E sopratutto non temete di degradarvi cingendo il bianco grembiule di cuoca, nè di menomare le vostre grazie manipolando degli intingoli. A vostra consolazione e a vostro incoraggiamento potremmo citarvi migliaia di nomi di sovrani, di artisti, di poeti o di dame elettissime il cui ricordo è legato a bellezza incantevole o a severe opere dell'ingegno, che non solo non sdegnarono di coltivare l'arte gastronomica, ma che questa loro conoscenza a buon diritto vantarono. Il volume che vi presentiamo è tale da spronarvi nella via che vi indichiamo. Per la insolita ricchezza dell'edizione e per la forma chiara e signorile della trattazione, Voi potrete accogliere liberamente il presente libro nella vostra biblioteca e nei giorni di ricevimento mostrarlo senza dovere arrossire a tutte le vostre amiche, siano esse, come Voi, dame di fine eleganza e di impeccabile buon gusto. Il volume è edito sotto gli auspici della rivista «Preziosa», quella rivista che da quattordici anni si è imposta in tutte le famiglie per la praticità dei suoi insegnamenti e per il modo veramente unico con cui le varie ricette vengono esposte, modo che permette anche alla persona che non ha mai messo piede in cucina di portare a termine con pieno onore i manicaretti più complicati. Accade sovente anche nelle pubblicazioni fatte con una certa cura che a un dato momento l'autore o per incapacità tecnica o perchè non riesce a farsi comprendere lascia nel dubbio il lettore, il quale non sapendo come procedere nel suo lavoro chiude il libro e rinunzia alla progettata preparazione gastronomica. Tutto questo non avverrà consultando il nostro volume, che in esso portammo gli stessi intendimenti che ci guidarono sempre nella compilazione della nostra rivista, e che hanno avuto — perchè non dirlo?
a bellezza incantevole o a severe opere dell'ingegno, che non solo non sdegnarono di coltivare l'arte gastronomica, ma che questa loro conoscenza a
Una delle cose essenziali per chi si dedica all'arte della cucina è la perfetta conoscenza dei generi che si adoperano. A prima vista queste conoscenze sembrano la cosa più facile di questo mondo: ma in realtà non è così: tanto che spesso dei cuochi di mestiere sono tratti in inganno. Non bisogna dimenticare che il più delle volte tra chi compra e chi vende esiste un irriducibile antagonismo, per quanto larvato; e novanta volte su cento il negoziante ha tutto l'interesse di dare al cliente i generi che egli vuole anzichè quelli che dovrebbe dare. Occorre dunque che il compratore sia tanto agguerrito da sventare queste piccole insidie, mascherate spesso da sorrisi o accompagnati da un diluvio di parole esaltanti l'articolo. Chi compera deve rimanere tetragono e non lasciarsi abbindolare dalle chiacchiere: deve portare a casa quel ch'egli vuole e non quello che gli si vuole... propinare. Di qui, come dicevamo, la necessità di conoscere perfettamente quel che si acquista: a base principale dell'economia, prima, e della buona riuscita di ciò che si cucina, poi.
Una delle cose essenziali per chi si dedica all'arte della cucina è la perfetta conoscenza dei generi che si adoperano. A prima vista queste
La freschezza della sogliola, del rombo, della razza, è infallibilmente riconoscibile da certe sfumature rosse che si riscontrano, se i soggetti sono veramente freschi, attorno alla parte bianca di questi pesci e specialmente vicino alla bocca. Questi pesci, inoltre, quando sono molto freschi, sono ricoperti da un leggero strato viscido che li rende difficili a maneggiarsi: tanto vero che togliere la pelle a una sogliola appena pescata, è cosa tutt'altro che facile. Una sogliola che ha perduto il rosso anche vicino alla bocca è ancora mangiabile, ma come gusto sarà infinitamente inferiore a un'altra sogliola pescata nella giornata.
La freschezza della sogliola, del rombo, della razza, è infallibilmente riconoscibile da certe sfumature rosse che si riscontrano, se i soggetti sono
Il brodo è una delle preparazioni fondamentali della cucina. È il brodo che forma la base indispensabile di ogni specie di minestra, il brodo che con nuove addizioni di carne fornirà il «consommè», o servirà per salse, o verrà usato in un'altra quantità di casi. Occorre dunque avere il brodo nelle migliori condizioni, ciò che si ottiene con una oculata scelta degli elementi che lo compongono e più ancora con una cura continua e attenta. Buoni tagli di carne da brodo sono la copertina, il fianchetto, la spalla, la falsa costa, il petto ecc. Anche meglio sono la punta della culatta, e il «piccione» o nasello che hanno il pregio di offrire anche un bollito gustoso. In quanto alle ossa non bisogna prestar fede alla leggenda accreditata dai macellai, che cioè siano necessarie per ottenere un buon brodo. Checchè se ne dica, le ossa non servono che ad ingombrare la pentola. È tollerabile un osso col midollo. Per ogni chilogrammo di carne occorrono due litri di acqua fredda. Si pone la carne in una pentola, con l'acqua fredda, e si mette su fuoco moderato. L'acqua riscaldandosi a grado a grado, agisce sulle fibre della carne e dissolve le materie albuminose che esse contengono, e che salgono alla superficie sotto forma di schiuma, che deve essere subito tolta. È buona regola, mentre l'acqua si avvia all'ebollizione di versare, di quando in quando, qualche cucchiaiata di acqua fredda nella pentola, ciò che aiuta a liberare la carne da tutte le sue impurità. Più la schiumatura sarà stata fatta con cura, maggiore sarà la limpidità del brodo. Dopo schiumata la pentola, si sala, e vi si aggiungono cipolla, sedano, radica gialla, pomodoro ecc., che hanno lo scopo di comunicare al brodo il tono aromatico. E finalmente si tira sull'angolo del fornello e si lascia bollire dolcissimamente per qualche ora. È necessario che dal momento in cui si verifica l'ebollizione, il fuoco abbia sempre la stessa moderata intensità: un fornello a gas con la «veilleuse» serve ottimamente allo scopo. Quando la carne sarà giunta a perfetta cottura, si mette in una pentola più piccola, si copre con un po' di brodo e si tiene in caldo. Il brodo della pentola grande si sgrassa accuratamente, si passa attraverso una salvietta o un colobrodo, e si adopera.
Il brodo è una delle preparazioni fondamentali della cucina. È il brodo che forma la base indispensabile di ogni specie di minestra, il brodo che con
lo zucchero, che insieme con l'acqua formerà uno sciroppo denso: il quale, in linguaggio di cucina, si chiama «caramello». Quando questo caramello sarà freddo travasatelo in una bottiglietta e tenetelo in serbo, che si conserva moltissimo tempo.
lo zucchero, che insieme con l'acqua formerà uno sciroppo denso: il quale, in linguaggio di cucina, si chiama «caramello». Quando questo caramello
La gelatina eseguita nel modo descritto più sopra è senza dubbio una preparazione squisita e adatta specialmente quando si debba somministrare a un ammalato o a un convalescente. Ma quando si tratti di decorazioni di piatti freddi il molto tempo che questa gelatina esige può sembrare sciupato. Eccovi dunque in queste caso un'ottima ricetta di gelatina sbrigativa, che, tutto sommato non vi costerà che pochi minuti di lavoro. E otterrete un risultato eccellente che non vi farà certo rimpiangere quell'indefinibile composizione che molti salsamentari vendono per gelatina, che non sa di niente, e, in compenso, costa un occhio della testa. Per mezzo litro di gelatina, sufficiente a guarnire una pietanza fredda per sei parsone, mettete in bagno in una terrinetta con acqua fredda orto fogli di gelatina marca oro (pari a 20 gr.) e lasciate così per una diecina di minuti, fino a che la gelatina sia ben rammollita, spremetela un po' tra le mani e mettetela nella casseruola. Aggiungete un pezzettino di cipolla, tre o quattro granellini di pepe, una chiara d'ovo e un cucchiaino di estratto di carne. Molte persone sono un po' scettiche quando si parla loro di estratti di carne. Dobbiamo dire che queste persone hanno torto, perchè un vasetto di estratto di carne può essere qualche volta in cucina una piccola provvidenza. Si può essere d'accordo nel non abusarne, ma l'usarne ci toglierà spesso, e con una spesa insignificante, da qualche preoccupazione, quando, ad esempio, il brodo non sarà riuscito abbastanza sapido, o i sughi non abbiano raggiunto quel gusto che ci prefiggevamo, ecc. ecc. In questi, e in tanti altri casi consimili, un mezzo cucchiaino di estratto di carne salva magnificamente la situazione.
ammalato o a un convalescente. Ma quando si tratti di decorazioni di piatti freddi il molto tempo che questa gelatina esige può sembrare sciupato
Impanare una costoletta è cosa facilissima. Tuttavia molti per mancanza di diligenza ottengono una frittura dura e bruciacchiata che rovina la carne. Vi insegniamo un piccolo segreto che vi riuscirà utilissimo. Senza ricorrere alla mollica di pane grattata, che è la panatura adottata nelle grandi cucine, passate, più economicamente, il pane pesto da un setaccio in modo da eliminare i pezzi più grossi e ottenere un pane uguale e piuttosto fino. Prendetene la quantità che stimerete necessaria, ammonticchiatela con le mani e fateci un buco in mezzo; e poi versate in questo buco qualche cucchiaiata di acqua. Impastate allora il pane stropicciandolo tra le mani per scioglierlo bene, e otterrete un'impanatura morbida, la quale comunicherà maggior gusto al vostro fritto. È un piccolo lavoro che vale la pena di fare, visto il buon risultato che se ne ottiene.
Impanare una costoletta è cosa facilissima. Tuttavia molti per mancanza di diligenza ottengono una frittura dura e bruciacchiata che rovina la carne
E giacchè siamo a parlare di arrosto, desideriamo aggiungere poche considerazioni per quello che riguarda l'arrosto di pollame. Affinchè il pollo possa venire apprezzato in tutta la sua bontà, si richiedono delle norme sia nella cottura, sia nel modo di presentarlo in tavola. È necessario che il pollo sia arrostito all'ultimo momento, che sia fatto cuocere a forno vivace, e che venga servito bollentissimo. Un pollo mal cotto o freddo, non val nulla, e i soldi spesi saranno stati proprio gettati via. C'è ancora tutta un'educazione da fare, tutto un complesso di pregiudizi da combattere. Alcuni mettono il pollo ad arrostire in un fornetto di campagna con pochi pezzi di carbone sotto, convinti che il fuoco «lento» gioverà alla cottura, e non sanno che in tal modo il pollo incomincia a trasudare acqua e che si porterà in tavola una cosa scipita, molle, più simile a un pollo lesso che a un pollo arrosto. Ma sì!, andatelo a dire a certe cuoche pretensiose... Altro sistema barbarico è quello di preparare l'arrosto due o tre ore prima del pranzo. «A mangiare c'è ancora tempo: in questo momento i fornelli sono liberi, e leviamoci intanto il pensiero dell'arrosto...».
E giacchè siamo a parlare di arrosto, desideriamo aggiungere poche considerazioni per quello che riguarda l'arrosto di pollame. Affinchè il pollo
Nell'arte della cucina si chiamano chenelle delle piccole preparazioni fatte con farcia. Ottenuta la farcia, servendosi di un cucchiaino se ne prende una piccola quantità e si mette a rassodare nell'acqua bollente: qualche cosa di simile a quello che accade per i gnocchi; ed infatti questi piccoli gnocchi di carne appena rassodati vengono tolti dall'acqua con una cucchiaia bucata e servono a guarnire le pietanze. Notiamo qui incidentalmente che le chenelle possono anche farsi entro piccole stampe imburrate. Ma di ciò a suo tempo, non avendo voluto intanto che spiegare alle lettrici quel che s'intende con la parola chenella. E a questo proposito ci sia consentito di sfiorare una piccola questione linguistica.
una piccola quantità e si mette a rassodare nell'acqua bollente: qualche cosa di simile a quello che accade per i gnocchi; ed infatti questi piccoli
I tipi di farcia descritti più sopra sono quelli che potremmo dire classici, e che trovano il loro maggiore impiego per bordure e per chenelle. Ce n'è poi un altro tipo appartenente all'antica cucina e che va sotto il nome di Godiveau, di cui anche stimiamo opportuno tener parola.
I tipi di farcia descritti più sopra sono quelli che potremmo dire classici, e che trovano il loro maggiore impiego per bordure e per chenelle. Ce n
Esaurito l'esame delle varie specie di farcie, passeremo ora ad esaminare le varie preparazioni che con le farcie si possono ottenere, e che possono suddividersi in due gruppi: chenelle e bordure.
Esaurito l'esame delle varie specie di farcie, passeremo ora ad esaminare le varie preparazioni che con le farcie si possono ottenere, e che possono
Comprenderete benissimo che vi sarà facile preparare sollecitamente una «vellutata» con burro e farina operando come per una besciamella, e sostituendo al latte un po' di brodo; e che aggiungendo a questa salsa uno o due rossi d'uovo e una cucchiaiata di crema avrete ottenuto in pochi minuti la alemanna. Ci si potrà obiettare che la estrema finezza delle salse classiche non sarà raggiunta; e su questo possiamo anche essere d'accordo; ma il risultato che si otterrà senza eccessiva perdita di tempo sarà ugualmente buono, in ispecie ove si tenga presente che la preparazione classica di queste salse deve essere fatta molto in grande, ciò che esorbita dai bisogni limitatissimi di una piccola cucina. Dunque delle quattro grandi salse fondamentali, la sola che dal nostro punto di vista ha una reale importante è la salsa besciamella, che troverete più appresso. Le stesse ragioni, di praticità ci hanno consigliato a non includere nel presente capitolo un elenco interminabile di salse, le quali differiscono per particolari insignificanti. Abbiamo solamente notato le più utili, e ne abbiamo inserite altre man mano che una data ricetta richiedeva una speciale salsa.
Comprenderete benissimo che vi sarà facile preparare sollecitamente una «vellutata» con burro e farina operando come per una besciamella, e
Riportiamo qui una famosa ricetta personale, che ebbe, durante il periodo della guerra, una diffusione enorme nelle famiglie, e che ancora adesso viene eseguita. Con esso si ottiene un brodo aromatico e non privo di elementi nutritivi, realizzando un risultato notevole con una spesa insignificante.
Riportiamo qui una famosa ricetta personale, che ebbe, durante il periodo della guerra, una diffusione enorme nelle famiglie, e che ancora adesso
regolarsi che il brodo dei legumi non sia troppo abbondante, nè troppo scarso, di modo che aggiungendo la pasta risulti una minestra sufficientemente legata. Mentre la pasta cuoce preparate il pesto, (vedi: Lasagne col pesto alla genovese). Mescolate ogni cosa, lasciate riposare un momento e mandate in tavola.
regolarsi che il brodo dei legumi non sia troppo abbondante, nè troppo scarso, di modo che aggiungendo la pasta risulti una minestra sufficientemente
Raschiate tre o quattro carote gialle piuttosto grandi, spaccatele in quattro nel senso della lunghezza e con un coltellino portate via l'anima interna che è legnosa. Ritagliate questi spicchi in fettine che metterete a cuocere in una casseruola con un pochino di burro. Fate cuocere, coperto, con fuoco debole in modo che le carote gialle cucciano senza abbrustolirsi, e dopo un quarto d'ora circa bagnate con un litro abbondante d'acqua.
interna che è legnosa. Ritagliate questi spicchi in fettine che metterete a cuocere in una casseruola con un pochino di burro. Fate cuocere, coperto, con
Lo stesso dicasi per le perle del Giappone, che si devono lasciar cuocere fino a che siano diventate perfettamente trasparenti. Dose: una cucchiaiata a persona.
Lo stesso dicasi per le perle del Giappone, che si devono lasciar cuocere fino a che siano diventate perfettamente trasparenti. Dose: una cucchiaiata
Non c'è bisogno che vi diciamo che se aveste un tartufetto bianco o nero, esso troverebbe un'applicazione ideale affettato sottilmente ed unito alla provatura e alle alici nel mezzo del pasticcio.
Non c'è bisogno che vi diciamo che se aveste un tartufetto bianco o nero, esso troverebbe un'applicazione ideale affettato sottilmente ed unito alla
Scegliete dei pomodori non troppo maturi e tagliateli in fette orizzontali di mezzo centimetro di spessore, togliete via i semi e asciugateli leggermente in una salvietta, poi conditeli con sale e prezzemolo trito. Pochi minuti prima di andare a tavola immergete queste fette di pomodoro in una pastella leggera e friggetele nell'olio, a fuoco piuttosto vivace, fino a che abbiano preso un bel colore d'oro e sieno divenute croccanti. È necessario che questi pomodori sieno mangiati appena fatti, altrimenti l'umidità che contengono rammollisce la pastella privandoli di quel croccante che deve essere la loro caratteristica.
pastella leggera e friggetele nell'olio, a fuoco piuttosto vivace, fino a che abbiano preso un bel colore d'oro e sieno divenute croccanti. È necessario
Una certa diligenza esigono anche le uova affogate o pochées, uova che nella cucina di lusso, servono di base a infinite preparazioni, e che per la loro leggerezza e digeribilità sono adattatissime per bambini, convalescenti e per tutte le persone di stomaco delicato. Mettete sull'angolo del fornello un tegame piuttosto largo con dell'acqua bollente, alla quale aggiungerete un po' di sale e una cucchiaiata di aceto. Rompete le uova nel punto ove si produce l'ebollizione — ebollizione lenta e non tumultuosa. — Messe giù le uova, tirate un pochino indietro il tegame in modo che la temperatura dell'acqua si mantenga leggermente al disotto dei 100 gradi e lasciate le uova così per tre minuti, facendo attenzione che la solidificazione del bianco sia sufficiente a racchiudere il rosso, rammentando che l'uovo poché non è in fondo che un uovo alla coque senza guscio. Tirate su le uova con una cucchiaia bucata, pareggiatene un po' qualche sbavatura con la punta di un coltellino e mettetele nel piatto. Se queste uova dovessero aspettare sarà bene tenerle in caldo in acqua tiepida leggermente salata.
Una certa diligenza esigono anche le uova affogate o pochées, uova che nella cucina di lusso, servono di base a infinite preparazioni, e che per la
Questa pietanza, di una semplicità e di una esecuzione assolutamente primordiali, non solamente riabilita il polipo, che — sia detto fra parentesi — nelle famiglie dei pesci gode di una fama volgaruccia anzichenò, ma immediatamente solleva lo spregiato mollusco ad altezze che non esiteremmo a chiamare epiche. C'è forse qualcosa di più squisito, di più appetitoso, di più delizioso di un polipo alla luciana? Quale pesce può compiere il prodigio di riempirvi la cucina di un profumo più intenso ? Uno di quei profumi che scendono allo stomaco «per vie non conosciute», come avrebbe detto il buon Stecchetti e che vi fanno venire l'acquolina in bocca. Di più il materiale di cucina occorrente non contribuirà certo a mandarvi in rovina: una pentola di coccio, un pezzo di carta paglia e un po' di spago. L'abbiamo già detto: si tratta di una preparazione primordiale. Il polipo che occorre deve essere di scoglio: quei polipi cioè che hanno una doppia fila di ventose sui tentacoli, e che sono detti a Napoli «veraci». Contrariamente poi a quanto si usa per le altre preparazioni sarà da preferirsi un polipo piuttosto grosso. E non abbiate timore che riesca duro: quando avrete seguito con diligenza i nostri consigli scambierete il vostro polipo per un pezzo di vitellino da latte, tanto sarà tenero. Comperato dunque il polipo, nettatelo bene, togliendo via la vescichetta della tinta, gli occhi e tutta la pelle. Quest'ultima operazione, che a prima vista può sembrare difficile, non lo è in realtà, se vi aiuterete con un piccolo coltello a punta. Fatta dunque un po' di toletta al polipo procedete ad un'altra operazione, che se non è molto gentile è però necessaria: quella della bastonatura; poichè il polipo «ama» di essere bastonato, come si legge in quei libri di cucina a base di strafalcioni. Naturalmente est modus... con quel che segue; e voi badate affinchè nella furia del combattimento il polipo non debba restare massacrato e coi tentacoli in pezzi. Dopo la bastonatura esso avrà perduto la rigidità delle fibre e sarà pronto per la cottura. La quale, come già abbiamo accennato, dovrà farsi in una pentola di terraglia, di capacità tale che il polipo possa occuparne i due terzi dell'altezza. Lavate adesso il polipo e, senza asciugarlo, deponetelo nella pentola. Conditelo con sale e pepe — è molto indicato, se piace, del peperoncino — qualche ciuffo di prezzemolo e abbondante olio (mezzo bicchiere un po' scarso per un polipo di mezzo chilogrammo). Chiudete ora la pentola con un paio di fogli di carta paglia — quella carta gialla usata dai rivenditori di generi alimentari — assicurate la carta con qualche giro di spago che fisserete sotto i manici e in ultimo coprite con un coperchio. Mettete la pentola su poca brace accesa, quasi delle ceneri calde, e lasciate che il polipo cuocia lentamente, insensibilmene, per un paio d'ore, per abbandonarlo poi sul camino fino al momento di mangiare, che esso guadagna ad essere gustato tiepido o freddo affatto. Vi ripetiamo la raccomandazione che il fuoco sia quasi niente, poichè in caso contrario rovinereste tutto. Pian piano, durante la cottura, un profumo allettatore si sprigionerà dalla pentola. Ma voi non vi lasciate vincere dalla tentazione di scoprirla fino a che non sia trascorso il tempo stabilito e sarà giunta l'ora del desinare. Togliete allora la carta, e avrete la sorpresa di vedere che il polipo è diventato come una specie di grosso crisantemo rossastro, tenerissimo, galleggiante in un brodo squisito, che la munifica bestia ha generosamente elargito. Non gli fate l'ingiuria di travasarlo. Adagiate la pentola in un piatto con salvietta, e fatelo portare in tavola così come si trova. È un piatto marinaresco, e va servito senza troppe cerimonie. In tavola dividetelo in pezzi, e fate che ogni commensale condisca il polipo con qualche cucchiaiata del suo brodo, un pochino d'olio e, se piace, qualche goccia di sugo di limone.
Questa pietanza, di una semplicità e di una esecuzione assolutamente primordiali, non solamente riabilita il polipo, che — sia detto fra parentesi
Per sei persone vi sarà sufficiente un merluzzo, il cui peso sia di circa un chilogrammo — meglio più che meno — oppure due merluzzi piccoli che abbiano complessivamente lo stesso peso. Sfilettate il pesce, o fatelo sfilettare dallo stesso negoziante. Dividete in pezzi della gros[sezza]
Per sei persone vi sarà sufficiente un merluzzo, il cui peso sia di circa un chilogrammo — meglio più che meno — oppure due merluzzi piccoli che
Questa salsa di senape semplicissima si prepara sciogliendo in una cucchiaiata d'acqua una punta di cucchiaino di senape, di quella qualità che viene preparata appositamente per usi di cucina e che è posta in vendita in piccole scatole di latta.
Questa salsa di senape semplicissima si prepara sciogliendo in una cucchiaiata d'acqua una punta di cucchiaino di senape, di quella qualità che viene
Il tacchino bollito si serve di preferenza caldo. Per poterlo tagliare bene senza che i vari pezzi abbiano a rovinarsi si ricorre ad un piccolo espediente. Cotto che sia si mette in un piatto e si lascia freddare. Allora essendo la carne fredda più compatta, si taglia il tacchino in pezzi regolari, che poi si rimettono vicino al fuoco in una teglia e coperti di brodo, lasciandoli in caldo fino al momento di mandarli in tavola.
Il tacchino bollito si serve di preferenza caldo. Per poterlo tagliare bene senza che i vari pezzi abbiano a rovinarsi si ricorre ad un piccolo
Appena cotti fateli servire senza che abbiano ad attendere ed insieme potrete far servire anche una salsiera con burro d'alici ciò che renderà ancor più gustosa la preparazione.
Appena cotti fateli servire senza che abbiano ad attendere ed insieme potrete far servire anche una salsiera con burro d'alici ciò che renderà ancor
7. Il pollo cucito. Quando sarà cotto basterà tagliare lo spago sull'ala e sulla coscia nei punti A e B, e tirare dal disotto dove c'è il nodo. Lo spago verrà via completamente e in un sol pezzo; ciò che distingue questo sistema di cucitura da altri in cui lo spago deve essere tolto con un maggior numero di tagli. il riso generalmente non va sgrassato, che anzi il grasso costituisce il migliore condimento. Tuttavia, se fosse in abbondanza, mettetene via un poco per impedire che il riso abbia a nuotare nel grasso, ciò che, oltre a non essere bello alla vista, non si confarrebbe troppo neanche allo stomaco. Torniamo a raccomandarvi di scegliere una pollastrina giovine e bene in carne o anche un bel pollo tenero. Diffidate dalle galline di età troppo... matura che, a dispetto del noto proverbio popolare, oltre ad avere la carne dura, tigliosa e senza profumo, fanno un brodo detestabile.
spago verrà via completamente e in un sol pezzo; ciò che distingue questo sistema di cucitura da altri in cui lo spago deve essere tolto con un maggior
Non occorre dire che i pistacchi vanno lasciati interi. Tartufi e pistacchi, oltre che a dare più sapore alla galantina, contribuiscono ad aumentare quella varietà di mosaico che forma uno dei pregi di questa preparazione.
Non occorre dire che i pistacchi vanno lasciati interi. Tartufi e pistacchi, oltre che a dare più sapore alla galantina, contribuiscono ad aumentare
Elemento indispensabile per la galantina di pollo è la pelle del pollo medesimo che serve a racchiudere l'impasto. Trattandosi di una galantina senza pollo si ricorre alla rete di vitello. Avrete infatti veduto più volte nelle vetrine dei grandi salsamentari, delle galantine involte in una specie di pelle bianca. Questo involucro non è altro che la rete che regge le viscere del vitello. Per avere questa rete dovrete rivolgervi o al vostro macellaio, che ve la procurerà facilmente al mattatoio, o da quei venditori di trippe, teste e piedi di vitello, fegati ecc.
Elemento indispensabile per la galantina di pollo è la pelle del pollo medesimo che serve a racchiudere l'impasto. Trattandosi di una galantina senza
Ci sono delle pietanze che potrebbero dirsi gaie, poichè, accolte generalmente con simpatia da tutti, portano sulla tavola quel non so che di piacevole che altre pietanze, magari più costose e raffinate, non hanno. Una di queste pietanze privilegiate — il cui prototipo è rappresentato dai maccheroni — è la maionese. La cosa è difficile a spiegarsi: sarà forse l'effetto dei varii colori armonizzanti col manto giallastro della salsa, sarà il caratteristico e appetitoso sapore che risulta dalla fusione di tutti gli ingredienti, sarà qualche altra causa; ma certo si è che l'arrivo in tavola di una maionese ben «montata» e, sopra tutto, ben fatta, non manca di produrre il migliore effetto. Di più: se la maionese è sempre gradita ai commensali, costituisce, per la padrona di casa, un pensiero di meno, poichè può essere preparata con comodo qualche tempo prima, e messa via; di modo che essendo il lavoro della cuoca, al momento del pranzo, alquanto diminuito, c'è una probabilità di più che il servizio proceda meglio. Nella peggiore delle ipotesi il fritto potrà venire in tavola molle, o l'arrosto bruciato, ma la signora è almeno sicura che la maionese, la quale è stata eseguita in antecedenza, sotto la sua sorveglianza diretta, incontrerà quell'approvazione che meritano tutte le cose ben fatte, e, in caso di una «débacle» servirà a salvar la situazione. Voi sapete che la maionese si può fare di magro o di grasso, cioè col pesce o col pollo. Incominciamo da quella di pesce, che si fa più frequentemente, ed è senza dubbio la più gustosa.
Ci sono delle pietanze che potrebbero dirsi gaie, poichè, accolte generalmente con simpatia da tutti, portano sulla tavola quel non so che di
La riuscita dipende da varie cause, che possono riassumersi in due punti principali. La scelta della qualità della patata e l'abbondanza della frittura. Senza preoccuparci delle tante cervellotiche ricette date per codeste patate, vi insegneremo la nostra più volte sperimentata, e che conduce a un risultato infallibile. Provvedetevi, il che costituisce la cosa indispensabile, di patate così dette olandesi, le quali debbono essere ben mature, di una bella forma allungata e regolare e di polpa unita. Abbiate una padella con abbondantissimo strutto od olio, pelate le patate e tagliatele in fette lunghe dello spessore di mezzo centimetro, procurando che le fette siano tagliate nel modo più regolare possibile. Quando la frittura sarà appena calda a metà immergeteci le fette di patate una a una, mantenendo lo stesso grado di calore durante la cottura. Quando vedrete che le patate cominciano a risalire alla superficie, ravviverete poco a poco il fuoco, in modo che le patate, venute tutte a galla possano leggerissimamente colorirsi. A questo punto, con la cucchiaia bucata le estrarrete, lasciando la padella sul fuoco. Dopo tre o quattro minuti le metterete nuovamente nella frittura lasciandovele soltanto uno o due minuti, dopo di che le ritirerete nuovamente dalla padella e le lascerete sgocciolare. Forzate adesso il fuoco, in modo che la frittura sia bollentissima, rimettete le patate in padella per la terza volta e vedrete che sotto l'influenza di questo terzo bagno violentissimo le patate gonfieranno spontaneamente. Lasciatele nella frittura fino a che saranno ben gonfie e dure, e finalmente lasciatele sgocciolare e servitele. La parte pratica dell'esecuzione consiste dunque nelle tre diverse temperature della frittura; nella prima fase quasi fredda, nella seconda un po' meno fredda e nella terza bruciante. Volendo ci si può servire assai efficacemente di due padelle, la prima tenuta a temperatura modesta e servibile quindi per le due prime fasi e la seconda per la fase finale della cottura.
La riuscita dipende da varie cause, che possono riassumersi in due punti principali. La scelta della qualità della patata e l'abbondanza della
Anche in questa parte del nostro lavoro facciamo grazia alle lettrici del così detto «pezzo di bravura» che tutti o quasi tutti gli autori si ostinano implacabilmente a propinare a coloro che li leggono. Non ci sarebbe difficile dettare una dozzina e anche più pagine dense di notizie storiche, di aneddoti e di citazioni riguardanti l'evoluzione dell'arte dulciaria dalle origini ad oggi. Ne facciamo volentieri a meno, convinti che le afflizioni non mancano mai, ed è inutile procurarne delle nuove a sè e agli altri.
Anche in questa parte del nostro lavoro facciamo grazia alle lettrici del così detto «pezzo di bravura» che tutti o quasi tutti gli autori si
Si mettono in un polsonetto quattro o cinque cucchiaiate di zucchero, si inumidisce lo zucchero con poca acqua e si cuoce alla caramella. Quando lo zucchero è arrivato al punto giusto di cottura metteteci dentro le mandorle con tutta la pelle e poi con un cucchiaio di legno — che non abbia odore di grasso, nè di sugo — cominciate a mescolare lo zucchero, fino a che vedrete che esso imbianchirà e finirà col rapprendersi in tante particelle biancastre e granulose che andranno a velare le mandorle. Travasate il tutto sul marmo di cucina, nettate accuratamente il polsonetto, e in esso rimettete un altro po' di zucchero che cuocerete nuovamente alla caramella. Rimettete dentro le mandorle e ripetete la stessa operazione di prima. Naturalmente questa volta la quantità di zucchero che andrà a depositarsi sulle mandorle sarà maggiore. Potrete fermarvi qui, ma se desiderate ottenere delle mandorle molto saporite dovrete ripetere l'operazione per la terza ed ultima volta. Sciogliete allora un po' di gomma arabica in pochissima acqua, preferibilmente a bagnomaria, e nella soluzione di gomma passate le mandorle. Mescolate bene, estraete le mandorle dal bagno di gomma e poi mettetele ad asciugare al tiepido sopra un setaccio, in modo che non si tocchino una con l'altra. Se desiderate che queste mandorle assumano quella bella colorazione brunastra, che si riscontra nelle mandorle «pralinées» dei pasticcieri, dovrete aggiungere alla soluzione di gomma, qualche goccia di zucchero bruciato o caramello.
zucchero è arrivato al punto giusto di cottura metteteci dentro le mandorle con tutta la pelle e poi con un cucchiaio di legno — che non abbia odore di
Per dieci persone, mettete in una terrinetta otto rossi d'uovo con 150 grammi di zucchero e con un cucchiaio di legno montate il tutto fino a che avrete ottenuto un composto soffice e rigonfio che si staccherà dal cucchiaio in un lungo nastro ininterrotto. Aggiungete allora 125 grammi di burro fuso, avvertendo che questo burro sia appena tiepido e non caldo, che in questo caso sciupereste le uova montate. Mescolate per unire il burro alle uova e poi fate cadere a pioggia sul composto 80 grammi di farina che unirete anche alla massa. Montate in neve molto ferma le otto chiare rimaste e unitele con grande delicatezza al rimanente, ultimando con un pizzico di vainiglina.
Per dieci persone, mettete in una terrinetta otto rossi d'uovo con 150 grammi di zucchero e con un cucchiaio di legno montate il tutto fino a che
— meglio se lo zucchero fosse di quello in pezzi — e bagnatelo con un dito di acqua, tanto da inzupparlo appena. Ponete la casseruolina sul fuoco vivace e senza mescolare, lasciate che bolla. Quando dopo qualche minuto constaterete che il bollore si fa più lento, provate la cottura, o con le dita
vivace e senza mescolare, lasciate che bolla. Quando dopo qualche minuto constaterete che il bollore si fa più lento, provate la cottura, o con le dita
riuscendo a creare quelle squisitezze che vanno sotto il nome di gelati leggeri. Generalmente noi siamo soliti di dividere i gelati in: gelati di crema o di frutta, da lavorarsi nella sorbettiera, e in gelati leggeri, cui accennavamo poc'anzi, e che comprendono i diversi biscuits, le bombe, le mousses, i puddings, i soufflés. C'è poi un'altra categoria di gelato che nei grandi pranzi viene servito a metà tavola, la cui formula tipo è il sorbetto, che si suddivide in granite, marquises, punchs e spooms. Il gelato alla sorbettiera, come si faceva fino a pochi anni addietro, va sempre più perdendo terreno. Il lavoro è piuttosto complicato, e non è certo in una famiglia che si può lavorare una certa quantità di gelato col primitivo e piuttosto costoso impianto di una sorbettiera e tutti i suoi accessori. Per le signore che amano fabbricare con le loro mani del gelato è indispensabile una di quelle macchinette americane a manovella, già imperniate nel loro secchio di legno. Queste macchinette costano relativamente poco e danno dei risultati certi, senza richiedere troppo tempo e troppa fatica. Non si deve fare altro che mettere la composizione da gelare, nel vaso centrale di ferro zincato, rimettere a posto le spatole interne, chiudere col coperchio, calcare tutt'intorno del ghiaccio pesto, mescolato col sale e girare la manovella. Dopo pochi minuti una resistenza un po' sensibile vi avverte che il composto è congelato ed attende di essere servito ai vostri ospiti. Tecnicamente parlando, i gelati possono essere magri o grassi, intendendo che nella composizione da gelare entra una minore o una maggiore quantità di zucchero. Anche qui «est modus in rebus». Infatti, un gelato troppo magro, cioè scarso di zucchero, riuscirà insipido e granuloso, mentre al contrario, un composto troppo grasso stenterà molto a congelarsi.
riuscendo a creare quelle squisitezze che vanno sotto il nome di gelati leggeri. Generalmente noi siamo soliti di dividere i gelati in: gelati di
Pregato da noi, Giacomo Manfredi ha voluto cortesemente comunicare alle nostre lettrici il procedimento minuzioso per ottenere le violette candite. È una ricetta piuttosto rara, che difficilmente figura nei trattati di pasticceria, ricetta che acquista una speciale importanza per la fama di cui il nome del Manfredi è meritamente circondato.
una ricetta piuttosto rara, che difficilmente figura nei trattati di pasticceria, ricetta che acquista una speciale importanza per la fama di cui il
sommerse nel «brillante». Lasciatele così per nove ore senza mai toccarle. Trascorso questo tempo togliete il turacciolo alla «brillantiera» e lasciate che lo sciroppo (che raccoglierete naturalmente in un altro recipiente) esca fino
lasciate che lo sciroppo (che raccoglierete naturalmente in un altro recipiente) esca fino
Come le materie albuminose di cui la carne si spoglia, turbano la limpidità del brodo, così questa schiuma di frutti, che è anche materia albuminosa, turberebbe la limpidità della gelatina. Se voi immergete la cucchiaia bucata nella gelatina in ebollizione e la sollevate di taglio, constaterete che la gelatina ricade in goccie rapide. Ma man mano che la cottura progredisce, rinnovando l'esperimento (ciò che bisogna fare spesso), vi accorgerete che queste goccie si staccano meno vivamente e finiscono per radunarsi sul ciglio inferiore della cucchiaia da cui si separano in masse più voluminose, e a intervalli di tempo piuttosto lunghi. Questo punto che i francesi chiamano «la nappe» perchè la cucchiaia resta quasi avviluppata in un velo di gelatina, indica il grado preciso ed infallibile della cottura di tutte le marmellate e di tutte le gelatine. Lasciate raffreddare un poco la gelatina, versatela in piccoli vasi di vetro ben netti e sopratutto asciutti bene, e il giorno dopo ponete sopra ogni vasetto un disco di carta pergamena bagnato nell'alcool, chiudete col coperchio e conservate in un luogo fresco.
Come le materie albuminose di cui la carne si spoglia, turbano la limpidità del brodo, così questa schiuma di frutti, che è anche materia albuminosa
Questa ricetta, che può anche essere ridotta in proporzione, necessita forse un impiego considerevole di zucchero; ma il risultato che si ottiene è veramente notevole: anche dal punto di vista della conservazione, così dello sciroppo, come della confettura.
Questa ricetta, che può anche essere ridotta in proporzione, necessita forse un impiego considerevole di zucchero; ma il risultato che si ottiene è
Con un coltellino affilato togliete, il più sottilmente che potrete, le bucce ai mandarini, dividetele in listerelle e mettetele in una bottiglia a largo collo che si possa chiudere ermeticamente, ricopritele di alcool a 90° e lasciatele in macerazione per una diecina di giorni. Le proporzioni tra le corteccie e l'alcool si stabiliscono così: grammi 100 di corteccie e grammi 200 di alcool. Fatta che sarà la tintura, che in linguaggio tecnico si chiama «alcoolaturo», si procede alla fabbricazione del liquore. Si sciolgono due chilogrammi di zucchero in un litro e mezzo d'acqua. Si mettono in un boccioncino litri uno e mezzo di alcool a 90° vi si aggiunge lo sciroppo e mezzo bicchiere abbondante della tintura preparata. Mescolate tutto, lasciate riposare il liquore per un paio di giorni, poi filtrate e imbottigliate. Prima di procedere alla filtrazione assaggiate il liquore e se non vi sembrerà abbastanza profumato potrete aggiungere un altro pochino di tintura. La tintura che rimarrà, la restringerete, senza le buccie, in una bottiglietta che conserverete ben tappata. Vi si conserverà a lungo e potrà servirvi per preparare altro liquore. Questa crema di mandarino, pur nella sua semplicità, è ottima e profumatissima.
Con un coltellino affilato togliete, il più sottilmente che potrete, le bucce ai mandarini, dividetele in listerelle e mettetele in una bottiglia a
Il procedimento è un pochino lungo, ma il tempo che impiegherete di più nella confezione, lo risparmierete durante l'inverno, perchè non vi resterà che aprire la bottiglia, versare i pezzi di pomodoro in padella con un po' di strutto e grasso di prosciutto, fare dare un bollo e condire i maccheroni. Prendete dei pomodori carnosi e saporiti, spellateli senza rovinarli, tagliateli in quattro pezzi, togliete via i semi, e introducete man mano questi pezzi in bottiglie da Champagne, bene risciacquate. Empite la bottiglia fino al collo, poi tappatela con la macchinetta, assicurando il turacciolo con una solida legatura in croce, intorno al collo della bottiglia. Avvolgete le bottiglie con strofinacci, o giornali, o paglia, e collocate in un piccolo caldaio in modo che non si tocchino l'un l'altra. Riempite il caldaio con acqua fresca avvertendo che l'acqua giunga fino al collo delle bottiglie, e portatela pian piano all'ebollizione, che manterrete regolare per un'ora. Dopo di che spegnerete il fuoco la sciando che le bottiglie si freddino nel loro bagno. Quando saranno fredde, estraetele dal caldaio, asciugatele, incatramatele e serbatele in dispensa.
Il procedimento è un pochino lungo, ma il tempo che impiegherete di più nella confezione, lo risparmierete durante l'inverno, perchè non vi resterà
i pori. Dopo questa intonacatura, si possono poi immergere nell'acqua di calce, preparata nel modo che indicheremo più sotto. Si forma così un sapone calcare insolubile che ostruisce i pori, e se pure un eccesso di calce può riuscire a penetrare nell'interno, forma attorno all'uovo una pellicola di albuminato di calce che è sostanza imputrescibile.
i pori. Dopo questa intonacatura, si possono poi immergere nell'acqua di calce, preparata nel modo che indicheremo più sotto. Si forma così un sapone
Conservazione all'olio. — Un metodo che dà risultati certi, e che è specialmente consigliabile per famiglia è il seguente: Si mettono le uova in un grande tegame, in modo che possano rimanere in un solo strato, si ricoprono completamente d'olio, e si lasciano così per 24 ore. Trascorso questo tempo si estraggono e si lasciano sgocciolare per un'altra giornata. Allora si asciugano leggermente, si avvolgono in caria pergamena e si ripongono in luogo asciutto, tenendole, come al solito, ritte. Oppure si depongono, senza avvolgerle nella carta, in una cassetta con polvere di carbone o segatura, ricordando di tenerle sempre ritte. L'olio che si consuma è pochissimo, e quello che resta può venire adoperato per frittura. Con questo sistema si sono conservate le uova fino a due anni, con una perdita minima, essendo il numero delle uova andate a male inferiore al 2 per cento. Perchè questa conservazione dia ottimi risultati, è necessario che le uova siano di giornata o, per lo meno, freschissime.
Conservazione all'olio. — Un metodo che dà risultati certi, e che è specialmente consigliabile per famiglia è il seguente: Si mettono le uova in un
Tutti sanno che «menu» — parola esotica, ma entrata, come tante nella lingua dell'uso: nè ce n'è un'altra che possa efficacemente sostituirla — significa cosi l'insieme dei cibi e dei vini che compongono un pranzo, come, in senso traslato, quel foglietto di carta, di cartoncino, di pergamena ecc., che si mette dinanzi a ciascun convitato, e dove è trascritto l'ordine e la specie delle vivande. Usanza codesta, relativamente recente, e che data dalla seconda metà del secolo scorso, quando all'antico servizio detto «alla francese» venne più opportunamente sostituito il servizio «alla russa» più rapido e più razionale, che segnò l'abolizione delle interminabili serie di piatti, delle barocche montature su zoccoli di grasso o di cera, e delle pietanze mantenute calde sulla tavola da appositi fornelletti (rechauds). La composizione di un «menu» è sottoposta a delle regole, che è opportuno ricordare brevemente. Anzitutto il «menu» deve essere adattato alla circostanza per cui si dà il pranzo. È chiaro che il «menu» d'un pranzo di cerimonia dovrà essere differente da quello per una comunione, allo stesso modo che il «menu» per un pranzo dove predominano le signore dovrà essere assai più ricercato di quello per una riunione di uomini soli, e così di seguito. Uno degli aforismi più giusti di Brillat-Savarin, dice: «L'ordine delle vivande in un pranzo è dalle più sostanziose alle più leggere». Il proverbio «l'appetito viene mangiando» è falso, e man mano che lo stomaco si riempie, si richiedono dei cibi di più in più leggeri e stuzzicanti. Gli antipasti e la minestra — nei grandi pranzi si usano preparare due minestre, una cosidetta «chiara» e una «legata» — rappresentano gli aperitivi. Alcuni vorrebbero abolire anche gli antipasti, eccezione fatta per il caviale e le ostriche, poichè servendosi in genere, secondo la moda russa, dei pesci affumicati, delle insalate piccanti, ecc., il palato non si trova più in grado di apprezzare degnamente il sapore della minestra.
Tutti sanno che «menu» — parola esotica, ma entrata, come tante nella lingua dell'uso: nè ce n'è un'altra che possa efficacemente sostituirla
La cameriera vestirà in nero con un piccolo elegante grembiule bianco. Alcuni preferiscono che la cameriera sia coiffée di una capricciosa cuffietta a trine, ma ciò dipende dalle tradizioni della casa e — perchè no? — anche dalla figura della cameriera stessa, che quello che può dar grazia ad una figurina giovine ed armoniosa sarebbe ridicolo in una vecchia goffa. La toletta è generalmente completata da un paio di guanti di filo bianchissimi e nettissimi.
La cameriera vestirà in nero con un piccolo elegante grembiule bianco. Alcuni preferiscono che la cameriera sia coiffée di una capricciosa cuffietta
La questione dei funghi commestibili e dei funghi velenosi è quella che più deve preoccupare chi è a capo di una famiglia, poichè l'esperienza insegna quanto sia difficile poter giudicare se un fungo è o non è velenoso. Gli avvelenamenti con funghi non sono purtroppo infrequenti e la storia ci dice che anche personaggi illustri trovarono la fine cibandosi di funghi. Nelle grandi città si procede ad una verifica che può dare sufficienti elementi di garanzia; ma il pericolo maggiore è nei piccoli centri e nelle campagne dove i funghi vengono venduti senza controllo, quando non sono addirittura raccolti per uso proprio. In genere vengono cucinate una cinquantina di specie di funghi, tra le quali ve ne sono circa venti velenose, difficilissime a conoscersi dalle commestibili, presentando lo stesso aspetto e gli stessi caratteri. Si dice, ad esempio, della infallibile sicurezza dell'ovolo vero (amanita caesarea) e del cocco od ovolo bianco, ma anche in questa famiglia c'è l'ovolo falso o malefico e il cocco bastardo, ambedue velenosi. Nel gruppo degli agarici sono anche funghi commestibili e velenosi, come, ad esempio, il prataiolo, l'agarico grigiastro, ecc., facilmente confondibili con la rossola velenosa, il fungo peperone, l'agarico dissenterico, ecc. Nè maggiore sicurezza offre il fungo porcino, potendo essere facilmente confuso col porcino malefico. È risaputo che le prove empiriche dell'aglio, della cipolla o quelle del cucchiaio d'argento o della lama di coltello sono assolutamente da escludersi. Meglio attenersi in genere ai seguenti consigli, per i quali sono da schivarsi: Quei funghi che quantunque abbiano, come il prataiolo, il cappello bianco ed emisferico hanno la base del gambo bulbosa. — Quelli che con gambo grande e gibboso o squamoso, sostengono un cappello cosparso di verruche, oppure hanno la pelle coperta di pustole. — Quelli che infranti o screpolati fra le dita emanano un odore narcotico disgustoso. — Quelli che esalano un odore d'aglio, o che hanno sapore bruciante. — Tutti quei funghi che hanno il cappello tinto di rosso, azzurro o verde. — Quelli che spezzati o tagliati con un coltello assumono, al contatto dell'aria colorazioni diverse. — Quelli che tagliati si trovano pieni di succo lattiginoso. — Quelli che hanno la carne cordacea o sugherosa. — Quelli che non sono in nessun modo toccati dagli insetti, e, finalmente, quelli che si ritrovano su tronchi di albero dotati di proprietà deleterie. Ad ogni modo, e per concludere, bisogna usare solo di quei funghi che in ciascun paese l'esperienza secolare ha dimostrato essere veramente commestibili. In caso di sintomi di avvelenamento per funghi ricorrere immediatamente in attesa del medico a un vomitivo (acqua calda saponata) e subito dopo somministrare un energico purgante di olio di ricino. Evitare qualsiasi bevanda acida, o acque purgative in cui entri il sal di cucina.
La questione dei funghi commestibili e dei funghi velenosi è quella che più deve preoccupare chi è a capo di una famiglia, poichè l'esperienza