Queste tagliatelle, vanto della succolenta cucina bolognese, sono poco conosciute fuori della cerchia delle due torri. A differenza di tutte le abituali paste all'uovo che si confezionano in famiglia, codeste tagliatelle sono colorate in verde mediante una piccola aggiunta di spinaci passati al setaccio i quali, oltre all'assicurare alla pasta il caratteristico colore, le comunicano anche un sapore tutto particolare. Di spinaci non ne occorrono molti. Dopo aver lessato come al solito un mazzo di spinaci ne prenderete, per la pasta, una quantità come una piccola mela, li spremerete energicamente per liberarli il più possibile dall'acqua e li passerete a setaccio. Molti si accontentano di tritare gli spinaci lessi sul tagliere, ma in questo caso la pasta non risulta abbastanza fine. Mettete sulla tavola di cucina da trecento a quattrocento grammi di farina, fate la fontana, rompete nel mezzo tre uova, aggiungete gli spinaci passati, un pizzico di sale e impastate il tutto come per la solita pasta all'uovo. È difficile precisare dosi esatte per la farina perchè alcune qualità assorbono più ed altre meno. Regolatevi per il meglio, cercando di ottenere una pasta piuttosto dura e ben lavorata. Stendetela in una o due sfoglie non troppo sottili e mettete ad asciugare le sfoglie su una tovaglia leggermente infarinata. Siccome gli spinaci comunicano un po' di umidità alla pasta, ci vorrà un pochino più di tempo prima che questa asciughi in modo che si possa tagliare senza che si attacchi. Quando dunque vedrete che la pasta è bene asciutta, spolverizzatela di farina, arrotolatela su se stessa e ritagliatela in tante fettuccine di un mezzo centimetro abbondante. Aprite le tagliatelle, e raccoglietele in un vassoio con salvietta perchè finiscano di asciugare. Fatte le tagliatelle bisogna preparare il sugo alla bolognese, il quale, anche, è un po' diverso dal solito sugo di umido. Per la quantità di pasta da noi data e che può bastare a quattro o cinque persone, prendete 150 grammi di carne magra di manzo e tritatela sul tagliere, o meglio passatela alla macchinetta con 50 grammi di pancetta salata (ventresca). Mettete sul fuoco una casseruola con 50 grammi di burro, una cipolla, una carota gialla e una costola di sedano, il tutto minutamente tritato, aggiungete la carne col grasso di maiale, un chiodo di garofano, e fate rosolare finchè carne e legumi abbiano preso un colore piuttosto scuro. Bagnate allora con un po' di brodo o acqua, condite con un po' di sale, aggiungete un cucchiaino da caffè — non più — di conserva di pomodoro, mescolate, coprite la casseruola e fate cuocere pian piano su fuoco moderato. C'è una tradizione bolognese più raffinata che consiglia di bagnare l'intingolo con latte invece che con brodo o acqua. È questione di gusti... e di spesa. Certo è che l'aggiunta di latte comunica alla salsa una maggiore finezza. Quando l'intingolo avrà sobollito per una mezz'ora si potranno aggiungere qualche fegatino di pollo, qualche dadino di prosciutto, qualche fungo secco fatto rinvenire in acqua fredda e qualche fettina di tartufo bianco. Ma tutte queste aggiunte sono facoltative e se ne potrà fare benissimo a meno, ottenendo ugualmente un ottimo risultato. Ultimata anche la salsa, lessate le tagliatelle, scolatele e conditele con l'intingolo, aggiungendo ancora qualche pezzetto di burro e del parmigiano grattato. Potrete mangiarle subito, o meglio lasciarle stufare un pochino nella terrina, coperte e vicine al fuoco affinchè possano insaporirsi meglio. Potendo disporre di qualche cucchiaiata di crema di latte, si può unire alla salsa al momento di condire le tagliatelle. In questo caso non è necessaria l'aggiunta del burro. Ci sono infine altri che dopo aver fatto arrosolare legumi e carne, prima di bagnarli col brodo, l'acqua o il latte, aggiungono nella casseruola una cucchiaiata di farina che serve a legare di più l'intingolo. Queste, le tagliatelle verdi. Crediamo inutile soffermarci sulle comuni tagliatelle alla bolognese, poinon differiscono dalle precedenti che per essere fatte con pasta all' uovo senza spinaci, fermo restando tutto il resto.
legumi e carne, prima di bagnarli col brodo, l'acqua o il latte, aggiungono nella casseruola una cucchiaiata di farina che serve a legare di più l
Il pollo alla Marengo appartiene alla cucina classica ed ha tutta una storia curiosissima, facendosi risalire la sua origine alla battaglia che Napoleone vinse a Marengo. Ed ecco come, secondo la leggenda, andarono le cose. Dopo la disfatta dell'esercito austriaco, Napoleone, adunati intorno a sè i generali vittoriosi, li invitò alla sua tavola, dando l'ordine di servire immediatamente. Per disgrazia i furgoni delle provviste erano andati a finire chi sa dove e Dunan, il cuoco di Napoleone, aveva a sua disposizione un bel nulla. Il povero uomo, non sapendo a che santo votarsi, inviò due uomini con l'ordine di portare tutto quello che avessero potuto trovare. Gli uomini partirono ed ebbero l'insperata fortuna di trovare nel recinto smantellato di una fattoria tre pollastrini, male in carne, i quali niente affatto preoccupati della lotta che si era svolta sul piano, andavano tranquillamente beccando vermi e sassolini. Per Dunan fu la salvezza. I tre polli catturati vennero immediatamente uccisi, spennati, tagliati in pezzi, e gettati in padella con un avanzo d'olio. Qualche goccia di cognac tolto da una borraccia serve per bagnarli, pochi pomodori raccolti a gran fatica e dell'aglio offrono il condimento. Ed ecco che pochi minuti appresso, Dunan, poteva far servire al suo impaziente padrone, il «pollo alla Marengo» che fu trovato squisito da Bonaparte e dai suoi convitati. Questa la leggenda. Adesso la ricetta, la quale, pur conservando gli antichi elementi caratteristici, è stata man mano riveduta e corretta. Fate in pezzi un pollo giovine e tenero. La regola vuole che si divida così: coscie ed avancoscie, ali, i due filetti, la parte superiore del petto, e la groppa divisa in due o tre pezzi, secondo la grandezza del pollo. Lavate questi pezzi, asciugateli in una salvietta, e metteteli in padella contenente dell'olio caldissimo. Qualunque altro grasso è escluso, essendo l'olio la caratteristica del pollo alla Marengo. Fate rosolare a fuoco forte, e appena i pezzi del petto saranno biondi, toglieteli, continuando a cuocere il resto dei pezzi. Quando il pollo sarà quasi cotto, scolate l'olio e aggiungete qualche pomodoro spellato, fatto a pezzi e privato dei semi, un bicchiere di vino bianco e due spicchi d'aglio schiacciati. Fate ridurre la salsa, aggiungendo, se ne avete disponibile, un po' di sugo di carne. In caso contrario fatene a meno. Rimettete nella padella i pezzi del petto, fate cuocere ancora un paio di minuti, e poi aggiustate il pollo in un piatto contornandolo con crostini di pane fritti e in forma di cuore, con qualche gambero cotto nel vino bianco e con delle uova fritte. Seminate sul pollo del prezzemolo trito e fatelo servire. È in facoltà di chi cucina arricchire il pollo alla Marengo con dei piccoli funghi e con delle fettine di tartufo, che si aggiungono al pollo a metà cottura.
in padella con un avanzo d'olio. Qualche goccia di cognac tolto da una borraccia serve per bagnarli, pochi pomodori raccolti a gran fatica e dell'aglio