Mondate il sedano conservando solamente la parte bianca, e destinando il resto ad altri usi di cucina. Staccate queste foglie bianche, risciacquatele accuratamente per toglier loro ogni traccia di terra e poi ritagliatele in tante asticciole dando loro la forma di grossi fiammiferi di legno. Preparate una salsa maionese gustosa alla quale mescolerete un pochino di senape o di mostarda francese, mescolate in questa salsa le listerelle di sedano e accomodatele in un piattino da antipasto, guarnendone l'orlo con un cordone di prezzemolo trito.
accuratamente per toglier loro ogni traccia di terra e poi ritagliatele in tante asticciole dando loro la forma di grossi fiammiferi di legno
Cappelletti in brodo alla romana. Questi squisiti cappelletti, i quali costituiscono la più gradita minestra, sono una variante del tortellini bolognesi, con la differenza che sono più grandi, e che nei cappelletti romani il ripieno è crudo ed occorre prepararlo soltanto un giorno prima. Si mettono sul tagliere i seguenti ingredienti: un paio di fette di mortadella di Bologna, una fetta di prosciutto, la metà di un filetto di maiale, un pezzo di tacchino e si trita il tutto finemente. Avendo la macchinetta l'operazione resta molto semplificata e si ottiene un pesto assai più omogeneo. Si raccoglie il trito in una terrinetta e si condisce con un uovo intero, un po' di noce moscata, sale, pepe, una buona cucchiaiata di formaggio grattato, aggiungendo in ultimo un bicchierino di marsala. Si impasta bene il tutto e si mette da parte. Si fa poi una pasta all'uovo, si stende piuttosto sottile e con un tagliapasta rotondo, di cinque centimetri di diametro, o con la bocca di un bicchierino da marsala si tagliano tanti dischi circolari sui quali si dispone un po' del composto di carne. Si ripiega il disco su sè stesso in modo da chiudere dentro la carne, si pigia intorno con le dita e poi si riavvicinano e sovrappongono le due estremità fermandole col dito, e dando così all'insieme la forma di un piccolo cappello. I ritagli si rimpastano e si procede così fino ad utilizzare completamente tutta la pasta all'uovo. Ultimati tutti i cappelletti, si dispongono in un vassoio sul quale si appoggia una salvietta leggermente spolverizzata di farina, e si lasciano così fino all'ora del pranzo. Si passa il brodo, e quando bolle si mettono giù i cappelletti dando circa una ventina di minuti di cottura. Il pesto crudo ha il vantaggio di dare maggiore sapidità al brodo, che riesce squisito. Generalmente si calcolano dai dieci ai quindici cappelletti a persona. Il numero e la qualità degli ingredienti del pesto può essere semplificato a piacere, secondo la spesa che si vuole incontrare. Ma certo con la formula da noi esposta si ottiene un risultato ottimo.
si riavvicinano e sovrappongono le due estremità fermandole col dito, e dando così all'insieme la forma di un piccolo cappello. I ritagli si
Queste crocchette si possono fare tanto con gli usuali capellini quanto con della pasta all'uovo tagliata molto fine. Si cuociono i capellini in acqua e sale, avvertendo di tenere la cottura relativamente breve; si scolano, si candiscono con un po' di burro e parmigiano e si allargano in un piatto piuttosto largo. Quando sono quasi tiepidi se ne prende un po' nel cavo della mano, ci si mette in mezzo un piccolo ripieno che può essere fatto sia con pezzetti di prosciutto, sia con formaggio fresco, sia con prosciutto e formaggio fresco insieme, sia con regaglie di pollo, pezzettini di carne cotta, ecc. Si chiude dando la forma di una usuale crocchetta e si mette in un piatto lungo dove si lascia freddare completamente. Si continua così fino ad esaurire tutti i capellini disponendo man mamo le crocchette ultimate una vicina all'altra nel piatto l'ungo. Pochi momenti prima dell'ora di colazione si prendono ad una ad una le crocchette, si passano nella farina, poi nell'uovo sbattuto e quindi nel pane pesto procurando di dar loro una buona forma. Si friggono poche alla volta in padella molto calda e appena di bel color d'oro si levano dalla padella e si lasciano sgocciolare. Si accomodano a piramide in un piatto con salviettina.
cotta, ecc. Si chiude dando la forma di una usuale crocchetta e si mette in un piatto lungo dove si lascia freddare completamente. Si continua così fino
Per una ventina di supplì occorrono circa 400 grammi di riso. Si cuoce il riso in un po' di sugo d'umido o, in mancanza di questo, in un sugo così detto finto. Badate che il riso non passi di cottura, levate la casseruola dal fuoco, mettete un pezzetto di burro, un po' di parmigiano grattato e un paio di uova intere, sbattute come per frittata. Mescolate con una forchetta, poi versate il riso in un piatto grande e lasciatelo freddare. Preparate intanto il ripieno, il quale può essere di molta o poca spesa, secondo l'opportunità. Può essere composto di regaglie di pollo, funghi secchi, pezzettini di prosciutto, dadini di provatura, e carne in umido tritata. Le regaglie si cuociono a parte con un po' di strutto, qualche odore, e alcune cucchiaiate di sugo; i funghi secchi si fanno rinvenire in acqua fresca, si lavano bene, si tritano e si cuociono con le regaglie, aggiungendo in ultimo la carne pesta, se, avendo fatto il sugo d'umido, vorrete destinare ai supplì una fetta o due della carne; altrimenti basteranno le regaglie e i funghi, ai quali è facoltativo aggiungere qualche pezzettino di prosciutto. Prendete una buona cucchiaiata di riso e mettetela sul palmo della mano sinistra; mettete nel centro del riso un po' del ripieno, aggiungendo uno o due dadini di provatura, che terrene tagliata e pronta lì vicino. Fate in modo di chiudere il ripieno nel riso, dando ad esso la forma di una grossa crocchetta, aiutandovi, per modellarla, con un po' di pane grattato, nel quale rotolerete poi la supplì affinchè il pane la ricopra perfettamente in ogni sua parte. Con lo stesso sistema fate tutte le altre e poi friggetele subito nell'olio o nello strutto, fino a che siano divenute bionde e croccanti. Mangiatele calde. L'impiego dei dadini di provatura è di prammatica, ed è anche simpatico, perchè aprendo la supplì si forma un lungo filo di provatura. È per questo che i romani le chiamano «supplì al telefono».
chiudere il ripieno nel riso, dando ad esso la forma di una grossa crocchetta, aiutandovi, per modellarla, con un po' di pane grattato, nel quale
Prendete del pane raffermo, meglio se sarà del pane a cassetta; togliete via la crosta e ritagliate il pane in fette dello spessore di un centimetro dando poi ad esse le misure di circa sette centimetri di lunghezza, per quattro o cinque di larghezza. Procurate che tutte queste fette vi risultino uguali e ben regolari. Con la punta di un coltellino tracciate su ogni fetta una piccola incisione a un centimetro dai bordi in modo da formare come una cornice nella fetta di pane. Questa incisione deve essere poco profonda e non giungere al disotto. Quando avrete incise tutte le fette di pane friggetele di bel color biondo chiaro nell'olio o nello strutto o meglio nel burro: a vostro gusto. Vedrete che, in padella, nel punto dove avrete fatto l'incisione il pane si aprirà leggermente. Sgocciolate le fette e quando saranno tiepide con la punta di un coltellino portate via la parte di mezzo. Otterrete così delle piccole cassettine. Avrete preparato intanto un po' di besciamella, regolandovi che per dodici crostini dovrete basarvi su mezzo ettogrammo di burro, due cucchiaiate di farina e un bicchiere di latte. Quando avrete preparato la besciamella ultimatela con un paio di cucchiaiate di parmigiano grattato e una puntina di noce moscata grattata. Spalmate un pochino di besciamella nel fondo di ogni crostino, sulla besciamella mettete qualche filettino di acciuga e una sottile fettina di formaggio gruyère e ricoprite ogni cosa con un altro po' di besciamella che liscerete con una lama di coltello dandole una forma leggermente bombata. Allineate i crostini sopra una placca da forno, cospargeteli di formaggio parmigiano grattato, mettete su ogni crostino due o tre pezzettini di burro e passate a forno caldissimo per tre o quattro minuti, affinchè il formaggio possa gratinarsi e i crostini facciano una lieve crosticina dorata. Accomodateli in un piatto con salvietta e mangiateli subito.
dando poi ad esse le misure di circa sette centimetri di lunghezza, per quattro o cinque di larghezza. Procurate che tutte queste fette vi risultino
Sgusciate sei uova sode, tagliatele in due, ed estraete il torlo che pesterete nel mortaio con una noce di burro, sale, pepe, un nonnulla di noce moscata, un pizzico di parmigiano grattato, e un po' di prezzemolo trito. Amalgamate il tutto con un torlo d'uovo crudo e una cucchiaiata di besciamella. Riempite le mezze uova dando loro bella forma, disponetele in una teglia imburrata, e passatele per qualche minuto a forno caldo. Accompagnate con una buona salsa di pomodoro.
. Riempite le mezze uova dando loro bella forma, disponetele in una teglia imburrata, e passatele per qualche minuto a forno caldo. Accompagnate con
Mettete a rinvenire in acqua fresca una piccola manata di funghi secchi, nettateli bene, e poi tritateli sul tagliere. Fateli cuocere in un pochino d'olio in cui avrete fatto soffriggere uno spicchio d'aglio, bagnandoli di quando in quando con una cucchiaiata di acqua. Conditeli con sale, pepe, e un bel ciuffo di prezzemolo trito e appena cotti metteteli a freddare in un piatto. Quando saranno freddi unite loro una o due fettine di prosciutto tagliate in pezzettini. Avrete intanto nettato le triglie, che dovranno essere piuttosto grosse, e le avrete messe ad asciugare in una salvietta. Preparate tanti fogli di carta bianca pesante per quante sono le triglie e ritagliateli con le forbici, dando ad essi la forma di cuore ma un pochino più stretta. Ungete questi fogli con olio o burro e dentro ognuno mettete un pochino di funghi e prosciutto, una triglia leggermente untata d'olio e spruzzata di sale e sopra la triglia un altro po' di funghi. Ripiegate la papillote, chiudetela pieghettandola, e continuate così per tutte le triglie. Per il modo di confezionare la papillote e di chiuderla riferitevi a quanto è detto nel capitolo delle carni, per le costolette di vitello nella papillote. Vi troverete anche un disegno esplicativo. Poco prima del pranzo allineate le papillotes in una teglia — anche la teglia va leggermente unta — e lasciate cuocere le triglie a fuoco non troppo violento per un quarto d'ora. Se avete un po' di sugo di carne, ma senza pomodoro, ne potrete mettere un mezzo cucchiaino su ogni triglia prima di chiudere la papillote. È un'aggiunta non proprio necessaria ma che comunica al pesce una maggiore finezza e una più grande sapidità. Queste triglie vanno servite in un piatto con salvietta e con il loro involucro di carta.
. Preparate tanti fogli di carta bianca pesante per quante sono le triglie e ritagliateli con le forbici, dando ad essi la forma di cuore ma un pochino più
Per sei persone prendete un chilogrammo scarso di sarde ben fresche, togliete loro la testa e poi apritele delicatamente dalla parte del ventre per togliere loro la spina, ma senza dividerle. Risciacquatele man mano che le aprite e appoggiatele così aperte su uno strofinaccio. Preparate adesso il ripieno. Mettete in una padella abbondante olio e quando sarà ben caldo gettateci quattro o cinque cucchiaiate di pane grattato molto fino, e mescolate affinchè il pane possa ben rosolarsi. Mettete il pane in una scodella e aggiungete 100 gr. di uva sultanina, 100 gr. di pinoli, mezzo cucchiaino di zucchero in polvere, sale, pepe, noce moscata, prezzemolo trito e un ettogrammo di alici salate, lavate, spinate e tritate col coltello. Mescolate tutti questi ingredienti aggiungendo un altro pochino d'olio affinchè il composto possa bene amalgamarsi, e poi, aiutandovi con un cucchiaino da caffè o con la punta di un coltello, mettete un po' di ripieno su ogni sarda che poi richiuderete dando ad esse la forma naturale. Quando avrete imbottito tutte le sarde prendete una teglia, ungetela d'olio e poi allineate le sarde in uno strato regolare. Quando avrete fatto uno strato, fatene un altro, inframezzando i vari strati con qualche pezzettino di foglia di alloro. Quando avrete disposto tutte le sarde nella teglia, se ci sarà avanzato ancora del ripieno, spargetecelo sopra; in caso contrario cospargete le sarde di pane grattato. Fate sgocciolare qua e là un filo d'olio e mettete la teglia in forno per una ventina di minuti. Quando le sarde saranno cotte toglietele dal forno, e spremeteci su il sugo di un limone grosso.
con la punta di un coltello, mettete un po' di ripieno su ogni sarda che poi richiuderete dando ad esse la forma naturale. Quando avrete imbottito
Dando la ricetta dell'umido di manzo non abbiamo la pretesa di scoprire l'America. Ma purtroppo non sono molte le mammine che sanno fare a dovere questa elementare preparazione della cucina casalinga. Il miglior taglio di carne adatto per umido è il girello o il così detto piccione. Un'operazione che bisognerebbe sempre fare è quella di lardellare la carne. Per far ciò si tagliano una diecina di pezzi di lardo grossi come il dito mignolo e lunghi un paio di dita. Meglio ancora sarebbe fare questi lardelli con pezzi di prosciutto grasso e magro. Si mettono sul tagliere un pizzico di foglie di maggiorana, un pezzettino di aglio tritato, un pizzico di sale e un po' di pepe, e in questo composto si stropicciano i lardelli in modo che rimangano ben conditi. Si fanno con un coltellino a punta delle piccole incisioni nella carne, si allargano un po' col dito e in ognuna di queste incisioni si introduce un lardello. Fatto ciò si lega la carne con un po' di spago per mantenerla in forma. Si mette nella casseruola un pesto, ottenuto con un po' di lardo, grasso di prosciutto, un pezzettino di aglio e prezzemolo e quando questo pesto è liquefatto si aggiunge la carne, si condisce con sale e pepe e si lascia rosolare piano piano. Quando avrà presa una bella colorazione scura si bagna la carne con un mezzo bicchiere di vino secco e si continua a far rosolare fino a che il vino si sia asciugato. Si toglie allora la carne dalla casseruola e si mette in un piatto. Si saranno intanto preparate un paio di cipolle piccine, o una grande, una carota gialla, una costola o due di sedano e un po' di prezzemolo, il tutto finemente tagliuzzato. Mettete questi legumi in casseruola e fateli rosolare piano piano fino a che siano ridotti in una poltiglia biondo scura. Conducete l'operazione con lentezza e se i legumi tendessero a bruciacchiarsi bagnateli di quando in quando con una cucchiaiata di acqua. Quando i legumi saranno ben cotti e ben rosolati rimettete la carne nella casseruola, fate rosolare ancora tutto per un'altra diecina di minuti, rivoltando la carne di quando in quando, poi aggiungete del pomodoro passato, o qualche cucchiaiata di conserva di pomodoro in scatola, o della conserva nera diluita in un pochino di acqua calda, mescolate e poi bagnate con acqua a sufficienza. Chiudete la casseruola col suo coperchio e diminuite il fuoco, di modo che la cottura della carne possa coincidere coll'addensamento del sugo: il che avverrà — secondo la grandezza della carne — in un'ora o un'ora e mezzo. Vari sono i sistemi per fare l'umido di manzo; questo da noi descritto è certo tra i migliori perchè permette così alla carne come ai legumi di rosolare in modo perfetto, cosa che difficilmente si ottiene mettendo, come molti fanno, carne e legumi insieme.
Dando la ricetta dell'umido di manzo non abbiamo la pretesa di scoprire l'America. Ma purtroppo non sono molte le mammine che sanno fare a dovere
Il pollo alla Marengo appartiene alla cucina classica ed ha tutta una storia curiosissima, facendosi risalire la sua origine alla battaglia che Napoleone vinse a Marengo. Ed ecco come, secondo la leggenda, andarono le cose. Dopo la disfatta dell'esercito austriaco, Napoleone, adunati intorno a sè i generali vittoriosi, li invitò alla sua tavola, dando l'ordine di servire immediatamente. Per disgrazia i furgoni delle provviste erano andati a finire chi sa dove e Dunan, il cuoco di Napoleone, aveva a sua disposizione un bel nulla. Il povero uomo, non sapendo a che santo votarsi, inviò due uomini con l'ordine di portare tutto quello che avessero potuto trovare. Gli uomini partirono ed ebbero l'insperata fortuna di trovare nel recinto smantellato di una fattoria tre pollastrini, male in carne, i quali niente affatto preoccupati della lotta che si era svolta sul piano, andavano tranquillamente beccando vermi e sassolini. Per Dunan fu la salvezza. I tre polli catturati vennero immediatamente uccisi, spennati, tagliati in pezzi, e gettati in padella con un avanzo d'olio. Qualche goccia di cognac tolto da una borraccia serve per bagnarli, pochi pomodori raccolti a gran fatica e dell'aglio offrono il condimento. Ed ecco che pochi minuti appresso, Dunan, poteva far servire al suo impaziente padrone, il «pollo alla Marengo» che fu trovato squisito da Bonaparte e dai suoi convitati. Questa la leggenda. Adesso la ricetta, la quale, pur conservando gli antichi elementi caratteristici, è stata man mano riveduta e corretta. Fate in pezzi un pollo giovine e tenero. La regola vuole che si divida così: coscie ed avancoscie, ali, i due filetti, la parte superiore del petto, e la groppa divisa in due o tre pezzi, secondo la grandezza del pollo. Lavate questi pezzi, asciugateli in una salvietta, e metteteli in padella contenente dell'olio caldissimo. Qualunque altro grasso è escluso, essendo l'olio la caratteristica del pollo alla Marengo. Fate rosolare a fuoco forte, e appena i pezzi del petto saranno biondi, toglieteli, continuando a cuocere il resto dei pezzi. Quando il pollo sarà quasi cotto, scolate l'olio e aggiungete qualche pomodoro spellato, fatto a pezzi e privato dei semi, un bicchiere di vino bianco e due spicchi d'aglio schiacciati. Fate ridurre la salsa, aggiungendo, se ne avete disponibile, un po' di sugo di carne. In caso contrario fatene a meno. Rimettete nella padella i pezzi del petto, fate cuocere ancora un paio di minuti, e poi aggiustate il pollo in un piatto contornandolo con crostini di pane fritti e in forma di cuore, con qualche gambero cotto nel vino bianco e con delle uova fritte. Seminate sul pollo del prezzemolo trito e fatelo servire. È in facoltà di chi cucina arricchire il pollo alla Marengo con dei piccoli funghi e con delle fettine di tartufo, che si aggiungono al pollo a metà cottura.
generali vittoriosi, li invitò alla sua tavola, dando l'ordine di servire immediatamente. Per disgrazia i furgoni delle provviste erano andati a
Si prende un pezzo di milza di bue — tre ettogrammi — e si taglia aprendola come un libro, in modo che la pelle rimanga tutta al disotto, poi con la lama di un coltello si raschia per separare la polpa dai nervi e dalla pelle. In una casseruolina si mette un pesto ottenuto con una fetta di prosciutto, un'alice lavata e spinata, e una puntina d'aglio, e si fa scaldare con la terza parte di un panino di burro. Si unisce allora la milza raschiata, sale, pepe, due o tre cucchiaiate di brodo o d'acqua, si mescola e si fa cuocere per tre o quattro minuti. Si preparano intanto dei crostini di pane e si fanno abbrustolire. Su ogni crostino, si spalma un po' di milza dando una forma leggermente bombata, si accomodano in un piatto e prima di mandarli in tavola si spruzzano con un po' di sugo di limone. Questi crostini mangiati caldi sono appetitosi, e ricordano un poco i crostini di caccia.
si fanno abbrustolire. Su ogni crostino, si spalma un po' di milza dando una forma leggermente bombata, si accomodano in un piatto e prima di
Il cappon magro è uno dei piatti tradizionali della cucina genovese; e bisogna dire che la sua non è una di quelle fame così spesso scroccate nel mondo. Si tratta di una specie di maionese, ma con una salsa speciale, e accomodata sopra uno strato di gallette, o come si dice, in genovese, di «bescheutti de pan». Il cappon di galera si può fare ricco quanto si vuole, e quando è eseguito con diligenza, e sopratutto montato con gusto, alternando bene i colori, è piatto che produce sempre un grande effetto. Ci si provvede di una certa quantità di gallette, secondo il numero delle persone, si spezzano e si bagnano in acqua e aceto per farle rinvenire. Si lessano poi tutti i legumi di cui si può disporre, come patate, carote gialle e rosse, cavolfiori, fagiolini, ecc., si fanno in dadi, si condiscono con sale, pepe, olio e aceto, e a questi legumi si uniscono funghi sott'olio, cetriolini, acciughe, capperi, olive verdi, uova sode e gamberi (che si saranno fatti bollire o friggere). Per ultimo si lessa un bel pesce cappone, si lascia freddare, si spina accuratamente, dividendo la carne in pezzi non tanto piccoli, e si condisce con sale, pepe, olio e limone. Volendo, si potrà aggiungere al pesce cappone anche la carne di un'aragosta bollita, aperta e fatta in dadi grossi. Preparata ogni cosa si fa la salsa, la quale si ottiene pestando in un mortaio di legno una buona quantità di prezzemolo, uno spicchio d'aglio, due acciughe, qualche pinolo, capperi, cetriolini, la polpa di qualche oliva in salamoia, un po' di midolla di pane inzuppata nell'aceto e spremuta e due torli di uova. Quando i vari ingredienti sono ben pestati, si passa la salsa e si diluisce con olio e aceto in modo da averla piuttosto colante. Si procede allora al montaggio del piatto, per il quale, come abbiamo detto, occorre diligenza e un po' di gusto. Si fa prima uno strato di base con le gallette ben spremute e poi s'incominciano a disporre i vari legumi a gruppi, avendo cura di alternare i colori. Dopo un primo strato di legumi si mette un po' di pesce, un po' di salsa, e si passa a fare un secondo strato e via di seguito, dando man mano alla pietanza la forma di una cupola. Ultimato il piatto si versa su tutto la salsa rimasta e si guarnisce il cappon di galera con spicchi di uova sode, alici, olive, gamberi, ecc.
strato e via di seguito, dando man mano alla pietanza la forma di una cupola. Ultimato il piatto si versa su tutto la salsa rimasta e si guarnisce il
Una variante assai graziosa si può ottenere dando al composto, invece della forma di crocchetta, quella di una piccola pera, forma che si ottiene assai facilmente modellando con le mani la pasta. In questo caso mentre si foggia la pera si introduce nella sommità di essa un pezzo di gambo di prezzemolo di tre o quattro centimetri, naturalmente senza foglia. Si spinge dentro con le dita in modo che ne esca fuori dalla pera appena un pezzetto di due o tre millimetri. S'infarinano e si dorano le pere e quando saranno cotte e ben colorite si tira su delicatamente il gambetto nascosto nell'interno, il quale sarà rimasto verde e formerà il picciolo di questa pera di patate, completando in modo elegante e simpatico questa semplicissima preparazione.
Una variante assai graziosa si può ottenere dando al composto, invece della forma di crocchetta, quella di una piccola pera, forma che si ottiene
Preparate delle patate duchesse, prendete una buona cucchiaiata alla volta di questa purè, rotolatela con le mani nel pane grattato, fatene una palla, schiacciatela delicatamente sul tavolo, e poi con le dita spingete un poco nel mezzo, in modo da avere come una scodellina rotonda. Con mezzo chilogrammo di patate ne otterrete una dozzina. Ripetete l'operazione, facilissima del resto, fino a che avrete esaurito le patate: poi friggete queste scodelline nell'olio o nello strutto, tiratele su con garbo dalla padella, lasciatele ben sgocciolare, accomodatele in corona in un piatto, e versate in ognuna di esse il seguente intingoletto bollente. Pestate una fettina di carne magra da un ettogrammo o poco più, con un pochino di grasso di prosciutto e impastate poi con una piccola patata lessa schiacciata, o con un po' di mollica di pane bagnata e spremuta. Condite con sale, pepe, noce moscata; e con le mani infarinate foggiate tante polpettine grosse come nocciole, che friggerete nell'olio o nello strutto. Fate rassodare tre uova, dando loro sette minuti di bollore, rinfrescatele in acqua, sgusciatele e tagliatele in dadini di circa un centimetro. Fate liquefare in un tegamino mezzo panino di burro, aggiungete una buona cucchiaiata di salsa di pomodoro, sale, un ramaiuolo di brodo o d'acqua e fate addensare leggermente la salsa. Versate in essa le polpettine e le uova sode in dadi, fate scaldare senza troppo bollire, e con un cucchiaio distribuite l'intingolo nei panierini di patate. È un piatto molto economico che pure fa la sua figura. Se avete un pizzico di funghi secchi, aggiungeteli all'intingolo e sarà tanto meglio. Le proporzioni sono per quattro persone.
; e con le mani infarinate foggiate tante polpettine grosse come nocciole, che friggerete nell'olio o nello strutto. Fate rassodare tre uova, dando loro
Aperti e vuotati i pomodori, prendete quella qualità di cannolicchi piccini detti comunemente avemarie, calcolandone circa un paio di cucchiaiate per ogni pomodoro da riempire. Mettete in una terrinetta i cannolicchi crudi e conditeli con sale, pepe, qualche cucchiaiata d'olio, prezzemolo e basilico tagliuzzato e qualche pezzettino d'aglio, nonchè il sugo che avete tolto dai pomodori e che passerete a traverso un colabrodo per separarlo dai semi. Mescolate bene tutti questi ingredienti e con un cucchiaio distribuite il ripieno nei pomodori, pigiando leggermente affinchè la pasta vada ad occupare tutti gli spazi disponibili. Sgocciolate ancora su ogni pomodoro un pochino d'olio e poi mettete a posto i coperchi, dando ai pomodori il loro primitivo aspetto. Accomodate i pomodori in una teglia in modo che stiano in un solo strato, uno accanto all'altro, mettete nella teglia qualche cucchiaiata d'acqua, un altro po' d'olio, e cuocere i pomodori nel forno di moderato calore, oppure con fuoco sotto e sopra, avvertendo, in questo caso, di porre sotto la teglia pochissima brace, e mettendone invece più abbondantemente sul coperchio che chiude la teglia.
occupare tutti gli spazi disponibili. Sgocciolate ancora su ogni pomodoro un pochino d'olio e poi mettete a posto i coperchi, dando ai pomodori il loro
Infarinate leggermente la tavola di cucina, rovesciateci la pasta, staccandola bene dalle pareti della terrinetta, poi battetela leggermente con la mano in modo da sgonfiarla, e ripiegatela su sè stessa per due o tre volte senza impastarla, ma spianandola con piccoli colpi dati col palmo della mano. Fatto questo, spolverizzando sempre la tavola di farina, arrotolate con leggerezza la pasta in modo da farne una specie di salame del diametro di circa cinque centimetri. Da questo salame di pasta tagliate con un coltello venti pezzetti come una grossa noce. Se avete il controllo della bilancia, guardate che questi pezzi abbiano dai 18 ai 20 grammi di peso Dopo aver tagliato i venti pezzi, vi avanzerà ancora un pochino di pasta. Assottigliatela rotolandola con le mani in modo da avere come un grosso maccherone, che ritaglierete in venti pezzetti della grossezza di una nocciola, pezzetti che costituiranno la testa delle «brioches». Allineate sul tavolo venti stampine da «brioches» — le quali sono piccole stampe scanalate di ferro stagnato, — e ungetele leggerissimamente di burro. Avremo dunque venti pezzi di pasta più grandi e venti più piccini. Prendete un pezzo di pasta grande alla volta, rotolatelo in palla e mettetene uno per ogni stampina. Fatto questo, col dito indice leggermente bagnato d'acqua, fate un buco nel mezzo di ogni palla di pasta messa nelle stampine. Arrotolate poi i pezzetti di pasta piccoli, dando loro la forma di minuscole pere e introducete le punte di queste pere nel buco fatto, di modo che la parte rotonda rimanga di fuori. Accendete intanto il forno e procurate che sia bruciante. Mentre il forno si riscalda tenete le stampine preparate al caldo per dar modo alle «brioches» di lievitare, di raggiungere i bordi delle stampine e di diventare ben rigonfie: ciò che avverrà in una mezz'ora circa. A questo punto, con un pennello bagnato nell'uovo sbattuto, dorate le «brioches» ma eseguite l'operazione con molta leggerezza affinchè la pasta non abbia a sgonfiarsi. La doratura si esegue benissimo girando la stampina nella mano. Quando avrete dorato tutte le «brioches», mettetele in forno e date loro cinque o sei minuti di cottura, finchè abbiano preso un bel colore d'oro scuro. Ripetiamo: tutta la difficoltà della riuscita delle «brioches», consiste nel forno. La «brioche» deve riuscire morbidissima, leggera e saporita. Se il forno non è buono, o è freddo, la cottura stenta e le «brioches» fanno la crosta; e voi otterrete dei dolci duri, pesanti e scipiti, che di «brioches» non avranno neanche il più lontano ricordo.
palla di pasta messa nelle stampine. Arrotolate poi i pezzetti di pasta piccoli, dando loro la forma di minuscole pere e introducete le punte di
La base principale di questo dolce è costituita da una farina di mandorle che si ottiene pestando nel mortaio delle mandorle secche e dello zucchero. Preparate in due piatti separati, un ettogrammo di mandorle secche (s'intende sgusciate) e un ettogrammo e mezzo di zucchero in pezzi. Mettete nel mortaio un po' di mandorle alla volta con un pochino di zucchero e pestate col pestello per ridurre le mandorle in polvere. Le mandorle vanno pestate così come sono, senza toglier loro la buccia. Man mano che avrete pestato un po' di mandorle con lo zucchero passate questa farina da un setaccino di fil di ferro a maglie non troppo sottili. La farina che passerà la raccoglierete in un grande foglio di carta e i frantumi di mandorle che rimarranno sul setaccio li pesterete nuovamente insieme con altre mandorle e nuovo zucchero, finchè avrete esaurito tutte le mandorle e tutto lo zucchero. Badate di non adoperare troppo zucchero in principio perchè correreste il rischio di esaurire presto la dose messa da parte e di dover poi pestare le mandorle sole, col pericolo di far cavar loro l'olio. Ottenuta questa farina di mandorle zuccherata mettetela sulla tavola di marmo della cucina o sulla spianatoia di legno ed unitele due cucchiaiate colmissime di farina (65 grammi), due cucchiaini da caffè di cannella in polvere, un pezzo di burro come una grossa noce, un uovo intiero e la corteccia raschiata di mezzo limone. Da principio vi sembrerà che tutti questi ingredienti stentino ad unirsi, ma pian piano, impastando con pazienza otterrete una pasta omogenea. Guardatevi dall'aggiungere la più piccola quantità d'acqua che non ve n'è affatto bisogno. Ungete di burro una teglia piuttosto grande e velatela con un po' di farina capovolgendo e battendo poi la teglia per farne cadere l'eccesso. Rotolate la pasta con le mani leggermente infarinate e fatene un cilindro come un grosso maccherone che taglierete in tanti pezzetti come grosse nocciole. Schiacciate con le dita queste nocciole all'altezza di mezzo centimetro, dando loro una forma leggermente ovale, la forma presso a poco delle fave, e allineatele nella teglia, lasciando tra l'una e l'altra una piccola distanza, affinchè cuocendo e allargandosi un poco non si attacchino fra loro. Mettete la teglia in forno di calore moderato e date alle fave una ventina di minuti di cottura fino a che saranno diventate di un bel colore biondo. Staccatele con garbo dalla teglia, lasciatele asciugare su un setaccio grande e quando saranno fredde riponetele in una scatola chiusa, se volete che si conservino croccanti. Crediamo opportuno avvertirvi che all'uscita dal forno le fave sono molli e che solo col freddarsi acquistano quel croccante così piacevole. Con questa dose otterrete una cinquantina di fave, equivalenti in peso a due ettogrammi e mezzo e più.
nocciole. Schiacciate con le dita queste nocciole all'altezza di mezzo centimetro, dando loro una forma leggermente ovale, la forma presso a poco delle fave
Mettete sulla tavola di cucina otto cucchiaiate di farina (200 grammi) due uova intiere, una grossa noce di burro, un cucchiaio di zucchero, un pizzico di sale e la raschiatura di un po' di buccia di limone. Impastate il tutto senza troppo lavorare la pasta, che lascerete riposare per mezz'ora in luogo fresco. Stendetela poi col rullo di legno, come una pasta da tagliatelle, avvertendo di tenerla molto sottile e aiutandovi, per stenderla, con un po' di farina. Servendovi del tagliapaste a rotella o in mancanza di questo, di un coltello, dividete la sfoglia in tante striscie larghe un paio di dita e poi ritagliate queste striscie in tanti pezzi della lunghezza di circa dieci centimetri. Friggete questi pezzi nell'olio o nello strutto finchè abbiano preso un bel colore d'oro pallido e siano divenuti leggeri e croccanti. Sgocciolate le frittelline, e quando saranno fredde accomodatele in un vassoio con salvietta spolverizzandole di zucchero. A Roma si chiamano «frappe» e si usa, anzichè ritagliare le striscie in pezzi, conservarle lunghe dando ad esse la forma di ampi nodi.
Rompete in pezzi 250 grammi di cioccolato finissimo e mettetelo in una casseruola con un bicchiere di crema di latte e un pizzico di vainiglina. Lasciate ammorbidire la cioccolata vicino al fuoco e poi, quando sarà ammorbidita, portatela fino all'ebollizione, sempre mescolando, per avere un composto liscio e vellutato. Travasate questa crema in una terrinetta e lasciatela freddare sul ghiaccio. Quando sarà fredda lavoratela energicamente con una frusta di fil di ferro fino a che sarà ben montata. Spolverizzate la tavola di zucchero al velo e impastate la crema di cioccolato modellandone un grosso cannello che ritaglierete in pezzi come noci. Arrotondate con le mani questi pezzi e poi rotolateli nella granella di cioccolata dando ad essi l'aspetto di tartufi. Si mettono nei cestellini di carta.
grosso cannello che ritaglierete in pezzi come noci. Arrotondate con le mani questi pezzi e poi rotolateli nella granella di cioccolata dando ad essi l
Scegliete delle belle prugne secche — quelle di California sono le più adattate — e, allo scopo di farle rinvenire un poco e di nettarle da eventuali traccie di polvere mettetele in una terrinetta o in una scodella e ricopritele di acqua bollente. Lasciatele stare così per cinque minuti, poi scolatele, asciugatele bene e con un coltellino o con le punte delle forbici fendetele da una parte, per estrarne l'osso. Allargatele un poco in modo da avere come una borsetta e nel vuoto mettete un mezzo cucchiaino di cioccolato grattato e dei pezzetti di noci o di mandorle. Ricomponete le prugne dando loro con le dita la forma primitiva e, se volete che facciano la più bella figura, disponetele in piccoli cestelli di carta pieghettata.
avere come una borsetta e nel vuoto mettete un mezzo cucchiaino di cioccolato grattato e dei pezzetti di noci o di mandorle. Ricomponete le prugne dando
Quando avrete passata così tutta la purè, ricoprite il cono di vermicelli con mezzo litro di panna montata inzuccherata (chantilly) che avrete ordinata al vostro lattaio, e con una lama di coltello disponetela regolarmente tutta intorno al dolce, dando a questo l'aspetto di un monte aguzzo ricoperto di neve. La dose è per sei persone.
ordinata al vostro lattaio, e con una lama di coltello disponetela regolarmente tutta intorno al dolce, dando a questo l'aspetto di un monte aguzzo
Fate una purè con mezzo chilogrammo di castagne, regolandovi come si è detto più sopra, inzuccheratela con quattro cucchiaiate di zucchero in polvere e lavoratela molto sul fuoco affinchè risulti bene asciutta. Togliete la purè dal fuoco e rompeteci, uno alla volta, tre torli di uovo, non mettendone un altro se il primo non sia bene amalgamato. Unite ancora la quarta parte di un panino di burro e aspettate che la purè si freddi. Prendetene poi dei pezzi grossi come una noce, infarinateli dando la forma di piccole crocchette, passate queste crocchette nell'uovo sbattuto, nel pane grattato e friggetele a padella molto calda nell'olio o nello strutto. Disponetele poi in un piatto con salvietta e spolverizzatele con zucchero vainigliato. Con questa dose vengono dalle venti alle venticinque crocchette.
dei pezzi grossi come una noce, infarinateli dando la forma di piccole crocchette, passate queste crocchette nell'uovo sbattuto, nel pane grattato e
Per sei persone prendete sei pesche di media grandezza e di buona qualità, risciacquatele in acqua fresca, nettatele in un tovagliolo, e dividetele in due senza sbucciarle. Con un coltellino togliete l'osso, e poi con lo stesso coltellino togliete anche un po' di polpa dall'interno che raccoglierete in un piatto. Quando avrete così aperte e vuotate tutte le pesche, schiacciate la polpa estratta, aggiungendo ad essa anche un'altra pesca sbucciata e tagliata in fettine. Se si tratta di pesche spaccarelle molto tenere, basterà schiacciare la polpa con una forchetta, se si tratta invece di pesche dalla polpa dura converrà pestarle nel mortaio, o tritarle sul tagliere, avvertendo che coltello e tagliere non sappiano di grasso. Raccogliete la polpa preparata in una terrinetta ed uniteci due cucchiaiate colme di zucchero, un pezzo di burro come una grossa noce, quattro o cinque amaretti schiacciati e un rosso d'uovo. Mescolate ogni cosa e poi riempite con questo ripieno le pesche, dando loro bella forma con una lama di coltello. Ungete abbondantemente di burro una teglia in cui le pesche possano stare in un solo strato, e mettete la teglia in forno moderato per circa un'ora. Queste pesche, veramente squisite, offrono un dolce elegante e di poca spesa. Possono essere servite così calde come fredde. In mancanza del forno si possono cuocere con fuoco sotto e sopra.
schiacciati e un rosso d'uovo. Mescolate ogni cosa e poi riempite con questo ripieno le pesche, dando loro bella forma con una lama di coltello. Ungete