PER LEGARE LE SALSE. — Abbiamo visto che le salse veramente utili in una cucina casalinga sono le piccole salse da prepararsi al momento. Anche in questo campo ciò che si richiede è un po' di genialità; e voi vedrete che man mano riuscirete con un lavoro minimo a completare le vostre pietanzine con le più appetitose salsette. In altra parte del volume vi abbiamo raccomandato di non mandar sprecato «quel che si trova in fondo alla padella». Vi abbiamo anche detto che dopo aver scolato il grasso basterà bagnare il fondo della cottura con un ramaiolo di brodo o d'acqua, e mescolare, staccando i residui con un cucchiaio di legno, per avere la base di una eccellente salsa. Ma, come sapete, le salse debbono essere un po' dense, o come si dice con parola tecnica «legate». Per legare sollecitamente una salsa ci sono due mezzi: la fecola di patate o il burro maneggiato. Mettete nel primo caso un cucchiaino di fecola di patate in una tazza e scioglietela con un dito d'acqua fredda. Quando la salsa bollirà versateci con la mano sinistra un pochino della fecola disciolta, mentre con un cucchiaio di legno, tenuto nella mano destra mescolerete la salsa. Vedrete che ben presto la salsa si addenserà. Fate dare ancora un bollo e poi toglietela dal fuoco, per finirla, secondo le occorrenze, con del burro, o del Marsala, ecc. Bisogna fare attenzione di mettere poca fecola alla volta, perchè mettendone in eccesso si correrebbe il rischio di avere una salsa troppo densa e di doverla poi risciogliere con altro brodo o acqua. Se volete esperimentare anche il sistema del burro maneggiato procederete così: prendete, a seconda dalla quantità della salsa, un pezzo di burro più o meno grande; ad esempio la quarta parte di un panino da un ettogrammo. Mettete questo burro sulla tavola di cucina o in un piatto e versateci sopra una cucchiaiata di farina comune. Con le mani o con la lama di coltello impastate burro e farina in modo da unirli perfettamente. Mettete questo burro preparato nella salsa, mescolate, lasciate bollire pochi minuti ed avrete ottenuto il vostro scopo. Anche qui è bene non eccedere in burro maneggiato, ma di metterne un po' alla volta fino a che la salsa abbia raggiunto la densità necessaria.
abbiamo anche detto che dopo aver scolato il grasso basterà bagnare il fondo della cottura con un ramaiolo di brodo o d'acqua, e mescolare, staccando i
Volendo fare questa minestra ancor più economicamente potrete bagnare il burro e la farina con tre quarti di litro di acqua, e poi completarla con un solo bicchiere di latte.
Volendo fare questa minestra ancor più economicamente potrete bagnare il burro e la farina con tre quarti di litro di acqua, e poi completarla con un
Per sei persone comperate un chilogrammo di corata di maiale mista Dovrà esserci del polmone, del cuore, del fegato, della milza. Alcuni consigliano anche l'aggiunta di qualche pezzo di rognone e di qualche cotenna fresca. Approviamo la cotenna mentre non sapremmo molto approvare l'aggiunta del rognone che può avere talvolta un gusto sgradevole e rovinare la zuppa, la quale è veramente ottima e nutriente. Se desiderate aggiungere la cotenna sarà bene che, dopo averla ben nettata, le facciate subire una mezza cottura ad evitare che rimanga troppo dura. Mettete la corata sul tagliere e dividetela in piccoli pezzi, della grandezza di una nocciola. Prendete una casseruola, metteteci una cucchiaiata di strutto e, quando lo strutto sarà caldo, mettete giù la corata in pezzi. Fatela ben rosolare su fuoco piuttosto vivace, fino ad averla ben scura, conditela con sale, abbondante pepe, o, per essere più in armonia con la tradizione napolitana, con qualche pezzetto di peperoncino, dovendo questa zuppa essere di sapore molto piccante. Quando sarà rosolata, potrete, ma non è di rigore, bagnare la corata con mezzo bicchiere di vino. Dopo questa prima parte dell'operazione, aggiungete nella casseruola un pizzico di rosmarino, una mezza foglia di lauro spezzettata e un paio di cucchiaiate di salsa di pomodoro o un po' di conserva nera diluita in un dito d'acqua calda. Mescolate bene col cucchiaio e poi, dopo qualche minuto, aggiungete circa un litro di acqua. Coprite la casseruola e continuate la cottura con fuoco più moderato, di modo che essa possa compiersi dolcemente: per la qualcosa occorrerà, su per giù, un'ora. Se avrete prelessate le cotenne, tagliate anche queste in pezzetti e aggiungetele alla corata. Preparate intanto sei scodelle con dentro qualche fettina di pane abbrustolito, e quando la corata sarà cotta distribuitela nelle scodelle col suo sugo. Questo sugo dovrà essere nè troppo denso, nè troppo liquido. Nel primo caso converrà aggiungere ancora un poco d'acqua, nel secondo far bollire a fuoco forte per ottenere quella quantità sufficiente per bagnare il pane.
sarà rosolata, potrete, ma non è di rigore, bagnare la corata con mezzo bicchiere di vino. Dopo questa prima parte dell'operazione, aggiungete nella
Queste tagliatelle, vanto della succolenta cucina bolognese, sono poco conosciute fuori della cerchia delle due torri. A differenza di tutte le abituali paste all'uovo che si confezionano in famiglia, codeste tagliatelle sono colorate in verde mediante una piccola aggiunta di spinaci passati al setaccio i quali, oltre all'assicurare alla pasta il caratteristico colore, le comunicano anche un sapore tutto particolare. Di spinaci non ne occorrono molti. Dopo aver lessato come al solito un mazzo di spinaci ne prenderete, per la pasta, una quantità come una piccola mela, li spremerete energicamente per liberarli il più possibile dall'acqua e li passerete a setaccio. Molti si accontentano di tritare gli spinaci lessi sul tagliere, ma in questo caso la pasta non risulta abbastanza fine. Mettete sulla tavola di cucina da trecento a quattrocento grammi di farina, fate la fontana, rompete nel mezzo tre uova, aggiungete gli spinaci passati, un pizzico di sale e impastate il tutto come per la solita pasta all'uovo. È difficile precisare dosi esatte per la farina perchè alcune qualità assorbono più ed altre meno. Regolatevi per il meglio, cercando di ottenere una pasta piuttosto dura e ben lavorata. Stendetela in una o due sfoglie non troppo sottili e mettete ad asciugare le sfoglie su una tovaglia leggermente infarinata. Siccome gli spinaci comunicano un po' di umidità alla pasta, ci vorrà un pochino più di tempo prima che questa asciughi in modo che si possa tagliare senza che si attacchi. Quando dunque vedrete che la pasta è bene asciutta, spolverizzatela di farina, arrotolatela su se stessa e ritagliatela in tante fettuccine di un mezzo centimetro abbondante. Aprite le tagliatelle, e raccoglietele in un vassoio con salvietta perchè finiscano di asciugare. Fatte le tagliatelle bisogna preparare il sugo alla bolognese, il quale, anche, è un po' diverso dal solito sugo di umido. Per la quantità di pasta da noi data e che può bastare a quattro o cinque persone, prendete 150 grammi di carne magra di manzo e tritatela sul tagliere, o meglio passatela alla macchinetta con 50 grammi di pancetta salata (ventresca). Mettete sul fuoco una casseruola con 50 grammi di burro, una cipolla, una carota gialla e una costola di sedano, il tutto minutamente tritato, aggiungete la carne col grasso di maiale, un chiodo di garofano, e fate rosolare finchè carne e legumi abbiano preso un colore piuttosto scuro. Bagnate allora con un po' di brodo o acqua, condite con un po' di sale, aggiungete un cucchiaino da caffè — non più — di conserva di pomodoro, mescolate, coprite la casseruola e fate cuocere pian piano su fuoco moderato. C'è una tradizione bolognese più raffinata che consiglia di bagnare l'intingolo con latte invece che con brodo o acqua. È questione di gusti... e di spesa. Certo è che l'aggiunta di latte comunica alla salsa una maggiore finezza. Quando l'intingolo avrà sobollito per una mezz'ora si potranno aggiungere qualche fegatino di pollo, qualche dadino di prosciutto, qualche fungo secco fatto rinvenire in acqua fredda e qualche fettina di tartufo bianco. Ma tutte queste aggiunte sono facoltative e se ne potrà fare benissimo a meno, ottenendo ugualmente un ottimo risultato. Ultimata anche la salsa, lessate le tagliatelle, scolatele e conditele con l'intingolo, aggiungendo ancora qualche pezzetto di burro e del parmigiano grattato. Potrete mangiarle subito, o meglio lasciarle stufare un pochino nella terrina, coperte e vicine al fuoco affinchè possano insaporirsi meglio. Potendo disporre di qualche cucchiaiata di crema di latte, si può unire alla salsa al momento di condire le tagliatelle. In questo caso non è necessaria l'aggiunta del burro. Ci sono infine altri che dopo aver fatto arrosolare legumi e carne, prima di bagnarli col brodo, l'acqua o il latte, aggiungono nella casseruola una cucchiaiata di farina che serve a legare di più l'intingolo. Queste, le tagliatelle verdi. Crediamo inutile soffermarci sulle comuni tagliatelle alla bolognese, poinon differiscono dalle precedenti che per essere fatte con pasta all' uovo senza spinaci, fermo restando tutto il resto.
consiglia di bagnare l'intingolo con latte invece che con brodo o acqua. È questione di gusti... e di spesa. Certo è che l'aggiunta di latte comunica alla
Per quattro persone prendete una grossissima cipolla. Non abbiate paura di metterne troppa, perchè questa è una caratteristica della pietanza. Se lia cipolla non è grossissima ne metterete due. Tagliuzzate finemente la cipolla, nella quale operazione vi raccomandiamo, nel caso che qualche lacrima intempestiva vi sorgesse negli occhi, di non mandarci una benedizione. Mettete la cipolla in una casseruola con poco olio e fate cuocere adagio adagio, avvertendo di bagnare di quando in quando la cipolla con qualche cucchiaiata d'acqua, in modo che possa cuocere perfettamente senza bruciare. Quando la cipolla sarà sfatta e leggermente imbiondita mettete nella casseruola otto acciughe lavate e spinate e con un cucchiaio di legno schiacciatele in modo da ridurle in poltiglia. Aggiungete adesso un paio di cucchiaiate di salsa di pomodoro densa, bagnate con un poco d'acqua e lasciate cuocere aggiungendo due o tre cucchiaiate di prezzemolo, e una foglia di salvia. Quando la salsa sarà addensata mettete nella casseruola 400 grammi di riso mondato, bagnate con mezzo bicchiere di vino bianco, e quando il vino si sarà asciugato, coprite il riso con acqua e lasciate cuocere dolcemente, mescolando di quando in quando. Verificate la sapidità aggiungendo nel caso un po' di sale, e appena il riso sarà cotto, conditelo con parmigiano grattato, o meglio metà parmigiano e metà pecorino. Ultimate con un buon pizzico di pepe e fate portare in tavola.
, avvertendo di bagnare di quando in quando la cipolla con qualche cucchiaiata d'acqua, in modo che possa cuocere perfettamente senza bruciare. Quando
Quanti sono i modi di preparare la zuppa di pesce ? Nessuno potrebbe dirlo con precisione, visto che ogni paese ha il suo metodo caratteristico. Generalmente questi metodi non differiscono che per alcuni particolari trascurabili, ma talvolta si hanno procedimenti affatto diversi che conducono, di conseguenza, a risultanze diverse. Le qualità di pesce che si possono adoperare per zuppa sono infinite; e bisogna tenere presente che quante più varietà si saranno usate, tanto più buona e profumata riuscirà la pietanza. Generalmente si adoperano: il merluzzo, il palombo, la spigola, l'ombrina, la dorata, l'occhiata, la murena, il gronco, il S. Pietro, il martino, lo scrofano, il cefalo, il cappone, la seppia, l'aragosta, ecc. Il pesce va nettato con ogni cura, lavato bene, e tagliato in pezzi piuttosto grossi. Le seppie si tagliano in liste, e le aragoste, si fanno, a seconda della grandezza, in quattro o sei pezzi. Mentre preparerete i pesci, potrete togliere loro le teste e le code che farete cuocere a parte in un po' di acqua; vi servirete così di questo brodo invece dell'acqua per bagnare poi la zuppa. Per sei persone occorreranno circa due chilogrammi di pesce. Scegliete una teglia di rame in cui il pesce possa cuocere comodamente in un solo strato, versateci mezzo bicchiere di olio e mettete sul fuoco. Intanto avrete pestato insieme mezzo spicchio d'aglio, tre alici, lavate e spinate, e un pezzetto di peperoncino e avrete sciolto il tutto con mezzo bicchiere di vino bianco. Quando l'olio sarà caldo gettatevi dentro il pesto sciolto nel vino, e fate cuocere a fuoco forte per qualche minuto. Aggiungete una buona cucchiaiata di salsa di pomodoro, [immagine: particolare decorativo] o quattro o cinque pomodori spellati e senza semi, e quindi versate nella teglia le seppie, che lascierete cuocere adagio adagio fino quasi a completa cottura. Se le seppie non avessero sufficiente bagno vi servirete del brodo preparato, o d'un po' d'acqua. Venti minuti prima di andare in tavola accomodate le altre qualità di pesce nella teglia, aggiungete il rimanente brodo o dell'acqua calda, e fate cuocere per un quarto d'ora, verificando se l'intingolo sta bene di sale. Avrete preparata una zuppiera con delle fette di pane abbrustolito. Disponetevi con garbo il pesce, bagnate col brodo, spargete sul pesce un po' di prezzemolo tritato, e aggiungete una trentina di belle vongole, ben lavate, e fatte aprire sul fuoco, in una padellina con un po' d'olio.
servirete così di questo brodo invece dell'acqua per bagnare poi la zuppa. Per sei persone occorreranno circa due chilogrammi di pesce. Scegliete una teglia
Per il pesce bollito non ci sono difficoltà. È meglio sempre servire un pesce grande che due o più pesci piccoli, e di preferenza una spigola. Il pesce va messo a cuocere con acqua fredda e qualche aroma come cipolla, carota gialla, prezzemolo, sedano, ecc., e va portato fino all'ebollizione dopo di che si tira la pesciera sull'angolo del fornello e si lascia finir di cuocere insensibilmente il pesce per un tempo proporzionato alla sua grandezza, ma pian piano, poichè un bollore tumultuoso oltre a rendere la carne meno sapida e tenera, lacererebbe irrimediabilmente tutta la pelle, rendendo il pesce di brutto aspetto. Per alcune qualità molto fini di pesce, come per esempio la trota o il salmone, la grande cucina usa invece dell'acqua semplice, uno speciale bagno detto «court bouillon». Per tre litri di bagno tagliuzzare tre cipolle e due carote gialle e farle appassire in una casseruola con un po' di burro. Aggiungere sedano, prezzemolo, una pizzicata di pepe in granelli e bagnare con due litri d'acqua e un litro di vino bianco. Sale in proporzione. Lasciare cuocere dolcemente per tre quarti d'ora, passare il bagno da un colabrodo e lasciarlo freddare. Metterlo poi nella pesciera, immergervi il pesce e procedere come si è detto più sopra. Il pesce si serve caldo in un piatto con salvietta, guarnendolo con delle patate piuttosto piccole lessate, degli spicchi di limone e qualche rametto di prezzemolo.
con un po' di burro. Aggiungere sedano, prezzemolo, una pizzicata di pepe in granelli e bagnare con due litri d'acqua e un litro di vino bianco. Sale
Per questa preparazione sono da preferirsi le triglie piccole. Si nettano accuratamente, si risciacquano e si asciugano in una salvietta. Si mette un po' d'olio in una teglia e vi si allineano le triglie in un solo strato. Si condiscono con sale, pepe, qualche pezzetto di pomodoro senza pelle e senza semi, una puntina d'aglio, prezzemolo trito, un pizzico di coriandoli, una presina di zafferano, un rametto di timo e una mezza foglia di alloro. Bagnare con un bicchiere di vino bianco, e lasciar cuocere insensibilmente per cinque o sei minuti. Lasciar freddare le triglie nella teglia. Estrarle, accomodarle in un piatto e poi passare la cottura, da un setaccio o da un colabrodo e versarla sulle triglie. Guarnire il piatto con delle mezze fettine di limone, alle quali si toglieranno la buccia e i semi.
. Bagnare con un bicchiere di vino bianco, e lasciar cuocere insensibilmente per cinque o sei minuti. Lasciar freddare le triglie nella teglia. Estrarle
Prendere dunque l'aragosta, tagliarle da prima le zampe, tagliarle poi la coda in cinque o sei pezzi e spaccare la carcassa in due parti in lungo, togliere gli intestini e il budellino terroso. Mettere in una casseruola un po' d'olio, e soffriggere in esso per qualche minuto un quarto di cipolla, un pochino di sedano, un po' di carota gialla, una puntina d'aglio, un pezzettino di lauro, il tutto tritato. Aggiungere allora l'aragosta e far cuocere fino a che i pezzi abbiano preso un bel color rosso. Sgocciolar via una metà dell'olio, e bagnare con un bicchiere di vino bianco. Aggiungere una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro, un pizzico di pepe e un po' di sale. Coprire e lasciar cuocere circa un quarto d'ora. Accomodare i pezzi di aragosta nel piatto, passare la salsa da un setaccino e finirla con qualche pezzetto di burro. Versare la salsa sull'aragosta e ultimare la vivanda con una cucchiaiata di prezzemolo trito. Per sei persone occorrono un paio di aragoste del peso di circa mezzo chilogrammo l'una.
cuocere fino a che i pezzi abbiano preso un bel color rosso. Sgocciolar via una metà dell'olio, e bagnare con un bicchiere di vino bianco. Aggiungere una
Per sei persone occorrono 300 grammi di riso. Mettete a soffriggere mezza cipolla con un pochino d'olio, e quando sarà imbiondita aggiungete una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro. Mescolate, bagnate con un pochino d'acqua e quando la salsa sarà cotta mettete giù il riso, conditelo con sale e pepe, bagnatelo con acqua e fatelo cuocere, ma non troppo. Togliete via la casseruola dal fuoco, mischiate nel riso un uovo sbattuto, mescolate e travasate il riso in un piatto grande per lasciarlo freddare. Prendete adesso 300 grammi di pesce spada, tagliatelo in fette spesse un dito e ritagliate le fette in tanti dadi piuttosto grossi. Fate una salsetta densa con un po' d'olio, uno spicchio d'aglio (che poi toglierete via) e un po' di pomodoro; e in essa cuocete i dadi di pesce spada, che condirete con sale e pepe. Dopo pochi minuti il pesce sarà cotto, e potrete anche metterlo a freddare. Se vorrete rendere il budino ancor più elegante e gustoso potrete cuocere anche un pugno di funghi secchi, o meglio ancora due o trecento grammi di funghi porcini freschi, che preparerete, come al solito, con aglio, olio e pochissimo pomodoro, sale e pepe. Avendo pronti tutti questi ingredienti prendete una stampa da budino liscia, senza buco in mezzo e della capacità di un paio di litri. In mancanza della stampa può servire una casseruola. Imburrate abbondantemente la stampa e versateci dentro un pugno di pane pestato molto fino. Girate la stampa in tutti i versi affinchè il pane si attacchi da per tutto, e poi rovesciatela per far cadere il superfluo del pane. Sbattete un uovo, versatelo nella stampa e girandola nuovamente fate che l'uovo vada a bagnare tutto il pane. Fatto ciò, mettete ancora del pane pesto ripetendo l'impanatura. Preparata così la stampa, mettete giù il riso freddo, a cucchiaiate; e con un cucchiaio di legno disponete il riso sul fondo e intorno intorno alla parete in modo da lasciare un vuoto nell'interno. In questo vuoto metterete il pesce spada con la sua salsa che — ripetiamo — deve essere molto densa, i funghi (se li averete adoperati) e qualche ciuffetto di prezzemolo. Battete pian piano la stampa sopra uno strofinaccio ripiegato affinchè il budino possa aderire perfettamente alle pareti della stampa stessa senza lasciare vuoti, e con un po' di riso, che avrete lasciato da parte, fate il coperchio al budino. Spolverizzateci sopra un po' di pane grattato, mettete tre o quattro pezzettini di burro, e cuocete in forno di calore moderato per circa tre quarti d'ora, per dar modo al pane di fare una bella crosta dorata. Levate il budino dal forno, lasciatelo riposare per cinque minuti, e poi sformatelo sopra un piatto rotondo. Lo troverete eccellente.
vada a bagnare tutto il pane. Fatto ciò, mettete ancora del pane pesto ripetendo l'impanatura. Preparata così la stampa, mettete giù il riso freddo, a
Calcolate una costoletta a persona. Togliete un po' di grasso intorno intorno — grasso che potrete utilizzare per condimento in minestre d'erbe o minestroni — e poi con un coltello tagliente aprite in due la costoletta. L'operazione riesce facilmente appoggiando la mano sinistra sulla costoletta e tagliando con attenzione nel mezzo dello spessore, tenendo il coltello bene orizzontale. Estendete il taglio fin quasi all'osso, in modo da ottenere come un libriccino. Per sei costolette avrete intanto tagliato in fette sottili mezzo ettogrammo di formaggio fresco, come fontina, provatura, mozzarella, marzolina, ecc. e qualche fettina di prosciutto, o di mortadella di Bologna — meno di mezzo ettogrammo in tutto. Aprite le costolette, mettete bene nell'interno una fettina di formaggio e una di prosciutto o di mortadella, un nonnulla di noce moscata, poco sale e poco pepe. Richiudete le costolette in modo che le due parti tagliate combacino perfettamente, e poi con il batticarne o un grosso coltello battete leggermente la costoletta così da spianare un poco la carne e riunire ancor meglio il tutto. Passate poi con attenzione le costolette nell'uovo sbattuto, avendo cura di bagnare bene anche il bordo tagliato, e poi impanatele. Appoggiate bene l'impanatura con una lama di coltello, e non trascurate di passare la lama anche intorno intorno per evitare che friggendo le costolette abbiano ad aprirsi. Friggetele nell'olio o nello strutto a fuoco moderato, affinchè le costolette abbiano il tempo di cuocersi bene nell'interno e di colorirsi.
spianare un poco la carne e riunire ancor meglio il tutto. Passate poi con attenzione le costolette nell'uovo sbattuto, avendo cura di bagnare bene
Prendete quel numero di rane occorrenti e che siano state naturalmente spellate e accuratamente risciacquate. Staccate tutte le coscie e mettetele da parte in acqua fredda. Il resto delle carcasse avanzate serviranno a preparare la salsa. Prendete dunque una casseruola, metteteci un dito d'olio, un po' di cipolla tritata fina e un pezzettino d'aglio schiacciato. Quando la cipolla sarà bionda bagnatela con un dito di vino bianco e quando l'umidità del vino sarà evaporata, aggiungete le carcasse delle rane, sale, pepe e un pizzico di funghi secchi. Bagnate tutto ciò con sufficiente acqua e — avendolo a disposizione — del brodo di pesce; coprite la casseruola e lasciate bollire per circa un'ora a fuoco moderato in modo da avere un brodo gustoso ed aromatico. Passate questo brodo da un colabrodo e raccoglietelo in un'altra casseruola, regolandovi che il liquido non sia però eccessivo, nel qual caso usatene meno della intiera quantità. In questo brodo mettete le coscie delle rane; dopo averle asciugate e infarinate e fatele cuocere su fuoco moderatomescolando di quando in quando. A cottura completa aggiungete nella salsa una cucchiaiata di prezzemolo e poi, fuori del fuoco, uno o due rossi d'uovo che avrete sciolto con un pochino d'acqua. Mescolate e tenete in caldo vicino al fuoco. Avrete preparato intanto dei crostini di pane fritti o anche tostati sulla gratella. Accomodate i crostini nel piatto di servizio e su essi versate le coscie delle rane col loro intingolo il quale, ripetiamo, non deve essere troppo liquido, nè troppo abbondante, ma deve formare una gustosa salsa piuttosto legata, e in quantità tale da bagnare i crostini. Invece di sciogliere i rossi d'uovo con la sola acqua si possono sciogliere anche con il sugo di mezzo limone.
, ripetiamo, non deve essere troppo liquido, nè troppo abbondante, ma deve formare una gustosa salsa piuttosto legata, e in quantità tale da bagnare i
C'è un liquore gradevolissimo, l'alchermes, che caduto nelle mani di speculatori e di inesperti è a poco a poco diventato un vero veleno. Specialmente quello che molti pasticceri adoperano giornalmente per bagnare torte, diplomatici, zuppe inglesi, ecc., ha un orribile sapore dove unica nota dominante è il garofano. Eppure niente di più stomatico di un bicchierino di buon alchermes. Questo liquore così ingiustamente detronizzato da tante altre specialità venute dopo, ha un'origine illustre poichè sembra debba attribuirsi a Caterina dÈ Medici, che lo fece conoscere per la prima volta alla Corte di Francia. Alla manipolazione pare non fosse estraneo il profumiere e alchimista della regina, Roggieri, ma comunque sia, alla nobile famiglia medicea restò attribuita la creazione di questo elixir che, Leone X e Clemente VII ambedue della Casa Medici, chiamarono «Elixir di lunga Vita», e di cui il segreto di fabbricazione venne gelosamente custodito nella nobile famiglia, tanto che in Francia lo si chiamò «Liquore dei Medici». Mettete in un mortaio e pestate le seguenti droghe:
. Specialmente quello che molti pasticceri adoperano giornalmente per bagnare torte, diplomatici, zuppe inglesi, ecc., ha un orribile sapore dove unica nota
I fichi migliori per seccare sono quelli calabresi. Ma si possono fare ugualmente bene con altre qualità. I fichi debbono essere raccolti a buona maturità — in Calabria si dice: fichi con la cammisa sciancata, ossia con la buccia lacerata in più punti. Non si sbucciano, e si aprono in due con le mani, verticalmente, dal sotto in su, in modo da non separarli, ma lasciandoli uniti per il picciolo. Fatto questo si mettono al sole su graticci di canna, sì che la parte interna del fico sia quella che rimane esposta al sole. Dopo un giorno si voltano e si rimettono al sole, e si ripete l'operazione per tanti giorni fino a che il fico avrà assunto quella speciale consistenza che caratterizza questa preparazione. In agosto, e nei paesi molto caldi, occorreranno circa sei giorni. Alla sera è bene ritirare i graticci in casa, facendo attenzione che una pioggia improvvisa, non infrequente nell'estate, li abbia a bagnare. Quando saranno pronti si richiudono, si premono con le dita per riunirli bene e s'infilzano su spiedini di canna, oppure si lasciano sciolti. Dopo ciò si può procedere alla disinfezione, cosa che a rigor di termini non è necessarissima, ma che è bene fare. Per procedere a questa operazione si mette a bollire dell'acqua in un caldaio. Si raccolgono tutti i fichi infilzati legando tra loro le estremità delle canne, e si tuffano per un attimo nell'acqua bollente. Si lasciano scolare un poco e si rimettono al sole per un'altra mezza giornata. Se i fichi non sono stati infilzati, si mettono in un grande scolamaccheroni e, tenendo questo per i manici, si tuffano nell'acqua bollente mettendoli poi ad asciugare come si è detto più sopra. I fichi sciolti poi si accomodano nelle cestine. Se invece si volessero passare i fichi nel forno, appena chiusi si dispongono su delle grandi lastre di latta e si passano a forno leggero per un po' di tempo. Dopo avere disinfettato i fichi nell'acqua bollente è bene, riesponendoli al sole, di coprirli con dei veli, affinchè le mosche non abbiano più ad insudiciarli.
'estate, li abbia a bagnare. Quando saranno pronti si richiudono, si premono con le dita per riunirli bene e s'infilzano su spiedini di canna, oppure si