La pastella — «la pàté à frire» della cucina francese — è generalmente conosciuta da tutti, ma non tutti sanno darle quel carattere di leggerezza che deve essere la caratteristica di una pastella ben fatta. A seconda della quantità di pastella che dovete fare, mettete in una scodella o in una terrinetta qualche cucchiaiata di farina e stemperatela, per mezzo di una piccola frusta o di una forchetta, con acqua fredda sufficiente, così da ottenere un composto liscio e non molto denso. Stemperando la farina con l'acqua fate attenzione di mescolare il puro necessario, senza indugiarvi troppo a lavorare la pastella, la quale riuscirebbe in tal caso elastica e non servirebbe che imperfettamente allo scopo di velare ciò che vi s'immerge prima di friggere. Aggiungete ancora un pizzico di sale, una cucchiaiata o due di olio, e, al momento di friggere, una chiara montata in neve. Mescolate delicatamente per non sciupare la chiara e servitevene. Dosi esattissime non se ne possono dare perchè alcune qualità di farina assorbono più acqua e altre meno. Generalmente per quattro cucchiaiate colme di farina occorrono circa un bicchiere d'acqua, due cucchiaiate di olio e un paio di chiare montate. È bene preparare la pastella qualche tempo prima, coprirla e lasciarla riposare, per poi ultimarla con le chiare.
La pastella — «la pàté à frire» della cucina francese — è generalmente conosciuta da tutti, ma non tutti sanno darle quel carattere di leggerezza che
Le chenelle da zuppa si ottengono generalmente con una operazione semplicissima. Preparata ad esempio una farcia di pollo come quella già descritta, prelevatene una piccola quantità con un cucchiaino da caffè che terrete nella mano sinistra. Per mezzo di una lama di coltello lisciate la farcia in modo da darle forma bombata, come un piccolo uovo, ed immergete il cucchiaino nell'acqua bollente che avrete preparato in un recipiente più largo che alto. Immergete nell'acqua anche un secondo cucchiaino e insinuando questo tra la farcia e il cucchiaino tenuto nella mano sinistra, staccate dolcemente la chenella, la quale scenderà per un momento in fondo, per risalire tosto alla superficie. Continuate così a formare le vostre chenelle e dopo pochi minuti, quando si saranno ben rassodate, estraetele con una cucchiaia bucata, lasciatele sgocciolare e distribuitele nelle scodelle del consommé, impiegandone ad esempio quattro o cinque per scodella. È necessario che l'acqua del recipiente non abbia al momento della formazione delle chenelle, un bollore dichiarato. Sarà quindi opportuno eseguire l'operazione dopo aver ritirato il recipiente sull'angolo del fornello, in modo che l'acqua sia a qualche grado sotto a quello dell'ebollizione.
modo da darle forma bombata, come un piccolo uovo, ed immergete il cucchiaino nell'acqua bollente che avrete preparato in un recipiente più largo che
Preparate un buon brodo ristretto, e al momento del pranzo mandatelo in tavola nella zuppiera, facendo servire a parte, in un piatto, dei quadratini della composizione che vi descriveremo più sotto, e di cui ogni commensale prenderà un certo numero a piacere, che metterà nella scodella col brodo. Ed ecco ora il modo di fare la composizione al parmigiano, sufficiente a sei persone e più. Sbattete in una terrinetta tre rossi d'uovo, conditeli con un po' di noce moscata e una presina di sale, ed aggiungete tre chiare montate in neve, due cucchiaiate colme di farina e tre cucchiaiate di parmigiano. Mescolate leggermente per non sciupare le chiare, e stendete il composto su un grande foglio di carta bianca resistente, precedentemente imburrata. Stendete con garbo — servendovi di una lama di coltello — la composizione sulla carta in modo da darle lo spessore di un paio di centimetri, e cuocete al forno di calore moderato. Otterrete una specie di torta leggera che lascerete raffreddare, e poi staccherete delicatamente dalla carta e ritaglierete in quadratini di circa due centimetri di lato.
. Stendete con garbo — servendovi di una lama di coltello — la composizione sulla carta in modo da darle lo spessore di un paio di centimetri, e
Per una ventina di mousselines prendete 600 grammi di prosciutto, tagliatelo in pezzi e pestatelo nel mortaio, aggiungendo pian piano in piccole quantità due chiare d'uovo. Ottenuta una pasta molto fine, passatela dal setaccio e raccogliete la purè in una casseruolina che metterete sul ghiaccio per un paio d'ore. Trascorso questo tempo, senza togliere la casseruola dal ghiaccio, incorporate alla purè di prosciutto due bicchieri di crema di latte sciolta. Questa crema va messa poco alla volta e unita con garbo alla purè mescolando continuamente, ma adagio e leggermente, con un cucchiaio di legno. Aggiungete ancora un pizzico di pepe. Quanto al sale regolatevi. Può essere che il prosciutto sia piuttosto salato e non convenga aggiungere altro sale. Il vostro palato sarà, in questo caso, il migliore giudice. Confezionata la farcia — si chiama così il composto ottenuto — lasciatela sul ghiaccio e intanto mettete sul fuoco una teglia o un largo tegame con abbondante acqua. Quando l'acqua bollirà tirate la teglia sull'angolo del fornello, poi servendovi di un cucchiaio da tavola piuttosto piccolo, prendete con la mano sinistra una cucchiaiata di farcia, lisciatela con la lama di un coltello in modo da darle la forma bombata di un uovo, e immergete il cucchiaio nell'acqua bollente. Vedrete che l'uovo di prosciutto si staccherà subito dal cucchiaio. Ritirate questo dall'acqua, asciugatelo e ripetete sollecitamente l'operazione fino a che avrete farcia. Guardate che l'acqua della teglia bolla appena insensibilmente. Lasciate galleggiare queste mousselines per una ventina di minuti, poi tiratele su con una cucchiaia bucata in modo che possano scolar bene, e accomodatele nel piatto. Sgocciolate sulle mousselines un pochino di burro liquefatto e spolverizzatele con un pizzico di parmigiano grattato.
coltello in modo da darle la forma bombata di un uovo, e immergete il cucchiaio nell'acqua bollente. Vedrete che l'uovo di prosciutto si staccherà subito
La trippa alla romana si può fare in due modi: uno, il più costoso, è quello veramente tradizionale, l'altro il più economico, è quello generalmente adottato nelle famiglie, ed è ugualmente buono e raccomandabile In sostanza i due metodi differiscono soltanto in questo: nel primo s'insaporisce la trippa in un buon sugo d'umido di manzo, mentre nel secondo ci si accontenta d'insaporirla in un «sugo così detto «finto». Si scelga il primo o il secondo sistema, l'operazione fondamentale rimane sempre la stessa. Per sei persone si prende un chilogrammo di trippa, si netta bene, si risciacqua abbondantemente, poi si taglia in pezzi piuttosto grandi e si mette a cuocere, in acqua fredda, in una pentola con sale, una mezza cipolla, un po' di sedano e una carota gialla. Si schiuma diligentemente la pentola e si lascia bollire su fuoco moderato fino a cottura, ciò che avverrà in circa cinque ore. Quando la trippa è cotta si taglia in fettuccie larghe circa un dito e s'insaporisce. Se avete del buon sugo d'umido denso non avrete che passare la trippa tagliata in una casseruola per farla sobbollire una mezz'ora nel sugo d'umido. Altrimenti farete così: mettete in una casseruola un po' di cipolla finemente tagliata e un pesto di lardo, prezzemolo e una puntina d'aglio. Aggiungete anche qualche fettina di prosciutto grasso e magro e quando la cipolla sarà imbiondita mettete ancora un paio di cucchiaiate colme di salsa di pomodoro, e un pochino di acqua. Quando il pomodoro sarà cotto e la salsa ristretta mettete giù la trippa tagliata come si disse sopra, lasciatela sobbollire lentissimamente sull'angolo del fornello per una mezz'ora, per darle il tempo d'insaporirsi perfettamente. Verificate se sta bene di sale e mandatela in tavola ben calda, facendo servire insieme del parmigiano grattato, nel quale si saranno poste delle foglioline tagliuzzate di menta romana. L'accompagnamento di parmigiano e menta è obbligatorio, e costituisce una caratteristica di questa famosa pietanza.
, per darle il tempo d'insaporirsi perfettamente. Verificate se sta bene di sale e mandatela in tavola ben calda, facendo servire insieme del parmigiano
Trascorsa l'ora e mezzo di lentissima ebollizione, tirate fuori la galantina, appoggiatela su un piatto grande e lasciatela così, senza svolgerla dal tovagliolo. Dopo un quarto d'ora tagliate le legature e solo allora liberate la galantina dal tovagliolo. Prendete questo tovagliolo — il tovagliolo solo! — gittatelo in una catinella d'acqua fresca, risciacquatelo bene, strizzatelo, e così umido stendetelo sul tavolo, per avvolgervi nuovamente la galantina, che legherete ancora, come la prima volta. Appoggiate sulla galantina una tavoletta di legno o un piatto ovale piuttosto grande e metteteci sopra uno o due ferri da stiro, o qualunque altro peso a vostra scelta. Guardate però che il peso sia debole, poichè in caso contrario la galantina perderebbe nella compressione una parte della sua pastosità e riuscirebbe secca. Lasciatela in riposo per una diecina di ore e poi slegatela, affettatela e accomodatela in un piatto, circondandola di crostoni di gelatina. Se nonostante tutta l'attenzione, nel togliere la galantina dal fuoco trovaste qualche lacerazione nella pelle, non ve ne preoccupate. Col secondo imballaggio nella salvietta bagnata e con la leggera compressione, l'inconveniente sparirà. È sempre meglio preparare la galantina il giorno prima, per darle tempo di rassodarsi bene e anche per poter sgrassare completamente la gelatina.
sparirà. È sempre meglio preparare la galantina il giorno prima, per darle tempo di rassodarsi bene e anche per poter sgrassare completamente la
Stendete allora la rete sul tavolo, versate la farcia nella terrina dove ci sono i dadi di carne, prosciutto, ecc., e con un cucchiaio — o quel che sarebbe meglio con le mani — impastate leggermente il tutto, in modo che i dadi vengano a trovarsi legati fra loro dal composto molle della farcia. Non vi preoccupate del marsala nella terrinetta: esso verrà incorporato nell'impasto e servirà a rendere più profumata la galantina. Fatto questo, prendete con le mani la massa impastata e deponetela sulla rete cercando di darle una forma arrotondata; ricoprite l'impasto di carne con la rete e rinchiudetevelo come voleste incartarlo. Mentre andate involgendo la galantina nella rete, procurate, con le mani, di darle l'aspetto di un coteghino. Ripiegate le due estremità della rete e con un grosso ago cucite intorno intorno, come se si trattasse di un pacco postale. Avvolgete la galantina in una salvietta che torcerete alle due estremità come una grossa caramella, e fermate ogni estremità con una forte legatura. Altre due legature farete nel mezzo della galantina, così che essa rimanga solidamente imballata. Mettetela in una casseruola con acqua, sale, e i soliti odori (cipolla con un chiodo di garofano, carota gialla, sedano, prezzemolo) e quando l'acqua starà per bollire, tirate la casseruola sull'angolo del fornello e badate che la galantina cuccia per un'ora e mezzo, bollendo insensibilmente. Se il liquido bollisse troppo forte la farcia interna, in luogo di stringersi, si disgregherebbe. Trascorso il tempo fissato estraete la galantina dal suo bagno, lasciatela riposare cinque o sei minuti, poi tagliate le legature e svolgetela dalla salvietta. Gettate questa salvietta in una catinella con acqua fredda, risciacquatela un poco, strizzatela, stendetela sul tavolo e in essa involgete di nuovo la galantina, legandola come prima. Appoggiate una tavoletta o un piatto ovale sulla galantina ponendoci sopra un paio di ferri da stiro o qualunque altro peso. Lasciate stare così fino al giorno dopo affinchè la galantina possa ben pressarsi. Il peso non deve essere eccessivo, altrimenti la galantina, troppo compressa, potrebbe riuscire secca. L'indomani togliete le legature, aprite la salvietta e tagliate la galantina in fette servendovi di un coltello bene affilato, il brodo avanzato potrete utilizzarlo, dopo averlo sgrassato accuratamente, per fare delle minestre o dei minestroni, o meglio ancora, potrete servirvene per confezionare della gelatina. S'intende che volendo adoperare il brodo per la gelatina dovrete unirvi della colla di pesce o mettere a bollire con la galantina un paio di piedi di vitello allo scopo di comunicare al brodo quell'elemento colloso necessario per farlo rapprendere.
, prendete con le mani la massa impastata e deponetela sulla rete cercando di darle una forma arrotondata; ricoprite l'impasto di carne con la rete e
Con la pasta brioche potrete, anche eseguire quel dolce notissimo, specialmente usato per il tè: il «pain brioche». Veramente per ottenere un bel «pane» sarebbe necessario raddoppiare le dosi della pasta; ma anche con la dose più modesta, limitando le proporzioni, potrete ottenere un risultato soddisfacente. Dopo che la pasta sarà lievitata, rovesciatela sulla tavola infarinata, battetela con la mano, ripiegatela come si disse, unendo poi alla pasta un paio di cucchiaiate di uvetta sultanina e di scorzetta di arancio e di cedro candite, tagliate in pezzetti. Dividete la pasta in tre pezzi uguali e rotolate ognuno di questi pezzi in modo da formare tre salsicciotti. Foggiate con questi tre pezzi una treccia, regolate le due estremità e aspettate che questa treccia di pasta, lieviti; per la qual cosa occorrerà circa mezz'ora. Dorate con uovo sbattuto la superficie della treccia, cospargetela di filettini di mandorle e pezzetti di candito e cuocetela a forno piuttosto vivace finchè abbia preso un color biondo scuro. Per darle maggior apparenza potrete, pochi minuti prima di estrarla dal forno, inzuccherarla abbondantemente di zucchero al velo il quale, fondendosi, dà al dolce una caratteristica eleganza.
, cospargetela di filettini di mandorle e pezzetti di candito e cuocetela a forno piuttosto vivace finchè abbia preso un color biondo scuro. Per darle maggior
È un'altra omelette dolce. Per sei persone rompete in una terrinetta quattro uova, conditele con una piccola presina di sale, una cucchiaiata di zucchero in polvere e la raschiatura di un limone, e sbattete energicamente. Prendete adesso una padella piuttosto grande, metteteci un pezzo di burro come una grossa noce, e quando la padella sarà ben calda versateci le uova. Quando la frittata sarà appena rassodata tirate indietro la padella e mettete sulla frittata una cucchiaiata di scorzetta di arancio candita e tagliata in filettini, o della frutta sciroppata, come ciliege e visciole intiere, pesche o albicocche in dadini. Rimettete la padella sul fuoco, ripiegate la frittata su sè stessa in modo da darle una forma allungata e, senza farla cuocere troppo, rovesciatela in un piatto lungo di metallo o di porcellana resistente al fuoco, piatto che avrete in antecedenza leggermente imburrato. Lasciate la frittata così, e intanto sbattete in neve ben ferma due chiare d'uovo. Sbattete con una piccola frusta di fil di ferro con movimento cadenzato, fino a che, sollevando con la frusta un poco di chiara montata, questa rimarrà diritta, senza piegare. Togliete via la frusta e mettete su un setaccino tre cucchiaiate colme di zucchero in polvere che farete cadere pian piano a pioggia sulle chiare d'uovo montate, mescolando leggermente con un cucchiaio di legno per non sciupare il composto, che come sapete si chiama meringa. Fatto questo, prendete un po' di marmellata preferibilmente d'albicocca, e stendetene in strato regolare una o due cucchiaiate su tutta l'omelette. Prendete adesso un po' della meringa e ricopritene l'omelette. Quella che vi sarà rimasta la metterete in una tasca di tela con la sua bocchetta di latta o, in mancanza di questa, in un grosso cartoccio, fatto con della carta pesante. Spuntate l'estremità del cartoccio, chiudetelo, e poi, premendo, fate sulla omelette una piccola decorazione a vostro gusto, circondandola, ad esempio, con tante palline di meringa e facendo poi sopra all'omelette una piccola inferriata, o qualsiasi altra decorazione a vostra scelta, regolandovi come se doveste decorare una zuppa inglese. Potrete anche, se credete, fare un altro cartoccio, ma molto piccolo, mettervi un cucchiaio di marmellata, spuntarlo in modo da fargli un'apertura grossa come una capocchia di spillone, e fare qua e là sulla meringa qualche altra piccola decorazione con anellini, perline o dei piccoli zig-zag. Fatto questo, mettete un'altra cucchiaiata di zucchero sul setaccio e fate cadere lo zucchero a pioggia sull'omelette ultimata. Passate il piatto in forno leggerissimo per una diecina di minuti, fino a che la meringa si sia rassodata ed abbia preso una leggerissima tinta d'un oro pallido. Questa omelette può anche mangiarsi fredda, ma è preferibile mangiarla calda, per gustarla in tutto il suo signorile profumo.
, pesche o albicocche in dadini. Rimettete la padella sul fuoco, ripiegate la frittata su sè stessa in modo da darle una forma allungata e, senza farla
Pagliette al formaggio. — Prendete un po' di pasta sfogliata, o dei ritagli già rimpastati, mettete sul tavolo uno strato di formaggio grattato, al quale avrete aggiunto una puntina di coltello di pepe rosso (Pepe di Caienna). Appoggiate la pasta su questo strato di formaggio e stendetela col rullo di legno all'altezza di mezzo centimetro. Sulla pasta stessa cospargete dell'altro formaggio aromatizzato con pepe rosso, e, stropicciando leggermente con le dita, cercate di spargerlo dappertutto. Ripiegate in tre la pasta come se doveste darle un nuovo giro e poi stendetela nuovamente all'altezza di una moneta da due soldi, ricavandone tante striscie della larghezza di un dito e della lunghezza di dieci centimetri. Si passano queste striscie su una teglia leggermente imburrata, si dorano superiormente con uovo sbattuto e si infornano.
leggermente con le dita, cercate di spargerlo dappertutto. Ripiegate in tre la pasta come se doveste darle un nuovo giro e poi stendetela nuovamente all'altezza