Una delle cose essenziali per chi si dedica all'arte della cucina è la perfetta conoscenza dei generi che si adoperano. A prima vista queste conoscenze sembrano la cosa più facile di questo mondo: ma in realtà non è così: tanto che spesso dei cuochi di mestiere sono tratti in inganno. Non bisogna dimenticare che il più delle volte tra chi compra e chi vende esiste un irriducibile antagonismo, per quanto larvato; e novanta volte su cento il negoziante ha tutto l'interesse di dare al cliente i generi che egli vuole anzichè quelli che dovrebbe dare. Occorre dunque che il compratore sia tanto agguerrito da sventare queste piccole insidie, mascherate spesso da sorrisi o accompagnati da un diluvio di parole esaltanti l'articolo. Chi compera deve rimanere tetragono e non lasciarsi abbindolare dalle chiacchiere: deve portare a casa quel ch'egli vuole e non quello che gli si vuole... propinare. Di qui, come dicevamo, la necessità di conoscere perfettamente quel che si acquista: a base principale dell'economia, prima, e della buona riuscita di ciò che si cucina, poi.
negoziante ha tutto l'interesse di dare al cliente i generi che egli vuole anzichè quelli che dovrebbe dare. Occorre dunque che il compratore sia tanto
La spigola, il cefalo, la trota, l'ombrina, la dorata, il dentice, il merluzzo ecc. ecc. debbono conservare l'occhio lucido, il riflesso argenteo dello squame e il rosso vivo delle branchie; il ventre deve essere bianco e sodo e mai giallognolo e le carni debbono resistere alla pressione delle dita. In una parola il pesce deve presentarsi sotto un aspetto pittorico e dare l'idea di un bell'animale immobilizzato.
. In una parola il pesce deve presentarsi sotto un aspetto pittorico e dare l'idea di un bell'animale immobilizzato.
La pastella — «la pàté à frire» della cucina francese — è generalmente conosciuta da tutti, ma non tutti sanno darle quel carattere di leggerezza che deve essere la caratteristica di una pastella ben fatta. A seconda della quantità di pastella che dovete fare, mettete in una scodella o in una terrinetta qualche cucchiaiata di farina e stemperatela, per mezzo di una piccola frusta o di una forchetta, con acqua fredda sufficiente, così da ottenere un composto liscio e non molto denso. Stemperando la farina con l'acqua fate attenzione di mescolare il puro necessario, senza indugiarvi troppo a lavorare la pastella, la quale riuscirebbe in tal caso elastica e non servirebbe che imperfettamente allo scopo di velare ciò che vi s'immerge prima di friggere. Aggiungete ancora un pizzico di sale, una cucchiaiata o due di olio, e, al momento di friggere, una chiara montata in neve. Mescolate delicatamente per non sciupare la chiara e servitevene. Dosi esattissime non se ne possono dare perchè alcune qualità di farina assorbono più acqua e altre meno. Generalmente per quattro cucchiaiate colme di farina occorrono circa un bicchiere d'acqua, due cucchiaiate di olio e un paio di chiare montate. È bene preparare la pastella qualche tempo prima, coprirla e lasciarla riposare, per poi ultimarla con le chiare.
delicatamente per non sciupare la chiara e servitevene. Dosi esattissime non se ne possono dare perchè alcune qualità di farina assorbono più acqua e altre
La farcia altro non è che una amalgama di carne o pesce che corretta e legata con uova, burro, aromi, ecc. viene a dare origine a un composto capace di rapprendersi così per la azione del bagnomaria o dell'acqua bollente come per quella del forno. A seconda dell'elemento di base impiegato si potrà avere una farcia di pollo o di selvaggina o di pesce, ecc. ecc.. Il procedimento è sempre lo stesso, variando solo la qualità della carne adoperata e che costituisce l'elemento essenziale. La preparazione non esige che un poco di diligenza allo scopo di raggiungere un condimento irreprensibile e un giusto grado di consistenza, poichè se questo grado non è rigorosamente raggiunto, le farcie riuscirebbero dure, oppure se troppo molli tenderebbero ad appiattirsi se destinate a bordure, o si dissolverebbero nell'acqua bollente se usate per chenelle.
La farcia altro non è che una amalgama di carne o pesce che corretta e legata con uova, burro, aromi, ecc. viene a dare origine a un composto capace
Ci resta a fare un piccolo cenno delle bordure di farcia. Queste bordure si adoperano generalmente come elemento decorativo nella montatura di qualche piatto della cucina di lusso. Preparata una farcia in uno dei modi descritti più sopra, si prende una stampa da bordura liscia o lavorata e si imburra abbondantemente. Si riempie di farcia la bordura, battendo un poco la stampa affinchè non restino vuoti nell'interno, si liscia la superficie con una lama di coltello e si fa rapprendere la farcia a bagno-maria o in forno. Si sforma poi questa bordura sul piatto di servizio e sulla bordura si dispongono in corona delle costolettine, dei medaglioni ecc. Generalmente si riempie poi il vuoto della bordura con una guarnizione, in modo da dare al piatto la maggiore eleganza possibile.
dispongono in corona delle costolettine, dei medaglioni ecc. Generalmente si riempie poi il vuoto della bordura con una guarnizione, in modo da dare al
La cucina classica riconosceva quattro grandi salse di base: la spagnola, la vellutata, l'alemanna e la besciamella; ed erano dette appunto salse di base perchè da esse traevano origine tutte o quasi tutte le altre. Se queste salse possono avere ancora il loro impiego nelle grandi cucine, non hanno alcuna utilità nella cucina domestica, dove più efficacemente si supplisce, a seconda dei bisogni, con le piccole salse, di confezione più semplice e sbrigativa. La salsa spagnola è nelle sue linee essenziali un composto di legumi e farina bagnati con sugo di carne o brodo, che a traverso una ebollizione lenta e regolare di circa dieci ore viene a dare origine ad una salsa bruna, della quale i cuochi fanno uso ed abuso, così da giustificare la critica mossa dai buongustai alla grande cucina sulla uniformità di sapore, dovuta appunto alla spagnola. Nelle famiglie la salsa spagnola viene rimpiazzata, e niente si perde al confronto, col sugo ottenuto del bue braciato, e che le lettrici troveranno esaurientemente descritto nelle pagine in cui si parla di questa preparazione.
ebollizione lenta e regolare di circa dieci ore viene a dare origine ad una salsa bruna, della quale i cuochi fanno uso ed abuso, così da giustificare la
È, a rigor di termini, una salsa di accompagno, che si adatta magnificamente ad essere servita con l'arrosto di maiale. La sua esecuzione è facilissima. Per sei persone prendete quattro mele, sbucciatele, spaccatele, togliete via il torsolo e poi ritagliatele in fettine sottili che metterete a cuocere in una casseruolina con tanta acqua da ricoprirle interamente. Quando saranno ben cotte infrangetele con un cucchiaio di legno, lavorandole per ottenere un purè senza grumi; oppure passatele dal setaccio, ciò che è più semplice e sbrigativo. Questa purè dev'essere piuttosto densa, ma non eccessivamente. Se fosse troppo densa, aggiungete dell'altra acqua. Al momento di mandare in tavola mettete nella purè un pezzetto di scorza di limone grande come un soldo. Deve essere però la sola parte esterna, tagliata sottile sottile senza traccie di bianco, e poi tritata; aggiungete un nonnulla di sale, fate dare un bollo alla purè e poi, fuori del fuoco, spemeteci un po' di sugo di limone e versatela nella salsiera.
sale, fate dare un bollo alla purè e poi, fuori del fuoco, spemeteci un po' di sugo di limone e versatela nella salsiera.
Per dare bell'aspetto alla maggior parte degli antipasti si ricordi che serve assai efficacemente un po' di salsa maionese o anche della gelatina. La gelatina si può adoperare sia ritagliata a triangoli o a rombi, o anche tritata sotto forma di cordone. Per ottenere un cordoncino di gelatina trita se ne prende una certa quantità su un panno bagnato e spremuto, si trita con un coltello e si introduce in un piccolo cartoccio di carta spessa. Si chiude il cartoccio, se ne mozza la punta e premendo nella parte superiore si fa uscire questo cordone di gelatina che servirà a decorare elegantemente «canapés», barchette, salumerie, ecc.
Per dare bell'aspetto alla maggior parte degli antipasti si ricordi che serve assai efficacemente un po' di salsa maionese o anche della gelatina. La
In Russia l'antipasto freddo «Sakuska» è l'indispensabile prologo d'ogni mensa ed assume spesso un'eccezionale importanza. Viene generalmente servito in una sala separata, e con lusso grande; ed innaffiato da liquori, come Assenzio, Wodka, Allash, Kummel, ecc. La «Sakuska» russa comprende pesci di mare e d'acqua dolce, affumicati e salati, uova di pesce, insalate, creme agre, formaggi, pasticcini, ecc. Da noi una tale abbondanza di vivande piccanti e di liquori forti non sarebbe possibile: e ci accontentiamo di far passare un grande vassoio nel quale siano artisticamente disposte le più svariate ghiottonerie entro altrettanti piccoli piatti di argento, di cristallo, o di porcellana. L'antipasto può variare all'infinito, a seconda dell'importanza che gli si vuol dare, e anche della spesa. Si potranno presentare per esempio: Un'insalata di legumi tagliati in piccolissimi pezzi e legata con una buona salsa maionese — Alici piccanti — Alici all'olio, guarnite di prezzemolo — Filetti di aringhe guarniti con fettine di limone — Salmone affumicato — Sardine di Nantes — Prosciutto crudo — Prosciutto cotto, con gelatina — Mortadella di Bologna — Salamino di Milano — Burro in piccoli pani — Cetriolini sotto aceto — Pomodori crudi ben ghiacciati, spellati, tagliati in fettine e spruzzati d'olio e di sale — Carciofini — Funghi sott'olio — Caviale, ecc. ecc. L'importante è che ogni cosa sia disposta con esattezza e gusto, norma, codesta, che come abbiamo detto più innanzi, presiede al montaggio di tutti gli antipasti freddi in genere. Fate servire contemporaneamente un vino bianco secco, molto freddo.
'importanza che gli si vuol dare, e anche della spesa. Si potranno presentare per esempio: Un'insalata di legumi tagliati in piccolissimi pezzi e legata
Per quattro persone mettete a liquefare in un tegamino mezzo ettogrammo di burro. Fate l'operazione in un angolo del fornello affinchè il burro non abbia a soffriggere. Appena disciolto travasatelo in una piccola insalatiera rotonda e con un cucchiaio di legno incominciate a mescolarlo. Man mano il burro si rassoderà e nello stesso tempo monterà. Quando lo avrete ridotto come una bella crema morbida, aggiungeteci un uovo intiero e poi, quando il primo sarà almagamato, un secondo uovo. Aggiungete ancora, poco alla volta, tre cucchiaiate di farina e quando anche questa sarà bene unita mettete nell'impasto un paio di cucchiaiate di formaggio grattato, un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata. Mescolate ancora per unire tutti gli ingredienti e poi versate questa pasta, che deve risultare non eccessivamente dura, sopra un coperchio di casseruola piuttosto largo. Avrete intanto messo a bollire dell'acqua leggermente salata in un recipiente più largo che alto — una teglia serve benissimo al caso e quando l'acqua bollirà tirate la teglia sull'angolo del fornello in modo che l'acqua continui a bollire insensibilmente e poi, tenendo nella mano sinistra il manico del coperchio della casseruola, lasciate cadere nell'acqua dei pezzettini di pasta grossi come nocciole servendovi di un coltello e procurando di dare alla pasta una forma possibilmente sferica. Questo si ottiene facilmente prendendo un pezzetto di pasta e rimpastandolo sollecitamente sull'orlo del coperchio, adoperando la lama del coltello. È un lavoro molto facile che si fa anche presto. Fate cadere i pezzetti di pasta procurando di non gettarli uno sull'altro e quando avrete esaurito il composto coprite la teglia e lasciate bollire pian piano ancora per un paio di minuti. Nell'acqua le pallottoline si rassodano e gonfiano. Avrete intanto passato il brodo occorrente per la colazione e quando sarà ben caldo tirate su le pallottoline dall'acqua servendovi di una larga cucchiaia bucata, lasciatele sgocciolare bene e passatele nel brodo. Tenetele in caldo ancora per un minuto o due, e poi fate servire la minestra.
casseruola, lasciate cadere nell'acqua dei pezzettini di pasta grossi come nocciole servendovi di un coltello e procurando di dare alla pasta una
Per seicento grammi di pasta, sufficienti a sei persone, occorrono tre alici salate e un ettogrammo di tonno sott'olio. Mettete in una padella mezzo bicchiere d'olio, con uno spicchio d'aglio, che toglierete non appena l'olio si sarà scaldato. L'olio deve appena prendere il sapore dell'aglio e non impregnarsene, ciò che avviene quando si fa soffriggere l'aglio fino a che diventa scuro. Tolto l'aglio, mettete nella padella le alici, lavate, spinate e fatte a pezzetti, e appena queste avranno leggermente soffritto, aggiungete un barattolino di salsa di pomodoro, o un chilogrammo e mezzo di pomodori spellati, privati dei semi e fatti in pezzi. Quando la salsa sarà sufficientemente addensata aggiungete nella padella il tonno che avrete tagliuzzato sul tagliere. Condite con un po' di sale, abbondante pepe e una pizzicata d'origano; e fate dare ancora qualche bollo. Avrete intanto messo a cuocere in abbondante acqua salata gli spaghetti. Quando saranno cotti, scolateli, conditeli coll'intingolo preparato e mandateli prontamente in tavola.
tagliuzzato sul tagliere. Condite con un po' di sale, abbondante pepe e una pizzicata d'origano; e fate dare ancora qualche bollo. Avrete intanto messo a
Alcune volte in una colazione o in un pranzo, pur riconoscendo la necessità di un primo piatto di pasta asciutta, si vorrebbe presentare ai nostri ospiti qualche cosa di nuovo e di fine. Il seguente millefoglie risolve la questione ed offre un piatto di pasta ricco e di bell'aspetto. Un altro vantaggio del millefoglie di pasta è quello che si può preparare qualche tempo prima del pasto, che anzi esso guadagna ad attendere un poco. Mentre si ottiene un risultato migliore, si evita quell'incomodo affannarsi all'ultimo momento per presentare il primo piatto al suo giusto punto di cottura. Per sei persone impastate sul tavolo di cucina sei uova intere con circa seicento grammi di farina. Dosi esatte per la farina non se ne possono dare dipendendo l'impasto dalla grandezza delle uova e dalla qualità della farina stessa. Ad ogni modo tenete la pasta molto dura e lavoratela energicamente. Dividete questa pasta in otto pezzi uguali e stendete ogni pezzo col matterello procurando di mantenere la pasta in forma rotonda e piuttosto spessa. Quando avrete stesa tutta la pasta, lasciatela asciugare un po' e intanto mettete sul fuoco una teglia molto grande con acqua e sale. Quando l'acqua bollirà prendete un disco alla volta e procedendo con garbo immergetelo nell'acqua in ebollizione. Fate cuocere per qualche minuto in modo da tenere la pasta piuttosto dura di cottura e poi, procedendo con cautela e aiutandovi con due larghe cucchiaie bucate, o meglio, con un largo coperchio di casseruola, prendete su il disco cotto e deponetelo aperto su una tovaglia bagnata. Cuocete uno alla volta tutti gli altri dischi. Avrete preparato un buon sugo di carne, con o senza pomodoro secondo i gusti, e questo sugo, che dovrà essere piuttosto abbondante, arricchirete di carne pesta, piccole polpettine, regaglie di pollo, funghi, animelle, tartufi ecc.: dipenderà naturalmente dalla ricchezza che vorrete dare alla vostra pietanza e conseguentemente dalla spesa che vorrete incontrare. Prendete adesso una teglia poco più grande dei dischi di pasta, ungetela di burro e cospargetene il fondo con un ramaiolo di sugo. Mettete giù il primo disco e su questo cospargete altro sugo con una parte del condimento preparato. Seminate su tutto del parmigiano grattato e continuate così alternando dischi di pasta e sugo, regaglie e parmigiano. Potrete mettere anche, se credete, qualche pezzettino di burro. Sull'ultimo disco versate tutto il condimento rimasto, mettete ancora qualche pezzetto di burro e del parmigiano, e finalmente passate il vostro millefoglie in forno leggerissimo o su della brace. Lasciate stufare così per circa un quarto d'ora, poi estraete la teglia dal forno, copritela con un largo coperchio, mettete su questo un po' di cenere calda e lasciate così fino al momento di mangiare. Allora dividete il millefoglie in sei parti, mettete ogni spicchio su un piatto e fate portare in tavola.
sei persone impastate sul tavolo di cucina sei uova intere con circa seicento grammi di farina. Dosi esatte per la farina non se ne possono dare
Per quattro persone, preparate una pasta all'uovo con 400 grammi di farina, quattro uova intiere e un pizzico di sale. Tenete la pasta ben soda e lavoratela energicamente, stendendola poi in una sfoglia, che, come abbiamo già detto, dovrà essere un tantino spessa. Quando la sfoglia sarà asciugata ritagliatene delle fettuccine di un centimetro scarso di larghezza. Cuocete le fettuccine in abbondante acqua, tenendole piuttosto al dente, scolatele e conditele con un ettogrammo di burro che avrete fatto liquefare vicino al fuoco e nel quale, forzando con un cucchiaio di legno, avrete sciolto cinque acciughe lavate e spinate. Avrete anche grattugiato mezzo ettogrammo di parmigiano e mezzo ettogrammo di formaggio gruyère vecchio, e con una metà di questi due formaggi riuniti finite di condire le vostre fettuccine. Prendete adesso una piccola teglia, leggermente imburrata, e sulla teglia accomodate una metà abbondante delle fettuccine condite. Su questa metà disponete un ettogrammo di formaggio fresco (provatura, mozzarella, o in mancanza di questi fontina piemontese) tre o quattro acciughe, lavate, spinate e tagliate in filettini, un pizzico di pepe bianco e ricoprite con le altre fettuccine rimaste, procurando di dare al pasticcio la forma di cupola. Su questa cupola odorosa seminate il gruyère e il parmigiano tenuti in disparte, mettete ancora qua e là qualche pezzettino di burro, e passate il pasticcio in forno caldo per una diecina di minuti, affinchè possa gratinarsi. Servitelo caldissimo. Non consigliamo di mettere sale nell'acqua in cui debbono cuocere le fettuccine, perchè la salsa di alici è già abbastanza sapida. Ad ogni modo gustate il condimento e se del caso aggiungete un pizzico di sale.
fettuccine rimaste, procurando di dare al pasticcio la forma di cupola. Su questa cupola odorosa seminate il gruyère e il parmigiano tenuti in disparte
Il tradizionale piatto di ogni giovedì nelle piccole trattorie romane e il piatto che molti buoni romani prediligono in occasione di qualche riunione famigliare: i gnocchi. Tra coloro che ne sono ghiottissimi e coloro i quali ritengono che sia un peccato sprecare l'abbondante sugo e formaggio necessario per condire... delle patate, noi rimarremo neutrali, limitandoci a dare la ricetta, non certo per le abbonate romane, ma per quelle di altre città. Si mettono a lessare delle patate piuttosto grosse e di qualità farinosa, calcolandone due chilogrammi per sei persone. Appena cotte si sbucciano, si schiacciano e si lasciano un po' raffreddare. S'impastano allora le patate con un po' di farina. È difficile dare dosi esatte di farina perchè alcune qualità assorbono più, altre meno farina; in genere però ne occorreranno circa 200 grammi per ogni chilogrammo di patate. Amalgamate bene le patate con la farina e ottenuta una pasta morbida, si taglia a pezzi, e d'ogni pezzo, sulla tavola infarinata, se ne foggiano dei cannelli della grossezza di un dito, che si ritagliano poi in tanti pezzetti di un paio di centimetri. Si rotola alla svelta ognuno di questi pezzetti tra il tavolo e le dita e per ultimo ci si appoggia la punta del medio facendo su ogni gnocco una piccola fossetta. Si allineano man mano su una tovaglia infarinata e intanto si mette sul fuoco un recipiente con acqua e sale. Quando l'acqua bolle si mettono giù un po' di gnocchi alla volta e appena tornano a galla si estraggono con una cucchiaia bucata, si lasciano sgocciolare bene, e si dispongono a strati in una zuppiera, condendo ogni strato con abbondante sugo d'umido e parmigiano grattato.
necessario per condire... delle patate, noi rimarremo neutrali, limitandoci a dare la ricetta, non certo per le abbonate romane, ma per quelle di altre
La polenta, cibo eminentemente invernale trova buone accoglienze non solo nelle umili mense, ma, prestandosi a svariate preparazioni, è bene accetta anche ai palati più fini. Servita naturalmente, col sugo, con gli uccellini, fritta ecc. potrà di quando in quando contribuire alla varietà dei menù quotidiani. Uno dei modi migliori e più signorili per cucinare la polenta è costituito da questi gnocchetti, da servirsi come primo piatto in una colazione. Il modo di cuocere la polenta è noto a tutti. Si mette sul fuoco un piccolo caldaio con acqua e sale e quando l'acqua sta per bollire si comincia a versare la polenta nel caldaio lasciandola cadere a pioggia, mentre con l'altra mano si mescolerà sempre con un cucchiaio di legno, affinchè non si formino grumi. Dosi esattissime di acqua e di polenta non se ne possono dare perchè può darsi il caso che una qualità di farina gialla assorba più acqua e un'altra meno. Al buon senso di chi cucina il giudicare se sia il caso di aggiungere qualche cucchiaiata in più o in meno di polenta, tanto più che queste variazioni non portano nessun pregiudizio nel risultato finale.
si formino grumi. Dosi esattissime di acqua e di polenta non se ne possono dare perchè può darsi il caso che una qualità di farina gialla assorba più
Mettete in una casseruola 50 grammi di burro, mezza cipolla finemente tritata e 250 grammi di riso di buona qualità. Mettete la casseruola sul fuoco e mescolate affinchè il riso s'intrida bene di burro e senta un po' di calore. Dopo due o tre minuti bagnate il riso con un litro di brodo bollente, coprite la casseruola, mettetela in forno di moderato calore e, senza più mescolare lasciate che il riso cuccia per dieciotto minuti. Generalmente basta il sale contenuto nel brodo per dare giusta sapidità al riso. Quando il riso sarà cotto, travasatelo sul piatto di servizio o in una legumiera, aggiungendoci altri 50 grammi di burro diviso in piccoli pezzi. Mescolate leggermente con una forchetta per non schiacciate i chicchi e fate servire. La caratteristica di questa pietanza di origine orientale è che, per la speciale cottura, il riso deve conservare tutti i suoi chicchi sciolti, e non amalgamati come invece accade per i comuni risotti.
basta il sale contenuto nel brodo per dare giusta sapidità al riso. Quando il riso sarà cotto, travasatelo sul piatto di servizio o in una legumiera
Per quattro persone prendete un ettogrammo di tonno sott'olio e tritatelo finemente con un coltello. Mettete in una casseruolina la quarta parte di un panino di burro da un ettogrammo e quando il burro sarà liquefatto aggiungete due cucchiaiate di farina. Fate cuocere un paio di minuti e poi stemperate con un bicchiere di latte (un quarto di litro). Mescolate sempre col cucchiaio, affinchè non si formino grumi e fate finire di cuocere su fuoco moderato in modo da avere una salsa molto densa. Lasciate che la salsa si freddi un poco, e unitele il tonno tritato, un pizzico idi pepe e un cucchiaio di prezzemolo trito. Sale non ne mettete perchè il tonno è già sufficientemente salato. Lavorate bene col cucchiaio la massa e quando tutti i vari ingredienti si saranno amalgamati, rovesciatela sul marmo di cucina leggermente infarinato e lasciate che divenga completamente fredda. Spolverizzate allora l'impasto di farina e rotolandolo con le mani sul tavolo, fatene un lungo salsicciotto che taglierete in quattro pezzi. Prendete un pezzo alla volta, e sempre aiutandovi con la farina, assottigliatelo in modo che risulti un po' più grosso del dito medio, ritagliandolo in cinque crocchettine. Ripetete l'operazione per gli altri tre pezzi rimasti e otterrete in tutto venti crocchette, che prenderete delicatamente ad una ad una e passerete nell'uovo battuto, e poi nel pane pesto. Prima di passarle alla frittura procurate di dare alle crocchette una forma regolare, e poi friggetele nell'olio o nello strutto, avvertendo che la padella sia molto calda.
nell'uovo battuto, e poi nel pane pesto. Prima di passarle alla frittura procurate di dare alle crocchette una forma regolare, e poi friggetele nell'olio
Generalmente lo spauracchio del tifo trattiene molti dal gustate crudo lo squisito mollusco. È perciò consigliabile di cuocere le ostriche per evitare apprensioni o rimorsi postumi, tanto più che anche cotte le ostriche si prestano a gustosi manicaretti Per la seguente ricetta calcolate tre o quattro ostriche a persona. Apritele, estraetele dal guscio e fatele sobollire per pochi minuti con un po' d'acqua e sale alla quale aggiungerete l'acqua delle ostriche che si raccoglie mentre si aprono. Con una ventina di grammi di burro, una cucchiaiata abbondante di farina e mezzo bicchiere abbondante di latte fate una salsa besciamella densa che condirete con sale, pepe e un nonnulla di noce moscata. In questa salsa immergerete le ostriche una ad una per mezzo di una forchetta in modo che rimangano mascherate di salsa e appoggiatele a distanza sul tavolo di cucina aspettando si freddino completamente. Quando saranno ben fredde e la salsa avrà quindi formato intorno alle ostriche un bel rivestimento piuttosto duro, staccatele con garbo, passatele nella farina, nell'uovo sbattuto e quindi nel pane pesto procurando di dare loro bella forma. Friggetele nell'olio o nello strutto a padella molto calda e disponetele in piramide su un piatto con salviettina.
, passatele nella farina, nell'uovo sbattuto e quindi nel pane pesto procurando di dare loro bella forma. Friggetele nell'olio o nello strutto a padella
Prendete un recipiente più alto che largo, della capacità di circa mezzo litro. Può servire, ad esempio, un bagno-maria, o, più semplicemente, uno di quei secchietti di latta, comunemente adoperati per il latte o per la crema. In questo recipiente mettete un bicchiere molto scarso d'acqua, una noce di burro e un pizzico di sale, e ponetelo sul fuoco. In una scodella rompete due uova intere, sbattetele un poco come per fare una frittata, e diluitele con mezzo bicchiere di latte. Appena l'acqua che avete messa sul fuoco bollirà, gettateci le uova sbattute col latte; fate rialzare il bollore, poi tirate il recipiente sull'angolo del fornello, copritelo e fate che il liquido bolla insensibilmente. Dopo pochi minuti vedrete che il composto si addensa e prende l'aspetto di una crema mezzo stracciata. Immergete una forchetta lungo la parete del recipiente e quando sentirete che il composto offre una certa resistenza, rovesciatelo sopra un colabrodo affinchè l'acqua possa liberamente scolare. Con un cucchiaio di legno cercate di dare alla parte cremosa, nel colabrodo stesso, una forma arrotondata: presso a poco quella di un cervello, e lasciatela freddare completamente. Quando il composto sarà freddo, rovesciatelo su un piatto, tagliatelo in tocchetti, che infarinerete, passerete nell' uovo sbattuto e friggerete, come se si trattasse di vero cervello. Mettete il fritto in un piatto con salviettina e guarnitelo con spicchi di limone. Una raccomandazione: procurate che il composto non sia eccessivamente duro, altrimenti avreste una specie di frittata... fritta. Perchè possa dirsi riuscita, questa frittura deve rimanere morbida, nè più nè meno di un cervello.
offre una certa resistenza, rovesciatelo sopra un colabrodo affinchè l'acqua possa liberamente scolare. Con un cucchiaio di legno cercate di dare alla
In Piemonte la fonduta è uno dei piatti caratteristici di quella cucina, regionale, e si serve generalmente con un accompagno obbligato di tartufi bianchi. Ma trattandosi di cucina di famiglia si può rinunciare ai tartufi e preparare la fonduta più semplicemente: la pietanzina non perderà gran che della sua caratteristica. Per la fonduta occorre una speciale qualità di formaggio grasso, la fontina piemontese. Prendetene 300 gr. togliete via la corteccia, e dividete il formaggio in tanti dadini piccoli, che metterete in una scodella con mezzo bicchiere di latte. Lasciate ammorbidire il formaggio per circa mezz'ora, trascorsa la quale prendete una casseruola, rompeteci sei torli d'uovo e aggiungete un cucchiaino di farina. Stemperate il tutto con mezzo bicchiere di latte, e quando ogni cosa sarà ben sciolta aggiungete nella casseruola il formaggio in dadini con tutto il latte nel quale era in bagno. Mettete la casseruola su fuoco leggerissimo e con un cucchiaio di legno mescolate continuamente fino a che il formaggio sia ben sciolto e il composto sia diventato liscio come una crema. Ricordate che l'operazione va fatta a fuoco assai moderato e che la fonduta non deve bollire, Tirate indietro la casseruola, condite la fonduta con un pizzico di pepe bianco, ultimatela con qualche pezzetto di burro, versatela in un piatto e fatela servire. Sale generalmente non ne va messo poichè il formaggio basta di per sè a dare la giusta sapidità alla pietanza. A ogni modo prima di mandare in tavola assaggiate la fonduta, e, se del caso, aggiungete una presina di sale.
servire. Sale generalmente non ne va messo poichè il formaggio basta di per sè a dare la giusta sapidità alla pietanza. A ogni modo prima di mandare in
Rompete in una terrinetta sei uova, sbattetele bene e conditele con poco sale e un pizzico di pepe. Lavate e spinate quattro acciughe e tagliatele a pezzettini, e tagliate anche in piccoli pezzi mezzo ettogrammo di tonno sott'olio. Mettete in un piatto il tonno e le alici tagliuzzati aggiungendo un pizzico di origano e una cucchiaiata di prezzemolo fresco tritato. Mettete in una padella un po' d'olio e quando sarà ben caldo versate le uova. Appena le uova saranno un po' rapprese, mettete nel centro della frittata il tonno e le acciughe preparate e aiutandovi con un cucchiaio di legno, ripiegate in due la frittata in modo da dare a questa una forma ovale e racchiudere il ripieno nell'interno. Rovesciate la frittata in un piatto lungo e ricopritela interamente con una salsa di pomidoro molto densa che avrete fatto con un dito d'olio e un cucchiaio di conserva in scatola. Mettete nel mezzo un pizzico di prezzemolo trito e fate servire sollecitamente.
, ripiegate in due la frittata in modo da dare a questa una forma ovale e racchiudere il ripieno nell'interno. Rovesciate la frittata in un piatto lungo e
Bisogna anzitutto preparare della pasta sfogliata, adoperando cento grammi di burro e cento di farina. Rompete in una terrinetta cinque o sei uova, sbattetele bene e fate con esse una frittata, tenendola piuttosto molletta. Questa frittata potrete farla con burro o con strutto. Avrete preparato un mezzo ettogrammo di formaggio fresco, tre o quattro alici salate, lavate e spinate e ritagliate in filettini e un cucchiaio di prezzemolo trito. Quando la frittata sarà un po' rassodata versateci in mezzo il formaggio, le acciughe e il prezzemolo, condite con un pizzico di pepe, ripiegate la frittata su sè stessa rinchiudendo dentro il ripieno e cercate di dare alla frittata una forma ovale il più possibilmente corretta. Fatta la frittata lasciatela raffreddare completamente. Stendete la pasta sfogliata e da essa ritagliate due ovali uguali, alquanto più grandi della frittata. Su uno di questi ovali adagiate la frittata. Con uovo sbattuto o con acqua inumidite il bordo, che dovrà sporgere dalla frittata due o tre dita, e coprite con l'altro ovale. Passate ancora intorno intorno la punta del coltellino per pareggiare bene i due ovali, dorate l'ovale superiore passandovi su una penna o un pennello bagnati in un po' d'uovo sbattuto; mettete la frittata cosi avviluppata su una lastra da pasticceria leggermente imburrata e date una quindicina di minuti di forno ben caldo affinchè la pasta sfogliata possa cuocere, gonfiare e prendere un bel colore biondo. Fate sdrucciolare la frittata in un piatto lungo, e mandatela in tavola. La troverete gustosissima.
frittata su sè stessa rinchiudendo dentro il ripieno e cercate di dare alla frittata una forma ovale il più possibilmente corretta. Fatta la frittata
Con sei uova preparate sei frittatine piuttosto sottili, tagliatele in liste di un centimetro circa, e passatele in un tegame dove avrete messo del buon sugo d'umido. Fate dare un leggerissimo bollo, e condite le uova con parmigiano grattato e qualche foglia di menta romana tagliuzzata.
buon sugo d'umido. Fate dare un leggerissimo bollo, e condite le uova con parmigiano grattato e qualche foglia di menta romana tagliuzzata.
Dopo avere ben nettato e risciacquato le triglie si asciugano in un pannolino, si infarinano e si dispongono allineate in una teglia, nella quale si sarà fatto scaldare un poco d'olio. Appena avranno inteso il calore da una parte si voltano con precauzione e si condiscono con un pizzico di sale e un trito finissimo fatto con prezzemolo, poca cipolla, una puntina d'aglio, un pizzico di timo, un pezzetto di alloro e un nonnulla di pepe. Dopo un poco si unisce qualche cucchiaiata di salsa di pomodoro non eccessivamente densa, si fa dare ancora un bollo a tutto e si manda in tavola.
poco si unisce qualche cucchiaiata di salsa di pomodoro non eccessivamente densa, si fa dare ancora un bollo a tutto e si manda in tavola.
Quando il vitello sarà arrivato, estraetelo, passate il sugo a traverso un colabrodo, pigiando con un cucchiaio di legno sui legumi per estrarne tutto il sapore, rimettete il sugo nella casseruola e fatelo restringere. A questo sugo aggiungete una forte cucchiaiata di salsa besciamella, mescolate, per legare bene la salsa, e in ultimo, fuori del fuoco, aggiungete ancora una trentina di grammi di burro, mettendone un pezzettino alla volta e mescolando sempre come se doveste montare una maionese. Adesso con un coltello tagliente affettate il vitello, cercando di avere delle fette uguali e regolari. Prendete un piatto lungo, in argento o in metallo, o, in mancanza di questo, un piatto di porcellana, che sappiate possa resistere all'azione del fuoco, imburrate leggermente questo piatto e su esso disponete il vitello affettato, ricomponendolo come se fosse intiero. Su questo vitello versate qualche cucchiaiata della salsa preparata, la quale, per essere piuttosto densa, formerà uno strato untuoso sulla carne. Prendete ora una tasca di tela, con una bocchetta di latta spizzata del diametro di circa un centimetro, riempite la tasca con un impasto di patate duchesse, e guarnite la carne con dei cordoni rigati di patate, in modo da rinchiuderla come in una cuffia. Fatto questo, sempre servendovi della bocchetta spizzata, circondate la base della carne di una corona di rosette di patate. Sgocciolate su tutto del burro liquefatto, spolverate con parmigiano grattato, e passate il piatto in forno caldo affinchè le patate possano imbiondirsi e il parmigiano, liquefacendosi, venga a dare un aspetto brillante alla preparazione. Rimettete intanto la salsa rimasta vicino al fuoco e, se del caso, diluitela con un pochino di acqua o di brodo. Versatela in una salsiera e mandate in tavola la noce di vitello accompagnata dalla salsa fumante. Questa preparazione non è affatto difficile. Esige soltanto un po' di diligenza e un po' di buon gusto nel montarla.
in forno caldo affinchè le patate possano imbiondirsi e il parmigiano, liquefacendosi, venga a dare un aspetto brillante alla preparazione. Rimettete
Per quattro persone calcolate almeno quattrocento grammi di vitello, che taglierete in fettine. Spianate queste fettine con lo spianacarne o con la lama di un grosso coltello. È buona regola, per ben spianare la carne, avere vicino a sè una scodella con dell'acqua, nella quale si immerge lo spianacarne o il coltello prima di spianare le fette. Condite la carne con un po' di sale e infarinatela. Intanto avrete messo sul fuoco una teglia con mezzo ettogrammo abbondante di burro e un paio di fette di prosciutto ritagliato in listerelle. Appena il burro sarà caldo allineate le fette di carne in un solo strato e ravvivate il fuoco, affinchè la cottura possa compiersi in poco tempo. Solo così il vitello riuscirà tenero, succoso e non caverà acqua, cosa che accadrebbe indubbiamente se la cottura fosse portata debolmente. Appena la carne sarà cotta da una parte, voltatela dall'altra, accomodando le fette nel piatto di servizio man mano che saranno pronte. Quando tutta la carne sarà cotta, tirate le teglia sull'angolo del fornello, versateci un paio di cucchiaiate di brodo o d'acqua e con un cucchiaio di legno staccate bene il fondo della cottura. Fate dare un bollo a questa salsa, aggiungete un altro pezzetto di burro, levate la teglia dal fuoco, aggiungete una buona cucchiaiata di prezzemolo trito e il sugo di mezzo limone; mescolate, versate sulla carne e mandate subito in tavola. La frittura piccata va preparata all'ultimo momento e va mangiata caldissima. A tale scopo è opportuno scaldare il piatto di servizio o tenendolo nella stufa o vicino al fuoco, o meglio, passandoci un ramaiolo d'acqua bollente lasciandolo così qualche minuto per poi gettar l'acqua e asciugare il piatto.
un paio di cucchiaiate di brodo o d'acqua e con un cucchiaio di legno staccate bene il fondo della cottura. Fate dare un bollo a questa salsa
L'ossobuco, come le nostre lettrici sanno, è lo stinco del vitello, segato in pezzi di circa due dita, in modo che rimanga una parte d'osso circondato dalla polpa muscolosa dello stinco; così da formare delle grosse rotelle di parecchi centimetri di diametro. Questo piatto di origine prettamente milanese, si è man mano diffuso da per tutto, e lo si cucina in molte città d'Italia e presso moltissime famiglie anche non milanesi. I modi di cucinare l'ossobuco sono diversi, ma in sostanza, non differiscono tra loro che per particolari insignificanti. Quando vorrete cucinare gli ossobuchi sarà bene che ve li facciate preparale dallo stesso macellaio. Generalmente se ne calcola uno a persona. Prendete una teglia a bordi alti in cui gli ossobuchi possano stare comodamente allineati in un solo strato, e ungetela con abbondante burro. Infarinate quindi leggermente gli ossobuchi e disponeteli nella teglia, che metterete sul fuoco. Fateli rosolare così: condite con sale e pepe, e quando saranno coloriti da una parte, voltateli, continuando la cottura fino a che abbiano preso un bel colore biondo scuro. Bagnateli allora con un po' di vino bianco secco, e quando il vino si sarà asciugato aggiungete dell'acqua, coprite la teglia e lasciate finir di cuocere per un'ora abbondante, tenendo presente che gli ossobuchi non debbono sfarsi, ma rimanere piuttosto fermi di cottura. Cinque minuti prima di servire, mettete nella teglia un piccolo pesto, fatto con un ciuffetto di prezzemolo, un pezzettino di corteccia di limone, come un soldo, una puntina d'aglio e una mezza acciuga. Fate dare ancora un bollo agli ossobuchi, voltandoli con delicatezza affinchè possano insaporirsi nel pesto, e poi disponeteli in un piatto, sciogliete il fondo della cottura con qualche cucchiaiata di brodo o di acqua, mescolando con un cucchiaio di legno, aggiungete ancora qualche pezzettino di burro, versate questa salsa sugli ossobuchi e mandateli subito in tavola.
pezzettino di corteccia di limone, come un soldo, una puntina d'aglio e una mezza acciuga. Fate dare ancora un bollo agli ossobuchi, voltandoli con
Prendete un pezzo di prosciutto fresco — per dieci persone ne occorrerà da un chilo a un chilo e trecento grammi — mettetelo in una terrinetta in cui vada giusto, e versateci sopra un bicchiere abbondante di Marsala. Lasciate il maiale nel vino per una giornata, avendo cura di voltarlo di tempo in tempo perchè possa da ogni parte impregnarsi di Marsala. Quando dovrete cucinarlo estraetelo dal bagno, lasciatelo sgocciolare, legatelo per assicurarne la forma e mettetelo in una casseruola, nella quale avrete posto una cucchiaiata di strutto, qualche cotenna fresca e uno strato di legumi tagliuzzati: cipolla, carota gialla, sedano, prezzemolo. Condite il maiale con sale e pepe e fatelo rosolare dolcemente, in modo che i legumi non brucino, ma rimangano soltantobiondi. A questo punto bagnate la carne — una cucchiaiata di quando in quando — con la marsala della marinata: poi bagnate ancora la carne con dell'acqua — anche questa in quantità non eccessiva, perchè la carne possa rimanere ben saporita — e continuate la cottura, voltando spesso il maiale, per un'ora e più. Al momento del pranzo togliete la carne dalla casseruola, levate lo spago e accomodatela in fette regolari in un piatto ovale. Con un cucchiaio! sgrassate accuratamente il sugo rimasto, diluitelo con un po' d'acqua o di brodo, e fate dare un bollo. Il sugo dovrà essere un bicchiere abbondante, quindi regolatevi nell'aggiungere il brodo o l'acqua. Prendete un mezzo cucchiaino di fecola di patate e stemperatela in una tazzina con un dito d'acqua fredda. Gettate un po' alla volta questa fecola diluita nel sugo in ebollizione, mescolando col cucchiaio di legno; e appena vedrete che la salsa si sarà leggermente addensata, toglietela dal fuoco, versateci dentro un bicchierino di Marsala e un pezzo di burro come una noce che avrete fatto friggere a parte in un tegamino, fino a fargli prendere un bel colore biondo. Mescolate ogni cosa, mettete un paio di cucchiaiate di salsa sulla carne e inviate il resto nella salsiera.
ovale. Con un cucchiaio! sgrassate accuratamente il sugo rimasto, diluitelo con un po' d'acqua o di brodo, e fate dare un bollo. Il sugo dovrà essere
cipolla, carota gialla, qualche chicco di pepe, sale e chiodi di garofani. Lasciateli cuocere lentamente, e quando saranno ben cotti mangiateli caldi, o così al naturale, o con una salsa verde. I piedi e le code possono venir cotti insieme col bollito, ed oltre ad essere ottimi e a dare varietà al piatto del bollito, comunicano al brodo buon sapore e alcunchè di gelatinoso che accresce il pregio del brodo stesso.
, o così al naturale, o con una salsa verde. I piedi e le code possono venir cotti insieme col bollito, ed oltre ad essere ottimi e a dare varietà al
Calcolate uno o due tordi a persona. Dopo averli spiumati e fiammeggiati, mettete i tordi davanti a voi col dorso in alto e con un coltellino tagliente spaccate, con un taglio lungo, il dorso dall'alto in basso, come si fa per il pollo alla diavola. Il taglio deve limitarsi al solo dorso senza intaccare il petto dell'animale. Aprite leggermente il tordo, sventratelo, risciacquatelo e asciugatelo. Poi mettetelo di nuovo sulla tavola col petto in alto e con il palmo della mano schiacciatelo un poco senza tuttavia deformarlo. Condite i tordi con sale e pepe e poi ungeteli di burro liquefatto. Se credete dare alla pietanza un carattere di maggiore finezza, tritate minutamente un grosso tartufo nero e sul petto di ogni tordo seminate una forte pizzicata di questa granella di tartufo. Fatto questo, prendete dei quadratini di rete di maiale, grandi abbastanza da poterci avvoltolare il tordo, e in questa rete rinchiudete l'animale. Passate ancora sui tordi così preparati un pennello bagnato di burro liquefatto, e poi rotolate ogni tordo in mollica di pane grattata, facendola bene aderire con le mani o con una lama di coltello. Disponete i tordi così preparati su una gratella e fateli arrostire su della brace bene accesa per una diecina di minuti, ungendoli di quando in quando.
credete dare alla pietanza un carattere di maggiore finezza, tritate minutamente un grosso tartufo nero e sul petto di ogni tordo seminate una forte
La seguente ricetta vi offre il mezzo di utilizzare nel miglior modo una gallina lessa. Così in una colazione elegante, dopo avere sfruttato la gallina per fare un ottimo brodo, potrete presentarla in ricca veste e far fare a lei... e a voi una simpatica figura. Mentre la gallina cuoce preparate una salsa besciamella con mezzo panino abbondante di burro, una cucchiaiata colma di farina, un bicchiere e mezzo di latte, sale e un nonnulla di noce moscata. Questa salsa deve rimanere piuttosto sciolta. Fatta la salsa, spezzate in pezzi corti 150 grammi di maccheroni grossi (maccheroni così detti ziti) e cuoceteli in acqua salata, tenendoli piuttosto fermi di cottura. Salateli e conditeli con la metà della salsa preparata, e una cucchiaiata di parmigiano. Estraete la gallina dalla pentola, e con garbo senza sciuparla, servendovi di un coltellino molto tagliente, staccatele tutta la carne del petto, facendo un'incisione lungo tutto lo sterno, e due incisioni laterali dall'ala fin quasi all'attaccatura della coscia. Avrete così ottenuto due grandi filetti che metterete da parte. Con un paio di grosse forbici da cucina, tagliate tutto quello che sopravanza delle ossa del petto, ottenendo così dalla gallina una specie di scatola senza coperchio. In questa scatola mettete i maccheroni alla crema, pigiando bene affinchè non rimangano vuoti e rialzandoli in mezzo a cupola, così da simulare il petto mancante della gallina. Lisciate i maccheroni con una lama di coltello, e poi su questi rimettete a posto i due pezzi del petto tenuti in disparte, in modo da dare alla gallina la forma primitiva. Riscaldate la salsa avanzata, aggiungeteci una cucchiaiata di parmigiano e con essa innaffiate abbondantemente il petto e il resto della gallina, che avrete intanto messa in una piccola teglia imburrata o meglio in uno di quei piatti che resistono all'azione del fuoco. Passate la gallina così preparata in forno vivace, e quando, dopo pochi minuti, la salsa si sarà leggermente gratinata, fatela portare in tavola.
rimettete a posto i due pezzi del petto tenuti in disparte, in modo da dare alla gallina la forma primitiva. Riscaldate la salsa avanzata, aggiungeteci
Prendete una gallina tenera e bene in carne — o un bel pollo — e dopo averla, ben nettata, mettetela in una casseruola, copritela di brodo, aggiungete qualche aroma, un po' di sale se è necessario, e lasciate cuocere adagio fino a cottura completa, per la quale si richiederà circa un'ora. Estraete la gallina e lasciatela raffreddare. Dividetela allora in pezzi regolari, e cioè le cosce suddivise ancora in due pezzi, le due ali, alle quali lascerete aderenti i filetti del petto, il pezzo centrale del petto, nonchè la cassa, ben pareggiata col coltello e tagliata in due pezzi. Immergete ogni pezzo in una salsa, chaudfroid, fredda ma non rappresa, e disponete man mano i pezzi su una teglia, senza che abbiano a toccarsi. Decorateli, se credete, con qualche fettina di tartufo nero e innaffiateli con della gelatina di carne appena liquefatta che farete cadere sui pezzi di gallina per mezzo di un cucchiaio. Portate la teglia in luogo fresco o mettetela un momento sul ghiaccio, affinchè la salsa e la gelatina possano rapprendersi e quest'ultima possa dare il lucido ai vari pezzi di gallina. Prendete ora una piccola stampa da bordura di una ventina di centimetri di diametro, riempitela di gelatina fusa e mettetela a gelare. Giunta l'ora del pranzo sformate la bordura di gelatina su un piatto rotondo preferibilmente d'argento, e nella bordura disponete con garbo i pezzi di gallina sovrapponendoli in piramide. Finite con una asticciola d'argento e fate servire.
'ultima possa dare il lucido ai vari pezzi di gallina. Prendete ora una piccola stampa da bordura di una ventina di centimetri di diametro, riempitela di
Dopo aver lessato e rinfrescato quattro cervelli di abbacchio, divideteli in due pezzi nel verso della lunghezza. Preparate intanto una salsa besciamella piuttosto liquida con un pezzo di burro come una grossa noce, un cucchiaio scarso di farina, un bicchiere di latte, un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata. Messo il latte, fate dare soltanto qualche bollo alla salsa e mettetela in disparte. Prendete un tegame di porcellana resistente al fuoco, metteteci la quinta parte di un panino di burro da un ettogrammo e quando il burro sarà sciolto mettete giù gli otto pezzi di cervello. Fateli cuocere con attenzione voltandoli senza romperli, con sale e un pizzico di pepe e dopo pochi minuti versate nel tegame la salsa preparata. Tirate il tegame sull'angolo del fornello e fate sobollire per un paio di minuti. Poi mettete il tegame in un piatto con salvietta, spremeteci su un po' di sugo di limone e mandatelo in tavola. Non avendo il tegame di porcellana potrete cuocere i cervelli in un recipiente qualsiasi e poi travasarli nel piatto di servizio. Ma è preferibile servirsi del tegame per impedire che, nel travasarli, i cervelli abbiano a sfarsi.
nonnulla di noce moscata. Messo il latte, fate dare soltanto qualche bollo alla salsa e mettetela in disparte. Prendete un tegame di porcellana resistente
Per sei persone provvedetevi di mezzo chilogrammo di cuore di bue, che farete tagliare in fettine piccole e piuttosto sottili. Mettete a rinvenire nell'acqua fredda un paio di pugni di funghi secchi. Nettateli bene, scolateli e metteteli a cuocere in una padellina con un pochino d olio. Conditeli con sale e pepe e poi aggiungeteci un paio di cucchiaiate di salsa di pomodoro, mezzo bicchiere d'acqua e lasciateli cuocere coperti su fuoco moderato. Quando i funghi saranno cotti metteteli da parte. Pochi minuti prima dell'ora di pranzo, mettete in una padella piuttosto grande un po' di strutto o d'olio e quando il grasso sarà caldo, mettete giù il cuore tagliato in fettine. Conditelo con sale e pepe e portate la cottura con fuoco piuttosto vivace, perchè il cuore non debba indurirsi: quattro o cinque minuti saranno sufficienti. Rovesciate allora nella padella grande i funghi con la salsa, e se questa fosse troppo densa, diluitela con qualche cucchiaiata d'acqua; fate dare ancora un bollo e versate nel piatto di servizio. A rendere questa pietanza più elegante potrete circondarla di crostini di pane fritti.
se questa fosse troppo densa, diluitela con qualche cucchiaiata d'acqua; fate dare ancora un bollo e versate nel piatto di servizio. A rendere questa
Si può usare la coratella di abbacchio o di capretto, o di agnello. Questa ultima si differenzia dalle altre per avere il mazzo delle budelline da latte. Tagliate separatamente in piccoli pezzi il polmone, il cuore, il fegato e le budelline. Mondate e tagliate a spicchi quattro o cinque carciofi e metteteli a cuocere in una padella con una cucchiaiata di strutto. Se vedete che i carciofi si coloriscono troppo bagnateli di quando in quando con una cucchiaiata d'acqua. Quando i carciofi saranno cotti prendete una padella grande, metteteci una buona cucchiaiata di strutto e mettetela sul fuoco col polmone e le budelline da latte, dato che la coratella sia di agnello. Fate cuocere per qualche minuto e quando il polmone si sarà arrosolato e manderà quel sibilo caratteristico, aggiungete il cuore. Fate cuocere ancora e allorchè tutto avrà preso una bella tinta scura versate nella padella i carciofi e il fegato. Ravvivate il fuoco; condite con sale e pepe mescolando continuamente con un cucchiaio di legno e quando anche il fegato sarà cotto — il che avviene in pochi minuti — versate nella padella mezzo bicchiere di marsala. Fate dare un altro bollo e mandate immediatamente in tavola la coratella, che dev'essere mangiata caldissima. Se non volete adoperare il marsala potrete spremere sulla coratella, prima di versarla nel piatto, il sugo di un limone.
— il che avviene in pochi minuti — versate nella padella mezzo bicchiere di marsala. Fate dare un altro bollo e mandate immediatamente in tavola la
Non occorre dire che i pistacchi vanno lasciati interi. Tartufi e pistacchi, oltre che a dare più sapore alla galantina, contribuiscono ad aumentare quella varietà di mosaico che forma uno dei pregi di questa preparazione.
Non occorre dire che i pistacchi vanno lasciati interi. Tartufi e pistacchi, oltre che a dare più sapore alla galantina, contribuiscono ad aumentare
Ottima è anche la maionese di aragosta, nel quale caso converrà lessare i crostacei per una ventina di minuti, poi aprirli, estrarne la polpa, tagliarla in fette e condirla con olio, sugo di limone, sale e pepe. Per sei persone occorreranno circa 500 grammi di pesce crudo; ma non si possono dare in proposito che delle norme approssimative potendo la quantità del pesce variare col variare della qualità adoperata. È chiaro che di un pezzo di pesce netto, potrà essere sufficiente una quantità minore di quella che sarebbe necessaria se il pesce avesse una grossa testa o molte spine, ecc. Preparata l'insalata e preparato il pesce, fate una salsa maionese, adoperando un paio di rossi d'uovo, o meglio due rossi crudi e un rosso d'uovo sodo passato a setaccio. Finita la salsa ne metterete un paio di buone cucchiaiate nell'insalata di legumi, e mischierete il tutto. Guardate che l'insalata sia ben condita, senza tuttavia che i legumi nuotino nell'olio e nell'aceto. Prendete poi il piatto scelto per la maionese, mettetevi nel fondo uno strato di legumi; su questo disponete il pesce, facendone anche uno strato regolare, e finite col rimanente dei legumi, ai quali con un cucchiaio di legno cercherete di dare forma arrotondata. Su questa piccola cupola versate il rimanente della salsa, e, servendovi di una lama di coltello, fate che si distenda regolarmente su tutto. Se la salsa è ben riuscita dovrà rimanere aderente senza sgocciolare sull'orlo del piatto. In quanto alla decorazione accontentatevi di cose semplici. Adattando il famoso detto del marchese Colombi potrebbe dirsi che le decorazioni si fanno o non si fanno; ed è molto meglio una cosa senza pretese che una decorazione goffa o troppo... futurista. Del resto con qualche spicchio d'uovo sodo messo in giro sul piatto, qualche filetto di acciuga, qualche cuore di lattuga e qualche pezzetto di barbabietola, cetriolini, olive e capperi si può fare una decorazione sufficientemente simpatica nella sua semplicità.
, tagliarla in fette e condirla con olio, sugo di limone, sale e pepe. Per sei persone occorreranno circa 500 grammi di pesce crudo; ma non si possono dare in
Si mondano i carciofi e si tagliano per lungo, in fette piuttosto fine, che s'infarinano, si dorano e si friggono nell'olio o nello strutto. Si unge poi di burro una teglietta o un piatto di porcellana che vada al fuoco, si fa uno strato di carciofi, su questo si mette una buona cucchiaiata di sugo d'umido, o di sugo così detto finto, un po' di parmigiano, qualche fettina di provatura e qualche foglia tagliuzzata di basilico fresco. Si fa poi un altro strato di carciofi con sugo, provatura, ecc., e via via fino alla fine, procurando di dare al tortino una forma leggermente arrotondata in alto. Quando avrete terminato tutti i carciofi, versate sulla cupola il sugo che vi è rimasto, spolverizzate di parmigiano e mettete qua e là dei pezzetti di burro. Passate la teglia a forno brillante per una diecina di minuti e mangiate il tortino caldo e filante.
altro strato di carciofi con sugo, provatura, ecc., e via via fino alla fine, procurando di dare al tortino una forma leggermente arrotondata in alto
Dovrete scegliere dei funghi porcini possibilmente uguali; di media grandezza e ben sodi. Staccate i gambi, mondate bene le cappelle e con la punta di un coltellino allargate un poco l'incavo dove era attaccato il gambo. Risciacquate le cappelle così preparate ed asciugatele in una salvietta. Scegliete qualcuno dei gambi migliori, mondateli e tritateli grossolanamente. Mettete sul fuoco una casseruolina con un po' di burro e un po' di cipolla tritata e fate imbiondire la cipolla su fuoco moderato. Aggiungete allora i funghi triti, condite con sale, pepe e prezzemolo e fate cuocere bene, bagnando, se occorrerà, con qualche cucchiaiata d'acqua. Quando i funghi saranno cotti e l'intingolo bene asciutto mischiateci un paio di cucchiaiate, o più secondo la quantità dei funghi, di salsa besciamella piuttosto densa. Ungete abbondantemente di burro una teglia, riempite con il composto preparato le cappelle di funghi, che allineerete man mano in un solo strato nella teglia. Riempiendo le cappelle procurate di dare al ripieno una forma leggermente bombata, pareggiandolo con una lama di coltello. Quando le avrete tutte preparate seminate su ognuna della mollica di pane grattata, disponeteci sopra dei pezzettini di burro e infornatele a forno di giusto calore. Dopo pochi minuti, quando i funghi saranno cotti e il pane avrà formato una leggera crosticina dorata estraete la teglia dal forno e accomodate i funghi nel piatto, sgocciolandoci sopra, se credete, un altro pochino di burro, fritto a color d'oro.
le cappelle di funghi, che allineerete man mano in un solo strato nella teglia. Riempiendo le cappelle procurate di dare al ripieno una forma
Per sei persone spuntate 500 grammi di fagiolini e lessateli, procurando che riescano ben verdi. La cottura va portata con fuoco vivo e i fagiolini appena cotti vanno versati in una scola-maccheroni e rinfrescati con acqua fredda. Fate insaporire questi fagiolini in una padella o in un tegame con un po' di burro o di strutto, e intanto preparate una salsa besciamella piuttosto liquida, ottenuta con una ventina di grammi di burro, mezzo cucchiaio di farina e un bicchiere abbondante di latte. Condite la salsa con sale, pepe e noce moscata e quando sarà leggermente addensata versatela sui fagiolini; mescolate, fate dare ancora un bollo e poi accomodate i fagiolini in una legumiera e fateli portare in tavola.
fagiolini; mescolate, fate dare ancora un bollo e poi accomodate i fagiolini in una legumiera e fateli portare in tavola.
Preparate una ventina di polpettine di carne, grosse come nocciole, e friggetele nell'olio o nello strutto; preparate un poco di fegatini di pollo scottati nel burro; mettete infine a rinvenire nell'acqua un buon pugno di funghi secchi, nettateli accuratamente e cuoceteli con un pezzetto di burro, sale e qualche cucchiaiata d'acqua o di brodo. Preparate anche, in una casseruolina, una salsa besciamella piuttosto liquida, con la terza parte di un panino di burro, un cucchiaio di farina e un bicchiere abbondante di latte, e finite la salsa con un pizzico di sale e una cucchiaiata di parmigiano grattato. Versate nella salsa le polpettine, i funghi e i fegatini, e tenete in disparte. Mettete a cuocere in abbondante acqua salata mezzo chilogrammo di fagiolini di buona qualità, scolateli e passateli un poco in una padella con mezzo panino di burro affinchè possano insaporirsi. Versatene allora un poco più della metà in una teglia a bordi bassi o in un tegame di porcellana resistente al fuoco, distribuite nel mezzo il ripieno con la salsa, e coprite con i fagiolini rimasti, procurando di dare al timballo la forma arrotondata di una cupola. Seminate sulla cupola un po' di pane grattato, mettete ancora qua e là qualche pezzettino di burro, e date al timballo una diecina di minuti di forno vivace. Questa dose è sufficiente per quattro persone.
, e coprite con i fagiolini rimasti, procurando di dare al timballo la forma arrotondata di una cupola. Seminate sulla cupola un po' di pane grattato
Fatto questo s'incomincia ad eseguire il lavoro così detto dei giri. L'operazione è molto semplice. Si stende col rullo la pasta in una striscia rettangolare, allungandola davanti a sè, in modo che risulti circa 10 centimetri per 20 (fig. 2a) procurando di stenderla ad uguale spessore di circa un centimetro. Si dispone allora la striscia davanti a sè per largo, invece che per lungo come era prima (fig. 3a) e si porta il lato A B a due terzi della lunghezza della striscia, cioè su E F, e il lato G H su C D. Avrete così ottenuto una specie di libro a tre fogli, come chiaramente risulta dalla figura 4a. Questa operazione si dice dare un giro alla pasta. Ristendete allora davanti a voi la pasta in rettangolo come la prima volta, riportatela orizzontale e ripiegatela ancora in tre. Avrete dato due giri alla pasta. Dopo questi primi due giri lasciatela riposare [immagine e didascalia: Fig.1] [immagine e didascalia: Fig.2]
figura 4a. Questa operazione si dice dare un giro alla pasta. Ristendete allora davanti a voi la pasta in rettangolo come la prima volta, riportatela
Il Plum-cake (gateau di uva) è un famoso dolce inglese, diffusosi da per tutto, e ricercato in special modo nei five o' clock eleganti. Infatti non c'è forse un genere di pasticceria che sia più gradito, offerto insieme ad una buona tazza di tè. La sua preparazione è facilissima. Il Plum-cake consta dei seguenti elementi, adoperati generalmente in parti uguali: burro, zucchero, farina, uvette secche, canditi, ed un certo numero di uova. Di questo dolce esistono una infinità di formule, le quali non differiscono che in particolari insignificanti. Ma qualunque sia la formula adottata, il procedimento resta sempre il medesimo. Siccome il Plum-cake è un dolce piuttosto compatto, alcuni autori consigliano l'aggiunta di chiare in neve, altri di un pizzico di carbonato d'ammoniaca, che è un sale largamente usato in pasticceria per dare leggerezza ad alcuni generi di paste, altri, infine, vorrebbero si unisse al composto un pochino di lievito di birra sciolto in un dito d'acqua. Ripetiamo: sono piccole differenze insignificanti, che non mutano sostanzialmente il risultato finale. Offriremo dunque alle nostre lettrici non una, ma più formule, dovute ai migliori artisti del genere; e le nostre lettrici potranno sceglierne una, o provarle tutte, una alla volta. Una ottima formula è la seguente:
un pizzico di carbonato d'ammoniaca, che è un sale largamente usato in pasticceria per dare leggerezza ad alcuni generi di paste, altri, infine
Per dare a questo dolce la sua caratteristica forma bisognerebbe cuocerlo in una stampa rettangolare della capacità di circa un litro e mezzo, ma non è detto che non si possa fare in una teglia della stessa capacità. La stampa va imburrata senza essere infarinata e il cake deve cuocere a forno moderato per circa tre quarti d'ora.
Per dare a questo dolce la sua caratteristica forma bisognerebbe cuocerlo in una stampa rettangolare della capacità di circa un litro e mezzo, ma non
Sono queste le famose ciambelle campagnole, specialità di molti paesi del Lazio. La confezione è semplicissima e noi crediamo che facendole un po' più piccole dell'ordinario se ne potranno ricavare dei dolcetti economici che di quando in quando, e tanto per variare, potranno essere bene accetti. Mettete sulla tavola di marmo o sulla spianatoia 150 grammi di farina (da cinque a sei cucchiaiate), fate la fontana e nel mezzo ponete una tazzina da caffè di olio, una di zucchero e una di vino leggero, bianco o rosso fa lo stesso. Impastate il tutto in modo da avere una pasta nè troppo dura nè troppo molle, fate una palla della pasta e lasciatela riposare qualche minuto. Dose esattissime per la farina non se ne possono dare, poichè qualche qualità di farina può assorbire di più e qualche altra di meno. Dividete la pasta in tre o quattro pezzi. Prendete un pezzo alla volta e allungatelo sulla tavola leggermente infarinata fino a farne un cannello della grossezza di un dito mignolo. Ritagliate il cannello ottenuto in pezzi della lunghezza di circa una diecina di centimetri e di ognuno fate una ciambellina, che metterete in una teglia unta con un po' d'olio, o di strutto, o di burro. Continuate così fino a che avrete pasta ed otterrete — più o meno — una ventina di ciambelline. Mettetele in forno e fatele cuocere per circa un quarto d'ora.
troppo molle, fate una palla della pasta e lasciatela riposare qualche minuto. Dose esattissime per la farina non se ne possono dare, poichè qualche
Da un pane a cassetta raffermo, si tagliano delle fette di pane dello spessore di un centimetro, alle quali si potrà dare una forma quadrata o rettangolare, a piacere. Si mettono queste fette allineate in un piatto grande e si spruzzano di latte freddo nel quale si sarà sciolto un cucchiaino di zucchero e si sarà raschiata un po' di buccia di limone. Per sei persone potrete calcolare una dozzina di fette di pane, e mezzo bicchiere di latte. Sbattete uno o più uova — a seconda del numero delle fette di pane — come se doveste fare una frittata, e poi gettatele sul pane. Lasciate star così circa un'ora affinchè il pane possa ben impregnarsi d'uovo; poi prendete una fetta di pane alla volta, e badando di non romperle, friggetele nello strutto ben caldo finchè abbiano preso un bel color d'oro da ambo le parti. Queste «croûtes dorées», che possono anche mangiarsi così, spolverizzate da zucchero vainigliato, servono inoltre come base a diversi dolci composti. Infatti voi potrete disporre le fette di pane fritte in corona in un patto e ricoprirle, sia con marmellata calda, sia con zabaione, sia con una composta calda di frutta. La fantasia di chi cucina potrà sbizzarrirsi in più modi, tenendo anche calcolo delle risorse della dispensa. Per la marmellata calda non occorre che prenderne un paio di cucchiaiate, diluirla con un pochino d'acqua e versarla sulle fette di pane.
Da un pane a cassetta raffermo, si tagliano delle fette di pane dello spessore di un centimetro, alle quali si potrà dare una forma quadrata o
Condizione essenziale per questo gelato è quello di avere dei meloni ben maturi. Aprite il melone, toglietene i semi e le buccie e tagliate la polpa in dadi che passerete, forzando con un cucchiaio di legno, dal setaccio. Supponendo di voler fare un gelato per sei persone, misurate un bicchiere e mezzo di polpa, un bicchiere e mezzo di sciroppo di zucchero e il sugo di un limone, oppure il sugo di un arancio e quello di mezzo limone. Questa aggiunta è necessaria per dare una maggiore sapidità al gelato, che, in caso contrario, rimarrebbe un po' insipido. Per lo sciroppo farete così. Mettete in una casseruolina un bicchiere d'acqua con 250 grammi di zucchero. Portate all'ebollizione schiumate, passate a traverso un velo o un setaccino e lasciate freddare. Se il volume ottenuto non fosse uguale a quello della polpa di melone, aggiungete un pochino d'acqua. Quando lo sciroppo sarà freddo mescolatelo con la polpa di melone preparata e versate ogni cosa nella macchinetta da gelato.
aggiunta è necessaria per dare una maggiore sapidità al gelato, che, in caso contrario, rimarrebbe un po' insipido. Per lo sciroppo farete così. Mettete
Per mettere sotto spirito dell'uva converrà scegliere quelle qualità a chicchi grossi e carnosi. Ottimo è anche il «pizzutello romanesco», che si presta assai bene a questo scopo. Anche per il pizzutello converrà scegliere dei grappoli a chicchi grossi. Scegliete i chicchi migliori, staccandoli a uno a uno dal grappolo, senza però toglier loro il piccolo gambo. Provvedetevi di un vaso di vetro con tappo smerigliato, vaso di tale capacità che possa contenere tutta l'uva e accomodatela in esso. Mettete in un recipiente di vetro o di porcellana una stecca di cannella lunga quattro o cinque centimetri, 150 grammi di zucchero, una diecina di chiodini di garofani, tre o quattro grammi di macis e un pizzico di coriandoli. Su queste droghe versate un litro di spirito e agitate fino a che lo zucchero sia disciolto. Per dare maggior profumo alla preparazione potrete anche aggiungere un nonnulla di vainiglina. Versate nel vaso dell'uva questo spirito aromatizzato, senza toglier via le droghe; chiudete il vaso con il suo coperchio, su questo legate un pezzo di carta pergamena e lasciate l'uva in riposo per almeno due mesi prima di consumarla.
un litro di spirito e agitate fino a che lo zucchero sia disciolto. Per dare maggior profumo alla preparazione potrete anche aggiungere un nonnulla
Il procedimento è un pochino lungo, ma il tempo che impiegherete di più nella confezione, lo risparmierete durante l'inverno, perchè non vi resterà che aprire la bottiglia, versare i pezzi di pomodoro in padella con un po' di strutto e grasso di prosciutto, fare dare un bollo e condire i maccheroni. Prendete dei pomodori carnosi e saporiti, spellateli senza rovinarli, tagliateli in quattro pezzi, togliete via i semi, e introducete man mano questi pezzi in bottiglie da Champagne, bene risciacquate. Empite la bottiglia fino al collo, poi tappatela con la macchinetta, assicurando il turacciolo con una solida legatura in croce, intorno al collo della bottiglia. Avvolgete le bottiglie con strofinacci, o giornali, o paglia, e collocate in un piccolo caldaio in modo che non si tocchino l'un l'altra. Riempite il caldaio con acqua fresca avvertendo che l'acqua giunga fino al collo delle bottiglie, e portatela pian piano all'ebollizione, che manterrete regolare per un'ora. Dopo di che spegnerete il fuoco la sciando che le bottiglie si freddino nel loro bagno. Quando saranno fredde, estraetele dal caldaio, asciugatele, incatramatele e serbatele in dispensa.
che aprire la bottiglia, versare i pezzi di pomodoro in padella con un po' di strutto e grasso di prosciutto, fare dare un bollo e condire i maccheroni
Si prepara generalmente in Comacchio, dove sono vasti edifici con parecchie centinaia di lavoranti, maschi e femmine. Può calcolarsi che se ne preparino circa 10.000 quintali annui, ripartiti in quasi 25.000 barili. La preparazione è semplicissima. Ogni fabbrica ha una vasta cucina con delle specie di camini bassi (focaie), dove arde un fuoco di legna e dove gli spiedi con le anguille in pezzi vengono appoggiati a delle alte spidiere. Arrostito il pesce e freddato si passa alle imbarilatrici che lo stivano nelle botti e lo conciano di aceto. L'operazione dunque è semplicissima e può essere eseguita con certezza di riuscita anche in famiglia. Per nostra esperienza personale possiamo assicurare che la preparazione riesce anche benissimo servendosi del forno anzichè dello spiede. Prendete dunque una anguilla di circa un chilogrammo, lavatela accuratamente, e dividetela in cinque o sei pezzi, gettando via naturalmente la testa e la coda. Sventratela e asciugatela accomodando poi i vari pezzi in una teglia con un nonnulla d'olio e qualche foglia di alloro, sale e pepe. Fatela cuocere nel forno per circa un'ora, estraete i vari pezzi, lasciateli sgocciolare e poi aggiustateli in una terrinetta dove possano stare raccolti senza lasciare troppo spazio. Mettete a bollire un paio di bicchieri di aceto con un pizzico di sale, qualche granello di pepe, un paio di spicchi d'aglio mondati, due o tre foglie di alloro, un rametto di rosmarino e tre o quattro chiodi di garofani. Fate dare un bollo all'aceto e poi versatelo così caldo sull'anguilla. Coprite la terrinetta, e di quando in quando rivoltate i pezzi affinchè possano imbeverarsi di aceto. Preparate questa anguilla marinata tre o quattro giorni prima per averla ben saporita. Si conserva per moltissimo tempo.
granello di pepe, un paio di spicchi d'aglio mondati, due o tre foglie di alloro, un rametto di rosmarino e tre o quattro chiodi di garofani. Fate dare un