Le seppie, le quali pur non essendo un cibo molto ricercato sono invece ottime e molto nutrienti, si riconoscono dal loro aspetto lucido, dalla durezza della carne e sopratutto da certi riflessi verdastri che facilmente conservano quando vengono nettate dal nero che generalmente le ricopre. Quando le seppie passano di freschezza perdono il loro aspetto brillante e diventano opache, mentre pian piano appaiono qua e là delle sfumature rosse.
Le seppie, le quali pur non essendo un cibo molto ricercato sono invece ottime e molto nutrienti, si riconoscono dal loro aspetto lucido, dalla
E torniamo alla nostra gelatina. Mettiamo la casseruola con tutti gli ingredienti su fuoco non troppo vivo, e sbattendo con una forchetta, o meglio con una piccola frusta di ferro stagnato, portiamo il liquido all'ebollizione. L'acqua, scaldandosi, scioglie l'estratto di carne e nello stesso tempo coagula man mano il bianco dell'uovo, chiarificando contemporaneamente la gelatina. Appena il liquido bollirà coprite la casseruola, naturalmente cessando di sbattere, e lasciate che la gelatina bolla insensibilmente sull'angolo del fornello per altri quattro o cinque minuti. Vedrete che negli interstizi lasciati dalla chiara stracciata, apparirà il liquido limpidissimo e di un bel color d'oro. Non dovrete fare altro dunque che prendere una salvietta, bagnarla, strizzarla, appoggiarla sopra un colabrodo e passare dalla salvietta la gelatina, la quale, essendo fatta con estratto di carne che non contiene grasso, passerà subito e non richiederà nessun altro lavoro. Se volete rendere la gelatina ancora più gustosa aggiungeteci, dopo passata, un cucchiaio di marsala. Sentite se sta bene di sale e, all'occorrenza, aggiungetene una presina. Poi mettete la gelatina in una stampa o, più semplicemente, in un paio di tazze grandi e tenetela in luogo fresco o su un po' di ghiaccio fino a che sia rappresa. Quando sarà rappresa, sformatela sopra una salvietta leggermente bagnata e tagliatela in fette a seconda della decorazione che vorrete fare.
interstizi lasciati dalla chiara stracciata, apparirà il liquido limpidissimo e di un bel color d'oro. Non dovrete fare altro dunque che prendere una
Le chenelle si possono finalmente fare in un terzo modo, specialmente quando sono destinate a guarnire dei piatti montati. In quest'ultimo caso si prendono delle piccole stampine generalmente lavorate, si imburrano e ci si mette dentro la farcia, lisciandola poi con una lama di coltello. Quando avrete guarnite tutte le stampine immergetele a una a una nella solita teglia contenente acqua quasi all'ebollizione. Le stampine precipiteranno al fondo della teglia, ma per effetto dell'acqua bollente la farcia si staccherà subito dalla stampa prendendone la forma e le chenelle verranno a galleggiare. Aspettate qualche minuto affinchè si siano ben rassodate, poi estraetele, e mettetele ad asciugare su uno strofinaccio pulito per poi servirvene.
della teglia, ma per effetto dell'acqua bollente la farcia si staccherà subito dalla stampa prendendone la forma e le chenelle verranno a galleggiare
Allo stesso modo, è inutile in famiglia pensare alla preparazione ugualmente lunga e noiosa della salsa vellutata, composta di burro e farina, ai quali si aggiunge del brodo, lasciando bollire per lunghissime ore. Dalla vellutata si ottiene poi l'alemanna, aggiungendo alla salsa ultimata dei rossi d'uovo e della crema di latte.
quali si aggiunge del brodo, lasciando bollire per lunghissime ore. Dalla vellutata si ottiene poi l'alemanna, aggiungendo alla salsa ultimata dei rossi
Invece di presentare in tavola il burro in panini è assai più elegante foggiarlo a piccole conchiglie. La preparazione è facilissima. Ci sono in vendita degli utensili semplicissimi del valore di poche lire, che servono allo scopo. Si impasta il burro dandogli una forma stretta e piuttosto allungata e si lascia ben raffreddare. Si immerge un momento nell'acqua calda l'apposito ferro, si asciuga e si appoggia, dalla parte dentata, alla estremità del pane di burro, tirando con moderata pressione verso sè. Facendo così verrà a distaccarsi una lamina di burro che sotto la pressione del ferro scanalato, si arrotolerà su se stessa assumendo la forma di un ricciolo o di una piccola conchiglia. Man mano disporrete le conchigliette in un piattino da antipasti, avvertendo ogni volta di immergere il ferro nell'acqua calda e di asciugarlo. Resta inteso che queste conchigline potranno essere fatte anche con i burri composti.
allungata e si lascia ben raffreddare. Si immerge un momento nell'acqua calda l'apposito ferro, si asciuga e si appoggia, dalla parte dentata, alla estremità
Avendo della carne cotta avanzata: pollo bollito o arrostito, cacciagione, vitello, abbacchio o maiale, separate accuratamente la carne dalle ossa e dalla pelle e mettete questa carne in un mortaio. Aggiungete una o due fette di prosciutto cotto, una noce di burro, un paio di cucchiaiate di parmigiano grattato, un buon pizzico di pepe e del prezzemolo. Pestate il tutto, fino ad ottenere una poltiglia perfetta e, se volete ancor più raffinare il composto, passatelo dal setaccio: operazione, cotesta, utilissima ma non necessaria. Preparate delle fette di pane, privatele della crosta e ritagliatele in pezzi regolari della forma di un piccolo rettangolo. Friggete questi crostini nel burro e lasciateli freddare. Quando saranno freddi spalmateli con la purè preparata che disporrete in forma bombata. Lisciate bene la purè e decorate ogni crostino con qualche cappero e qualche fettina di cetriolino in aceto.
dalla pelle e mettete questa carne in un mortaio. Aggiungete una o due fette di prosciutto cotto, una noce di burro, un paio di cucchiaiate di
Preparate un buon brodo ristretto, e al momento del pranzo mandatelo in tavola nella zuppiera, facendo servire a parte, in un piatto, dei quadratini della composizione che vi descriveremo più sotto, e di cui ogni commensale prenderà un certo numero a piacere, che metterà nella scodella col brodo. Ed ecco ora il modo di fare la composizione al parmigiano, sufficiente a sei persone e più. Sbattete in una terrinetta tre rossi d'uovo, conditeli con un po' di noce moscata e una presina di sale, ed aggiungete tre chiare montate in neve, due cucchiaiate colme di farina e tre cucchiaiate di parmigiano. Mescolate leggermente per non sciupare le chiare, e stendete il composto su un grande foglio di carta bianca resistente, precedentemente imburrata. Stendete con garbo — servendovi di una lama di coltello — la composizione sulla carta in modo da darle lo spessore di un paio di centimetri, e cuocete al forno di calore moderato. Otterrete una specie di torta leggera che lascerete raffreddare, e poi staccherete delicatamente dalla carta e ritaglierete in quadratini di circa due centimetri di lato.
cuocete al forno di calore moderato. Otterrete una specie di torta leggera che lascerete raffreddare, e poi staccherete delicatamente dalla carta e
Preparate come di consueto la pentola del brodo. E quando il manzo circondato dalla gaia schiera dei suoi legumi d'accompagno bollirà da circa un'ora mettete nella pentola una gallina o un pollo. Si dice che i proverbi sono la saggezza dei popoli; ed anche questa è un'altra mistificazione. Infatti il proverbio: gallina vecchia fa buon brodo, è una bugia della cucina empirica. Si adopera di preferenza una gallina vecchia per il brodo, solo perchè la senilità impedisce alla povera bestia una qualsiasi altra applicazione culinaria; ma se vorrete servirvi di una pollastra giovine o di un pollo bene in carne, il risultato sarà di gran lunga più fine. Immersa la gallina nella pentola lasciate che cuocia bene e che risulti molto cotta. Allora estraetela, levatele la pelle, separate tutte le ossa dalla carne e lasciate freddare. Intanto avrete messo a cuocere in una casseruola con un pochino di brodo, tre cucchiaiate di riso (un centinaio di grammi). Quando il riso sarà molto cotto, scolatelo e lasciatelo freddare avvertendo di conservare il brodo. Serbate da parte i due filetti della gallina e un pezzo di petto e mettete il resto della carne e il riso nel mortaio riducendo il tutto in una pasta finissima. Sciogliete questa pasta col brodo in cui cosse il riso (non dev'essere più di un bicchiere) e passate ogni cosa dal setaccio. Dieci minuti prima di andare in tavola mettete la purè di pollo e riso in una casseruola e diluitela col brodo della pentola che intanto avrà seguitato a bollire. Mettete tanto brodo quanto ne occorrerà per avere un liquido sufficientemente legato. Mescolate con un cucchiaio di legno per sciogliere bene la purè, mettete la casseruola sul fuoco e portate il liquido fino all'ebollizione. Allora tirate indietro la casseruola e versateci tre rossi d'uovo sbattuti con mezzo bicchiere di crema di latte sciolta. Unite ancora poco alla volta mezzo panino di burro in pezzetti, mescolando continuamente per incorporare bene ogni cosa. Tagliate in filettini o in dadini il bianco di pollo messo da parte, versate anche questo nella minestra e procurate che essa arrivi in tavola caldissima, e che, scodellando, i pezzetti di petto siano equamente distribuiti ad ognuno.
Preparate come di consueto la pentola del brodo. E quando il manzo circondato dalla gaia schiera dei suoi legumi d'accompagno bollirà da circa un'ora
Alcune volte in una colazione o in un pranzo, pur riconoscendo la necessità di un primo piatto di pasta asciutta, si vorrebbe presentare ai nostri ospiti qualche cosa di nuovo e di fine. Il seguente millefoglie risolve la questione ed offre un piatto di pasta ricco e di bell'aspetto. Un altro vantaggio del millefoglie di pasta è quello che si può preparare qualche tempo prima del pasto, che anzi esso guadagna ad attendere un poco. Mentre si ottiene un risultato migliore, si evita quell'incomodo affannarsi all'ultimo momento per presentare il primo piatto al suo giusto punto di cottura. Per sei persone impastate sul tavolo di cucina sei uova intere con circa seicento grammi di farina. Dosi esatte per la farina non se ne possono dare dipendendo l'impasto dalla grandezza delle uova e dalla qualità della farina stessa. Ad ogni modo tenete la pasta molto dura e lavoratela energicamente. Dividete questa pasta in otto pezzi uguali e stendete ogni pezzo col matterello procurando di mantenere la pasta in forma rotonda e piuttosto spessa. Quando avrete stesa tutta la pasta, lasciatela asciugare un po' e intanto mettete sul fuoco una teglia molto grande con acqua e sale. Quando l'acqua bollirà prendete un disco alla volta e procedendo con garbo immergetelo nell'acqua in ebollizione. Fate cuocere per qualche minuto in modo da tenere la pasta piuttosto dura di cottura e poi, procedendo con cautela e aiutandovi con due larghe cucchiaie bucate, o meglio, con un largo coperchio di casseruola, prendete su il disco cotto e deponetelo aperto su una tovaglia bagnata. Cuocete uno alla volta tutti gli altri dischi. Avrete preparato un buon sugo di carne, con o senza pomodoro secondo i gusti, e questo sugo, che dovrà essere piuttosto abbondante, arricchirete di carne pesta, piccole polpettine, regaglie di pollo, funghi, animelle, tartufi ecc.: dipenderà naturalmente dalla ricchezza che vorrete dare alla vostra pietanza e conseguentemente dalla spesa che vorrete incontrare. Prendete adesso una teglia poco più grande dei dischi di pasta, ungetela di burro e cospargetene il fondo con un ramaiolo di sugo. Mettete giù il primo disco e su questo cospargete altro sugo con una parte del condimento preparato. Seminate su tutto del parmigiano grattato e continuate così alternando dischi di pasta e sugo, regaglie e parmigiano. Potrete mettere anche, se credete, qualche pezzettino di burro. Sull'ultimo disco versate tutto il condimento rimasto, mettete ancora qualche pezzetto di burro e del parmigiano, e finalmente passate il vostro millefoglie in forno leggerissimo o su della brace. Lasciate stufare così per circa un quarto d'ora, poi estraete la teglia dal forno, copritela con un largo coperchio, mettete su questo un po' di cenere calda e lasciate così fino al momento di mangiare. Allora dividete il millefoglie in sei parti, mettete ogni spicchio su un piatto e fate portare in tavola.
dipendendo l'impasto dalla grandezza delle uova e dalla qualità della farina stessa. Ad ogni modo tenete la pasta molto dura e lavoratela energicamente
Si taglia la provatura in spicchi non tanto piccini, che si infarinano, si passano nell'uovo sbattuto, nel pane grattato e poi di nuovo nell'uovo sbattuto e nel pane grattato. Si friggono a padella caldissima e appena l' impanatura sarà diventata bionda, si tolgono dalla padella, si aggiustano in un piatto con salvietta e si inviano subito in tavola. È necessario che questa frittura sia preparata all'ultimo momento, altrimenti l'umidità rammollisce il pane e la provatura si liquefa nella padella.
sbattuto e nel pane grattato. Si friggono a padella caldissima e appena l' impanatura sarà diventata bionda, si tolgono dalla padella, si aggiustano in
Le mele più adatte per questa frittura sono le ranette, ma potranno, essere adoperate anche altre qualità. Sbucciate dunque le mele, e con un vuota zucchine di latta, o in mancanza di questo con un coltellino, asportate il torsolo. Tagliate allora le mele trasversalmente in fette di mezzo centimetro circa, in modo da ottenere tante ciambelline. Mettete le mele tagliate in una scodella, spolverizzatele con una cucchiaiata o due di zucchero in polvere, innaffiatele con un bicchierino di cognac o di rhum e grattateci un po' di buccia di limone. Lasciate stare così per un'ora voltandole un paio di volte perchè tutte abbiano ad insaporirsi. Poi pochi minuti prima di andare in tavola tirate su le mele dalla marinata, lasciatele sgocciolare, immergetele in una pastella leggera e friggetele nell'olio o nello strutto finchè abbiano preso un bel colore dorato. Prima di mandarle in tavola, dato che voleste servirle come entremet zuccherato, spolverizzatele con un po' di zucchero.
di volte perchè tutte abbiano ad insaporirsi. Poi pochi minuti prima di andare in tavola tirate su le mele dalla marinata, lasciatele sgocciolare
Per sei persone lessate sei uova; rinfrescate le uova, sbucciatele, spaccatele in due e dividete i bianchi dai rossi. I bianchi li metterete da parte, e i rossi li passerete dal setaccio, impastandoli poi con trecento grammi di ricotta, una cucchiaiata ben colma di parmigiano grattato, sale, pepe, e un nonnulla di noce moscata. Bisogna ora ricostruire l'uovo non mettendo però, come generalmente si usa, un pochino del composto nel cavo dove prima era il rosso; ma formandone l'altra metà col composto di uova e ricotta. Per spiegarci meglio una metà dell'uovo sarà formata dalla chiara, e l'altra metà dalla ricotta accomodata con diligenza, in modo da simulare l'uovo intero. Così invece di sei uova ne otterrete dodici. Prendete con garbo queste uova, infarinatele, immergetele nell'uovo sbattuto, passatele nel pane pesto, procurando con una lama di coltello di correggere bene la forma, e friggetele nell'olio o nello strutto, finchè abbiano preso un bel color d'oro. La padella dovrà essere ben calda. Accomodate queste uova su un piatto con salviettina e mangiatele calde.
era il rosso; ma formandone l'altra metà col composto di uova e ricotta. Per spiegarci meglio una metà dell'uovo sarà formata dalla chiara, e l'altra
Per due persone mettete in una padella un po' d'olio o di strutto, una zucchina tagliata a tocchetti e la parte bianca di un piccolo sedano che avrete accuratamente nettato dalla terra e tagliato in pezzetti. Fate cuocere un poco e aggiungete due o tre pomodori spellati e fatti in pezzi, sale e pepe. Quando il tutto sarà cotto rompete in una terrinetta tre uova, aggiungete due cucchiaiate di parmigiano e un pugno di basilico trito, sbattete bene ogni cosa, versate nella padella, mescolate per unire bene il tutto e fate la frittata come il solito.
avrete accuratamente nettato dalla terra e tagliato in pezzetti. Fate cuocere un poco e aggiungete due o tre pomodori spellati e fatti in pezzi, sale e
Pochi minuti prima dell'ora del pranzo prendete una padella piuttosto, grande, il cui diametro sia dai venti ai venticinque centimetri, metteteci, qualche goccia d'olio o un pezzetto di strutto come un cece, fate scaldare la padella e poi versateci una cucchiaiata del composto di uova e farina. Piegate la padella in tutti i sensi in modo che il composto scorra e si stenda in un velo sottile, occupando tutto il fondo della padella stessa. Appena vedrete che la frittatina si rassoda metteteci nel mezzo una cucchiaiata della verdura preparata e poi arrotolate la frittatina su se stessa, chiudendovi dentro la verdura. Questa frittatina dovrà uscire dalla padella ben cotta e correttamente arrotolata. Mettetela in un piatto grande ovale e ripetete l'operazione fino ad esaurire il composto d'uova, ungendo ogni volta la padella con poche goccie d'olio o con un pezzettino di strutto. Tenete il piatto grande in caldo vicino al fuoco e man mano che le frittatine saranno pronte le allineerete una vicina all'altra. Con questa dose otterrete dodici frittatine o più, secondo la larghezza della padella.
, chiudendovi dentro la verdura. Questa frittatina dovrà uscire dalla padella ben cotta e correttamente arrotolata. Mettetela in un piatto grande ovale e
essere molto mediocre. L'uovo fritto deve presentarsi piuttosto piccolo, rigonfio e col suo involucro leggermente colorito, ciò che si ottiene solamente friggendo un uovo alla volta. Prendete una piccola padella con abbondante strutto od olio, e quando il liquido sarà leggermente fumante, mettete giù l'uovo che avrete rotto in un piatto e condito con un pizzico di sale. Se il liquido non fosse molto, tenete la padella leggermente inclinata verso voi in modo che l'uovo possa essere completamente sommerso. Con un cucchiaio di legno portate rapidamente il bianco attorno al rosso in modo che questo rimanga ben chiuso dalla chiara e quando l'uovo avrà preso consistenza e colore, toglietelo con una cucchiaia bucata, lasciatelo sgocciolare e accomodatelo nel piatto di servizio.
questo rimanga ben chiuso dalla chiara e quando l'uovo avrà preso consistenza e colore, toglietelo con una cucchiaia bucata, lasciatelo sgocciolare e
Fatta la polenta con 150 grammi di farina (cinque cucchiaiate colme) e circa tre quarti di litro d'acqua, mettetela a freddare, spianandola all'altezza di un dito. Poi servendovi di un tagliapaste rotondo, di 5 centimetri di diametro, ritagliate dalla polenta tanti dischi. Ne otterrete dodici e più. Infarinate questi dischi e friggeteli di bel colore. Disponete questi canapè di polenta in corona su un piatto rotondo e appoggiate su ognuno di essi un uovo fritto. Fate servire così, o con una salsa di pomodoro, della quale potrete metterne una cucchiaiata su ogni uovo. Questa dose potrà essere ridotta, a seconda del numero delle uova che dovrete mandare in tavola.
'altezza di un dito. Poi servendovi di un tagliapaste rotondo, di 5 centimetri di diametro, ritagliate dalla polenta tanti dischi. Ne otterrete dodici e più
Ponete delle sogliole (ne calcolerete una a persona), bene nettate e lavate, in una teglia imburrata. Aggiungete nella teglia un poco di cipolla tagliata finemente, salate le sogliole, spruzzatele leggermente di vino bianco, copritele con un foglio di carta imburrato e mettetele in forno vivace per due o tre minuti, il tempo necessario per rassodare la carne. Toglietele dalla teglia e lasciatele raffreddare su un panno. Passatele poi nell'uovo sbattuto e quindi nella mollica di pane fresco grattata in cui avrete aggiunto una cucchiaiata di lingua e prosciutto cotto, tagliati a pezzettini. Deponete le sogliole così preparate in uno di quegli eleganti piatti di porcellana resistenti al fuoco, che avrete imburrato, sgocciolatevi sopra un pochino di burro fuso e mettetele nuovamente in forno ben caldo, finchè le sogliole abbiano preso un bel color d'oro. Levate il piatto dal forno, gettatevi dentro qualche dadino di mollica di pane, e innaffiate abbondantemente ogni cosa con burro, nel quale farete liquefare sul fuoco due o tre alici.
due o tre minuti, il tempo necessario per rassodare la carne. Toglietele dalla teglia e lasciatele raffreddare su un panno. Passatele poi nell'uovo
Per sei persone occorrerà circa un chilogrammo di baccalà già tenuto in bagno da un giorno o due. Il baccalà dovrà essere in un sol pezzo e dovrà comprendere la sola parte centrale, senza il pezzo della coda. È questo uno dei pochi casi in cui consigliamo di conservare la pelle al baccalà, al quale, peraltro, toglierete accuratamente tutte le spine, facendo attenzione di non intaccare la pelle durante questa operazione. Allestito il baccalà, che dovrà risultare come un largo quadrato, preparate uno sbrigativo ripieno che preparerete con: due pezzi di mollica di pane grossi come due mele, tenuti in bagno nell'acqua e poi spremuti, un bel ciuffo di prezzemolo tritato, una cucchiaiata di capperi e quattro alici spinate e fatte in pezzetti. Impastate e amalgamate bene tutto ciò, aggiungendo un pochino d'olio, e poi stendete questo ripieno sul baccalà, naturalmente dalla parte della carne. Fatto questo, arrotolate il baccalà su sè stesso, formandone una specie di salame che manterrete in forma con qualche passata di spago. Dovrete arrotolare il baccalà non dall'alto in basso, cioè, per intenderci, dalla parte della coda alla parte della testa, ma da un fianco all'altro fianco, poichè nel primo caso il rotolo non verrebbe bene. Arrotolato e legato il baccalà mettetelo in una teglia o meglio in una casseruola ovale in cui possa stare esattamente, senza lasciare troppo spazio vuoto, e conditelo con abbondante olio, il quale deve ricoprire o quasi il rotolo di baccalà. Cuocetelo su della brace con fuoco sotto e sopra, o in forno moderato, per circa mezz'ora, avendo l'avvertenza d'innaffiarlo di quando in quando con un po' dell'olio della cottura, se questo non è in quantità tale da ricoprirlo. A cottura, estraetelo, liberatelo dallo spago, accomodatelo nel piatto, versateci su qualche cucchiaiata d'olio della teglia e fatelo portare in tavola. Sale non ne occorre affatto. La quantità d'olio piuttosto abbondante che occorre per preparare questa ottima pietanza non deve troppo spaventarvi poichè gran parte se ne ricupera e può essere destinato ad altri usi.
. Impastate e amalgamate bene tutto ciò, aggiungendo un pochino d'olio, e poi stendete questo ripieno sul baccalà, naturalmente dalla parte della carne
Per sette od otto persone, prendete un chilogrammo di tonno fresco, in un sol pezzo. E dopo aver fatto con la punta del coltellino una diecina di piccole fessure nella carne, introducete in ognuna una foglia di menta fresca, che avrete rotolato in un misto di sale e pepe. Con sale e pepe condite anche l'esterno del tonno, passatelo poi nella farina e friggetelo in una padella con dell'olio, voltandolo da tutti i lati affinchè prenda colore. Questa frittura deve durare pochi minuti, non avendo per scopo di cuocere completamente il tonno, ma solo di farlo colorire all'esterno. Colorito dunque il tonno estraetelo dalla padella e appoggia-telo su un piatto. Prendete adesso una casseruola, affettateci un paio di cipolle, travasateci l'olio rimasto nella padella e aggiungete una punta d'aglio schiacciata. Fate soffriggere un poco e poi mettete nella casseruola il tonno facendolo ben rosolare da tutte le parti. Quando tonno e legumi saranno ben rosolati aggiungete il contenuto di un usuale barattolino di salsa di pomodoro, lasciate insaporire per qualche altro minuto rivoltando di quando in quando il tonno e finalmente bagnate con un bicchiere abbondante di acqua e coprite la casseruola lasciando che il tonno cuocia pian piano per un'altra ventina di minuti. Estraete allora il tonno dalla casseruola, tagliatelo in fette regolari e ricopritelo con qualche cucchiaiata del suo sugo. Il restante del sugo vi servirà per confezionare un ottimo risotto o per condire dei maccheroni di magro.
il tonno estraetelo dalla padella e appoggia-telo su un piatto. Prendete adesso una casseruola, affettateci un paio di cipolle, travasateci l'olio
Mettete in una padellina una cucchiaiata d'olio con uno spicchio d'aglio; e quando questo è leggermente colorito toglietelo e gittate nella padella qualche pomodoro, che avrete spellato, privato dei semi e tagliato in listerelle. Cuocete a fuoco forte affinchè il pomodoro non si disfaccia troppo; e conditelo con sale, pepe e un pizzico di origano. Quando avrete preparato la salsa, cuocete in una padella con un pochino d'olio, a fuoco forte, delle fettine di manzo tenere, possibilmente tagliate dalla pezza. Salatele, disponetele in un piatto e versateci sopra la salsa, che deve ricoprirle abbondantemente. Con un salsa fatta nello stesso modo potrete preparare anche delle patate. Lessate le patate, le taglierete a spicchi, e le lascierete insaporire un momento nella salsa di pomodoro densa aromatizzata gradevolmente con l'origano.
, delle fettine di manzo tenere, possibilmente tagliate dalla pezza. Salatele, disponetele in un piatto e versateci sopra la salsa, che deve ricoprirle
Per fare questo speciale sandwich si adopera uno di quei pani rettangolari detti «a cassetta», del quale si utilizzano solamente la parte superiore e l'inferiore, lasciando alle due fette lo spessore di un centimetro circa. Si spalma abbondantemente il pane di burro. Intanto si fa arrostire sui ferri una bistecca di filetto, si condisce con sale e pepe, e si lascia freddare. Quando è ben fredda si spalma di mostarda, si pone tra le due fette di pane preparate, s'involge in un foglio di carta asciugante bianca, e si mette sotto un peso piuttosto forte. Dopo una mezz'ora il sandwich è pronto: lo si svolge dalla carta asciugante, e lo si mette in una scatola porta-sandwichs, o lo si avvolge con della carta bianca pesante. Fatene l'esperienza, signore gentili; e dopo una bella passeggiata campestre, allorchè l'aria e il sole avranno avvivato il color roseo delle vostre gote, sedetevi sul prato, e coi minuscoli dentini assalite risolutamente il delizioso sandwich. Il quale è conosciuto in Inghilterra col nome di «Sandwich del bookmaker».
: lo si svolge dalla carta asciugante, e lo si mette in una scatola porta-sandwichs, o lo si avvolge con della carta bianca pesante. Fatene l'esperienza
Prendete delle fettine di vitello, spianatele, infarinatele, passatele nell'uovo sbattuto, nel pane pesto e cuocetele nel burro di bel color d'oro chiaro. Sarà opportuno cuocerle in una teglia di rame stagnato a bordi bassi, affinchè la cottura possa riuscire perfetta e senza che le escaloppes abbiano ad annerire. Cotte che siano toglietele dalla teglia e in essa mettete una cucchiaiata o due di zucchero in polvere che farete liquefare, avvertendo che non prenda colore di sorta. Sullo zucchero liquefatto spremete del sugo di limone, mescolate con un cucchiaio di legno e in questa salsa di zucchero mettete nuovamente le escaloppes affinchè abbiano ad insaporirsi. Accomodatele in un piatto versandoci sopra il giulebbe. Potrete servire queste escaloppes con della mostarda di frutta all'uso di Cremona.
abbiano ad annerire. Cotte che siano toglietele dalla teglia e in essa mettete una cucchiaiata o due di zucchero in polvere che farete liquefare
Tra i tanti modi eleganti offerti dalla cucina fine per preparare delle costate di vitello vi consigliamo il seguente, che è semplice e dà un risultato veramente buono. Prendete il numero necessario di costate di vitello, calcolandone, naturalmente, una a persona, spianatele, infarinatele, passatele nell'uovo sbattuto, nel pane pesto e friggetele nel burro, di bel color d'oro. Avrete intanto preparato una cucchiaiata di capperi e un uovo sodo del quale triterete separatamente il bianco e il rosso. Quando le costolette saranno pronte innaffiatele con una cucchiaiata di burro d'alici, accomodatele in un piatto e sopra ognuna mettete una fettina di limone privata della buccia e dei semi e sul limone una ciambellina fatta con un'acciuga salata nella quale metterete un'oliva verde.
Tra i tanti modi eleganti offerti dalla cucina fine per preparare delle costate di vitello vi consigliamo il seguente, che è semplice e dà un
Con le costolette di abbacchio potrete preparare questa pietanzina che è elegante e di non molta spesa. Calcolatene un paio a persona, confezionatele bene e spianatele leggermente. Poi allineatele in una teglia con un po' di olio o burro e fatele cuocere leggermente, da una sola parte. Estraetele dalla teglia, disponetele sul tavolo di cucina in circolo, appoggiateci un coperchio che le copra perfettamente, e sul coperchio appoggiate due ferri da stiro, in modo che le costolette freddandosi possano rimanere ben spianate. Intanto preparate una purè di cipolle, o, come si dice in termine di cucina, una purè soubise. Prendete un paio di cipolle, sbucciatele, spaccatele e mettetele a cuocere con acqua per cinque o sei minuti, poi, scolata l'acqua, rinfrescatele bene per far perdere loro tutta l'acredine, e rimettetele a cuocere appena coperte di acqua, aggiungendo possibilmente un pezzettino di burro come una nocciola. Quando saranno ben cotte estraetele e passatele dal setaccio, raccogliendo la purè in una scodella. Condite questa purè con sale, pepe, un pochino di noce moscata e incorporatele un paio di cucchiaiate di salsa besciamella molto densa. Qusta purè deve rimanere assai sostenuta. Se non fosse così, rimettete il tutto in una casseruolina e fate addensare assai. Quando la salsa sarà fredda distribuitene un po' su ogni costoletta, dalla parte cotta. Lisciatela con una lama di coltello dandole una forma leggermente bombata, poi prendete con garbo le costolettine, infarinatele, doratele e passatele nel pane pesto. Fate queste piccole operazioni con cura affinchè la parlatura rimanga aderente alla costoletta. Quando avrete preparato tutte le costolette friggetele a padella ben calda nell'olio o nello strutto. Potrete servirle così o accompagnandole con una salsa besciamella piuttosto liquida. Questa salsa non vi verrà a costare quasi nulla se ne farete un poco di più in principio, e diluirete poi quella che resta con un altro po' di latte.
dalla teglia, disponetele sul tavolo di cucina in circolo, appoggiateci un coperchio che le copra perfettamente, e sul coperchio appoggiate due ferri
Preparata e spezzata fa lepre come precedentemente, si fa una marinata nel modo seguente. Prendete una casseruola dove metterete due o tre cucchiaiate d'olio, una cipolla tritata, uno spicchio d'aglio intiero, una carota gialla in pezzetti, un po' di sedano tagliuzzato, due o tre chiodi di garofani, due foglie di salvia, una foglia d'alloro, un ramoscello di timo, un pizzico di rosmarino, un paio di foglie di basilico. Una buona pizzicata di maggiorana e una diecina di grani di ginepro. Voi direte che è molta roba; ma noi vi risponderemo che solamente dalla unione di tutti questi ingredienti potrete ottenere una marinata che profumerà la cucina prima, il lepre poi e sarà il degno preludio di codesta vostra preparazione culinaria. Mettete la casseruola su fuoco debolissimo e lasciate appassire (non rosolare!) le erbe e i legumi per circa un quarto d'ora mescolando di quando in quando; aggiungete del sale a sufficienza e una forte pizzicata di pepe e poi bagnate con un bicchiere di vino rosso di buona qualità e un dito di aceto. Mescolate ancora, fate levare il bollore, togliete la casseruola dal fuoco e quando la marinata sarà tiepida versatela con tutte le erbe sui pezzi del lepre, che avrete intanto risciacquato in molta acqua, asciugato in un pannolino e accomodato in una insalatiera. Lasciate stare così fino al giorno dopo. Il giorno dopo preparate una casseruola piuttosto grandetta con un pochino di strutto o d'olio, estraete i pezzi del lepre dalla marinata e passateli in casseruola, facendoli andare a fuoco brillante, allo scopo di asciugarli subito e di farli ben rosolare. Quando la casseruola incomincerà a friggere aggiungete, un po' per volta, i legumi e le erbe della marinata, che tirerete su con una cucchiaia bucata. Quando i vari pezzi saranno rosolati ben scuri spolverizzateli con una cucchiaiata di farina; mescolate e dopo un minuto versate nella casseruola, a cucchiaiate, il liquido della marinata. Il profumo incomincerà a sprigionarsi dalla cassemola, invaderà la cucina, si propagherà per la casa, si diffonderà dalle finestre, susciterà languori negli stomachi dei vicini e degli eventuali passanti... Non ci badate e continuate ad esaurire tutto il liquido. E quando questo, simile alle illusioni degli umani, se ne sarà andato in fumo e il lepre sarà rimasto all'asciutto, bagnatelo con un ramaiolo o due di acqua, coprite la casseruola, diminuite il fuoco e lasciate finir di cuocere dolcemente. Una mezz'ora prima di servire il lepre estraete i pezzi dalla casseruola e con un cucchiaio staccate il fondo della cottura, aggiungendo un pochino d'acqua.. Se ci fosse molto grasso galleggiante, cosa improbabile, lo toglierete con un cucchiaio inclinando leggermente la casseruola. Passate la salsa da un colabrodo e con un mestolo di legno pigiate i legumi per estrarne tutto il sugo. Rimettete la salsa passata nella casseruola, aggiungete una cucchiaiata di gelatina di ribes e una pizzicata di filettini di scorza d'arancio ottenuti tagliando un pezzo di corteccia d'arancio senza portar via la parte bianca, e ritagliando questa buccia in listelline sottilissime. Fate sciogliere la gelatina di ribes, rimettete nella casseruola i pezzi della lepre, mescolate, e fate riscaldare su fuoco leggero fino al momento di mandare in tavola.
maggiorana e una diecina di grani di ginepro. Voi direte che è molta roba; ma noi vi risponderemo che solamente dalla unione di tutti questi ingredienti
Mentre le quaglie cuociono e imbiondiscono, friggete nel burro o nello strutto una cinquantina di dadini di mollica di pane della stessa grandezza di quelli di lardo. Passate un ramaiuolo di acqua bollente in una terrinetta o legumiera che possano ben chiudersi col loro coperchio, gettate via l'acqua e asciugate sollecitamente la terrinetta nella quale metterete le quaglie, i dadini di lardo, i dadini di pane e qualche tocchetto di burro. Levate con un cucchiaio tutto il grasso dalla casseruola nella quale cossero le quaglie, diluite con un bicchierino di cognac il fondo della cottura staccandolo con un cucchiaio di legno, e con questa salsetta innaffiate le quaglie nella terrina. Coprite la terrina col suo coperchio e fate portare immediatamente in tavola. Stessa ricetta per i tordi.
con un cucchiaio tutto il grasso dalla casseruola nella quale cossero le quaglie, diluite con un bicchierino di cognac il fondo della cottura
La seguente ricetta vi offre il mezzo di utilizzare nel miglior modo una gallina lessa. Così in una colazione elegante, dopo avere sfruttato la gallina per fare un ottimo brodo, potrete presentarla in ricca veste e far fare a lei... e a voi una simpatica figura. Mentre la gallina cuoce preparate una salsa besciamella con mezzo panino abbondante di burro, una cucchiaiata colma di farina, un bicchiere e mezzo di latte, sale e un nonnulla di noce moscata. Questa salsa deve rimanere piuttosto sciolta. Fatta la salsa, spezzate in pezzi corti 150 grammi di maccheroni grossi (maccheroni così detti ziti) e cuoceteli in acqua salata, tenendoli piuttosto fermi di cottura. Salateli e conditeli con la metà della salsa preparata, e una cucchiaiata di parmigiano. Estraete la gallina dalla pentola, e con garbo senza sciuparla, servendovi di un coltellino molto tagliente, staccatele tutta la carne del petto, facendo un'incisione lungo tutto lo sterno, e due incisioni laterali dall'ala fin quasi all'attaccatura della coscia. Avrete così ottenuto due grandi filetti che metterete da parte. Con un paio di grosse forbici da cucina, tagliate tutto quello che sopravanza delle ossa del petto, ottenendo così dalla gallina una specie di scatola senza coperchio. In questa scatola mettete i maccheroni alla crema, pigiando bene affinchè non rimangano vuoti e rialzandoli in mezzo a cupola, così da simulare il petto mancante della gallina. Lisciate i maccheroni con una lama di coltello, e poi su questi rimettete a posto i due pezzi del petto tenuti in disparte, in modo da dare alla gallina la forma primitiva. Riscaldate la salsa avanzata, aggiungeteci una cucchiaiata di parmigiano e con essa innaffiate abbondantemente il petto e il resto della gallina, che avrete intanto messa in una piccola teglia imburrata o meglio in uno di quei piatti che resistono all'azione del fuoco. Passate la gallina così preparata in forno vivace, e quando, dopo pochi minuti, la salsa si sarà leggermente gratinata, fatela portare in tavola.
parmigiano. Estraete la gallina dalla pentola, e con garbo senza sciuparla, servendovi di un coltellino molto tagliente, staccatele tutta la carne del
Per sei persone, tagliate in fette larghe ma sottili, 500 grammi di fegato di buona qualità. Infarinate queste fette, passatele nell'uovo sbattuto, nel pane pesto e friggetele in una teglia larga con un po' di burro. Quando il fegato avrà preso una bella tinta bionda, levatelo dalla teglia, nella quale metterete un altro pezzetto di burro e una cucchiaiata scarsa di zucchero. Fate fondere piano piano lo zucchero senza farlo bruciare, e poi, fuori del fuoco, spremeteci su il sugo di un limone. Mescolate per unire la salsa, rimettete il fegato nella teglia, voltandolo per farlo bene imbeverare della salsa, accomodate in un piatto e mandate subito in tavola.
, nel pane pesto e friggetele in una teglia larga con un po' di burro. Quando il fegato avrà preso una bella tinta bionda, levatelo dalla teglia, nella
Dopo aver spellato la milza, la si taglia in fette, e per eccesso di precauzione, si fanno su queste fette dei tagli in lungo e in largo in modo da sfibrare il più possibile la massa della milza. Fatto questo si mettono le fette in padella con un po' d'olio, uno spicchio d'aglio e una o due alici lavate, spinate e tritate. Si condisce con sale, pepe, e una foglia o due di salvia. Quando la milza avrà perduto il suo colore rossiccio, e sarà ben cotta, si accomoda in un piatto, togliendo via lo spicchio d'aglio. Anche la milza preparata così è buona. A chi piace il gusto dell'aceto potrà, prima di togliere la milza dalla padella, aggiungerne un dito. Otterrà così un intingoletto che lega anche assai bene con la milza.
di togliere la milza dalla padella, aggiungerne un dito. Otterrà così un intingoletto che lega anche assai bene con la milza.
Si prende un pezzo di milza di bue — tre ettogrammi — e si taglia aprendola come un libro, in modo che la pelle rimanga tutta al disotto, poi con la lama di un coltello si raschia per separare la polpa dai nervi e dalla pelle. In una casseruolina si mette un pesto ottenuto con una fetta di prosciutto, un'alice lavata e spinata, e una puntina d'aglio, e si fa scaldare con la terza parte di un panino di burro. Si unisce allora la milza raschiata, sale, pepe, due o tre cucchiaiate di brodo o d'acqua, si mescola e si fa cuocere per tre o quattro minuti. Si preparano intanto dei crostini di pane e si fanno abbrustolire. Su ogni crostino, si spalma un po' di milza dando una forma leggermente bombata, si accomodano in un piatto e prima di mandarli in tavola si spruzzano con un po' di sugo di limone. Questi crostini mangiati caldi sono appetitosi, e ricordano un poco i crostini di caccia.
lama di un coltello si raschia per separare la polpa dai nervi e dalla pelle. In una casseruolina si mette un pesto ottenuto con una fetta di
Nella galantina, come in tutte le vivande molto lavorate, entra un coefficiente non trascurabile: quello che potrebbe definirsi la questione della fede. Infatti, in gran parte delle galantine che si vendono sotto il titolo pomposo di galantine di pollo, il pollo — povera bestia calunniata — entra soltanto nominalmente. Eseguendo la galantina in casa, non solamente sarete sicuri di quello che mangerete, ma spenderete la metà di quello che dovreste spendere dal salsamentario o al restaurant, col vantaggio di avere un prodotto sceltissimo e di gusto infinitamente superiore. Praticamente la galantina consta di tre elementi principali: il mosaico, ossia quell'insieme di dadi di petto di pollo, tartufi, prosciutto, lingua, ecc., che danno alla galantina il suo caratteristico aspetto; il pesto o, come si dice in linguaggio di cucina, la farcia, che serve a cementare i vari pezzi del mosaico, e finalmente la pelle del pollo, che racchiude tutta la preparazione. Prendete un pollo o una gallina non troppo vecchia, badando che non abbia lacerazioni sulla pelle, fiammeggiatela per liberarla dalla peluria e poi collocatela sul tagliere col petto in giù. Tagliate il collo a due dita dalla attaccatura e spuntate le ali e le zampe. Poi con un coltellino a punta fate una lunga incisione sul mezzo del dorso, dal collo fino alla estremità opposta. Sollevate la pelle e aiutandovi con le dita e col coltellino, staccatela pian piano dalla cassa, prima da un lato e poi dall'altro. Arrivate che sarete alle ali rovesciate la pelle e cercate di farla uscire nè più nè meno si trattasse di un corpetto a maglia, e ugualmente fate per le cosce. Per far ciò facilmente, aiutatevi col coltellino, staccando man mano i piccoli nervi che trattengono la pelle. Continuate il vostro lavoro fino a che avrete tolto per intero la pelle. Prendete allora una terrinetta, arrotolate la pelle e mettetela dentro, bagnandola con un bicchierino di marsala e in questa terrinetta col marsala metterete anche i seguenti ingredienti che comporranno il mosaico interno della galantina: 1° Tutto il petto del pollo, staccato dalla cassa e tagliato in dadi. 2° Un ettogrammo di prosciutto — solo magro — tagliato in una sola fetta spessa e ritagliato in dadi. 3° Un ettogrammo di lingua allo scarlatto, anche tagliata in dadi; 4° Un pizzico di pistacchi, che terrete in bagno in un po' d'acqua tiepida, sbuccerete e lascerete interi. 5° Due o tre tartufi neri di buona qualità. Se adopererete tartufi in scatola basterà tagliarli in pezzi secondo la loro grossezza. Se invece adopererete tartufi freschi, dovrete prima spazzolarli accuratamente con un spazzolino e dell'acqua tiepida per poterli liberare bene dalla terra e poi toglier via anche qualche po' di corteccia dove la terra non si fosse potuta snidare perfettamente. 6° Un ettogrammo di lardo imbianchito. Per imbianchire il lardo farete così. Ne prenderete una fetta spessa del peso di un ettogrammo e la metterete sull'angolo del fornello in acqua bollente per una ventina di minuti. Trascorso questo tempo, l'estrarrete, la passerete in acqua fresca, l'asciugherete e la taglierete in dadi come il prosciutto e la lingua. Il lardo così preparato perde il suo sapore grasso e fa inoltre migliore effetto nel mosaico. Preparata tutta questa roba, conditela con pochissimo sale, un pizzico di pepe e un nonnulla di noce moscata e poi mescolate ogni cosa affinchè tutti gli ingredienti possano essere bagnati dal marsala. Coprite la terrinetta e lasciatela da parte. Ottenuto così il mosaico, passiamo alla confezione della farcia, ossia, come abbiamo già detto, al pesto che deve riunire i vari pezzi del mosaico. Prendete 400 grammi di vitello magro e tritatelo minutamente sul tagliere insieme con 400 grammi di lardo di buona qualità, e sopratutto non rancido. A questo pesto unirete tutta la carne rimasta attaccata al pollo e che staccherete accuratamente, privandola dei nervi e dei tendini, che abbondano specialmente nelle cosce. Pestate il più fino possibile e impastate col coltello in modo che carne e lardo non formino che un tutto unico, perfettamente amalgamato. Per maggiore economia od opportunità, potrete mettere nel trito metà carne di vitello e metà carne magra di maiale. Ma in questo caso, essendo la carne di maiale un poco più grassa, converrà fare quattro parti di carne mista e tre parti di lardo: ossia, nel nostro caso, duecento grammi di vitello, duecento di maiale e trecento di lardo. La farcia ben tritata sul tagliere può essere sufficientemente adatta per la galantina. Chi però volesse eseguire la preparazione a perfetta regola d'arte, dovrebbe dopo il tritamento sul tagliere, prendere un po' di farcia alla volta, pestarla in un mortaio di pietra, e dopo averla tutta pestata, passarla dal setaccio. È un supplemento di lavoro non assolutamente necessario in una cucina di famiglia, ma che permette di ottenere una lavorazione finissima e perfetta. Ultimata anche la farcia, estraete dalla terrinetta la pelle del pollo e tenetela da parte. Mettete allora nella terrinetta la farcia e impastando con le mani fate che i dadi di petto di pollo, lingua, prosciutto, ecc., vadano a distribuirsi nella carne trita. Non vi preoccupate del marsala rimasto nella terrinetta, perchè verrà assorbito nell'impasto. Svolgete sul tavolo la pelle del pollo, allargatela e su essa ponete l'impasto, al quale cercherete di dare una forma leggermente allungata come un polpettone. Tirate su i lembi della pelle, racchiudete l'impasto, e poi con un ago e del filo cucite intorno intorno la pelle sempre cercando di dare alla galantina una forma corretta. Se qualche pezzetto di pelle si fosse lacerata riprendetela con un punto. Per ultimo date coll'ago cinque o sei punzecchiature alla pelle, qua e là. Prendete adesso un tovagliolo e avvolgete in esso la galantina. Attorcigliate le due estremità del tovagliolo, come se doveste incartare una grossa caramella, e nei due punti di torsione fate due legature con lo spago, una di qua e una di là. Finalmente, fate un altro paio di legature nel mezzo della galantina. La parte più difficile del lavoro è fatta.
lacerazioni sulla pelle, fiammeggiatela per liberarla dalla peluria e poi collocatela sul tagliere col petto in giù. Tagliate il collo a due dita dalla
Vi abbiamo detto che la stampa da pâté non ha fondo. Occorre dunque appoggiarla su una piccola teglia che formerà lei il fondo del pâté. Così la teglia come la stampa vanno imburrati. Stendete la pasta all'altezza di mezzo centimetro e con essa foderate il fondo e le pareti della stampa. Con una pallina della stessa pasta leggermente infarinata o con le dita pigiate nell'interno affinchè la pasta possa aderire perfettamente alla stampa, e tagliate la pasta che sopravanza lasciando che sporga un dito dalla stampa. La pasta avanzata arrotolatela di nuovo e mettetela da parte, che servirà per il coperchio. Mettete sul fondo del pâté una o due fettine di lardo e sul lardo stendete qualche cucchiaiata di farcia. Mettete ora sulla farcia qualche fegatino, ricoprite con altra farcia, mettete ancora fegatini e tartufi, se li avete adoperati, e così di seguito, terminando con uno strato di farcia. Poi ricoprite con qualche altra fettina di lardo. Stendete adesso la pasta avanzata, ritagliandone un pezzo della forma della stampa, ma un dito più largo. Appoggiate questo pezzo di pasta sul pâté in modo che vada a combaciare con l'altra pasta che come abbiamo detto deve sporgere un dito dalla stampa, pigiate le due paste per riunirle e arrotolatele in cordoncino che verrà a chiudere in alto il vostro pâté. Se avete una pinzetta da pâté o anche più semplicemente una molla da zucchero prendetela, passatela di quando in quando nella farina e con essa pizzicate intorno intorno il cordoncino di pasta. Avrete così una decorazione e una maggiore sicurezza per la chiusura del pâté. Con un po' d'uovo sbattuto o anche con la chiara avanzata, dorate la parte superiore del pâté, e poi con un coltellino a punta fate nel mezzo del coperchio un foro circolare della grandezza di un soldo. Questo foro sarà il camino di dove durante la cottura usciranno i vapori del pâté. Fatto tutto ciò infornate il pasticcio e cuocetelo a forno di moderato calore per circa un'ora, lasciatelo raffreddare e poi se avrete usato la stampa a cerniera non vi resterà che sollevare il perno e aprire la cerniera per liberare il pâté dalla stampa; se avrete adoperato una casseruola vi converrà invece sformare il pâté rovesciandolo, per poi riaccomodarlo sul piatto di servizio. Avendo della gelatina prendetene una piccola quantità, fatela fondere in un tegamino vicino al fuoco e dal forellino del pâté versatene nell'interno qualche cucchiaiata: ciò che servirà a cementare meglio il pasticcio.
tagliate la pasta che sopravanza lasciando che sporga un dito dalla stampa. La pasta avanzata arrotolatela di nuovo e mettetela da parte, che servirà per il
La maionese di grasso si fa con carne di pollo lessata o arrostita. Si disossa il pollo, si libera dalla pelle, si taglia in fettine, si condisce con sale, pepe, olio, aceto e prezzemolo trito, si lascia stare così un paio d'ore e si procede poi come per la maionese di pesce. Una maionese di grasso assai ricca si può confezionare usando dei filetti di tacchino cotti col burro in una teglia, e poi conditi come si disse più sopra.
La maionese di grasso si fa con carne di pollo lessata o arrostita. Si disossa il pollo, si libera dalla pelle, si taglia in fettine, si condisce con
L'insalata Francillon o insalata giapponese è dovuta, nientemeno, ad Alessandro Dumas hls, il quale, con una trovata che a quei tempi poteva sembrare audace, la descrisse nella seconda scena del primo atto della sua Francillon. Quindi per offrirvi proprio la ricetta autentica, ve la trascriviamo togliendola dalla commedia stessa. Signore mie, un po' di silenzio ed attenzione: è Dumas che parla!
togliendola dalla commedia stessa. Signore mie, un po' di silenzio ed attenzione: è Dumas che parla!
Una variante assai graziosa si può ottenere dando al composto, invece della forma di crocchetta, quella di una piccola pera, forma che si ottiene assai facilmente modellando con le mani la pasta. In questo caso mentre si foggia la pera si introduce nella sommità di essa un pezzo di gambo di prezzemolo di tre o quattro centimetri, naturalmente senza foglia. Si spinge dentro con le dita in modo che ne esca fuori dalla pera appena un pezzetto di due o tre millimetri. S'infarinano e si dorano le pere e quando saranno cotte e ben colorite si tira su delicatamente il gambetto nascosto nell'interno, il quale sarà rimasto verde e formerà il picciolo di questa pera di patate, completando in modo elegante e simpatico questa semplicissima preparazione.
prezzemolo di tre o quattro centimetri, naturalmente senza foglia. Si spinge dentro con le dita in modo che ne esca fuori dalla pera appena un pezzetto di
Dopo averli puliti bene e spazzolati, si spalmano con sale e pepe e s'avvolgono con carta spessa, insieme a fettine di lardo. Si bagna la carta e si mette sotto la cenere calda. Dopo un'ora si levano dalla carta, si asciugano e si servono.
mette sotto la cenere calda. Dopo un'ora si levano dalla carta, si asciugano e si servono.
Fatto questo s'incomincia ad eseguire il lavoro così detto dei giri. L'operazione è molto semplice. Si stende col rullo la pasta in una striscia rettangolare, allungandola davanti a sè, in modo che risulti circa 10 centimetri per 20 (fig. 2a) procurando di stenderla ad uguale spessore di circa un centimetro. Si dispone allora la striscia davanti a sè per largo, invece che per lungo come era prima (fig. 3a) e si porta il lato A B a due terzi della lunghezza della striscia, cioè su E F, e il lato G H su C D. Avrete così ottenuto una specie di libro a tre fogli, come chiaramente risulta dalla figura 4a. Questa operazione si dice dare un giro alla pasta. Ristendete allora davanti a voi la pasta in rettangolo come la prima volta, riportatela orizzontale e ripiegatela ancora in tre. Avrete dato due giri alla pasta. Dopo questi primi due giri lasciatela riposare [immagine e didascalia: Fig.1] [immagine e didascalia: Fig.2]
della lunghezza della striscia, cioè su E F, e il lato G H su C D. Avrete così ottenuto una specie di libro a tre fogli, come chiaramente risulta dalla
Dopo l'alto costo raggiunto dalla vainiglia si è sempre più esteso nella pasticceria l'uso della vainiglina, prodotto chimico che la sostituisce perfettamente. È una polvere bianca, di profumo penetrante, che si vende in tutte le farmaceutiche e presso i negozianti di prodotti chimici. Assolutamente innocua, serve mirabilmente a profumare creme, zucchero al velo, liquori, frutta sciroppate, ecc. Soltanto non bisogna esagerare nella quantità, poichè ne basta un nonnulla per comunicare agli zuccheri o alle creme un eccellente profumo. Acquistatene qualche grammo, che conserverete in un vasetto di vetro ben chiuso.
Dopo l'alto costo raggiunto dalla vainiglia si è sempre più esteso nella pasticceria l'uso della vainiglina, prodotto chimico che la sostituisce
Questa torta finissima è una specialità della pasticceria viennese e prende, dalla ditta fabbricante, il nome di Sacker Tort. Naturalmente la ricetta che vi offriamo oggi è una imitazione di quella originale, ma è tra le limitazioni migliori: cosi da costituire un dolce di una finezza singolare. È la vera torta aristocratica, destinata ai palati eletti; e a questo proposito conviene aggiungere che è relativamente costosa e di un rendimento piuttosto mediocre: ma... è una cosa squisita che potrete eseguire di quando in quando allorchè avrete il desiderio di gustare o di far gustare alle vostre amiche una ghiottoneria di prima classe. Per questo genere di pasticceria il mediocre va inesorabilmente bandito; quindi tutti i componenti della torta dovranno essere sceltissimi: dal burro alla farina, dalle uova al cioccolato. La dose che stabiliamo è per una torta sufficiente a dodici porzioni regolari, tenuto conto del valore nutritivo della torta della quale sarebbe inopportuno abusare.
Questa torta finissima è una specialità della pasticceria viennese e prende, dalla ditta fabbricante, il nome di Sacker Tort. Naturalmente la ricetta
Si chiamano zenzerine poichè il loro sapore caratteristico è dato dalla zenzero, radice secca di sapore aromatico piccante che potrete procurarvi a poco prezzo da qualunque erborista, o semplicista come si dice comunemente a Roma. Questa radice va grattata su una piccola grattugia (di quelle generalmente usate per grattare la noce moscata). La dose che vi diamo rende circa un ettogrammo e mezzo di pastine. Se vi piaceranno potrete aumentarla a vostro talento. Mettete sulla tavola di cucina
Si chiamano zenzerine poichè il loro sapore caratteristico è dato dalla zenzero, radice secca di sapore aromatico piccante che potrete procurarvi a
detta fontana e nel centro ponete mezzo ettogrammo di burro e un uovo intiero. Impastate tutti cotesti ingredienti e fatene una pasta liscia, morbida e non troppo lavorata. Raccoglietela in una palla, copritela con una salvietta e lasciatela riposare per mezz'ora. Trascorso questo tempo spolverizzate la tavola di farina e con il rullo di legno stendete la pasta allo spessore di mezzo centimetro scarso. Con un tagliapaste rotondo e scanalato della grandezza di circa cinque centimetri, o più semplicemente con la bocca di un bicchierino da Marsala, tagliate dalla pasta tante rotelline che disporrete man mano sopra una teglia leggermente unta di burro. Rimpastate i ritagli, ristendeteli e ricavatene altre rotelline fino ad esaurimento della pasta. Mettete le zenzerine in forno di giusto calore per una ventina di minuti, fino a che siano diventate di un bel colore chiaro e bene asciutte. Estraetele allora dal forno, e lasciate che si freddino sopra un setaccio.
della grandezza di circa cinque centimetri, o più semplicemente con la bocca di un bicchierino da Marsala, tagliate dalla pasta tante rotelline che
Sulla tavola di marmo della cucina mettete gr. 300 di farina, gr. 200 di burro, gr. 100 di zucchero pestato fine e mezzo grammo di vainiglina. Procurate di amalgamare con le mani il burro e tutto il resto senza aggiungere nessun liquido. Impastate bene e vedrete che con un po' di pazienza riuscirete ad avere una pasta morbida ed omogenea. Stendetela allora con il rullo di legno all'altezza di mezzo centimetro e con un tagliapaste rotondo di circa 5 centimetri di diametro, ritagliate dalla pasta tanti dischetti. Rimpastate i ritagli, stendete nuovamente la pasta e continuate così fino ad esaurirla tutta. Ponete le pastine in forno per una ventina di minuti. Esse cresceranno un poco e prenderanno un leggero color biondo.
circa 5 centimetri di diametro, ritagliate dalla pasta tanti dischetti. Rimpastate i ritagli, stendete nuovamente la pasta e continuate così fino ad
Mettete poche mandorle e poco zucchero alla volta facendo attenzione che nel pestare le mandorle non abbiano a cavar l'olio. Man mano passate la farina di mandorle ottenuta da un setaccio e continuate a pestare fino ad aver esaurito tutte le mandorle e tutto lo zucchero. Mettete questa farina di mandorle sulla tavola di cucina e impastatela con un ettogrammo di burro, 25 grammi di farina di buona qualità e la raschiatura di un arancio. Impastate sollecitamente senza troppo lavorare, e poi spianate la pasta sulla tavola spolverizzata di zucchero in polvere molto fine, dandole lo spessore di mezzo centimetro. Dalla pasta tagliate tanti dischi del diametro di quattro centimetri che allineerete man mano su un foglio di carta paglia, non unto, che a sua volta appoggerete su una placca da forno. Rimpastate i ritagli e stendeteli nuovamente fino ad esaurimento. Questa delicata biscotteria va cotta in forno di moderato calore e dopo cotta si spolverizza con zucchero vainigliato. Con questa dose verranno circa una cinquantina di biscotti, di una eccezionale finezza.
mezzo centimetro. Dalla pasta tagliate tanti dischi del diametro di quattro centimetri che allineerete man mano su un foglio di carta paglia, non unto
Lasciate i biscotti in riposo per dieci minuti, e poi tornate a spolverarli leggermente di zucchero. Aspettate ancora una paio di minuti e poi mettete i biscotti in forno brillante per una diecina di minuti finchè abbiano preso una bella tinta color d'oro chiarissimo. Staccateli dalla carta senza romperli, e lasciateli freddare su una griglia o su un setaccio.
mettete i biscotti in forno brillante per una diecina di minuti finchè abbiano preso una bella tinta color d'oro chiarissimo. Staccateli dalla carta senza
Mettete in una insalatierina 200 gr. di ricotta e lavoratela un poco con un cucchiaio di legno per scioglierla bene. Aggiungeteci 50 gr. di mollica di pane che avrete tenuto in bagno nel latte e poi spremuta, 50 gr. di zucchero in polvere, due rossi di uovo e la raschiatura di un po' d'arancio. Mescolate per unire bene ogni cosa. Prendete delle mezze cucchiaiate di questo composto, passatele nella farina e poi nell'uovo sbattuto e finalmente friggete le frittelline nello strutto o nell'olio. Quando saranno d'un bel colore d'oro chiaro toglietele dalla padella, lasciatele sgocciolare e poi accomodatele in un piatto con salvietta, spolverizzandole di zucchero. Siccome il composto è molto morbido, dovrete infarinarle con molto garbo, allo scopo di mantenerle in forma. Avendo le due chiare d'uovo avanzate, potrete sbatterle un poco e servirvi di esse per dorare le frittelline. Sono buone tanto calde che fredde, ma calde sono innegabilmente più gustose. Con questa dose ne vengono circa una ventina.
friggete le frittelline nello strutto o nell'olio. Quando saranno d'un bel colore d'oro chiaro toglietele dalla padella, lasciatele sgocciolare e poi
Passate al setaccio quattro o cinque cucchiaiate di fragole piccoline e profumate ed unite alla purè un'eguale quantità di panna montata («Chantilly») condita con zucchero vainigliato. Da un pane rettangolare di quelli detti a cassetta, ritagliate tante fettine spesse un mezzo centimetro e della grandezza di un «sandwich» ordinario, cioè tre centimetri per sette. Ottenute queste fettine, contatele e lasciatene una metà da parte, mentre sulle altre stenderete il composto di fragola e crema. Ricoprite le fette spalmate con le altre tenute in disparte ed avrete ottenuto tanti cuscinetti ripieni. Sbattete uno o due uova con una cucchiaiata di rhum, intingete un cuscinetto alla volta nell'uovo, passatelo nel pane finissimo, pareggiando la panatura con la lama di un coltello, e friggete questi «sandwichs» dolci nell'olio o nello strutto, pochi alla volta ed a padella caldissima. Appena diventati di un bel color d'oro estraeteli dalla frittura, lasciateli sgocciolare, accomodateli in un piatto con salvietta, cospargeteli abbondantemente di zucchero vainigliato e mangiateli subito.
diventati di un bel color d'oro estraeteli dalla frittura, lasciateli sgocciolare, accomodateli in un piatto con salvietta, cospargeteli abbondantemente di
Un dolce squisito e di raffinata eleganza. Prendete 200 gr. di fragole piccole, mondatele accuratamente e passatele dal setaccio. Aggiungete poi alla purè ottenuta, una cucchiaiata di zucchero (non di più). Montate in neve quattro bianchi d'uovo e uniteli con delicatezza alla purè di fragole. Ungete leggermente di burro e spolverate di zucchero una stampa da soufflé, che come sapete è una specie di casseruola con due piccoli manici laterali e può essere in argento, in metallo argentato o anche in porcellana resistente al fuoco. Metteteci il composto in modo che non superi i due terzi della stampa, lisciatelo con una larga lama di coltello e passatelo in forno leggero per una ventina di minuti. Quando il soufflé sarà ben rigonfio mettetelo sollecitamente su un piatto senza naturalmente toglierlo dalla stampa e fatelo inviare subito in tavola poichè come tutti i soufflé, aspettando, si sgonfierebbe rapidamente. A parte si può far servire una salsiera con della panna di latte densa ma non montata, riscaldata a bagno-maria, addolcita con dello zucchero e finita con un nonnulla di vainiglina.
sollecitamente su un piatto senza naturalmente toglierlo dalla stampa e fatelo inviare subito in tavola poichè come tutti i soufflé, aspettando, si
Aggiungete adesso un quinto di litro di Chantilly, oppure, più economicamente, una chiara d'uovo, che, su per giù, ha lo stesso ufficio della crema di latte montata, cioè quello di rendere più soffice lo zabaione. La chiara d'uovo si può adoperare in due modi, o cruda o, quel che è preferibile, cotta: nel qual caso si chiama, in termine di cucina, meringa cotta. Nel primo modo si fa molto più presto ma si ha lo svantaggio di mangiare la chiara cruda che, per quanto mascherata, ha sempre un suo particolare sapore; nel secondo modo, c'è un piccolissimo supplemento di lavoro compensato però ad usura dalla migliore riuscita dell'esecuzione. Ecco come si fa la meringa cotta. Si monta in neve ben ferma una chiara d'uovo e intanto si mettono a cuocere in un polsonetto due cucchiaiate di zucchero inumidite con due cucchiaiate d'acqua.
usura dalla migliore riuscita dell'esecuzione. Ecco come si fa la meringa cotta. Si monta in neve ben ferma una chiara d'uovo e intanto si mettono a
Prendete mezza testa di maiale, raschiatela, nettatela bene con acqua bollente, uniteci uno zampetto e un ginocchietto, e mettete tutto in una pentola con abbondante acqua in ebollizione; condite con un po' di sale, una cipolla steccata di un paio di chiodi di garofani, una carota gialla, una costola di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Lasciate cuocere dolcemente per qualche ora, finchè le ossa si separino facilmente dalla carne. Estraete allora i vari pezzi dalla pentola, togliete via tutte le ossa, e tagliate la carne in pezzetti raccogliendoli in una insalatiera. Condite questi pezzetti con altro sale, abbondante pepe, un pizzico di spezie e la buccia di un limone grattata o fatta in minuscoli quadratini, un pizzico di pistacchi e un pugno di pinoli. Mescolate affinchè il condimento si spanda egualmente e rovesciate questi pezzi ancora caldi nel mezzo di una salvietta grande e forte. Date allora alla coppa una forma allungata e arrotolatela strettamente nella salvietta facendo due legature, una ad ogni estremità, e un paio di altre legature ben strette in mezzo, di modo che la coppa prenda la forma di un grosso coteghino. Fatto questo mettete la coppa sul marmo di cucina, appoggiateci sopra un piatto ovale, o un coperchio, o meglio ancora una tavoletta di legno, ponete su questa un paio di ferri da stiro e lasciate così una mezza giornata, trascorsa la quale potrete togliere le legature e la salvietta.
costola di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Lasciate cuocere dolcemente per qualche ora, finchè le ossa si separino facilmente dalla carne. Estraete
La cameriera vestirà in nero con un piccolo elegante grembiule bianco. Alcuni preferiscono che la cameriera sia coiffée di una capricciosa cuffietta a trine, ma ciò dipende dalle tradizioni della casa e — perchè no? — anche dalla figura della cameriera stessa, che quello che può dar grazia ad una figurina giovine ed armoniosa sarebbe ridicolo in una vecchia goffa. La toletta è generalmente completata da un paio di guanti di filo bianchissimi e nettissimi.
a trine, ma ciò dipende dalle tradizioni della casa e — perchè no? — anche dalla figura della cameriera stessa, che quello che può dar grazia ad una