Dovendo dire delle carni dei mammiferi domestici erbivori, sarà opportuno conoscere, prima di tutto, la nomenclatura esatta degli animali che le forniscono, onde evitare, quando che sia, di cadere in equivoci. Il seguente dettaglio la riproduce assai completamente.
forniscono, onde evitare, quando che sia, di cadere in equivoci. Il seguente dettaglio la riproduce assai completamente.
In quanto alla carne di cavallo, senza tema di cadere nelle esagerazioni degli ippofagi, si può asserire essere essa sana, nutritiva e gustosa quasi quanto quella: di bue, semprechè l'animale da cui proviene non sia nè ammalato, nè strapazzato da eccessivo lavoro, nè decrepito. La nota saliente di questa carne è la scarsezza di grasso, compensata d'altronde da una corrispondente ricchezza di principii albuminoidi e povertà di acqua. Per lo che, in casi di stringenti necessità di guerra od altro, può ritenersi tornerebbe preziosissima questa carne per l'alimentazione delle truppe.
In quanto alla carne di cavallo, senza tema di cadere nelle esagerazioni degli ippofagi, si può asserire essere essa sana, nutritiva e gustosa quasi
5° Facendo cadere una goccia di acido solforico a 66° Baumé su 10 o 15 gocce di olio d'oliva, poste sopra una lastra di vetro riposante su di una carta bianca, si dovrà vedere apparire una colorazione giallo-pallida e quindi giallo-verdastra. Una colorazione sensibilmente diversa accennerà a falsificazione.
5° Facendo cadere una goccia di acido solforico a 66° Baumé su 10 o 15 gocce di olio d'oliva, poste sopra una lastra di vetro riposante su di una
Quando gli operai incaricati di questa operazione avvertono il rigurgito della gelatina dalla scatola, ne ritirano F iniettore ed abbassano la linguetta che otturerà il foro attraverso il quale fu fatta entrare la gelatina. Per completare la occlusione ermetica, intervengono allora i saldatori che sopra il foro, già otturato dalla linguetta abbassata, fanno cadere una goccetta di stagno.
sopra il foro, già otturato dalla linguetta abbassata, fanno cadere una goccetta di stagno.
Si conduce la prova nel seguente modo: si mettono tre goccie dell'acqua da provarsi in una capsula di porcellana bianca, si aggiunge la stessa quantità di soluzione di brucina (che l'istruzione prescrive dell'1:800 di acqua distillata), e si lascia cadere a goccie sulla miscela dell'acido solforico concentrato.
quantità di soluzione di brucina (che l'istruzione prescrive dell'1:800 di acqua distillata), e si lascia cadere a goccie sulla miscela dell'acido solforico
2° Operando direttamente la cozione col far cadere a gocce l'acqua da esaminare nell'acqua distillata e filtrata, portata alla temperatura non maggiore di 70° centigradi. Può rimpiazzarsi con vantaggio l'acqua distillata con una soluzione di bicloruro di mercurio (0,10: 1000) che, oltre a rafforzare l'azione fissatrice del calore, può funzionare da liquido conservatore, prevenendo lo sviluppo ulteriore di germi nel liquido, specialmente pel caso che dovesse correre qualche tempo prima di poterne osservare al mi-croscopio il sedimento.
2° Operando direttamente la cozione col far cadere a gocce l'acqua da esaminare nell'acqua distillata e filtrata, portata alla temperatura non
Un mezzo facile di correzione dell'acqua può improvvisarsi anche adoprando reti metalliche, come quelle per apparecchi chirurgici, che si trovano a far parte del caricamento degli zaini, dei cofani di ambulanza e dei carri di sanità. Facendo cadere ripetutamente l'acqua impura attraverso a più strati di queste reti, si può giungere ad ottenerne una certa utile depurazione, procurandone soprattutto una abbondante e salutare aereazione.
far parte del caricamento degli zaini, dei cofani di ambulanza e dei carri di sanità. Facendo cadere ripetutamente l'acqua impura attraverso a più
Presi 6 palloncini di cristallo, della capacità di circa 50 cc. e forbitili con ogni cura, li tappava con fiocchi di ovatta e li poneva per qualche ora in una piccola stufa a circa 170° C. Così sterilizzati questi palloncini, li riempiva, per due terzi, di brodo concentrato di carne di bue, preparato rigorosamente e sterilizzato secondo il Miquel insegna, e li poneva quindi in una stufettina da incubazione alla temperatura fra +30° e 35° C, mantenendoveli per tre giorni continui. Constatata al termine di questo tempo la limpidezza del brodo, e rassicurato per conseguenza sulla perfetta sterilizzazione dei piccoli apparati e del loro contenuto, ne costituiva tre coppie. Nei palloncini della prima coppia faceva cadere 20 goccie di acqua sgocciolante da un filtro già in attività da tre giorni. Nei palloncini della seconda coppia immettava invece 20 goccie di acqua non filtrata, proveniente dalla vasca che alimentava il filtro. La terza coppia di palloncini serbava intatta alla stufa per un successivo esperimento.
sterilizzazione dei piccoli apparati e del loro contenuto, ne costituiva tre coppie. Nei palloncini della prima coppia faceva cadere 20 goccie di acqua
Con la terza coppia di palloncini mantenuta intatta per 13 giorni alla stufa, col liquido di coltura rimasto limpidissimo, stabiliva un ultimo esperimento molto significativo del come i microbi vengano realmente arrestati dalle pareti delle ampolle. Prendeva una piccola scheggia di vetro fra le branche di una robusta pinza, e dopo avere sterilizzato a dovere tanto l'una che le altre mediante la fiamma della lampada ad alcool, raschiava la superficie esterna dell'ampolla filtrante da 13 giorni, con la scheggia in parola, che faceva quindi cadere in uno dei due palloncini. Con un'altra scheggia di vetro, presa e trattata come la precedente, raschiava invece la superfìcie interna di un pezzo della stessa ampolla filtrante appositamente rotta, e faceva cadere questa scheggia nell'altro palloncino della terza coppia. Ciò compiuto, riponeva i due apparecchi alla stufa e poteva osservare che il contenuto del secondo (di quello cioè racchiudente la scheggia di vetro con la quale avevo raschiata la superficie interna di un ciottolo dell'ampolla) si era intorbidato sensibilmente 7 entro poche ore, in modo completo prima delle 24; mentre il primo palloncino (quello della scheggia di vetro con la quale avevo raschiato lo esterno del filtro) manteneva il suo brodo limpido, anche in capo al 3° giorno d'incubazione, nel quale poneva termine all'esperimento.
superficie esterna dell'ampolla filtrante da 13 giorni, con la scheggia in parola, che faceva quindi cadere in uno dei due palloncini. Con un'altra scheggia
Noto legume annuale. Quello detto campestre nasce spontaneamente in alcune parti d'Italia e di Germania. Ma il sativum è quello coltivato negli orti. Avvene molte varietà. Il nano (P. humile) primaticcio olandese da noi detto anche quarantin. Il quadrato (P. quadratum) o reale bianco e verde. L'umbrellatum, che è piuttosto d'ornamento nei giardini. L'excorticatum, pisello dolce zuccherino che si mangia unitamente al guscio detto in francese Pois goulus e da noi Taccole, ed altre. Nel linguaggio dei fiori: confidenza. Si può seminarli in varie epoche e averli tutti i mesi. Il pisello ama terreno leggero, sostanzioso, lavorato e soleggiato; non vuol essere riseminato nel medesimo luogo. Si fa seccare e si conserva per l'inverno. La varietà verde, in Francia è coltivata su larga scala. In Inghilterra si coltiva il pisello per alimentare le pecore nell'inverno. Vuolsi che il nome di pisello l'abbia da Pisa, antichissima città del Peloponneso, da dove sembra venuto in Italia, come vennero alcuni abitanti di quella Pisa a fabbricare la nostra sull'Arno, che pure battezzarono Pisa, teste Strabone. Altri lo vuole dal nome originario del legume in lingua celtica, o dal vocabolo greco, che significa cadere. Il nostro nome di erbion pare sia un corrotto dell'Arneja spagnuolo o un prolungamento dell'erbse tedesco. Il pisello fu sempre ritenuto uno dei più graziosi legumi. La storia ci tramanda che aveva l'onore delle tavole reali. Gli autori greci e latini ne parlarono tutti con vera benevolenza, i più maldicenti lo accusano di flattulenze. Perfino l'austerissimo Eupolim, forse il più antico commediografo greco, ne fa menzione onorata. L'imperatore Tito ne andava matto. I medici non potendone dir male, come al loro solito, lasciano però scappare qualche bieca osservazione. Baldassare Pisanelli, medico bolognese, nel suo Trattato dei cibi et del bere, dice: « I piselli non sono molto differenti dalle fave, ma fanno venire sospiri et inducono strane meditationi. » Con sua bona pace, il pisello è l'ottimo fra i legumi, digeribile, saporito, nutriente. I freschi e teneri sono più digeribili che i secchi, questi alquanto flattulenti, bisogna lasciarli macerare nell'aqua. Si mangiano anche crudi lorchè sono freschi e tenerelli. Si cucinano in diversi modi : colle minestre, colle carni, nei manicaretti. I piselli si fanno seccare col medesimo metodo dei fagioli e degli altri legumi. Si conservano verdi nell'aqua e aceto e prima di mangiarli si lavano in aqua fresca. Devonsi però raccogliere perfettamente maturi, e si leva ai grani stessi la prima scorza. In Francia, colla buccia mista ad altre erbe aromatiche ed amare, si faceva una specie di birra usata principalmente dai contadini. Nel Chili è molto popolare la chicha de oloja, bevanda fermentata che si fabbrica coi piselli e col maiz. Nell'anno 1536 il cardinale Lorenzo Campeggio à dato un pranzo in Transtevere alla Maestà Cesarea di Carlo V, Imperatore. Era giorno quadragesimale « et prima fu posta la tavola con quattro tovaglie profumate.... et dopo vari servi i ; » furono portati « piselli alessati con la scorza et serviti con aceto et pepe sopra, libre 8 in 4 piatti. » Poi dopo molti altri servizii « levata la tovaglia et data l'aqua alle mani si mutò salviete con forcine d'oro et d'argento con stecchi profumati in 12 tazze d'oro et mazzetti di fiori con garofoli profumati » e tra le altre cose furono ancora serviti « piselletti teneri con la scorda conditi libre 6 in 3 piatti. » Tanto ci tramanda Bartolomeo Scappi, maestro nell'arte del cucinare, del quale Papa Pio V dice: « Peritissimi magistri Bartolomei Scappij qui nunc prefectus est ex nostris intimis coquis. (Dal Breve: Datum Romæ apud Petrum. Tertio Kalendis Aprilis, anno quinto).
significa cadere. Il nostro nome di erbion pare sia un corrotto dell'Arneja spagnuolo o un prolungamento dell'erbse tedesco. Il pisello fu sempre