Salatura a secco. A misura che si tagliano i quarti, vengono aspersi di sale e fregati in tutta la superficie con sale greggio, che bisogna però scegliere perfettamente asciutto; quindi si dispongono i pezzi nel vaso di salamoja, il quale abitualmente consiste in un barile di quercia o di legno bianco, sfondato, la cui parte superiore, che fa l'ufficio di coperchio è munita di un manico. Il fondo si guernisce di un grosso strato di sale o diversi aromi, come per esempio, foglie di alloro e di salvia, alcuni rami di timo, e una piccola quantità di grani interi di pepe. Su quello strato si depongono le coscie o presciutti, disponendoli in modo che rimanga fra essi il meno spazio possibile; i prosciutti si spalmano con uno strato di sale e di aromi, sui quali si colloca un altro pezzo di carne, e si continua in tal modo, strato per istrato, fino a che il barile sia pieno, serbando i più piccoli pezzi per ultimi: al di sopra, e quasi in immediato contatto col coperchio, si pone la testa fessa in due nel senso della sua lunghezza, e tutti gli altri pezzi dove c'è più ossa che carne; questi debbono essere ritirati per primi onde essere consumati. Quando si giudica che li prosciutti sieno penetrati abbastanza di sale, in capo ad un tempo, che varia secondo i gusti e le abitudini locali, si ritirano per esporli alla fumigazione. Dapprima si soffregano bene, onde levare dalla loro superficie e staccarne il sale, con cenere ben vagliata, poi ravviluppati in una carta coperta di tela, e appesi al caminetto , ad una sufficiente altezza perchè non troppo risentano il calore del fuoco. Se si può, intanto che i prosciutti sono esposti al fuoco, facciasi ardere di tratto in tratto nel camino qualche fascio di ginepro verde, perchè il fumo di quell'arbusto aromatico contribuisce a dare ai prosciutti un sapore gradevole. Dopo dieci o dodici giorni di esposizione al fumo i prosciutti si staccano e si conservano in un luogo bene asciutto, fuori degli assalti dei sorci che ne sono ghiottissmi.
. Dapprima si soffregano bene, onde levare dalla loro superficie e staccarne il sale, con cenere ben vagliata, poi ravviluppati in una carta coperta di tela
Pera secche e cotte nel forno. Per convertirle in pera essiccate nel forno, si scelgono di preferenza le specie di pera che sono le più zuccherine e meno acquose, però tutte le pera che abbiano una pasta consistente e dolce a sufficienza, possono del pari subire tale preparazione. Si mondano le pera lasciando ad esse il manico, e si schierano simmetricamente entro piatti, rivolti all'ingiù, in modo che formino come una piramide. Si cuoprono colle loro corteccie, e si pongono in forno, dopo che ne fu ritirato il pane. Quando il forno è affatto freddo, si ritirano le pera per comprimerle una ad una fra le dita, stiacciarle, e immergerle nel succo che trovasi in fondo del piatto. Quindi, le une strette alle altre si dispongono sopra graticci che si pongono di nuovo in forno, ma ad una temperatura meno elevata della prima volta. Questa operazione deve essere rinnovata fino a che le pera abbiano assorbito tutto il succo e assunto un bel colore bruno, e in pari tempo una bella consistenza. Si conservano entro scatole di legno bianco, o in corbelli di vimini foderati di carta.
Il mezzo più certo, quando si possa metterlo in pratica, di procurarsi cioccolatte eccellente e al più basso prezzo possibile, è quello di farlo fabbricare in casa propria. V'hanno operaî, il cui mestiere è quello di recarsi anche nelle famiglie con tutti gli arnesi che loro sono necessarî; si fornisce loro la materia prima, che consiste in caccao e zucchero, nonchè il carbone e la carta, e si paga loro la mano d'opera in ragione, presso a poco, di circa mezzo fiorino per ogni chilogramma di cioccolatte fabbricato e ravvolto nella sua carta.
fornisce loro la materia prima, che consiste in caccao e zucchero, nonchè il carbone e la carta, e si paga loro la mano d'opera in ragione, presso a poco
Questa pasta medesima, divisa in piccole forme di carta unta di burro fresco, e cotta soltanto per un'ora, dà i biscotti ordinarî, che hanno sopra molti altri generi di paste dolci il vantaggio di conservarsi lungamente così buone quanto il giorno in cui furono cotte.
Questa pasta medesima, divisa in piccole forme di carta unta di burro fresco, e cotta soltanto per un'ora, dà i biscotti ordinarî, che hanno sopra
Si può anche dividere la pasta entro apposite forme di carta, il che porge eccellenti biscotti da mangiarsi al pospasto; ma questi, in ragione del burro che contengono, non possono venir conservati.
Si può anche dividere la pasta entro apposite forme di carta, il che porge eccellenti biscotti da mangiarsi al pospasto; ma questi, in ragione del
Marzapani di crema all'italiana. Da una parte si sbattono sei albumi d'uovo in ispuma assai densa; dall'altra si apparecchia con 500 grammi di zucchero, la quantità d'acqua necessaria e uno spicchio di vaniglia, uno sciloppo che si lascia cuocere fino al punto più alto di diluizione. Allora s'incorpora poco a poco in questo sciloppo, agitando vivamente, gli albumi d'uova sbattuti in ispuma densa, il che forma una pasta assai solida, perchè si possa raccogliere entro un cucchiaio ordinario, e si distribuisce ciascuna parte così divisa entro adatti pezzi di carta. Durante la cottura, che deve durare dai 25 ai 30 minuti in un forno assai moderatamente caldo, bisogna tener d'occhio attentamente i pasticcetti, perchè non si colorino nè contraggano il menomo sapore di bruciato, che farebbe sparire quello della vaniglia. Quando si ritirano dal forno e sono freddati, si bagna leggermente la carta al suo rovescio onde più agevolmente staccarli, e si lasciano esposti per qualche momento alla bocca del forno onde si asciughino perfettamente. Si conservano al riparo dall'umidità, e vengono serviti con sopra fiore di latte sbattuto alla neve, oppure così semplicemente senza essere confettati.
possa raccogliere entro un cucchiaio ordinario, e si distribuisce ciascuna parte così divisa entro adatti pezzi di carta. Durante la cottura, che deve
Maccheroni di mandorle. Si comincia col mondare una certa quantità di mandorle, per esempio, 500 grammi, immergendoli nell'acqua bollente per alcuni minuti, affinchè se ne possa levare facilmente la pellicola. Abitualmente si sostituiscono 25 grammi di mandarle dolci, con altrettante di amare, rimanendo eguale il peso totale, il che dà ai maccheroni un odore e sapore dei più squisiti. Importa però che le mandorle mondate sieno essiccate o all'aria aperta, o in un forno o stufa prima di porle in opera. Si pone allora la metà delle mandorle in un mortajo di marmo col quarto di un albume d'uovo e si pestano, aggiungendovi tratto tratto di esso albume a misura che si procede nella operazione. Quando sono perfettamente peste, si ritirano dal mortajo per porvi, l'altra metà, che si pesta allo stesso modo. Allora si raccoglie il tutto in un mortajo per amalgamarlo perfettamente con 300 grammi di zucchero in polvere, 4 o 5 albumi d'uovo in una spuma abbastanza densa, e, se si vuole, un po' di corteccia di limone grattugiata. Si mescola il miscuglio per qualche minuto, ed allorchè forma una pasta morbida e molle, si versa questa pasta sopra carta dividendola a pezzi della grossezza e forma di una noce; si bagna leggermente colle dita inumidite nell'acqua la superficie dei maccheroni, che tosto vengono posti in forno lasciandoli cuocere dai 25 ai 30 minuti, rimanendo il forno ermeticamente chiuso.
miscuglio per qualche minuto, ed allorchè forma una pasta morbida e molle, si versa questa pasta sopra carta dividendola a pezzi della grossezza e forma
Quanto ai caramelli di caffè, si fa infondere in 3 decilitri d'acqua 100 grammi di caffè di fresco macinato, e con questa infusione si bagna lo zucchero posto nella casseruola; se si vogliono ottenere caramelli colorati: si aggiunge allo sciloppo cotto in punto alcune stille di tintura di cocciniglia pei caramelli rosa, di tintura di zafferano pei gialli, e una leggiera quantità di sciloppo di more per gli azzurri. In tutti i casi, i caramelli devono venire incartocciati separatamente in pezzetti di carta prima che si raffreddino, questa è una condizione essenziale perchè abbiano a ben conservarsi.
devono venire incartocciati separatamente in pezzetti di carta prima che si raffreddino, questa è una condizione essenziale perchè abbiano a ben
Pastiglie. Le pastiglie sono nel numero dei dolciumi da famiglia i più facili ad essere apparecchiati, perchè si fanno tutte allo stesso modo, mediante una piccola padella a manico corto e prolungato a guisa di grondaja. Non conviene adoperare che lo zucchero di prima qualità, pesto e passato per uno staccio ordinario; questo zucchero deve essere soltanto inumidito e rimanersene solido; per tale effetto si bagna con acqua o succo di frutta, presso a poco nelle proporzioni di un mezzo decilitro di acqua o di succo di frutta ogni 300 grammi di zucchero. Si colano le pastiglie in istato di semiliquidezza sopra certi fogli di carta lievemente unti con olio di mandorle dolci. Tostochè le pastiglie, raffreddandosi, sono divenute solide, si staccano dai fogli sia di latta che di carta, si fanno asciugare all'aria aperta e si conservano al riparo dell'umidità. Pastiglie di cedro. Si grattugia la corteccia di un cedro sopra un pezzo di zucchero dai 300 ai 350 grammi, si pesta questo zucchero, si passa per lo staccio, e vi si versa sopra il succo di un cedro e una stilla d'acqua. Dopo aver bene operato questo miscuglio mediante una spatola, si pone presso a poco la metà di questo zucchero nella padella, che viene collocata sopra una fiamma moderata; si scalda, agitandolo, fino a che sia alquanto liquido, ma non interamente stemperato, e allora lo si cola in piccole porzioni eguali sugli stampi di latta, ovvero su fogli di carta oleosi, inclinando per ciò il beccuccio della padella. Nella medesima maniera si procede anche per l'altra porzione dello zucchero. Le pastiglie sono più o meno grosse secondo la quantità dello zucchero liquido che si lascia mano mano cadere, ma, per renderle tutte eguali, bisogna servirsi di un ordigno col quale si taglia lo zucchero a misura che cola dalla padella; a ciò basta anche un sottile filo di ferro.
semiliquidezza sopra certi fogli di carta lievemente unti con olio di mandorle dolci. Tostochè le pastiglie, raffreddandosi, sono divenute solide, si
Ravviluppate il fegato di vitello con un foglio di carta bene impregnata di burro. Un'ora e mezzo basta per cuocerlo; del rimanente, sarete certo che sia cotto dal momento che non spande più sangue. Alcuni istanti prima di levarlo dallo spiedo tagliatene la carta che l'avvolge, onde assuma un bel colore, e servitelo, aspergendo prima la vivanda con una salsa piccante.
Ravviluppate il fegato di vitello con un foglio di carta bene impregnata di burro. Un'ora e mezzo basta per cuocerlo; del rimanente, sarete certo che
Prosciutto stufato. Dopo aver fatto scelta di un prosciutto bello e di eccellente fragranza, mondatene leggermente la superficie, nonchè levatene il grasso che lo attornia. Ritirate l'osso superiore, e spaccate nel mezzo l'osso della coscia, senza però recar danno alla carne; disossate allora la parte superiore e levatene l'osso; tagliate poscia il garretto, raschiate lievemente la superficie della cotenna, e fate dissalare il prosciutto per ventiquattr'ore. Dopo averlo ben bene sgocciolato, lo porrete in una braciaiuola ch'empierete d'acqua fredda, aggiungetevi alcune carote e qualche cipolla, un mazzolino di erbe legate insieme, timo, lauro, basilico, e un chiovo di garofano. Fatelo bollire sopra un fornello nel quale arda un fuoco vivo; schiumatelo; poi cuoprite la braciaiuola e collocatela in modo che il prosciutto non faccia che bollire pian piano e a fuoco lento per quattro o cinque ore. Una volta che sia cotto, levatelo dal liquido, sgocciolatelo, e mondatelo dal grasso, dai nervi e dalle pellicine con ogni cura, specialmente poi la cotenna della parte inferiore o del manico, onde collocarvi sopra un fiocco o nappa di carta. Spalmatelo quindi con un pennello ed altro di succo ristretto di carni o d'altro affinchè acquisti un bel colore rossiccio e ammannitelo sopra un piatto di cavoli salati e di spinacci succulenti. Si può egualmente guarnirlo anche di piselli freschi, di piccole carote, di punte di grossi asparagi ecc.
poi la cotenna della parte inferiore o del manico, onde collocarvi sopra un fiocco o nappa di carta. Spalmatelo quindi con un pennello ed altro di
come fa sopra detto. Aggiungevi mollica di pane bollita nel latte, e le carni di un pollo arrosto, ovvero, per procedere con maggiore economia, colle carni del pollame che vengono dai rilievi della tavola. Le tritate e le pestate con mollica di pane ponendo altrettante mollica di pane che pollame e sugna, poi aggiungete sale, spezie, sei tuorli d'uovo crudi e un buon bicchiere di crema. Mescolate insieme ogni cosa nella casseruola, ove avete prima deposte le cipolle; versate questo miscuglio, o meglio, introducetelo nel budello senza troppo empirlo; legatelo bensì con solidità e fate cuocere entro latte senza però lasciarlo bollire. Levate dal fuoco quando sono cotti e lasciate si freddino. Collocate questi sanguinacci sopra un foglio di carta impregnata d'olio o di burro; punzecchiateli alquanto e fateli arrostire sopra un fuoco lento. Li servirete come piattini da belluria. Procedendo in tal modo potete comporre ogni sorta di sanguinacci, di vitello, di pernici, fagiani, lepre, leprotti ecc. ecc.
carta impregnata d'olio o di burro; punzecchiateli alquanto e fateli arrostire sopra un fuoco lento. Li servirete come piattini da belluria. Procedendo
Detto (all'inglese). Essendo il cappone ammannito come sopra fu detto, inviluppatelo entro un foglio di carta e ponetelo in una casseruola che contenga acqua bollente e sale senz'altro. Lo lascerete cuocere così per un'ora, avendo cura che l'acqua si mantenga sempre bollente. Vi assicurerete se l'animale sarà cotto punzecchiandolo sotto l'ala, oppure tastando col dito, alla qual pressione la carne deve cedere. Tosto che sia cotto, ritiratelo dal fuoco, levate la carta e il lardo che lo ravvolgono e servite in un tondo, che guarnirete di quella salsa che meglio vi aggrada.
Detto (all'inglese). Essendo il cappone ammannito come sopra fu detto, inviluppatelo entro un foglio di carta e ponetelo in una casseruola che
l.° Dopo avere spiumato il vostro pollastro senza punto guastarne la pelle, e averlo sventrato senza romperne il fiele, e quindi passato sul fuoco, non già con carta perchè questa lo annerirebbe, ma sì alla fiamma ardente di un fornello e con rapidissima sveltezza, lo tagliate a pezzi levando in prima la coscia e l'ala da un lato, poi la coscia e l'ala dal lato opposto; in questa maniera non correte pericolo di lacerare la pelle del carname e del groppone. Abbiate cura, quando ne tagliate i membri, di segnare il dorso col coltello, fendendolo colla lama in giù da ogni lato, e portando da sotto l'ale sino al groppone la pelle che deve rimanere sotto. Separate lo stomaco dal carcame, tagliatelo in due e in isbieco; mondatelo dei nervetti e del grasso come il carcame, che taglierete parimenti per metà; levatene le parti sanguinolente che possono essere rimaste nell'interno. Tagliate il collo, separate le ali dalle pinne o punte; tagliate le zampe e fate rientrare colla punta del coltello le carni all'indietro, per cuoprire l'osso che avete separato dalle zampe, e che tagliaste in parte. Date alle coscie una forma rotonda, mondate il ventriglio tagliandolo in due. Passate un momento le zampe sopra la fiamma, strofinatele per tagliar loro quella prima pelle squammosa che la ricuopre, e tagliate le unghie.
, non già con carta perchè questa lo annerirebbe, ma sì alla fiamma ardente di un fornello e con rapidissima sveltezza, lo tagliate a pezzi levando in
Gallinaccio femmina coi tartufi. Per fare convenientemente un gallinaccio femmina coi tartufi, dovete comperare circa quattro libbre di questi tuberi ben freschi, che monderete bene, e laverete in acqua copiosa e più volte, onde non rimanga veruna particella di terra. Poneteli poscia in una casseruola con mezza libbra circa di sugna, una bottiglia di vino bianco vecchio, una foglia di lauro, un po' di sale, e fate cuocere per dieci minuti. Allora lasciate si raffreddino nel loro liquido; poi tagliate loro la corteccia assai fine e la pestate in un mortaio mescendovi grasso di lardo triturato parimenti assai fino. Condite con pepe e sale, e aggiungete il residuo del liquido in cui avete cotti i tartufi, ma senza versarvi la fondiglia, che potrebbe avere un sedimento terroso. Mescolate a quell'impasto li tartufi interi e con essi empite la pollanca o gallinaccio femmina. Empitene bene dapprima il gozzo, poscia tutta la parte interna dell'animale, che invilupperete in grandi fette di lardo tenute assicurate mediante spago; sopra quelle fette di lardo ponete un secondo involucro di fogli di carta oliata e legate accuratamente. Se il tempo è freddo e asciutto, potete conservare questo animale anche otto o dieci giorni, onde le carni sieno bene penetrate del sapore dei tartufi. Mettete allo spiedo dinanzi un buon fuoco e lasciate cuocere per circa due ore. Qualche tempo prima di levare dallo spiedo quell'arrosto ritirate la carta che inviluppa il gallinaccio, perchè le fette del lardo assumano un colorito carico. Aggiungete succo a quello già prodotto dall'animale, e servitelo separatamente entro un vaso da salsa.
fette di lardo ponete un secondo involucro di fogli di carta oliata e legate accuratamente. Se il tempo è freddo e asciutto, potete conservare questo
Fagiano arrosto. Dopo sventrato e spennato il fagiano, levandogli il capo e il collo intero, guernito delle sue penne, nonchè tagliata la coda intera, si lardella con fino lardo, come già dicemmo, e lo si pone allo spiedo, ravvolto in un foglio di carta spalmato di burro. Quando sta per essere cotto, si ritira la carta per dare un bel colore alla carne, e si ammannisce il fagiano sur un tondo per servirlo in tavola. Spesso viene decorato riappiccandogli la testa, il collo e la coda bellamente sfoggiata, che si assicura mediante bastoncini, e gli si pone sul beccuccio un pezzo di navone o di carota che abbia la forma di un fiorellino o di un bocciuolo di rosa. Spesso però viene servito senza questi adornamenti, come un semplice volatile. Non diremo più diffusamente altra cosa sui modi di cuocere in diverse guise questo eccellente uccello, perocchè sono gl'identici di quelli che or ora descriveremo per le pernici ed i perniciotti.
, si lardella con fino lardo, come già dicemmo, e lo si pone allo spiedo, ravvolto in un foglio di carta spalmato di burro. Quando sta per essere
Pernici arroste. Per lo spiedo scegliete sempre le giovani, altrimenti chiamate perniciotti, secondo il vocabolo consacrato. Dopo levati gl'interiori, e lievemente abbruciacchiate le pernici, legate al modo stesso dei polli arrosti, e sopprimete le cime delle ale. Badate però di non spiumare la testa, e, non solo quella, ma benanche parte del collo; bensì ravvolgete questa parte entro un foglietto di carta unta nel burro o nell'olio, che leverete tosto che abbiate da servirla in tavola. Si lardella col lardatoio oppure superficialmente, a piacere, le pernici che si pongono sullo spiedo. Si deve aver cura di non lasciarle troppo cuocere, poichè perderebbero il loro sapore.
testa, e, non solo quella, ma benanche parte del collo; bensì ravvolgete questa parte entro un foglietto di carta unta nel burro o nell'olio, che
Pernici alla Périgord. Scegliete due o tre belle pernici rosse o grigie, ma di preferenza rosse. Dopo averle ammannite e passate per la fiamma, avendo cura di non guastarne la pelle, traforatene i filetti con pezzettini di tartufi tagliati in forma di chiovi di garofano. Ponete allo spiedo le pernici coperte di fette di lardo e ravvolte in carta; lasciatele cuocere tre quarti d'ora dinanzi un fuoco lento e moderato. Quando sieno cotte in punto, levatele dallo spiedo, spogliatele dell'involucro, disponetele nel centro del piatto, guernite gli intervalli con creste di gallo, funghi, tartufi interi, e versate sopra una salsa alla Périgord. Incoronate il piatto con un gambero, un grosso tartufo e una cresta di gallo. È questa una portata elegantissima come si scorge dal presente modello.
pernici coperte di fette di lardo e ravvolte in carta; lasciatele cuocere tre quarti d'ora dinanzi un fuoco lento e moderato. Quando sieno cotte in punto
Le allodole si possono anche arrostire sulla graticola e riescono buone del pari che allo spiedo Ecco in qual modo procederete; tagliate una fetta di lardo in piccoli quadrati e sottili; entro uno schidioncino di legno infilzate alternativamente una allodola e un pezzo di lardo, fino a che lo schidione sia pieno; condite di pepe e sale. Preparate un foglio di carta spalmata d'olio in modo da farne come un cassettine; collocatevi entro gli schidioncini, ponendo prima il petto delle allodole per disopra, e appoggiatele sulla graticola; dopo qualche minuto rivoltatele, aspergetele sul petto di mollica fina di pane; lasciate che si compia la cuocitura, e servite le allodole sullo stesso foglio di carta cogli schidioncini, se sono d'argento.
schidione sia pieno; condite di pepe e sale. Preparate un foglio di carta spalmata d'olio in modo da farne come un cassettine; collocatevi entro gli
Rombo. È a giusto titolo che questo pesce viene chiamato il re dei pesci marini, che alcuni autori chiamano anche fagiano d'acqua o marino, a motivo della sua carne delicata e ad un tempo saporitissima. Dovete scegliere questo pesce bianchissimo in tutta la sua dimensione, il che è indizio di somma freschezza; ben saldo di carni al tatto, e specialmente osservare che la superficie ne sia coperta di bollicelle sporgenti e rotonde, il che attesta ch'è grasso e delicato. Giratelo sul ventre e fategli una incisione trasversale di circa quattro pollici vicino alle orecchie, dal lato dove è grigiastro, levatene gl'intestini contenuti in quella parte, e levandone le branchie vuoterete interamente il pesce. Passatevi internamente un dito onde accertarsi se mai vi fosse rimasto qualche residuo. Fate una seconda incisione lungo la spina sul dosso, passate la lama del coltello fra le carni e la spina, per rialzare alquanto le carni da ogni lato e agevolarvi il modo di togliere due nodi della spina, il che comunicherà più morbidezza al pesce e gl'impedirà di rompersi nella cottura. Con un ago da spago tenete ferma la testa all'osso che tiene al gozzo. Lavatelo bene più volte; ciò fatto, strofinatelo bene con sale sul ventre e col succo di un limone. Così approntato, ponetelo entro una padella che ha un doppio fondo tutto foracchiato; gli è su questo doppio fondo che collocherete il rombo, col ventre di sopra. Gittate tre o quattro buoni pizzichi di sale nel fondo, versate acqua fresca in quantità sufficiente per cuoprire il pesce, e aggiungetevi una pinta di latte per tenerlo bianco. Ponetevi sopra alcuni fogli di carta bianca, onde impedire che la spuma, la quale si formerà durante la bollitura, si attacchi al rombo. Fatelo cuocere sopra un buon fuoco e tosto date le prime bollite; collocatelo accanto al fuoco, dove non dovrà rimanere che grillando soltanto, per due ore allo incirca secondo la sua grossezza. Del resto, se volete accertarvi s'è cotto, non avete che a premere col dito; quando cede alla pressione ne siete certi. Sgocciolatelo allora ben bene e servitelo guernito di prezzemolo, avvertendo di sovrapporne qualche pizzico là dove il pesce per avventura si fosse fesso, il che accade sovente malgrado tutte le precauzioni che abbiamo indicate. Quando si voglia usare più cerimonie, si guarnisce il rombo con pesciolini argentini fritti o con fette di patate ben fritte. Servitelo con una salsa di burro con capperi o con salsa d'astachi.
in quantità sufficiente per cuoprire il pesce, e aggiungetevi una pinta di latte per tenerlo bianco. Ponetevi sopra alcuni fogli di carta bianca, onde
Carpioni alla Chambord. Scegliete un grosso e bel carpione di latte. Dopo averlo sventrato, squammato e lavato accuratamente, guarnitelo internamente e per di fuori con un farcito di pesce tritato, e cuopritelo con fette di lardo e di carta spalmata di burro al di fuori. Ponetelo nella padella da pesce con una salsa marinata, grassa o magra che sia, cui aggiungerete due o tre bicchieri di vino bianco vecchio. Fatelo bollire sopra un gran fuoco, poi sovrapponete anche sul coperchio della padella delle brage in maniera che il pesce non abbia che a bollire lentamente per un'ora almeno, avendo cura d'inaffiare tratto tratto il pesce col suo liquido. Poco prima di servirlo in tavola, stillatelo, levatene ogni legame, e approntate sul tondo con un guarnimento di pesci, di alcuni tartufi, di bei gamberi e di croste di pane fritto. Versate tutto all'intorno al carpione una salsa ben ristretta, composta degli stessi elementi del liquido in cui lo ponete a bollire, cui aggiungerete un pezzo di burro ben fresco e due cucchiaiate generoso di spagnuola.
e per di fuori con un farcito di pesce tritato, e cuopritelo con fette di lardo e di carta spalmata di burro al di fuori. Ponetelo nella padella da
Anguilla allo spiedo. Dopo che l'anguilla è spellata e sventrata, esponetela per due o tre minuti ad un fuoco bene ardente onde levarle tutto l'olio. Poi rasciugatela, piegatela circolarmente, e passatela attraverso schidioncini d'argento oppure di legno. Fatela cuocere per metà in un brodo composto come fu sopra detto per quella alla tartara; poi infilzatela sullo spiedo ravvolgendola prima entro un foglio di carta oleata. Fatela cuocere ad un fuoco ardente ma chiaro: levatele quindi la carta perchè possa assumere un bel colore; poi, se fa duopo, ungetela con un liquido proprio, e servitela con salsa piccante.
composto come fu sopra detto per quella alla tartara; poi infilzatela sullo spiedo ravvolgendola prima entro un foglio di carta oleata. Fatela cuocere ad un
Conchiglie di S. Giacomo. Queste conchiglie, che si chiamano anche conchiglie pellegrine, trovansi abbondevolmente in tutti i porti di mare nei mesi di febbraio, marzo e aprile. Si ammanniscono nel modo seguente: Prendetene dodici, e apritele come fareste delle ostriche; il mollusco interno si presenta come un piccolo formaggio di crema. Levatene quel fluido giallastro e viscoso che la ravvolge: mondatelo bene lavandolo in acqua fresca, e poi, gittato in acqua bollente con un po' di sale, lasciatevelo alquanto, ripassandolo tosto dopo in acqua fresca. Abbiate in disparte una cinquantina di grosse ostriche dette zampe di cavallo, che ripasserete parimenti dall'acqua bollente nella fredda; prendete di queste soltanto la parte bianca, gettando via il callo e le barbe; tritatele insieme col crostaceo, tanto che sieno grosse come un grano d'uva di Corinto; tritate del pari finamente delle cipolle in quantità eguale alla metà del crostaceo, e mescolate insieme prezzemolo, crescione ed alquanta mollica di pane. Quando avrete preparato il tutto, prendete una casseruola, entro la quale abbiate fatto struggere una libbra e mezzo circa di burro fresco, entro cui deporrete: 1.° Le cipolle; quindi aggiungete, 2.° l'erbe fine (che avrete lavate in acqua fresca e quindi bene asciutte); 3.° li crostacei; 4.° la mollica di pane. Condite di pepe e sale, e mescolate bene affinchè la mollica di pane assorba il burro. Se questo non bastasse aggiungetevene, perchè è duopo che queste vivande, per essere saporite, abbiano assai condimento di burro. In ogni caso poi, quando ritirerete dal fuoco la casseruola, vi aggiungerete 125 o 250 grammi (un quarto od una mezza libbra) di burro. Quest'ultimo comunica quel che di vellutato e di morbido indispensabile a tale vivanda, la quale porrete poi in una fonda terrina coperta di un foglio di carta spalmata pure di burro, per servirsene all'uopo. Potete conservarla sette in otto giorni.
una fonda terrina coperta di un foglio di carta spalmata pure di burro, per servirsene all'uopo. Potete conservarla sette in otto giorni.
Tartufi sulla cenere. Quando i tartufi sono ben mondi, conditeli lievemente di pepe, sale e un pizzico di timo e lauro finamente triturati. Ravviluppateli in una fetta di lardo, poi fra quattro fogli di carta, che collocherete l'uno sopra l'altro ma in modo che l'uno sia all'opposto della congiunzione dell'altro, affinchè il tartufo conservi il suo condimento. Immergete lievemente ognuno di quegl'involucri nell'acqua fresca e poneteli poscia sotto le brace, come fareste colle patate o colle castagne; lasciateli cuocere un'ora. Levate i primi fogli di carta, e serviteli insieme coll'ultimo che deve essere mondo e non tocco dal fuoco nè dalla cenere.
. Ravviluppateli in una fetta di lardo, poi fra quattro fogli di carta, che collocherete l'uno sopra l'altro ma in modo che l'uno sia all'opposto della
Per approntare un pasticcio freddo in istampo ponete sur un piano disteso un foglio di carta spalmata di burro; collocatevi sopra lo stampo; prendete uno strato di pasta grossa una linea, e della larghezza dello stampo; ponete la detta pasta nella forma, avendo cura di farla bene aderire alle scanalature, dopo averne accuratamente intriso di burro tutto l'interno. Guarnite allora di fettuccie di lardo, ed empite lo stampo delle carni, o della selvaggîna e del farcito che avrete prima approntati. Ricuoprite poscia, decorando con ornamenti l'esterno e il di sopra del coperchio e lasciando in mezzo una piccola apertura che chiamasi caminetto, onde favorire l'evaporazione e impedire che la pasta si rompa e screpoli. Fate prima cuocere e levate dallo stampo a freddo, onde non esporvi a rompere la pasta.
Per approntare un pasticcio freddo in istampo ponete sur un piano disteso un foglio di carta spalmata di burro; collocatevi sopra lo stampo; prendete
Pani alla Torinese. Ponete in un recipiente sei cucchiaî di farina e tre di zucchero in polvere, un uovo, la corteccia grattugiata di mezzo limone e un'oncia di fino burro. Impastate assieme il tutto con un cucchiaio di legno, in modo da ottenere una pasta morbida sì, ma salda; aggiungendovi anche un po' d'uovo, se è necessario. Ponete questa pasta sur una tavola e rimescolatela fino a che possiate facilmente rotolarla colla mano e formarne dei piccoli pani della lunghezza di un dito. Collocateli sopra un foglietto bianco di carta e spalmateli con albumi d'uovo due o tre volte innanzi di porli al forno, che deve essere caldo come per biscotti.
piccoli pani della lunghezza di un dito. Collocateli sopra un foglietto bianco di carta e spalmateli con albumi d'uovo due o tre volte innanzi di
Focaccie. Ponete in un recipiente circa tre oncie di farina fina al più possibile e sei grammi di lievito di birra (feccia) diluita in alquanta acqua tiepida, in modo da formare una pasta molliccia; cuoprite questo lievito con un lino sparso di farina, poscia con una copertina, e collocatela presso il focolajo, lasciandolo così sino a che abbia raggiunto il doppio del suo volume ed anche più. Nel frattempo stendete sulla tavola circa sei once di farina, fate nel mezzo un cavo entro cui porrete sei oncie di burro fresco, un po' di sale, cinque uova intere e due cucchiaî di buon fiore di latte. Diluite il tutto amalgamandovi la farina . Impastate per bene tre o quattro volte col palmo della mano, come si fa per ogni altra pasta, poscia stendetela e ponetevi sopra il lievito; quando sia bene alzato, incorporatelo poco a poco alla pasta, aspergete di farina una salvietta che porrete dentro una casseruola, ponetevi sopra la pasta, cuopritela accuratamente, e lasciatela riposare per dodici ore, in sito moderatamente caldo d'inverno, e fresco alla state: se il caldo sia intenso, la temperatura, che in ogni tempo è conveniente, è di 15 gradi. Questa pasta dev'essere molle al tatto e delicatissima, ma tuttavia abbastanza solida per rimanersene sulla tavola senza troppo distendersi. Del resto avete sempre l'espediente delle uova per rammollirla, oppure un po' di farina per renderla più salda. Acconciate la pasta in forma di corona o di grossa palla sormontata da una palla più picciola, lasciate si riposi ancora per due o tre ore sotto la coperta; spalmate di burro un foglio grande di carta, sul quale porrete la focaccia, e ponetela tosto nel forno esposta a buon calore, onde lasciarla cuocere tre quarti d'ora, e piuttosto meno che più. Mezz'ora di cottura basta per le focaccine.
, lasciate si riposi ancora per due o tre ore sotto la coperta; spalmate di burro un foglio grande di carta, sul quale porrete la focaccia, e ponetela
Mele con mandorle tostate. Ponete sur un piatto o dentro una crosta di torta conserva di mele, che coprirete con albumi d'uova sbattuti fino a che spumeggino e inzuccherati. Formate un cartoccio di carta, tagliatene la cima, empitelo di quello che vi avanza dell'albume d'uova, e formate sul piatto una specie di torta con mandorle tostate; aspergetele di zucchero, e ponete il tutto in un forno con mediocre calore. Quando la conserva, abbia assunto un bel colore, ritiratela dal fuoco e servite caldo.
spumeggino e inzuccherati. Formate un cartoccio di carta, tagliatene la cima, empitelo di quello che vi avanza dell'albume d'uova, e formate sul piatto
Marzapani. Sbattete cinque albumi d'uovo; quando sieno ben diluiti, aggiungetevi otto oncie di zucchero un po' per volta, rimescolando sempre. Tosto che quella specie di pasta è bastevolmente rimescolata, vale a dire, che sia molle e facile a scorrere dal cucchiaio, collocate i marzapani sopra pezzetti di carta disposti secondo la grandezza e la forma che loro avrete data; d'ordinario però si adotta la forma di un uovo aperto in lungo per metà. Quando sieno formati li cuoprirete di zucchero stacciato per un passatoio di crine, e li porrete in forno a debole calore; ritirateli tosto che sieno cotti e abbiano assunto un bel colore giallo; al momento di servirli, potete guarnirli di fior di latte ben bene sbattuto.
pezzetti di carta disposti secondo la grandezza e la forma che loro avrete data; d'ordinario però si adotta la forma di un uovo aperto in lungo per metà
Pane pepato alla foggia del miglior Lorenese. Piglia: bella farina 3 chilogr.; zucchero in fina polvere 2 dti.; limone grattugiato 61 grammi; limone fresco confettato e tagliato a pezzettini 61 dti.: garofani, coriandoli, cannella, noce muschiata, di ciascuno 15 dti.; mandorle dolci tostate un chil. 500 grammi. — Ponete il tutto in una catinella, fate quindi bollire due litri di miele di Narbona che contenga un po' d'alcool. Tostochè il miele sia in ebollizione, versatelo nella terrina o catinella, mescolate il tutto con una spatola per un'ora, versate la pasta che ne ottenete sur una tavola, e tagliatela in pezzi, ai quali darete la forma che meglio vi piaccia. Ponete quei pezzi sopra fogli di carta aspersi di farina, e poneteli entro un forno che sia moderatamente caldo; ritirateli quando sieno freddati, indi spalmateli con un pennello intinto in zucchero diluito ancora tiepido, e soffregateli sino a che lo zucchero imbianchisca e si asciughi.
, e tagliatela in pezzi, ai quali darete la forma che meglio vi piaccia. Ponete quei pezzi sopra fogli di carta aspersi di farina, e poneteli entro un
Biscotti di mandorle. Prendete 250 grammi di mandorle dolci, altrettante di amare, quindici albumi d'uovo, otto tuorli, 60 grammi di bella farina e un chilogrammo di zucchero fino in polvere; versate acqua bollente sulle mandorle, e un momento dopo sostituitene di fresca, levatene la pelle, e mano a mano ponetele in una salvietta; pestatele in un mortaio di marmo, aggiungendovi per due volte due albumi d'uovo, oltre la dose prescritta, affinchè le mandorle non emettano olio quando saranno interamente ridotte in pasta; sbattete gli albumi in guisa che giungano ad imitare le uova, e i tuorli in disparte colla metà dello zucchero; mescolate i tuorli e gli albumi bene sbattuti, con pasta di mandorle: ponete il di più dello zucchero che avanza entro un bacino, e aspergete il tutto con fior di farina posto in uno staccio che agiterete onde farla cadere, in pari tempo mescolate continuamente l'apparecchio affinchè sia ben bene incorporato. Abbiate in pronto preventivamente stampi o cassette, come dicono, di carta, cui darete la forma che meglio vi aggrada; le empirete colla pasta e le spalmerete con zucchero in polvere e con fiore di farina mescolati insieme e posti in uno staccio che agiterete facendo cadere la farina e lo zucchero sopra le forme riempite. Attenderete perchè il forno abbia ad essere moderatamente caldo.
'apparecchio affinchè sia ben bene incorporato. Abbiate in pronto preventivamente stampi o cassette, come dicono, di carta, cui darete la forma che
Detti al cacao. Pigliate 125 grammi di cacao, sette albumi d'uovo bene sbattuti sino alla consistenza e candore della neve, mescolate insieme, e versate su pezzi approntati di carta, indi cuocete a blando calore; devono riuscire liscie e lucenti come uno specchio.
versate su pezzi approntati di carta, indi cuocete a blando calore; devono riuscire liscie e lucenti come uno specchio.
Biscotti o diavolini di zucchero candito. Pigliate 500 grammi di zucchero candito, ponetelo entro una casseruola con sufficiente quantità d'acqua per diluirlo. Si fa cuocere della consistenza dello sciloppo, aggiungendovi, poco a poco, 151 grammi di farina, e si mescola costantemente per farne una pasta. Sopra una tavola separata si staccia intanto un lieve strato di zucchero in polvere, e vi si stende sopra la pasta, che quindi ben bene si rimescola. Allorchè è indurita in un mortajo versatevi un albume d'uovo, fiore d'arancio e un poco d'ambra. S'incorpora bene il tutto, e se ne fanno pallottole che si gettano entro acqua bollente; allorchè nuotando vengano alla superficie si levano colla schiumarola, e si lasciano sgocciare. Ciò fatto, si pongono sopra i pezzi appositi di carta, e si fanno cuocere in forno che sia aperto. Questo dolciume riesce assai duro.
, si pongono sopra i pezzi appositi di carta, e si fanno cuocere in forno che sia aperto. Questo dolciume riesce assai duro.
Chicche di Verdun. Lavate 15 grammi di anici stellati, e fatti asciugare alla bocca del forno; sbattete poi cinque tuorli d'uovo con 125 grammi di zucchero in polvere per due minuti; sbattete pure i cinque albumi assai densamente e aggiungeteli ai tuorli insieme a 125 grammi di farina bene asciutta passata per lo staccio e coll'anici. Amalgamate prontamente il tutto, e versate questa pasta entro un recipiente apposito di carta a guisa di cassetto di 189 millimetri di larghezza sopra 268 di lunghezza. Ponete l'apparecchio in un forno di mediocre temperatura, e tre quarti d'ora dopo provate se la chicca sia dura al tatto; allora levatela fuori; e tosto che sia freddata separatene la carta, tagliate la crostata di 80 millimetri di lunghezza sopra 14 di larghezza, e riponetela ad asciugare nel forno, finchè sia affatto friabile.
passata per lo staccio e coll'anici. Amalgamate prontamente il tutto, e versate questa pasta entro un recipiente apposito di carta a guisa di
Prendete pertanto 500 grammi di mandorle dolci, mondatele, ponetele nell'acqua fresca, asciugatele entro un lino ben netto e bianco, pestate e, tratto tratto, spruzzatele con un po' d'acqua fresca e con succo di limone; quando sieno ridotte in pasta, in guisa che non abbiate da sentirne alcuna ruvidezza nel palparle col dito, ponetevi 500 grammi di zucchero fino; ciò fatto, ritirate dal mortajo la vostra pasta, versatela entro una padella, che accosterete ad un fuoco assai blando; asciugatela quindi, avendo cura di rimescolarla sempre fino a che, applicandosi sopra il dito, più non vi si attacchi; aspergete quindi di zucchero fino un foglio di carta, con cui ravvolgerete la pasta onde all'uopo servirvene.
attacchi; aspergete quindi di zucchero fino un foglio di carta, con cui ravvolgerete la pasta onde all'uopo servirvene.
Abbrustite alquante mandorle che abbiate poi da tritare finissime aspergendole con alquanta acqua di fior d'arancio e con albume d'uovo: ponetele in una padella con 375 grammi di zucchero in polvere per ogni 500 grammi di mandorle; fatele asciugare a picciol fuoco fino a che non si attacchino al dito e divengano una pasta malleabile; ponete allora questa sopra un foglio di carta bianca con sotto zucchero fino; a misura che la premerete collo spianatoio, l'agiterete tratto tratto sulla carta gittandovi sopra e sotto ad intervalli zucchero fino misto a 125 grammi di farina onde impedire che aderisca alla carta; poscia tagliatela per farne tutto quello che giudicherete a proposito. Principale difficoltà dei marzapani è nella loro cottura, perchè se il forno è troppo caldo le risultanze saranno assai poco corrispondenti. Laonde farete bene di collocare entro diversi punti del forno da sei a otto marzapani di prova sopra 10 pezzetti di carta. Se in capo di quaranta minuti li ritirate sottili e troppo colorati al di sotto, il forno sarà troppo riscaldato, e dovrete ricorrere alle piastre di rame: impertanto dovete aspettare che il forno sia sul declinare della sua calorescenza.
dito e divengano una pasta malleabile; ponete allora questa sopra un foglio di carta bianca con sotto zucchero fino; a misura che la premerete collo
Pasta alla bavarese. Sbattete otto albumi d'uovo, che porrete entro una padella con 250 grammi zucchero fino: mescolate insieme con una spatola fino a che il tutto sia bene amalgamato; poi fate bene asciugare sopra un fuoco blando, sempre però mescolando la pasta; leverete l'apparecchio dal fuoco e vi spremerete sopra alcune goccie di fiore d'arancio; ne staccherete poi pezzetti della grandezza di una noce sopra fogli di carta bianca, onde porli a cuocere entro un fornello discretamente riscaldato, e levandoli dalla carta solo allora che sieno freddati.
vi spremerete sopra alcune goccie di fiore d'arancio; ne staccherete poi pezzetti della grandezza di una noce sopra fogli di carta bianca, onde porli
Marzapani ad uso d'Italia. Per formare delicati questi marzapani, prendete 500 grammi di mandorle e 500 di zucchero. Pestate le mandorle con albume d'uovo; formate una pasta assai consistente che potrete distendere col cilindro o spianatoio sopra una tavola di marmo dello spessore di due lame di coltello. Abbiate cura di aspergerli sempre con polvere di zucchero. Tagliate la pasta con uno stampo della grandezza di una moneta da due franchi o come un fiorino. Ponete tutti quei pezzi rotondi con piastre lievemente spalmate di cera vergine. Su quei pezzi porrete nocciuole pestate con vaniglia e un po' d'albume d'uovo, come se vorreste farne un pasticcetto con carne; abbiate pure in pronto pasta da spumiglie con 250 grammi di mandorle e 500 grammi di zucchero; arrotonderete colle mani questa carta in pezzi grossi abbastanza perchè cuoprano le nocciuole che sono sovrapposte ai pezzi rotondi di marzapane. Anche questo strato superiore dovrà alla sua volta essere coperto di zucchero in zollette. Cuocete in un forno che sia ben riscaldato, ma il cui calore abbia quindi subita una certa temperatura.
grammi di zucchero; arrotonderete colle mani questa carta in pezzi grossi abbastanza perchè cuoprano le nocciuole che sono sovrapposte ai pezzi rotondi