultato, ma certo con minori pericoli che oggi. In Norvegia si mangiano infuse su aceto come i citrioli. In Inghilterra se ne fa una specie di vino. I frutti sono alquanto purgativi e gradito pascolo dei merli. I rami del sambuco, scrive il cardinal Simonetta, sono preziosissimi, per fare orinare i cavalli battendo loro coi rami sotto la pancia. L'odore graveolente del sambuco, scaccia le mosche, le farfalle e gli scarafaggi. Il sugo delle cime del sambuco unito a grasso di maiale, ungendone i cavalli e gli asini allontana da loro le zanzare. Mettendone dei rami fra i cavoli si liberano dalle gatte, al qual uso servirebbe meglio l'altra specie puzzolente detta sambucus ebulus o sambuco nano, da noi conosciuto sotto il nome di ughetta, la quale scaccia pure i topi.
che con quelli dà un sapore di moscatello al vino, principalmente il bianco, e all'aceto. Con essi si aromatizzano altresì le acque. I frutti quando
Insalata di scorzonera. Pulita e bollita la scorzonera in molta aqua, perchè vi perda Tamaro, levatele il fusto centrale, tagliatela a pezzi e conditela con olio, aceto, sale, pepe e poco zuccaro. Preparate questa insalata 3 ore prima del pranzo e solo al momento di servirla, lasciate sgocciolare tutto il liquido che vi sarà raccolto al fondo, aggiungetevi olio e rimestatela bene. Così si dovrebbe pur fare per la Cicoria, l'Endivia e la Lattuga.
conditela con olio, aceto, sale, pepe e poco zuccaro. Preparate questa insalata 3 ore prima del pranzo e solo al momento di servirla, lasciate sgocciolare
Salsa di senape. Stendete in un tondo 27 grammi di senape in polvere finissima, con due pizzichi di sal fino — versatevi sopra mezzo bicchiere di bon aceto, stemperate bene il tutto con un cucchiajo di legno, lasciate fermentare per 24 ore, poi raccoglietela in una salsiera da mettere in tavola.
aceto, stemperate bene il tutto con un cucchiajo di legno, lasciate fermentare per 24 ore, poi raccoglietela in una salsiera da mettere in tavola.
I gladiatori per rinvigorirsi se ne ungevano le membra col sugo. Nel 1368 Alfonso di Castiglia aveva istituito un Ordine cavalleresco, i cui membri, si obbligavano a non mangiarne o a star lontani dalla Corte per un mese in caso di infrazione alla regola. Ora quell'Ordine non esiste più, ma è del bon ton il disprezzarlo, e a darsi poi per non intesi ogni volta che il cuoco lo adopera mascherato per regola d'etichetta. Checchè però se ne dica dagli schifiltosi, un po' d'aglio è necessario e dà sapore a molte salse e conce, ai brodi, alle carni, al salame, ecc., ed è sano. Esso aumenta l'appetito e facilita la digestione. Forse per le sue proprietà toniche ad alcuni serve come di febbrifugo. È anti epidemico. Il suo sugo, o il latte bollito col bulbo è vermifugo. Raspail lo suggerisce contro il colera. Entra nella composizione dell'aceto dei quattro ladri. A togliere all'alito il suo odore vuolsi che giovi il masticar prezzemolo, fave fresche, foglie di ruta similmente fresche e la bieta cotta sotto la cenere. Un bulbo d'aglio schiacciato applicato ai calli, dopo un pediluvio prolungato, li leva facilmente.
col bulbo è vermifugo. Raspail lo suggerisce contro il colera. Entra nella composizione dell'aceto dei quattro ladri. A togliere all'alito il suo