Molte di Voi, Signore e Signorine, sanno suonare bene il pianoforte o cantare con grazia squisita, molte altre hanno ambitissimi titoli di studi superiori, conoscono le lingue moderne, sono piacevoli letterate o fini pittrici, ed altre ancora sono esperte nel «tennis» o nel «golf», o guidano con salda mano il volante di una lussuosa automobile. Ma, ahimè, non certo tutte, facendo un piccolo esame di coscienza, potreste affermare di saper cuocere alla perfezione due uova alla «coque». Avete mai pensato che, non ostante le molte virtù di cui siete adorne, vi trovereste in un imbarazzo piuttosto serio, se per un caso fortuito foste costrette ad assumervi l'incarico di preparare la più modesta delle colazioni? Le Signore che ci leggono ne avranno certo fatta la non piacevole esperienza; ed anche Voi, gentili e graziose Signorine, che vi avviate a realizzare il vostro sogno d'amore, avrete, credete a noi, delle non lievi contrarietà se insieme alle doti della mente e del cuore non porterete al vostro compagno anche una perfetta conoscenza dell'arte della cucina. Pensate che non vi può essere una vera felicità là dove viene trascurata una parte così essenziale della nostra vita di tutti i giorni: l'alimentazione. Voi risponderete che è molto facile trovare una cuoca e trarsi rapidamente d'imbarazzo. Ebbene no. Ciò poteva accadere molti anni addietro; ma adesso, credete, questi tempi felici son passati, e le cuoche si fanno sempre più rare. E in ogni caso, anche quando voi per una fortunata combinazione foste riuscite a pescare questa perla rara, vi trovereste necessariamente costrette ad abdicare ad ogni vostra autorità, a rinunziare a qualsiasi controllo e lasciare che una persona mercenaria faccia e disfaccia a suo talento, imponendovi le sue opinioni, il più delle volte interessate o illogiche, spendendo il vostro danaro senza menomamente preoccuparsi di realizzare la più piccola economia. Di più le cuoche hanno i loro piatti di battaglia dai quali non ci si libera, e che, ripetuti alla sazietà, anche se ottimi, finiscono con lo stancare. Generalmente non si può chiedere alle cuoche più di quello che esse possono o vogliono dare. Inutile pensare dunque a preparazioni minuziose e pazienti. Tutto ciò che necessita un lavoro troppo lunga viene escluso e si ha il trionfo della cosidetta cucina volante: qualche frittura, molte frittate, dell'umido, carne al forno o in padella, il solito brodo o la non men solita pasta asciutta invariabilmente condita con burro e formaggio o con un po' di salsa di pomodoro, e l'eterna, malinconica verdura all' agro o in padella. Ed è tutto. Ma è questa la cucina? La cucina, la più gaia delle arti e insieme la più piacevole delle scienze, è qualche cosa di ben diverso; e solo conoscendone profondamente i segreti si può riuscire con semplicità di mezzi a preparare giorno per giorno una serie sempre variata di pietanze, spendendo il puro necessario e arrecando un senso di benessere nella propria famiglia. Con piena coscienza noi vi diciamo: Signore, perfezionate sempre più le vostre cognizioni di cucina; Signorine, imparate a ben cucinare. Un «menu» semplice e ben eseguito è la pace della famiglia, ed è anche la certezza di veder apparire a casa il vostro compagno non appena i suoi affari o il suo impiego lo lasceranno libero. La mensa famigliare, sulla quale a ora fissa faranno la loro gioconda apparizione due o tre pietanzine sapientemente preparate da manine care, sarà per lo sposo una immancabile attrazione.
rinunziare a qualsiasi controllo e lasciare che una persona mercenaria faccia e disfaccia a suo talento, imponendovi le sue opinioni, il più delle volte
Dopo una diecina di minuti aggiungete, sempre un po' alla volta, un dito d'acqua e una pizzicata di sale, e continuate a lavorare il semolino tra le palme, senza mai smettere, fino ad ottenerlo completamente sciolto e leggermente gonfiato. Non devono esserci grumi, ma deve risultare fluido come della rena grossolana. Questa operazione preliminare richiede almeno una mezz'ora, e, se bene eseguita, costituirà uno dei coefficienti per la riuscita della pietanza. Preparato il semolino prendete una grossa pentola. In talune città, dove l'elemento ebraico predomina, si trovano delle speciali pentole per preparare il cuscussù, dette appunto cuscussiere; e diciamo subito la ragione per la quale si richiede uno speciale utensile. Il semolino del cuscussù, infatti, non deve cuocere nell'acqua o nel brodo, ma in una pentola ermeticamente chiusa al di sopra dell'acqua o del brodo in ebollizione in modo che la cottura si faccia solo col vapore. Appunto per questo ci sono delle speciali pentole piuttosto alte, le quali nella parte superiore hanno una specie di colabrodo nel quale si mette il semolino, che poi si ricopre col coperchio della pignatta.
modo che la cottura si faccia solo col vapore. Appunto per questo ci sono delle speciali pentole piuttosto alte, le quali nella parte superiore hanno
Si chiama «Chateaubriand» una bistecca di filetto di bue molto spessa. Si batte leggermente, si bagna con burro fuso e si fa cuocere ai ferri. Come abbiamo già spiegato, la cottura va portata da prima a fuoco vivace, affinchè tutto intorno alla carne si faccia subito una crosticina, che impedirà ai succhi interni di uscire, e poi ultimata a fuoco meno brillante. Uno «chateaubriand» ben fatto deve rimanere leggermente rosa nell'interno. Si conosce il punto esatto di cottura quando, toccando la bistecca col dito, si sente che è piuttosto elastica. Lo «chateaubriand» va, durante la cottura, unto spesso di burro; in caso contrario [immagine] il fuoco tenderebbe a carbonizzare l'esterno, ciò che è assolutamente da evitarsi. Si sala quando la carne è cotta. In genere si serve con sopra un pezzo di burro alla maȋtre d'hôtel, che si fa impastando in un piatto con la lama di un coltello del burro, del prezzemolo trito e un po' di sugo di limone. Il calore della carne arrostita basta per fondere il burro, il quale viene a formare una gustosa salsetta.
abbiamo già spiegato, la cottura va portata da prima a fuoco vivace, affinchè tutto intorno alla carne si faccia subito una crosticina, che impedirà ai
Queste costolettine, le quali sono sempre assai gradite in una colazione o in un pranzo, godono presso talune mammine una ingiustificata nomea di difficoltà. Niente di più esagerato! Seguendo le nostre semplicissime istruzioni, ognuna delle lettrici riuscirà a preparare in modo impeccabile queste appetitose costolette. Per sei persone occorrono sei costolette doppie di abbacchio, cioè comprendenti due costole, oppure dodici costolette semplici. Il negoziante stesso è quello che generalmente prepara le costolette, quindi fatele tagliare da lui. L'operazione è del resto molto semplice. Si tratta di dividere col coltello le costole, una per una, o due per due, a seconda si desiderano delle cotolette semplici o doppie, di fare col coltello un piccolo intacco nella parte superiore della costola e tirare giù la pelle per mettere a nudo l'ossicino, avvolgendo poi questa pelle intorno all'altra estremità carnosa, quella che costituisce la costoletta. Una energica spianata con lo spianacarne e la costoletta è pronta. Ma, ripetiamo, chi trovasse l'operazione troppo difficile, la faccia fare direttamente dal negoziante. Mettete un pezzo di burro o una cucchiaiata di strutto in una teglia; ponetela sul fuoco e in essa cuocete le costolette. Regolatevi che il fuoco non sia troppo forte. Condite con sale e pepe, e quando saranno cotte spruzzateci sopra un bicchierino di marsala. Quest'addizione è facoltativa, ma noi la consigliamo perchè comunica un più gradevole sapore alla pietanza. Quando il marsala si sarà asciugato, estraete le costolette, e mettetele sul marmo di cucina — che avrete ben pulito in antecedenza — tutte coll'osso nel centro, in modo che formino una rosa. Copritele con un coperchio, e su questo mettete un paio di ferri da stiro o qualunque altro peso a vostro piacere. Mentre le costolette si freddano sotto peso, preparate una salsa besciamella. Fate liquefare in una casseruolina la metà di un panino di burro da un ettogrammo e mettete poi nel burro liquefatto due cucchiaiate colme di farina. Mescolate, badando di non far prendere colore alla farina, e dopo un paio di minuti versate nella casseruolina un bicchiere e mezzo di latte. Condite con sale, pepe e un nonnulla di noce moscata, e mescolate sempre, finchè avrete una salsa spessa, vellutata e senza grumi. Toglietela allora dal fuoco e amalgamateci prestamente un torlo d'uovo e una cucchiaiata di parmigiano grattato. Le costolette, freddandosi sotto il peso, saranno rimaste ben spianate. Prendetele una alla volta tenendole per l'ossicino e immergetele nella salsa calda in modo che si rivestano da ambo le parti di uno strato di crema. Tornate ad appoggiare man mano le costolette sul marmo e lasciatele freddare così. Dopo un'oretta, e quando sarà il momento di andare in tavola, con una lama di coltello staccate le costolette col loro involucro di salsa rappresa, passatele nella farina, nell'uovo sbattuto, e quindi nel pane grattato. Con la lama stessa del coltello procurate di dar loro una bella forma, e, delicatamente, immergetele in una padella con abbondante strutto od olio. La padella dovrà essere molto calda, poichè essendo le costolette già cotte, non si tratta che di riscaldarle, e di fissare colla panatura la salsa intorno ad esse. Se la padella fosse troppo fredda, la panatura scoppierebbe e la salsa andrebbe a passeggio per la padella. La salsa besciamella dovrà essere di giusta consistenza, non troppo liquida ma nemmeno troppo elastica, perchè in questo caso non si attaccherebbe sulla costoletta. Deve avere la densità di una crema ben rappresa. Se vorrete fare una Villeroy ancor più fine, potrete unire nella salsa dei dadini piccolissimi di prosciutto o di lingua, od anche di tartufa neri.
trovasse l'operazione troppo difficile, la faccia fare direttamente dal negoziante. Mettete un pezzo di burro o una cucchiaiata di strutto in una teglia
La cucina folignate, che vanta questa specialità e la esegue con solennità di rito, non ammette in via assoluta che vengano tolti gl'intestini ai colombi, limitandosi alla pura e semplice asportazione del gozzo. Ora, siccome de gustibus... con quel che segue, se ci fosse qualcuno che non trovasse di suo gradimento questa conservazione, ne faccia a meno e asporti anche gl'intestini. Certo però che il colombo cucinato così com'è, ha, a giudizio dei buongustai, uno speciale bouquet, che si ricercherebbe invano nel colombo sventrato. Vediamo ora i vari particolari della preparazione, che va eseguita con cura. La dose è per un colombo, e questa dose va naturalmente aumentata secondo il numero degli animali da cucinare. Si pone il colombo in una pentola di terraglia, e vi si aggiungono: una cipolla di media grandezza, un chiodo di garofano, mezzo cucchiaio di conserva di pomodoro densa, mezzo limone (al quale va tolto un pochino di sugo) ritagliato in spicchietti, un po' di prosciutto tagliuzzato, due cucchiai di olio e due di aceto, sale, pepe e una presina di cannella. Sull'imboccatura della pentola si applica un foglio di carta paglia — quella usata comunemente per avvolgere generi alimentari — e si lega bene intorno con un po' di spago. La cottura deve essere lentissima su pochissimo fuoco, che potrà ricoprirsi con un po' di cenere, se il bollore fosse troppo forte. Dopo circa un'ora o poco più si esamineranno i palombacci, i quali saranno cotti giusti quando le cosce e le ali avranno tendenza a distaccarsi leggermente.
di suo gradimento questa conservazione, ne faccia a meno e asporti anche gl'intestini. Certo però che il colombo cucinato così com'è, ha, a giudizio
Da una pane a cassetta tagliate delle fette alte circa un centimetro che suddividerete in tanti quadrati regolari di tre dita di lato, grandi cioè come la metà di una carta da giuoco. Con la punta di un coltellino tracciate, a un centimetro dai bordi, una incisione in modo però che sia appena superficiale e non vada a tagliare la faccia inferiore del quadratino di pane. Friggete questi quadrati nello strutto o nell'olio e, appena leggermente imbionditi, toglieteli dalla padella. Vedrete che dove avevate fatto la traccia col coltellino, l'incisione si sarà aperta. Togliete allora via il pezzo di mezzo del quadrato, togliete un po' di mollica, servendovi di un cucchiaino, e avrete ottenuto una elegante cassettina di pane. Per dieci o dodici cassettine avrete intanto preparato un paio di cervelli di porco o tre o quattro di abbacchio. Lessateli, e cuoceteli in un tegamino con un pochino di burro e sale. Tagliateli poi in pezzi regolari che distribuirete nelle cassettine; e accomodate queste cassettine in un piatto con salvietta. Finite velando i pezzi di cervello con una mezza cucchiaiata di salsa besciamella e fate portare in tavola ben caldo.
superficiale e non vada a tagliare la faccia inferiore del quadratino di pane. Friggete questi quadrati nello strutto o nell'olio e, appena leggermente
Uno dei principali guai della milza è la pelle, che bisogna levare completamente, sotto pena di ottenere una pietanza immangiabile da gettar via senz'altro. La pelle si leva facilmente con un coltello; ad ogni modo chi non avesse pratica con questa operazione o non volesse sporcarsi le mani, la faccia fare dallo stesso macellaio.
Dopo aver lessato un mazzo di spinaci si passano nell'acqua fresca per conservarli ben verdi, si scolano e si spremono bene. Poi si tritano sul tagliere e si insaporiscono in una padellina con un pochino di burro — circa mezzo ettogrammo — sale, un pochino di noce moscata e due o tre alici, lavate, spinate e tagliate in pezzettini. Chi non amasse il gusto dell'acciuga ne faccia a meno. Quando gli spinaci saranno insaporiti ed asciutti (è necessario tenere il fuoco piuttosto vivo) travasateli in un piatto e lasciateli freddare.
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Mettete sul fuoco in una piccola casseruola mezzo litro di latte e mezza stecca di vainiglia. Portate dolcemente il latte all'ebollizione, tirate fuori del fuoco e coprite la casseruola affinchè il latte possa ben profumarsi di vainiglia. Più semplicemente potrete profumare il latte, senza farlo bollire, con un pizzico di vainiglina. In un'altra casseruola mettete due ettogrammi di zucchero e cinque rossi d'uovo; mescolate un poco con un cucchiaio di legno e poi versate a poco a poco nella casseruola il latte, sempre mescolando per sciogliere bene le uova e Io zucchero. Portate la casseruola sul fuoco, e, senza smettere mai di mescolare, fate che il composto si avvii verso l'ebollizione. Diciamo avviarsi e non bollire, poichè se la crema bolle le uova si stracciano, e voi sareste allora costrette a gettar via tutto. Vigilate dunque attentamente, affinchè l'ebollizione non si produca e appena vedrete che la crema vela un poco il cucchiaio, togliete la casseruola dal fuoco, e mettetevi 20 grammi di gelatina, marca oro, tenuta precedentemente in bagno in acqua fresca, e spremuta poi tra le mani. Vedrete che la gelatina si liquefarà subito. Mescolate col cucchiaio per amalgamarla bene e versate poi la crema in una terrina aspettando che si freddi, e non dimenticando di mescolarla ancora, di quando in quando, perchè non faccia la pellicola alla superficie. Versando la crema nella terrina è bene passarla a traverso un setaccino nettissimo. Bisognerebbe avere un piccolo setaccio di crine rosso, da adoperarsi esclusivamente per i dolci. Quando la crema è fredda mettetela un poco sul ghiaccio, e appena vedrete che incomincia qua e là a rapprendersi unitele un quinto di litro di panna di latte montata. Unite la panna alla crema adagio e con garbo, poichè se mescolaste forte la panna si sciuperebbe e non potrebbe più esercitare il suo speciale ufficio che è quello di rendere — oltre che più gustosa — più leggera la bavarese. Oleate con olio di mandorle dolci, una stampa della capacità di un litro e poi tenetela capovolta per qualche minuto affinchè il superfluo dell'olio possa ben sgocciolare. Versatevi il composto preparato, e mettete la stampa in ghiaccio per un paio d'ore. Al momento di mandare in tavola rovesciate la bavarese su un piatto con salvietta.
e versate poi la crema in una terrina aspettando che si freddi, e non dimenticando di mescolarla ancora, di quando in quando, perchè non faccia la
Si scelgono delle belle prugne, grosse e non sfatte, si prepara un piccolo caldaio con acqua, e quando l'acqua bollirà vi s'immergono le prugne, che si terranno nell'acqua pochi minuti fino a che verranno a galla e la loro buccia si sarà screpolata. Tiratele su con un mestolo bucato e disponetele su dei grandi setacci o su delle tavole di legno, al sole. Quando si asciugheranno da una parte voltatele, e lasciatele così per qualche giorno, fino a che si saranno completamente essicate. Chiudetele allora in un sacchettino e conservatele. Avrete cura, mettendo le prugne al sole, di ritirarle in casa durante la notte, perchè l'umidità non faccia ritardare il processo di asciugamento.
casa durante la notte, perchè l'umidità non faccia ritardare il processo di asciugamento.